Sentenza n.1103 del 1988

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SENTENZA N.1103

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale della legge regionale 28 novembre 1984, riapprovata il 25 marzo 1985 dal Consiglio Regionale della Liguria, avente per oggetto: <Collaborazione con il Servizio Sanitario Nazionale dei medici inseriti nelle graduatorie previste dagli accordi nazionali di cui all'art. 48 della l. 23 dicembre 1978 n. 833> promosso con ricorso del Presidente del Consiglio dei Ministri, notificato il 13 aprile 1985, depositato in cancelleria il 22 successivo ed iscritto al n. 20 del registro ricorsi 1985.

Visto l'atto di costituzione della Regione Liguria;

udito nell'udienza pubblica del 10 maggio 1988 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

uditi l'Avvocato dello Stato Sergio Laporta, per il ricorrente, e l'Avvocato Gustavo Romanelli per la Regione.

Considerato in diritto

1.-Il ricorso governativo che introduce il presente giudizio solleva, in relazione alla legge della Regione Liguria indicata in epigrafe, avente ad oggetto <Collaborazione con il Servizio Sanitario Nazionale dei medici inseriti nelle graduatorie previste dagli accordi nazionali di cui all'art. 48 della legge 23 dicembre 1978 n. 833>, le seguenti questioni: a) se la legge impugnata nel suo complesso sia in contrasto con i principi stabiliti dalla legge statale n. 833 del l978, in quanto quest'ultima non prevede forme di partecipazione volontaria individuale alle strutture del Servizio sanitario nazionale; b) se gli artt. 3, 4 e 5 della legge impugnata - i quali, nel prevedere le modalità di tale forma di collaborazione volontaria dei medici, permettono, in particolare, l'uso, da parte di costoro, di appositi modulari, simili a quelli previsti per i medici convenzionati-violino tanto l'art. 25, terzo comma, della legge n. 833 del 1978, che affida al solo personale dipendente o convenzionato del Servizio sanitario nazionale l'assistenza medico-generica e quella pediatrica, quanto gli artt. 47 e 48 della stessa legge, che, relativamente ai medici dipendenti o convenzionati, prevedono un sistema di controlli non applicabili a coloro che collaborano volontariamente con il Servizio sanitario nazionale.

2. - Il ricorso va accolto.

L'art. 5 della legge impugnata-nel prevedere il rilascio ai medici che collaborano volontariamente con il Servizio sanitario nazionale di modulari simili a quelli previsti per i medici convenzionati per le prescrizioni di farmaci, le richieste di terapia, di diagnostica strumentale e di laboratorio, nonché per le certificazioni di malattia, escluse quelle utilizzabili ai fini dell'idoneità al lavoro - si pone in contrasto con un principio fondamentale vigente nella disciplina legislativa del Servizio sanitario nazionale.

Non c'è dubbio che la difesa della Regione Liguria abbia ragione nel sostenere che la circostanza, non contraddetta dal ricorrente, per la quale la legge n. 833 del 1978 non preveda forme di partecipazione volontaria all'interno del Servizio sanitario nazionale, non sia sufficiente per ritenere violato il limite dei principi fondamentali. Come questa Corte ha già precisato in una precedente pronunzia (sent. n. 221 del 1975), il fatto che nella legislazione statale non vi siano disposizioni relative all'oggetto disciplinato dalla legge regionale, non equivale al riconoscimento di un principio di divieto nella materia considerata.

Tuttavia, è altrettanto indubbio che i principi fondamentali vigenti in materia sanitaria vanno desunti dal complesso delle leggi adottate in tema di sanità, e non solo da quella istitutiva del Servizio sanitario nazionale.

Sotto quest'ultimo profilo, va osservato che l'art. 2 del decreto- legge 30 ottobre 1987, n. 443, convertito, con modificazioni, nella legge 29 dicembre 1987, n. 531, intitolata <Disposizioni urgenti in materia sanitaria>, stabilisce espressamente che <l'impiego di ricettari per la prescrizione o la proposta di prestazioni erogabili dal Servizio sanitario nazionale e riservato ai medici dipendenti dal Servizio medesimo o con lo stesso convenzionati nell'ambito dei rispettivi compiti istituzionali>. Questa disposizione di legge statale, con la quale si pone in diretto contrasto l'art. 5 della legge regionale impugnata, e stata intenzionalmente adottata, come si legge nella relazione che accompagna la relativa proposta, al fine di <contrastare la recrudescenza degli illeciti in danno del Servizio sanitario nazionale mediante una più efficace opera di controllo sistematico delle prescrizioni>. Essa, pertanto, mirando a contrastare un diffuso fenomeno di illeciti, anche di carattere penale, concorre a chiarire e a precisare un principio, cui si collega pure l'art. 25, terzo comma, della legge n. 833 del 1978, allorché prescrive che <l'assistenza medicogenerica e pediatrica e prestata dal personale dipendente o convenzionato del servizio sanitario nazionale operante nelle unita sanitarie locali o nel comune di residenza del cittadino>.

Più precisamente, il principio fondamentale, di cui e espressivo il ricordato art. 2 del d.l. n. 443 del 1987, e dato dalla norma che soltanto i medici incardinati nel Servizio sanitario nazionale o a regime convenzionale-in considerazione del tipo di selezione previsto, della disciplina e dei controlli cui e sottoposta la loro attività (v. spec. artt. 47 e 48 della legge n. 833 del 1978)- sono ritenuti in possesso delle caratteristiche professionali minime per poter garantire adeguatamente l'assistenza sanitaria che si renda necessaria per assicurare la salute dei cittadini. E non c'è dubbio che tanto le prescrizioni di farmaci e le richieste di diagnostica strumentale e di laboratorio, quanto il rilascio di certificazioni di malattia sono aspetti essenziali delle prestazioni di cui consta l'assistenza sanitaria garantita dal servizio nazionale, che, anche per i risvolti pubblicistici e di certezza giuridica legati alle certificazioni di malattia (se pure diverse da quelle utilizzabili ai fini della dimostrazione dell'idoneità al lavoro), non possono essere affidate a medici legati al Servizio sanitario nazionale da un rapporto di mero volontariato.

L'art. 2 del d.l. n. 443 del 1987, con il quale, come si diceva, l'art. 5 della legge impugnata si pone in diretto contrasto, integra il suddetto principio fondamentale risolvendo in un determinato senso un punto dello stesso principio che aveva dato luogo a interpretazioni controverse e a decisioni legislative diverse da regione a regione. In tal modo esso concorre, non soltanto a rendere più concreta e certa la garanzia del diritto alla salute dei cittadini, riconosciuto come fondamentale dall'art. 32 Cost., ma, come risulta evidente dai lavori preparatori prima citati, pone anche una delle condizioni per rendere più efficiente la gestione del Servizio sanitario nazionale, cercando di prevenire danni economici causati allo stesso Servizio dal noto fenomeno dell'aumento abnorme e incontrollato delle prescrizioni di farmaci.

3. - Quanto detto a proposito dell'art. 5 della legge impugnata non preclude, certo, alla Regione di porre in essere provvedimenti legislativi che, nell'esercizio legittimo della propria potestà concorrente in materia di formazione professionale, siano diretti a consentire ai medici che aspirano a entrare nel Servizio sanitario nazionale l'acquisizione di esperienze professionali nelle strutture pubbliche o la partecipazione a corsi di formazione professionale promossi dalla Regione medesima. Non c'è dubbio che, nell'ambito di tali attività, vi possa essere spazio per rapporti di partecipazione volontaria all'erogazione delle prestazioni sanitarie e alle strutture del Servizio nazionale.

Ciò che non è costituzionalmente permesso, allo stato della legislazione attuale, è che a medici legati al Servizio nazionale da tale tipo di rapporti si affidino compiti che, per la loro natura o per come sono organizzati in concreto, non diano sufficiente garanzia in relazione all'assicurazione del diritto alla salute dei cittadini e all'efficienza della gestione del sistema pubblico dell'assistenza sanitaria. Resta assorbito ogni altro profilo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale della legge della Regione Liguria, riapprovata il 25 marzo 1985, dal titolo <Collaborazione con il Servizio Sanitario Nazionale dei medici inseriti nelle graduatorie previste dagli accordi nazionali di cui all'art. 48 della legge 23 dicembre 1978 n. 833>.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12/12/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Antonio BALDASSARRE, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 20 Dicembre 1988.