Ordinanza n. 115 del 1992

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ORDINANZA N. 115

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 197, lett. c) del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa il 20 giugno 1991 dal Pretore di Isernia nel procedimento penale a carico di Colaianni Luciano ed altro, iscritta al n. 599 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1991.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 19 febbraio 1992 il Giudice relatore Mauro Ferri.

Ritenuto che il Pretore di Isernia ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art.197, lett. c), del codice di procedura penale, nella parte in cui non include, tra i soggetti per i quali vi è incompatibilità per l'ufficio di testimone, la parte civile;

che ad avviso del remittente la norma impugnata contrasterebbe:

- con l'art. 3 della Costituzione, in quanto solo alla parte civile, e non anche all'imputato, è consentito rendere testimonianza, possibilità esclusa invece nell'ordinaria sede civile;

- con l'art. 24 della Costituzione, in quanto attraverso tale vantaggio risulterebbe menomato il diritto di difesa dell'imputato;

che è intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, concludendo per l'infondatezza della sollevata questione.

Considerato che questa Corte, con le sentenze n. 190 del 1971 e n. 2 del 1973 (rese su questioni identiche nella sostanza), ha già avuto occasione di rilevare che la subordinazione della disciplina dell'azione civile alle esigenze connesse all'accertamento dei reati è riconosciuta nel nostro ordinamento, per effetto di una scelta legislativa non irrazionale, quale corollario dell'interesse pubblico a tale accertamento; interesse preminente su quello collegato alla risoluzione delle liti civili, specie quando il medesimo fatto risulti configurabile nel contempo come illecito penale ed illecito civile e si prospetti quindi l'opportunità di evitare contrasti di giudicati;

che detti rilievi, espressi sulla base della disciplina previgente, possono essere confermati anche in ordine all'art. 197, lett. c), dell'attuale codice di procedura penale, sia perchè lo stesso legislatore, ritenendo che la rinuncia al contributo probatorio della parte civile costituisse un sacrificio troppo grande nella ricerca della verità processuale (cfr. relazione al Progetto preliminare), ha ribadito la preminenza dell'interesse pubblico all'accertamento dei reati su quello delle parti alla risoluzione delle liti civili (principio, peraltro implicitamente posto anche dall'art.193 del codice di procedura penale), sia perchè, alla luce di un ormai fermo orientamento giurisprudenziale, la deposizione della persona offesa dal reato, costituitasi parte civile, deve essere valutata dal giudice con prudente apprezzamento e spirito critico, non potendosi essa equiparare puramente e semplicemente a quella del testimone, immune dal sospetto di interesse all'esito della causa;

che pertanto la questione va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 197, lett. c), del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di Isernia con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 04/03/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Mauro FERRI, Redattore

Depositata in cancelleria il 19 marzo del 1992.