Ordinanza n.374 del 1994

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ORDINANZA N. 374

ANNO 1994

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE Presidente

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 197, 208 e 538 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 23 novembre 1992 dal Pretore di Brescia nel procedimento penale a carico di Duina Santo, iscritta al n. 725 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 25 maggio 1994 il Giudice relatore Mauro Ferri.

Ritenuto che il Pretore di Brescia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 197, 208 e 538 del codice di procedura penale, nella parte in cui rispettivamente prevedono:

- che le dichiarazioni della parte civile siano assunte nella forma della testimonianza;

- che il giudice penale possa pronunciare condanna alle restituzioni ed al risarcimento dei danni (ai sensi dell'art. 538) anche quando l'accertamento della responsabilità penale si fondi esclusivamente sulle dichiarazioni della parte civile;

che ad avviso del remittente le norme impugnate contrasterebbero:

- con il principio della parità di trattamento, sancito dall'art. 3 della Costituzione, in raffronto al diverso regime previsto per il responsabile civile e per l'imputato, soggetti i quali, pur rivestendo la medesima posizione processuale di parti, non assumono la qualità di testimone;

- con il principio del contraddittorio, espresso dall'art. 24 della Costituzione, in quanto le parti in giudizio (parte civile e responsabile civile o imputato) non parteciperebbero al processo con eguali poteri;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'infondatezza delle sollevate questioni.

Considerato che la prima questione (relativa agli artt.197 e 208 del codice di procedura penale) è stata già più volte esaminata dalla Corte e decisa nel senso della manifesta infondatezza (v. da ultimo ordinanza n. 115 del 1992), nè dalla ricostruzione sistematica effettuata dal giudice remittente, del giudizio penale come processo a parti contrapposte del tutto analogo a quello civile, possono trarsi validi motivi per una diversa conclusione;

che la seconda questione risulta invece manifestamente inammissibile in quanto lo stesso remittente dà atto di non aver ancora ammesso la testimonianza della parte civile e pertanto non si trova nella fase processuale che richiede l'applicazione dell'art. 538 del codice di procedura penale non potendo aver già deciso per la condanna dell'imputato.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara: a) la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 197 e 208 del codice di procedura penale, b) la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 538 del codice di procedura penale, sollevate entrambe, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di Brescia con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/10/94.

Gabriele PESCATORE, Presidente

Mauro FERRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 27 Luglio 1994.