Ordinanza n. 482 del 1990

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ORDINANZA N.482

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 47, terzo e quarto comma, della legge 10 ottobre 1986, n. 663 (Modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), che ha modificato la legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sulla esecuzione delle misure privative e limitative della libertà), a seguito della sentenza della Corte costituzionale n. 569 del 1989, promossi con n. 2 ordinanze emesse il 23 marzo 1990 dal Tribunale di sorveglianza di Torino nei procedimenti di sorveglianza relativi a Piromalli Domenica e Bresciani Mariuccia, iscritte ai nn. 403 e 404 del registro ordinanze 1990 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 26, prima serie speciale, dell'anno 1990.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 26 settembre 1990 il Giudice relatore Ettore Gallo.

Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Torino, con due ordinanze emesse il 23 marzo 1990, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell'art. 47, terzo e quarto comma, della legge 10 ottobre 1986, n. 663, a seguito delle modifiche apportate dalla sentenza della Corte costituzionale n. 569 del 1989, nella parte in cui ammette all'affidamento in prova al servizio sociale il condannato anche indipendentemente dalla detenzione per espiazione della pena o per presofferta custodia cautelare;

che secondo il Tribunale, in base alla normativa denunziata, il condannato in stato di libertà che non abbia nemmeno sofferto custodia cautelare può formulare (sussistendo le altre condizioni) istanza di affidamento in prova senza necessità di osservazione in un istituto carcerario, laddove il condannato alla stessa pena che si trovi in un istituto carcerario potrà proporre la stessa istanza solo a seguito del periodo di osservazione carceraria, con disparità di trattamento del tutto irragionevole ed in contrasto col principio d'eguaglianza;

che per lo stesso Tribunale nell'ordinamento non v'è norma che preveda un'osservazione della personalità del condannato durante la libertà (a parte l'art. 47-bis della legge n. 663 relativo a; soli tossicodipendenti o alcooldipendenti per i quali peraltro sia in atto un programma terapeutico di recupero), di modo che l'affidamento in prova si tradurrebbe in una vera e propria rinunzia dello Stato a svolgere un ruolo attivo nella funzione rieducativa della pena;

che tanto la discriminazione quanto la violazione dell'art. 27 Cost. deriverebbero dalla sentenza n. 569 del 1989, con la quale la Corte costituzionale ha ammesso all'affidamento in prova al servizio sociale il condannato, anche indipendentemente dalla detenzione per espiazione di pena o per presofferta custodia cautelare.

Considerato che, secondo quanto questa Corte ha ritenuto con l'ordinanza n. 303 del 1990, non sussiste la lamentata lesione del principio d'eguaglianza, in quanto la previsione di diversi presupposti per la concessione dell'affidamento in prova (valutazione del comportamento tenuto in libertà, da un lato, osservazione in istituto, dall'altro) assolve all'esigenza di disciplinare in modo differenziato le diverse situazioni (stato di libertà o stato di detenzione) in cui può versare il condannato al momento della presentazione della domanda di affidamento in prova;

che non è irrazionale che il comportamento del condannato ancora in stato di libertà sia valutato sulla base dei comportamenti tenuti in libertà;

che non risulta violato neppure l'art. 27 della Costituzione, in quanto questa Corte recentemente ha sottolineato:

a) <la finalità rieducativa della pena potrebbe ... essere ostacolata proprio da una sottoposizione a regime carcerario del condannato già in custodia cautelare> (ordinanza n. 411 del 1989);

b) <in una misura di trattamento extra carcerario la pur imprescindibile valutazione della personalità può essere più opportunamente condotta in libertà, sia per i condizionamenti indotti dalla detenzione, che spesso generano psicosi erroneamente interpretabili come segno di ravvedimento, sia per evitare al condannato, che abbia possibilità di recupero, di subire la nefasta influenza criminogena dell'ambiente carcerario> (sentenza n. 569 del 1989);

che comunque le censure formulate nelle ordinanze di rimessione sono, all'evidenza, rivolte a sindacare le statuizioni adottate dalla Corte con la menzionata sentenza n. 569 del 1989;

che, pertanto, il meccanismo del giudizio incidentale di legittimità costituzionale risulta, nella specie, arbitrariamente attivato per esercitare, in forma surrettizia, un sindacato del merito di una decisione costituzionale di accoglimento;

che siffatto sindacato è assolutamente precluso dal sistema risultante dagli artt. 136, primo comma e 137, terzo comma, della Costituzione e 30, terzo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, i quali pongono il principio della non impugnabilità delle declaratorie di illegittimità della Corte costituzionale;

che, invero, il fine cui mira la proposta impugnativa è soltanto quello di una sostanziale elusione della forza cogente (ex art. 136 Cost.) della pronunciata declaratoria d'illegittimità costituzionale;

che, di conseguenza, la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di sorveglianza di Torino va dichiarata manifestamente in ammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 47, terzo e quarto comma, della legge 10 ottobre 1986, n. 663, come risultante a seguito della sentenza n. 569 del 1989 della Corte costituzionale, promossa dal Tribunale di sorveglianza di Torino, con le ordinanze in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 27 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/10/90.

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Ettore GALLO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 22/10/90.