Ordinanza n. 300 del 1993

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ORDINANZA N. 300

ANNO 1993

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Giudici

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Dott. Renato GRANATA

Prof. Giuliano VASSALLI

Prof. Francesco GUIZZI

Prof. Cesare MIRABELLI

Prof. Fernando SANTOSUOSSO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 12 bis della legge 1° dicembre 1970, n. 898, (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio) introdotto dall'art. 16 della legge 6 marzo 1987, n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), promosso con ordinanza emessa il 24 giugno 1992 dal Tribunale di Siena nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Ancillotti Lucia e Dari Enzo e da Dari Enzo e Ancillotti Lucia, iscritta al n. 59 del registro ordinanze 1993 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9, prima serie speciale, dell'anno 1993.

Visti l'atto di costituzione di Dari Enzo nonchè l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 5 maggio 1993 il Giudice relatore Ugo Spagnoli.

Ritenuto che con ordinanza del 24 giugno 1992, pervenuta alla Corte il 3 febbraio 1993, il Tribunale di Siena ha proposto questione di legittimità costituzionale, per contrasto con gli articoli 3 e 36 della Costituzione, dell'articolo 12 bis della legge 1° dicembre 1970 n. 898, introdotto dall'articolo 17 recte 16 della legge 6 marzo 1987 n. 74, secondo cui il coniuge divorziato, se non passato a nuove nozze ed in quanto titolare dell'assegno divorzile, ha diritto al 40 per cento dell'indennità di fine rapporto percepita dall'altro coniuge, per la parte di tale indennità riferibile agli anni in cui il rapporto di lavoro è coinciso con il matrimonio;

che il giudice a quo ritiene che tale norma parifica irrazionalmente situazioni diverse, in quanto attribuisce la medesima quota dell'indennità di fine rapporto, commisurata alla durata del matrimonio, computando in essa anche il periodo di separazione, prescindendo dalla durata di tale periodo, nonchè dalle condizioni personali ed economiche dei coniugi divorziati, dalle ragioni del fallimento del matrimonio, dall'entità del contributo reciproco alla conduzione familiare e alla formazione del patrimonio comune e, infine, dalla misura dell'assegno divorzile;

che il giudice a quo ritiene che, in ragione delle medesime incongruenze, la norma violi altresì l'articolo 36 della Costituzione, perchè incide sul diritto del lavoratore ad un emolumento di natura sicuramente retributiva;

che la parte privata costituita ha aderito all'eccezione, mentre il Presidente del Consiglio dei ministri, intervenuto nel giudizio a mezzo dell'Avvocatura Generale dello Stato, ha chiesto che la stessa sia dichiarata inammissibile o manifestamente infondata.

Considerato che questione sostanzialmente identica, riferita peraltro agli articoli 3 e 38 della Costituzione, è stata dichiarata non fondata da questa Corte con sentenza n. 23 del 1991 e che il giudice a quo non ha prospettato profili nuovi rispetto a quelli esaminati da tale pronunzia.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell' articolo 12 bis della legge 1° dicembre 1970 n. 898 (Disciplina dei casi di scioglimento del matrimonio), introdotto dall'articolo 16 della legge 6 marzo 1987 n. 74 (Nuove norme sulla disciplina dei casi di scioglimento di matrimonio), sollevata, con riferimento agli articoli 3 e 36 della Costituzione, dal Tribunale di Siena con ordinanza del 24 giugno 1992.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/06/93.

Francesco Paolo CASAVOLA, Presidente

Ugo SPAGNOLI, Redattore

Depositata in cancelleria il 01/07/93.