Sentenza n. 78 del 1994

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SENTENZA N. 78

ANNO 1994

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Gabriele PESCATORE giudice

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

Avv. Massimo VARI

Dott. Cesare RUPERTO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 39 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonchè sperimentazione organizzativa e didattica), promosso con ordinanza emessa il 19 marzo 1992 dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria sul ricorso proposto da Acaccia Gabriella ed altri contro il Ministero dell'Università e Ricerca Scientifica e Tecnologica ed Università degli studi di Genova, iscritta al n. 393 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 29, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visto l'atto di costituzione di Acaccia Gabriella ed altri;

udito nell'udienza pubblica dell'11 gennaio 1994 il Giudice relatore Francesco Guizzi;

udito l'avv. Carlo Raggi per Acaccia Gabriella ed altri.

 

Ritenuto in fatto

 

l. Il Tribunale amministrativo regionale della Liguria, prima sezione, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 del d.P.R. 11 luglio 1980, n.382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonchè sperimentazione organizzativa e didattica), nella parte in cui dichiara non pensionabile l'assegno aggiuntivo riconosciuto ai professori universitari che hanno optato per il regime di impegno a tempo pieno.

Il giudice a quo osserva che l'emolumento, istituito dall'art. 39 del citato d.P.R. n. 382, ha subito una radicale modifica ad opera del decreto-legge 11 gennaio 1985, n. 2, convertito, con modificazioni, nella legge 8 marzo 1985, n. 72. L'assegno in parola ha le caratteristiche di un emolumento fisso e continuativo, ed è parte significativa della retribuzione complessiva dei docenti universitari che hanno optato per il regime a tempo pieno; non è stata però modificata la norma, presente nel testo originario dell'art. 39, che lo configura come non pensionabile. Al caso in esame si dovrebbe applicare il principio enunciato da questa Corte nella sentenza n. 126 del 1981, che ha dichiarato, per violazione dell'art. 38 della Costituzione, l'illegittimità delle norme che non prevedevano la computabilità, a fini previdenziali e assistenziali, dell'indennità attribuita al personale medico universitario con funzioni di assistenza sanitaria: anche per l'assegno aggiuntivo percepito dai professori universitari a tempo pieno vi sarebbe, dunque, quel carattere di <corrispettività> che è proprio degli elementi costitutivi della retribuzione, sì che l'esclusione dal computo della pensione sarebbe in contrasto con la menzionata norma costituzionale.

Il collegio rimettente ricorda, poi, che la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto la computabilità dell'indennità di tempo pieno prevista per il personale medico degli enti ospedalieri (e, successivamente, delle unità sanitarie locali). La norma denunziata risulterebbe perciò in contrasto anche con l'art. 3 della Costituzione per l'ingiustificata disparità di trattamento tra i professori universitari a tempo pieno e i dipendenti pubblici prima indicati, ai quali è data la possibilità di optare tra i due regimi.

2. Sono intervenute in giudizio le parti private, adducendo argomenti in adesione a quelli dell'ordinanza di rimessione e sottolineando, in particolare, come il rapporto a tempo pieno - incompatibile con lo svolgimento di attività professionali e di consulenza esterna e con l'assunzione di qualsiasi incarico retribuito, secondo quanto previsto dall'art. 11, quinto comma, lett. a), del d.P.R. n. 382 del 1980 - comporti una prestazione diversa, sotto il profilo qualitativo, rispetto al rapporto a tempo definito; ciò per l'impegno esclusivo richiesto ai docenti a tempo pieno, che giustifica la riserva, a loro favore, di determinate funzioni universitarie (art.11, quarto comma, lett. a) del d.P.R. n. 382). Si rileva, infine, come la sostanziale differenza fra le prestazioni connesse ai due regimi di servizio sia stata già considerata da questa Corte nella sent. n. 1019 del 1988.

3. In una memoria depositata nell'imminenza dell'udienza, le parti private hanno ribadito il carattere di corrispettività dell'assegno aggiuntivo (che avrebbe una funzione analoga all'indennità di tempo pieno attribuita al personale medico ospedaliero), richiamando altresì la sentenza di questa Corte n. 302 del 1983, che ha dichiarato, per violazione dell'art. 36 della Costituzione, l'illegittimità costituzionale del primo comma dell'art.18 della legge 5 dicembre 1959, n. 1077, in quanto consentiva alla C.p.d.e.l. di valutare solo in parte, nella determinazione della base pensionabile, l'<indennità di toga> corrisposta agli avvocati del comune.

 

Considerato in diritto

 

l. Il Tribunale amministrativo regionale della Liguria, prima sezione, dubita, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, della legittimità costituzionale dell'art. 39 del d.P.R. 11 luglio 1980, n.382, nella parte in cui dichiara non pensionabile l'assegno aggiuntivo riconosciuto ai professori universitari a tempo pieno: costoro sarebbero discriminati rispetto a pubblici dipendenti per i quali analoga indennità è pensionabile; l'assegno aggiuntivo previsto dall'art. 39 del d.P.R. n. 382 del 1980 è, infatti, parte del complessivo trattamento economico dei professori universitari che optano per il tempo pieno e come tale - conclude il rimettente - deve essere valutato ai fini del trattamento di quiescenza, secondo il principio che questa Corte avrebbe enunciato nella sent. n. 126 del 1981, desumendolo dall'art. 38 della Costituzione.

2. Conviene, preliminarmente, ricostruire la storia dell'assegno aggiuntivo in esame.

Il decreto-legge 1° ottobre 1973, n. 580 (Misure urgenti per l'università), convertito, con modificazioni, nella legge 30 novembre 1973, n. 766, all'art. 12 disciplinava il trattamento economico del personale docente universitario, al quale attribuiva due assegni.

Il primo, regolato dai primi tre commi dell'art. 12, consisteva in un <assegno annuo pensionabile> corrisposto a tutto il personale insegnante delle università, compreso quello fuori ruolo e incaricato, che sostituiva l'<indennità di ricerca scientifica> già prevista dall'art. 22 della legge 26 gennaio 1962, n. 16, e successive modificazioni. Il secondo - regolato dai commi quarto, quinto, sesto e settimo del medesimo art. 12 - veniva definito <assegno speciale>: non era pensionabile; non spettava ai professori che intendevano svolgere privatamente <libera attività professionale>; ed era, dunque, un incentivo ante litteram per il <tempo pieno>.

Il riordinamento della docenza universitaria operato dal d.P.R. n. 382, nell'istituire le due fasce dei professori, ordinari e associati, ha previsto per entrambi un incremento del trattamento economico, pari al 40 per cento, nel caso di opzione per il regime di impegno a tempo pieno (secondo quanto disposto dall'art. 36, sesto comma, del d.P.R. n. 382, e già dall'art. 4, lett. c, della legge delega 21 febbraio 1980, n.28). Tale maggiore emolumento è pensionabile nelle modalità di cui all'art. 40 dello stesso d.P.R. n. 382.

L'art. 39 più volte richiamato, nell'innovare quanto stabilito dai commi quarto, quinto, sesto, settimo e ottavo dell'art. 12 del decreto-legge n. 580 del 1973, sostituiva l'<assegno speciale> non pensionabile, di cui si è detto, con l'<assegno aggiuntivo>, che rappresenta un'ulteriore incentivazione dell'opzione per il regime di tempo pieno. Nella stesura originaria dell'art. 39 del d.P.R. n. 382, l'assegno aggiuntivo spettava anche ai professori a tempo definito, ma ridotto del 50 per cento, e se ne prevedeva comunque il riassorbimento, con i futuri miglioramenti economici, in misura differenziata per i due regimi (ultimo capoverso dell'art. 39, nel testo originario).

3. Il decreto-legge n. 2 del 1985 ha abrogato il terzultimo e l'ultimo capoverso dell'art. 39 del d.P.R. n.382: l'ordinanza di rimessione e le parti private insistono quindi sull'abrogazione del penultimo capoverso, che prevedeva la corresponsione dell' assegno, sia pur ridotto del 50 per cento, anche ai professori a tempo definito; e il fatto che esso spetti, ora, soltanto ai professori a tempo pieno dimostrerebbe che l'assegno assolve la funzione - e rivela la natura - di componente essenziale della retribuzione in forme del tutto analoghe, si potrebbe aggiungere, alla maggiorazione stipendiale del 40 per cento, pensionabile, ai sensi dell'art.36 del d.P.R. n. 382. Di qui, la denunciata illegittimità della norma ancora presente nell'art. 39 del d.P.R. n. 382.

Questa Corte ha tuttavia chiarito che non basta addurre la <natura retributiva> e, più esattamente, il carattere di <componente del normale trattamento economico> di un'indennità per stabilirne, in via di principio, la pensionabilità: occorre infatti provare che la non computabilità dell'indennità ai fini pensionistici sia .manifestamente incongrua o irragionevole> (sent. n. 119 del 1991).

Il che deve escludersi, in questo caso, alla luce di quanto segue.

4. Già l'assegno speciale previsto dall'art. 12 del decreto-legge n.580 del 1973 non era pensionabile; ed è un dato, questo, che dimostra come il legislatore, confermando siffatta caratteristica con riguardo al nuovo <assegno aggiuntivo>, non abbia agito arbitrariamente. Nè vale obiettare che è, così, offerta scarsa tutela all'opzione per il tempo pieno in contraddizione con l'esigenza, apprezzata da questa Corte, di <privilegiare sempre più tale scelta> (sent.n. 1019 del 1988): una differenziazione assai rilevante fra i professori a tempo pieno e quelli a tempo definito è invero assicurata, anche ai fini pensionistici, dal d.P.R. n.382, e in particolare dal combinato disposto dell'art. 36, sesto comma, e dell'art. 40, giacchè nel trattamento di quiescenza è già computata la maggiorazione del 40 per cento.

Non sussiste, dunque, il vulnus all'art. 38 della Costituzione nei termini prospettati dal giudice a quo, nè si palesa motivo di irrazionalità conseguente alle modificazioni apportate dal decreto-legge n. 2 del 1985, come convertito nella legge n. 72 del 1985, dal momento che il risultato finale di detta disciplina fornisce, pure ai fini del trattamento di quiescenza, una tutela sufficiente - anche se perfettibile - dell'opzione per il regime di impegno a tempo pieno: l'art. 38 della Costituzione non garantisce, d'altronde, una integrale corrispondenza tra retribuzione e pensione (v., nella giurisprudenza più recente di questa Corte, la sent. n. 449 del 1993).

5. Neppure ha pregio la censura mossa con riguardo alla presunta disparità di trattamento che si sarebbe determinata a seguito di un indirizzo giurisprudenziale che, in assenza di contraria statuizione legislativa, ha disposto il computo, ai fini di quiescenza, dell'indennità del personale sanitario ospedaliero. Tale indirizzo non esprime un principio, generale, di necessario computo delle indennità ai fini di quiescenza, che abbia fondamento in specifiche disposizioni e, comunque, in valori tutelati dalla Costituzione.

Anche a voler superare, in ipotesi, le obiezioni sull'idoneità del termine di raffronto evocato, va infine considerato che l'intervento della Corte, richiesto dal giudice a quo, risulterebbe invasivo della sfera riservata alle valutazioni discrezionali del legislatore, al quale spetta, eventualmente, una nuova ponderazione della materia.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 39 del d.P.R. 11 luglio 1980, n. 382 (Riordinamento della docenza universitaria, relativa fascia di formazione nonchè sperimentazione organizzativa e didattica), nella parte in cui dichiara non pensionabile l'assegno aggiuntivo riconosciuto ai professori universitari che optano per il regime di impegno a tempo pieno, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale della Liguria, prima sezione, con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/02/94.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Francesco GUIZZI, Redattore

Depositata in cancelleria il 10/03/94.