Ordinanza n. 32 del 1995

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ORDINANZA N. 32

 

ANNO 1995

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

 

-        Prof. Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

-        Prof. Gabriele PESCATORE

 

-        Avv. Ugo SPAGNOLI

 

-        Prof. Antonio BALDASSARRE

 

-        Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

-        Avv. Mauro FERRI

 

-        Prof. Luigi MENGONI

 

-        Prof. Enzo CHELI

 

-        Dott. Renato GRANATA

 

-        Prof. Giuliano VASSALLI

 

-        Prof. Cesare MIRABELLI

 

-        Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

-        Avv. Massimo VARI

 

-        Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 111, n. 1 del r.d. 16 marzo 1942, n. 267 (Legge fallimentare) promosso con ordinanza emessa il 16 dicembre 1993 dal Tribunale di Pescara nel procedimento civile vertente tra S.r.l. ISAP SAPI e Fallimento S.p.a. Ditta Sipe iscritta al n. 184 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 16, prima serie speciale dell'anno 1994;

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio del 14 dicembre 1994 il Giudice relatore Renato Granata.

 

RITENUTO che - con ordinanza in data 16 dicembre 1994 emessa in un giudizio di opposizione allo stato passivo, nel quale si controverteva sulla prededucibilità di un credito per forniture effettuato durante una procedura di amministrazione controllata di impresa poi fallita - l'adito tribunale di Pescara ha sollevato, in relazione agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione, questione incidentale di legittimità dell'art. 111 n. 1 del r.d. 16 marzo 1942 n. 267 (legge fallimentare), nella parte appunto in cui, secondo la prevalente esegesi giurisprudenziale, include tra i debiti di massa ("contratti per l'amministrazione del fallimento"), che debbono soddisfarsi in prededuzione, anche le obbligazioni di gestione insorte, come quelle in esame, nel corso di pregresse procedure di A.C., cui sia conseguito il fallimento;

 

che, ad avviso del Collegio rimettente, la norma impugnata comporta una ingiustificata disparità di trattamento "fra creditori antecedenti all'amministrazione controllata e creditori sopravvenuti nel corso di quest'ultima" (disparità ancor più accentuata quando come nella specie, le obbligazioni contratte con i secondi si rivelino meno utili, per il fallimento, di quelle assunte nei confronti dei primi) ed, in particolare, "fra creditori prelatizi antecedenti", non ammessi ex art. 189 L.F. a votare sulla proposta di ammissione del debitore all'amministrazione controllata, "e creditori sopravvenuti nel corso di questa";

 

che nel giudizio innanzi a questa Corte è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per l'infondatezza dell'impugnativa.

 

CONSIDERATO che la dedotta disparità di trattamento (sul terreno della tutela del diritto di credito) - in relazione alla quale impropriamente si invoca (senza motivazione alcuna) il parametro dell'art. 25, accanto a quelli (invece conferenti) di cui agli artt. 3 e 24 della Costituzione - manifestamente, comunque, non sussiste, stante la sostanziale diversità di posizione delle due compara te categorie di creditori, per le quali ricorrono differenti condizioni di affidamento in ordine all'aspetto satisfattivo dell'obbligazione;

 

che, infatti, la prededucibilità dei crediti di gestione maturati nel corso di pregressa procedura di a.c. (effettivamente ammessa per consolidata interpretazione giurisprudenziale dell'art. 111 n. 1 L.F. che costituisce diritto vivente) va all'evidenza a riequilibrare la condizione di maggior rischio contrattuale in cui tali crediti sono concessi e ad incentivarne così l'erogazione in funzione del positivo esito della procedura, nell'interesse di tutti i creditori;

 

che ciò appunto giustifica il pregiudizio che può derivarne ai creditori "antecedenti", ancorchè prelatizi: non rilevando, per questi ultimi, che essi siano esclusi, ai sensi del citato art. 189, dal voto sull'ammissione del debitore al beneficio dell'a.c., stante la ragionevolezza di tale esclusione e l'esistenza di adeguati alternativi rimedi, quali puntualmente già sottolineati nella sentenza 28 dicembre 1970 n. 202;

 

che nessun peso può infine attribuirsi alle considerazioni del Tribunale a quo sulla eventuale minore utilità, in concreto, dei suddetti crediti di gestione, atteso che il correlativo regime giuridico coerentemente prescinde da valutazioni contingenti (e successive al sorgere del rapporto obbligatorio) e correttamente è invece rimesso dal legislatore ad un apprezzamento complessivo della finalizzazione delle obbligazioni medesime;

 

che la questione sollevata è pertanto manifestamente infondata.

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 111 n. 1 r.d. 16 marzo 1942 n. 267 (Legge fallimentare) sollevata, in riferimento agli artt. 3, 24 e 25 della Costituzione, dal Tribunale di Pescara, con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta il 12 gennaio 1995.

 

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

 

Renato GRANATA, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 27 gennaio 1995.