Ordinanza n. 303 del 1990

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ORDINANZA N.303

ANNO 1990

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 47, terzo e quarto comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) quale modificato dall'art. 11 della legge 10 ottobre 1986, n. 663 (Modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 16 ottobre 1989 dal Tribunale di sorveglianza di Torino nel procedimento di sorveglianza relativo ad Aiello Giuseppe, iscritta al n. 126 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13/1a s.s. dell'anno 1990;

2) ordinanza emessa il 16 ottobre 1989 dal Tribunale di sorveglianza di Torino nel procedimento di sorveglianza relativo a Ferraro Carlo, iscritta al n. 127 del registro ordinanze 1990 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 13/1a s.s. dell'anno 1990.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 maggio 1990 il Giudice relatore Renato Dell'Andro.

Ritenuto che il Tribunale di sorveglianza di Torino, con due ordinanze del 16 ottobre 1989 (Reg. ord. nn. 126 e 127/1990) ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., questione di legittimità costituzionale dell'art. 47, terzo e quarto comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354, quale modificato dall'art. 11 della legge 10 ottobre 1986, n. 663;

che, in particolare, il giudice a quo ritiene violato il principio d'eguaglianza sancito dall'art. 3 Cost., per la disparità di trattamento introdotta dal testo dell'art. 47 della legge n. 354 del 1975 risultante dalle modifiche apportate dalla legge n. 663 del 1986, a norma del quale è possibile ammettere all'affidamento in prova al servizio sociale i condannati in stato di libertà, già assoggettati a custodia cautelare, in base alla valutazione del comportamento tenuto dagli stessi in libertà mentre, per i condannati che si trovino in custodia cautelare, al momento della proposizione dell'istanza, non è possibile ammetterli all'affidamento in prova senza un periodo d'osservazione all'interno d'un istituto carcerario;

che l'autorità remittente afferma inoltre che la previsione della concedibilità dell'affidamento in prova ad un condannato in stato di libertà contrasta anche con il principio della finalità rieducativa della pena di cui all'art. 27, terzo comma, Cost.;

che, nel giudizio iscritto al n. 126 del registro ordinanze del 1990, è intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri concludendo per la non fondatezza della questione.

Considerato che le ordinanze di rimessione sollevano identiche questioni e, pertanto, i relativi giudizi vanno riuniti;

che non sussiste la lamentata lesione del principio d'eguaglianza, in quanto la previsione di diversi presupposti per la concessione dell'affidamento in prova (valutazione del comportamento tenuto in libertà, da un lato, osservazione in istituto, dall'altro) assolve all'esigenza di disciplinare in modo differenziato le diverse situazioni (stato di libertà o stato di detenzione) in cui può versare il condannato al momento della presentazione della domanda di affidamento in prova;

che non è irrazionale che il comportamento del condannato ancora in stato di libertà sia valutato sulla base dei comportamenti tenuti in libertà;

che non risulta violato neppure l'art. 27 Cost., in quanto, questa Corte recentemente ha sottolineato a) che <la finalità rieducativa della pena potrebbe... essere ostacolata proprio da una nuova sottoposizione a regime carcerario del condannato già in custodia cautelare> (ordinanza n. 411 del 1989) e b) che <in una misura di trattamento extra carcerario la pur imprescindibile valutazione della personalità può essere più opportunamente condotta in libertà, sia per i condizionamenti indotti dalla detenzione, che spesso generano psicosi erroneamente interpretabili come segno di ravvedimento, sia per evitare al condannato, che abbia possibilità di recupero, di subire la nefasta influenza criminogena dell'ambiente carcerario> (sentenza n. 569 del 1989);

che, di conseguenza, la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Tribunale di sorveglianza di Torino va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 47, terzo e quarto comma, della legge 26 luglio 1975, n. 354 (Norme sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) quale modificato dall'art. 11 della legge 10 ottobre 1986, n. 663 (Modifiche alla legge sull'ordinamento penitenziario e sull'esecuzione delle misure privative e limitative della libertà) sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 27 Cost., dal Tribunale di sorveglianza di Torino con due ordinanze del 16 ottobre 1989.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/06/90.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Renato DELL'ANDRO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 19/06/90.