Ordinanza n. 258 del 1989

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ORDINANZA N.258

ANNO 1989

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 2909 del codice civile, 324 e 113, secondo comma, del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 9 marzo 1988 dal Pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Fioraso Angelo e Contro Mario ed altra, iscritta al n. 418 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39, prima serie speciale, dell'anno 1988.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio dell'11 gennaio 1989 il Giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto che il Pretore di Torino, chiamato a decidere una controversia nella quale, fra le stesse parti, a ruoli invertiti, era stata già emessa sentenza definitiva dal giudice conciliatore, che aveva statuito in ordine all'individuazione delle responsabilità in una collisione fra autoveicoli, con ordinanza in data 9 marzo 1988 (R.O. n. 418 del 1988), ha sollevato questione di legittimità costituzionale degli artt. 2909 del codice civile, 324 e 113, secondo comma, del codice di procedura civile, in riferimento agli artt. 3, 24, 102 e 106 della Costituzione, nella parte in cui prevedono che sentenze passate in giudicato e pronunciate secondo equità dal giudice conciliatore abbiano efficacia vincolante in successivi giudizi vertenti sul medesimo fatto, da decidersi secondo diritto;

che, ad avviso del giudice a quo, gli artt. 3 e 24 della Costituzione risulterebbero violati in quanto un cittadino che nutre legittima aspettativa di un giudizio da emettersi secondo diritto viene a trovarsi di fronte all'ostacolo insuperabile di un giudizio già emesso secondo equità, e viceversa;

che si verificherebbe, inoltre, violazione dell'art. 102, secondo comma, della Costituzione, per la presunta funzione di giudice speciale affidata al conciliatore (cui esclusivamente apparterrebbe il potere di emettere sentenze secondo equità, ricorribili solo per Cassazione ed indicative di una posizione non riconducibile all'esercizio della giurisdizione ordinaria);

che sussisterebbe, infine, violazione dell'art. 102, secondo comma, della Costituzione per effetto dell'avvenuta attribuzione a magistrati onorari di funzioni giurisdizionali senza il rispetto dei limiti previsti dalla legge sull'ordinamento giudiziario.

Considerato che la questione torna all'esame di questa Corte dopo la pronunzia dell'ordinanza n. 353 del 1987, con la quale era stata disposta la restituzione degli atti al giudice rimettente, per la ragione che, non essendo stata agli atti medesimi allegata copia della suddetta sentenza del giudice conciliatore, non era consentito verificare se tale giudice avesse esercitato il potere di decidere secondo equità e, conseguentemente, se effettivamente sussistesse la base concreta del sospetto di incostituzionalità, ravvisato dal Pretore in ciò che le sentenze rese dal conciliatore non vincolino con l'autorità del giudicato sostanziale altri giudici astretti all'applicazione dello stretto diritto;

che, invero, dovendo il conciliatore decidere le cause di sua competenza secondo equità e con l'osservanza dei principi regolatori della materia, il relativo giudizio non prescinde dalla qualificazione giuridica del fatto (pur potendo dare rilievo a motivi soggettivi di comportamento, di regola irrilevanti per il diritto) e non preclude al giudice di decidere la lite in base alle sole norme di diritto;

che, nella specie, la sentenza resa dal Conciliatore di Torino, acquisita agli atti in occasione della nuova rimessione della questione, non contiene alcun elemento alla cui stregua possa affermarsi che il giudice abbia fatto uso di poteri equitativi, risultando, all'opposto, il contesto argomentativo della sentenza stessa sintomatico della decisione secondo diritto;

che, pertanto, alla stregua di quanto sopra ricordato, appare insussistente il presupposto del sollevato dubbio di incostituzionalità, con conseguente manifesta infondatezza della relativa questione.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 2909 del codice civile, 324 e 113, secondo comma, del codice di procedura civile, in riferimento agli artt. 3, 24, 102 e 106 della Costituzione, sollevata dal Pretore di Torino con l'ordinanza in epigrafe.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16/05/89.

 

Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI - Giuseppe BORZELLINO - Francesco GRECO - Renato DELL'ANDRO - Gabriele PESCATORE - Ugo SPAGNOLI - Francesco Paolo CASAVOLA - Antonio BALDASSARRE - Vincenzo CAIANIELLO - Mauro FERRI - Luigi MENGONI - Enzo CHELI

 

Depositata in cancelleria il 18/05/89.

 

Giovanni CONSO, PRESIDENTE

Francesco GRECO, REDATTORE