Ordinanza n. 409 del 1994

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ORDINANZA N. 409

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13, secondo e terzo comma, della legge 23 dicembre 1992, n. 498 (Interventi urgenti in materia di finanza pubblica), così come sostituito dall'art. 6 bis del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria e socio- assistenziale), convertito, con modificazioni, nella legge 18 marzo 1993, n. 67, promosso con ordinanza emessa il 7 febbraio 1994 dal Pretore di Rovigo nel procedimento civile vertente tra la s.r.l. Casa di Cura Privata M.C. S. Maria Maddalena e l'I.N.P.S., iscritta al n. 140 del registro ordinanze 1994 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1994.

Udito nella camera di consiglio del 12 ottobre 1994 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.

Ritenuto che, con ordinanza del 7 febbraio 1994, il Pretore di Rovigo ha sollevato, in riferimento agli artt. 3, 38 e 101 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 13, secondo e terzo comma, della legge 23 dicembre 1992, n. 498 (Interventi urgenti in materia di finanza pubblica) così come sostituito dall'art. 6 bis del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria e socio- assistenziale) convertito, con modificazioni, nella legge 18 marzo 1993, n. 67, secondo cui "Le province, i comuni, le comunità montane e i loro consorzi, le istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (IPAB), gli enti non commerciali senza scopo di lucro che svolgono attività socio- assistenziale e le istituzioni sanitarie operanti nel Servizio sanitario nazionale non sono soggetti, relativamente ai contratti d'opera o per prestazioni professionali a carattere individuale da essi stipulati, all'adempimento di tutti gli obblighi derivanti dalle leggi in materia di previdenza e assistenza, non ponendo in essere, i contratti stessi, rapporti di subordinazione" (comma 2). "Le disposizioni di cui al comma 2 hanno natura interpretativa e si applicano anche ai contratti già stipulati alla data di entrata in vigore della presente legge" (comma 3);

che, in particolare, il giudice a quo, a proposito della lamentata lesione dell'art. 101 Cost., rileva che le disposizioni impugnate lungi dallo svolgere funzione d'interpretazione autentica, come prima facie sembrerebbe, in effetti sottraggono al giudice il potere di interpretare autonomamente non già disposizioni di legge ma gli stessi fatti rilevanti per la qualificazione del rapporto quale lavoro subordinato o autonomo;

che, peraltro, sarebbe violato l'art. 3 Cost., in quanto, a fronte di attività lavorative identiche per modalità e tipo di prestazione, rapporti di lavoro, che sarebbero soggetti alla disciplina del lavoro subordinato se si svolgono con privati o con enti statali, vengono invece considerati come rapporti di lavoro autonomo per il solo fatto di svolgersi con istituzioni locali o con istituzioni operanti nel servizio sanitario nazionale;

che, infine, risulterebbe violato anche l'art. 38 Cost., per il fatto che la norma impugnata elimina l'inderogabilità del regime previdenziale rimettendone in sostanza l'applicabilità alla qualificazione convenzionale del rapporto adottato dalle parti in sede contrattuale;

che nessuno si è costituito o è intervenuto nel giudizio innanzi alla Corte;

Considerato che, con sentenza n. 115 del 1994, la Corte ha giudicato su identiche questioni riferite all'art. 13, secondo e terzo comma, della legge n. 498 del 1992 e successive modificazioni, ritenendole non fondate nei sensi di cui in motivazione;

che, in particolare, la Corte ha rilevato che "non vi è alcun elemento, nel testo del citato art. 13, comma 2, che riguardi l'ipotesi di un rapporto che si sia svolto con contenuti e modalità contrastanti con la qualificazione di contratto d'opera o di prestazione professionale enunciata dalle parti o comunque collegabile alla loro dichiarazione negoziale. La norma si limita ad escludere che ai contratti d'opera e di prestazione professionale da essa considerati siano estensibili gli obblighi previdenziali e assistenziali previsti per il lavoro subordinato. Ma da ciò non è dato inferire che tale esclusione trovi applicazione anche alle ipotesi in cui il rapporto, in contrasto con il titolo contrattuale, abbia di fatto assunto contenuti e modalità di svolgimento propri del rapporto di lavoro subordinato; tanto meno è dato inferire un più generale precetto (che stravolgerebbe gli stessi fondamenti del diritto del lavoro) secondo cui il rapporto descritto nel contratto come rapporto d'opera o di prestazione professionale non sia mai suscettibile di una diversa qualificazione neppure in caso di contrasto tra il contratto e le risultanze del rapporto svoltosi tra le parti";

che, disattesa in questi sensi l'interpretazione proposta, cadono le censure prospettate dal giudice rimettente;

che, l'ordinanza di rimessione non adduce motivi nuovi tali da indurre questa Corte a modificare la sua giurisprudenza;

che pertanto la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n.87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'articolo 13, secondo e terzo comma, della legge 23 dicembre 1992, n. 498 (Interventi urgenti in materia di finanza pubblica), così come sostituito dall'art. 6 bis del decreto-legge 18 gennaio 1993, n. 9 (Disposizioni urgenti in materia sanitaria e socio-assistenziale) convertito, con modificazioni, nella legge 18 marzo 1993, n. 67, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 38 e 101 Cost., dal Pretore di Rovigo, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21/11/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Ugo SPAGNOLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 28/11/94.