Sentenza n. 431 del 1992

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SENTENZA N. 431

ANNO 1992

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

-          Dott. Aldo CORASANITI, Presidente

-          Prof. Giuseppe BORZELLINO

-          Dott. Francesco GRECO

-          Prof. Gabriele PESCATORE

-          Avv. Ugo SPAGNOLI

-          Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

-          Prof. Antonio BALDASSARRE

-          Prof. Vincenzo CAIANIELLO

-          Avv. Mauro FERRI

-          Prof. Luigi MENGONI

-          Prof. Enzo CHELI

-          Dott. Renato GRANATA

-          Prof. Giuliano VASSALLI

-          Prof. Francesco GUIZZI

-          Prof. Cesare MIRABELLI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 22, terzo (recte: quarto) comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), promosso con ordinanza emessa il 29 gennaio 1992 dal Pretore di Monza nel procedimento civile vertente tra Novi Raffaele e l'Ispettorato provinciale del Lavoro di Milano, iscritta al n. 143 del registro ordinanze 1992 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13, prima serie speciale, dell'anno 1992.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 17 giugno 1992 il Giudice relatore Francesco Paolo Casavola.

Ritenuto in fatto

1. -- Nel corso di un giudizio di opposizione ad ordinanza- ingiunzione in cui la parte era ricorsa personalmente ed aveva eletto domicilio in Comune diverso da quello sede del mandamento, il Pretore di Monza -- rilevato che la notifica dell'udienza era stata effettuata all'opponente presso la cancelleria della pretura suddetta, a norma dell'art.22, terzo comma, della legge 24 novembre 1981, n.689 e che l'opponente stesso, non avendone quindi avuta notizia, non era comparso all'udienza -- non convalidava l'opposta ingiunzione e solleva va d'ufficio, con ordinanza emessa il 29 gennaio 1992, in relazione agli artt. 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale della norma citata, nella parte in cui non consente che l'opponente che sta in giudizio personalmente possa dichiarare la residenza od eleggere il domicilio in qualsiasi Comune del circondario (con conseguente obbligo di ivi notificargli gli atti) e non soltanto nel Comune ove ha sede il pretore adito.

Chi abbia nominato un procuratore che eserciti nel circondario, osserva il giudice rimettente, gode del più favorevole regime (ex art.82 del regio decreto 22 gennaio 1934, n. 37) che assicura le comunicazioni presso lo studio di quest'ultimo.

Ciò concreterebbe una disparità di trattamento, tanto più grave ove si consideri che la legge ha inteso valorizzare l'accesso alla giustizia del singolo attraverso la difesa personale che può es sere svolta senza alcuna autorizzazione ed ove si valuti altresì la condizione implicita di non-abbienza in cui versa chi scelga di stare personalmente in giudizio: questi vede la propria non-professionalità ulteriormente mortificata dall'onere (aggiuntivo rispetto a chi si valga del difensore) di eleggere o dichiarare domicilio nel Comune sede di pretura.

Ulteriore profilo di disparità (che, a parere del giudice a quo, differenzierebbe l'odierna prospettazione da quella già dichiarata manifestamente infondata da questa Corte con ordinanza n. 42 del 1988) risulterebbe dal confronto con l'Amministrazione opposta (che si difende in proprio attraverso funzionari delegati) a cui le comunicazioni vengono eseguite addirittura fuori dalla circoscrizione.

Irragionevole appare altresì al Pretore la protezione accordata al bene della speditezza delle comunicazioni rispetto all'onere -- imposto alla parte -- di periodica ispezione della cancelleria, la quale, secondo il giudice a quo, non sarebbe onerata in modo sensibilmente più gravoso da comunicazioni e notifiche in centri viciniori.

Vi sarebbero in conclusione un inutile impedimento all'esercizio del diritto di agire e soprattutto una violazione del diritto di difesa che farebbero auspicare un riesame della giurisprudenza costituzionale attraverso una sentenza che consenta l'operatività del citato art. 82 del regio decreto n. 37 del 1934, nonchè un'estensione della declaratoria d'illegittimità all'analoga normativa del processo civile ex artt. 314, secondo comma, del codice di procedura civile e 58 delle disposizioni per l'attuazione del codice di procedura civile (la quale peraltro ammette quale possibilità ma non impone quale obbligo comunicazioni e notificazioni presso la cancelleria nell'ipotesi de qua).

2. -- É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, che ha concluso per la declaratoria di manifesta infondatezza sulla base del già citato precedente della Corte costituzionale.

Considerato in diritto

1. -- Il Pretore di Monza, con ordinanza del 29 gennaio 1992 (R.O. n.143 del 1992), solleva, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, terzo comma, della legge 24 novembre 1981, n.689, nei limiti in cui non prevede che la dichiarazione di residenza o di elezione di domicilio della parte che si difende personalmente possa essere eseguita in qualsiasi Comune del circondario a cui appartiene l'ufficio di pretura adito (con conseguente obbligo di notificazione ivi degli atti del processo).

2. -- La questione è inammissibile.

Va premesso che la censura deve essere più precisamente riferita al quarto comma (e non al terzo) della norma impugnata.

Nell'ordinanza di rimessione si sostiene che, ove l'opponente non sia comparso all'udienza -- la cui data di fissazione egli non ha potuto tempestivamente conoscere perchè il relativo decreto gli era stato soltanto simbolicamente notificato, tramite ufficiale giudiziario, nella cancelleria della pretura, e non nel suo reale domicilio -- il pretore non avrebbe altra possibilità che quella della convalida dell'ordinanza-ingiunzione ai sensi dell'art.23, quinto comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689.

Il giudice a quo omette di rilevare che tale norma è stata dichiarata costituzionalmente illegittima da questa Corte con sentenza n. 534 del 1990 proprio nella parte in cui prevede che il pretore convalidi il provvedimento opposto in caso di mancata presentazione dell'opponente o del suo procuratore alla prima udienza senza addurre alcun legittimo impedimento, anche quando l'illegittimità del provvedimento risulti dalla documentazione al legata dall'opponente.

Non scaturisce perciò necessariamente dalla mancata conoscenza dell'udienza una conseguenza pregiudizievole per l'opponente, la cui opposizione si dimostri in atti fondata.

3. -- Quanto ai parametri evocati, articoli 3 e 24 della Costituzione, questa Corte non può non ribadire, dinanzi ai nuovi profili prospettati dal giudice a quo -- a) irragionevolezza del persegui mento del fine della speditezza solo con la notificazione in cancelleria e non anche al domicilio reale dell'opponente; b) aggravio dell'esercizio del diritto di difesa, sia per la elezione di domicilio in luogo diverso da quello della residenza abituale, sia per l'onere di informazione presso la cancelleria del pretore adito -- la persistente validità della propria giurisprudenza nei termini espressi con l'ordinanza n. 42 del 1988 su analoga questione sollevata dallo stesso Pretore di Monza.

4. -- Nel nostro sistema processuale la dichiarazione di residenza o elezione di domicilio nel comune ove ha sede l'ufficio giudiziario adito è richiesta: a) nel rito ordinario, per il procedi mento davanti al tribunale, quando la parte voglia stare in giudizio personalmente, ex art. 165, primo comma, ultima parte, del codice di procedura civile; b) dinanzi al pretore ed al conciliatore, anche quando le parti siano rappresentate da procuratore, ex art. 314, secondo comma, del codice di procedura civile; c) nel procedimento monitorio, quando è ammessa la costituzione di persona, ex art. 638, primo comma, del codice di procedura civile, e dove, in mancanza, le notificazioni possono essere fatte presso la cancelleria, ex art. 638, secondo comma, al pari di quanto disposto per il procedimento dinanzi al pretore e al conciliatore dall'art. 58 delle disposizioni di attuazione del codice di procedura civile; d) nel procedimento di intimazione di licenza o di sfratto e in quello di opposizione, in entrambi i quali la mancanza della richiesta localizzazione produce l'effetto della notificabilità presso la cancelleria, ex artt.660, secondo comma, e 668, terzo comma, del codice di procedura civile; e) nel rito del lavoro, che prevede la competenza per materia del pretore, quando le parti si costituiscono a mezzo di procuratore, ex artt.414, primo comma, e 416, primo comma, del codice di procedura civile, con la significativa limitazione del valore della causa entro le lire 250.000 della possibilità offerta dall'art. 417 del codice di procedura civile (elezione di domicilio nell'ambito del territorio della Repubblica) per la parte che stia in giudizio personalmente.

Si tratta, dunque, di un dato dell'ordinamento processuale variabile in relazione ai diversi modelli procedimentali, su cui non è possibile operare muovendo da una singola norma e valutando una ratio in particolare.

5. -- Dovendosi perciò ponderare, all'interno di un quadro sistematico complessivo, l'opportunità di una modifica del vigente sistema di comunicazione di atti processuali e di una scelta tra più modalità -- biglietto di cancelleria, notificazione per ufficiale giudiziario, notificazione a mezzo posta, telegramma collazionato con avviso di ricevimento o altro ex artt. 136 e ss. del codice di procedura civile -- per il raggiungimento del fine della pronta ed effettiva notizia da parte del destinatario, il giudice delle leggi non può non riconoscere che questa è materia riservata alla discrezionalità del legislatore.

La questione è pertanto da dichiararsi inammissibile.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell'art. 22, terzo (recte: quarto) comma, della legge 24 novembre 1981, n. 689 (Modifiche al sistema penale), sollevata, in riferimento agli articoli 3 e 24 della Costituzione, dal Pretore di Monza con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 23/10/92.

Aldo CORASANITI, Presidente

Francesco Paolo CASAVOLA, Redattore

Depositata in cancelleria il 10/11/92.