Ordinanza n. 594 del 1989

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ORDINANZA N.594

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 6 agosto 1984, n. 425 (Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati), promosso con ordinanza emessa il 20 febbraio 1989 dalla Commissione tributaria di 1° grado di Verbania sul ricorso proposto da Deciani Giovanni contro l'Ufficio del registro di Verbania, iscritta al n. 277 del registro ordinanze 1989 e pubblicata della Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 23, prima serie speciale, dell'anno 1989.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 16 novembre 1989 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

Ritenuto che, nel corso di un giudizio diretto all'annullamento di un'ingiunzione di pagamento di imposta di successione, la Commissione tributaria di primo grado di Verbania ha sollevato d'ufficio, ritenendola pregiudiziale per la decisione della causa, la questione di legittimità costituzionale-in riferimento agli artt. 108, secondo comma, 3, primo comma e 97, primo comma, della Costituzione - dell'art. 2 della legge 6 agosto 1984, n. 425, nella parte in cui non estende anche ai componenti le Commissioni tributarie la speciale indennità (c.d. indennità di rischio o di funzione) riconosciuta dall'art. 3 della legge 19 febbraio 1981, n. 27 (Provvidenze per il personale di magistratura) <ai magistrati ordinari in relazione agli oneri che gli stessi incontrano nello svolgimento della loro attività>, successivamente estesa, dalla norma impugnata, ad altre categorie di magistrati e assimilati e, dalla legge 25 ottobre 1982 n. 795, anche ai giudici popolari;

che il giudice a quo, dopo aver rilevato che, di recente, analoga indennità, denominata <indennità giudiziaria>, é stata concessa anche al personale amministrativo delle magistrature ordinarie e speciali (escluso il personale addetto alle segreterie delle Commissioni tributarie), ha denunciato il contrasto della norma impugnata con i parametri costituzionali invocati, poichè il mancato riconoscimento economico non assicurerebbe l'indipendenza dei giudici tributari alla cui garanzia e diretto anche un adeguato trattamento economico (art. 108, secondo comma), discriminerebbe, senza razionale giustificazione, questi ultimi dagli altri giudici delle giurisdizioni speciali dal momento che <unica> é la funzione giurisdizionale (art. 3, primo comma), e nuocerebbe, infine, al buon andamento delle Commissioni tributarie e quindi della giustizia tributaria (art. 97, primo comma);

che, quanto alla rilevanza della questione, il collegio rimettente ha considerato che essa, incidendo sulla indipendenza del giudice, può influire sul rapporto che lo stesso giudice e chiamato a decidere, donde la sua pregiudizialità; che non si e costituita la parte privata;

che é intervenuto nel giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, eccependo la inammissibilità della questione, che concerne una norma del tutto estranea all'oggetto del giudizio a quo, e rilevandone nel merito la infondatezza in relazione a tutti i parametri invocati.

Considerato che é fondata la eccezione formulata dalla Avvocatura generale dello Stato di inammissibilità della questione per irrilevanza, poichè, come ha già affermato questa Corte in fattispecie analoghe (ord. n. 326 del 1987, sent. n. 196 del 1982), la disposizione denunciata non incide sul rapporto che il giudice rimettente é chiamato a decidere, nè attiene alla composizione dell'organo giudicante, di modo che in nessun caso di essa si deve fare applicazione nel giudizio principale;

che a diversa conclusione non può pervenirsi, come del resto implicitamente già ritenuto in tali pronunce, considerando il profilo della indipendenza dell'organo dal punto di vista del trattamento economico;

che, difatti, quello dei giudici tributari non può essere assimilato al trattamento economico dei magistrati e cioé allo stipendio da questi percepito in ragione del loro servizio istituzionale, cui é collegata l'indennità di funzione, in quanto il compenso per i componenti delle Commissioni tributarie é previsto per una attività che questi non esercitano <professionalmente>, bensì, di massima, in aggiunta ad altra attività svolta in via primaria ed in relazione alla quale essi sono appunto chiamati ad esercitare, con il loro consenso, anche le funzioni di giudice tributario;

che la questione é pertanto manifestamente inammissibile.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 2 della legge 6 agosto 1984, n. 425 (Disposizioni relative al trattamento economico dei magistrati) sollevata, in riferimento agli artt. 108, secondo comma, 3, primo comma, e 97, primo comma, della Costituzione, dalla Commissione tributaria di primo grado di Verbania con l'ordinanza indicata in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13/12/89.

 

Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI.

 

Depositata in cancelleria il 29/12/89.

 

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Vincenzo CAIANIELLO, REDATTORE