Ordinanza n. 239 del 1994

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ORDINANZA N. 239

 

ANNO 1994

 

 

REPUBBLICA ITALIANA

 

In nome del Popolo Italiano

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori:

 

Presidente

 

Prof. Gabriele PESCATORE

 

Giudici

 

Avv. Ugo SPAGNOLI

 

Prof. Antonio BALDASSARRE

 

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

 

Avv. Mauro FERRI

 

Prof. Luigi MENGONI

 

Prof. Enzo CHELI

 

Dott. Renato GRANATA

 

Prof. Giuliano VASSALLI

 

Prof. Francesco GUIZZI

 

Prof. Cesare MIRABELLI

 

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

 

Avv. Massimo VARI

 

Dott. Cesare RUPERTO

 

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 405, secondo, terzo e quarto comma, 406 e 407 del codice di procedura penale, promosso con ordinanza emessa l'8 ottobre 1993 dal Giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma nel procedimento penale a carico di Moretti Stefano, iscritta al n. 790 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 4, prima serie speciale, dell'anno 1994.

 

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

 

udito nella camera di consiglio dell'11 maggio 1994 il Giudice relatore Mauro Ferri.

 

Ritenuto che, con l'ordinanza in epigrafe, il giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma, ha sollevato, in riferimento agli artt. 112 e 25, secondo comma, della Costituzione, questione di legittimità costituzionale degli artt. 405, secondo, terzo e quarto comma, 406 e 407, del codice di procedura penale, nella parte in cui, predeterminando ex lege i termini di durata delle indagini preliminari, la loro proroga, e comminando l'inutilizzabilità degli atti d'indagine compiuti dopo la scadenza dei termini, "costringono la pubblica accusa ad operare in direzione contraria al principio dell'obbligatorietà dell'azione penale" ... "che rappresenta un necessario completamento del principio sostanziale di legalità";

 

che nel giudizio è intervenuto il Presidente del consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, concludendo per l'inammissibilità o comunque per l'infondatezza, della sollevata questione.

 

Considerato che, in linea generale, questa Corte ha già riconosciuto la legittimità della previsione di termini alle indagini preliminari, affermando che la relativa disciplina risponde alla duplice esigenza di imprimere tempestività alle investigazioni e di contenere in un lasso di tempo predeterminato la condizione di chi a tali indagini è assoggettato (v. sent. n. 174 del 1992);

 

che, più in particolare, la Corte, nell'esaminare altra questione di legittimità costituzionale dell'art. 407 del codice di procedura penale, in riferimento agli artt. 112, 24 e 3 della Costituzione, ha concluso nel senso della manifesta infondatezza (v. ord. n. 48 del 1993) rilevando che la previsione di specifici limiti cronologici, e la correlativa sanzione d'inutilizzabilità degli atti d'indagine compiuti dopo la scadenza dei termini, si raccorda intimamente alle finalità stesse della attività di indagine, la quale, lungi dal riprodurre quella funzione "preparatoria" del processo che caratterizzava la fase istruttoria nel codice di rito previgente, è destinata unicamente a consenti re al pubblico ministero di assumere le determinazioni inerenti all'esercizio dell'azione penale (art. 326 c.p.p.), con l'ovvio corollario che la tendenziale completezza delle indagini (v. sentenza n. 88 del 1991), evocata dall'art. 358 del codice di procedura penale, viene funzionalmente a correlarsi non al compimento di tutti gli atti "necessari per l'accertamento della verità", secondo l'ampia enunciazione che compariva nell'art. 299 del codice abrogato, ma al ben più circoscritto ambito che ruota attorno alla scelta se esercitare o meno l'azione penale;

 

che nella medesima decisione si è quindi ritenuto che non v'é alcuna contraddizione logica tra la previsione di un termine entro il quale deve essere portata a compimento l'attività di indagine e il precetto sancito dall'art. 112 della Costituzione, non essendo quel termine, in sè per sè considerato, un fattore che sempre e comunque sia astrattamente idoneo a turbare le determinazioni che il pubblico ministero è chiamato ad assumere al suo spirare, cosicchè l'eventuale necessità di svolgere ulteriori atti di investigazione viene a profilarsi unicamente come ipotesi di mero fatto che, per un verso, non impedisce allo stesso pubblico ministero di stabilire, allo stato delle indagini svolte, se esercitare o meno l'azione penale, mentre, sotto altro profilo, può rinvenire adeguato soddisfacimento, a seconda delle scelte operate, o nella riapertura delle indagini prevista dall'art. 414 del codice di procedura penale o nella attività integrativa di indagine che l'art. 430 consente di compiere anche dopo l'emissione del decreto che dispone il giudizio;

 

che, d'altra parte, va riservata alle discrezionali scelte del legislatore l'individuazione degli opportuni strumenti processuali in base ai quali consentire la prosecuzione delle indagini, nelle eccezionali ipotesi in cui sia risultato impossibile portarle a compimento entro il termine massimo previsto dalla legge;

 

che dette motivazioni rispondono anche alle ulteriori censure ed argomentazioni prospettate dall'odierno remittente, sicchè la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata;

 

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

 

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 405, secondo, terzo e quarto comma, 406 e 407, del codice di procedura penale, sollevata, in riferimento agli artt.112 e 25, secondo comma, dal giudice per le indagini preliminari presso il Tribunale di Roma con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 giugno 1994.

 

Gabriele PESCATORE, Presidente

 

Mauro FERRI, Redattore

 

Depositata in cancelleria il 10/06/1994.