Ordinanza n. 1051 del 1988

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ORDINANZA N.1051

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 8, comma primo, nn. 2, 4, 6 e 8 della legge 9 ottobre 1971, n. 825 (<Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria>), dell'art. 23 del d.P.R. 26 ottobre 1942, n. 643 (<Istituzione dell'imposta comunale sull'incremento di valore degli immobili>), promosso con ordinanza emessa il 28 luglio 1987 dalla Commissione tributaria di 1° grado di Bari sul ricorso proposto da Polignano Serafina ed altro contro l'Ufficio del Registro di Gioia del Colle iscritta al n. 49 del registro ordinanze 1988 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9/1a s.s. dell'anno 1988.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella Camera di consiglio del 26 ottobre 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

Ritenuto che nel corso di un giudizio riguardante un avviso di liquidazione per imposta di successione, INVIM, imposte catastali e pene pecuniarie per tardiva presentazione della dichiarazione, la Commissione Tributaria di primo grado di Bari, con ordinanza in data 28 luglio 1987 (r.o. n. 49 del 1988), ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 8, primo comma, nn. 2, 4, 6 e 8 della legge 9 ottobre 1971 n. 825, nonché dell'art. 23 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643;

che la prima delle disposizioni impugnate viene censurata nella parte in cui, non prevedendo che le quote esenti e le aliquote progressive (indicate nella tabella <C> allegata alla legge n. 825 del 1971) siano aggiornate ai valori corrispondenti al momento in cui insorge l'obbligo alla denuncia, in modo da determinare un'adeguata rispondenza tra incremento nominale del valore dei beni e incremento dell'imposta dovuta, si porrebbe in contrasto con gli artt. 3 e 53 Cost., rendendo artificioso il valore dei beni caduti in successione e quindi ingiustificato il carico tributario;

che la seconda delle disposizioni impugnate, è censurata, sempre in riferimento ai predetti parametri costituzionali, nella parte in cui non prevede la possibilità di graduare la sanzione, in relazione al ritardo con cui il contribuente assolve l'obbligo della denuncia;

che non si sono costituite le parti, mentre, è intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato, chiedendo che le questioni vengano dichiarate inammissibili o infondate.

Considerato che la prima delle questioni prospettate dal giudice a quo attiene essenzialmente agli effetti che, in materia di imposte successorie, derivano dal fenomeno dell'inflazione;

che come questa Corte ha già affermato in precedenti occasioni (sent. n. 126 del 1979 e ord. n. 172 del 1988), gli interventi diretti ad attenuare talune conseguenze più gravi del deprezzamento della moneta costituiscono <il frutto di scelte politiche, riservate alla discrezionalità del potere legislativo, al quale compete di provvedere in si delicata materia, sulla base di valutazioni di ordine politico, sociale, economico, finanziario, che sfuggono di massima al sindacato di legittimità affidato a questa Corte>, e che <... anche nel campo della legislazione tributaria questa discrezionalità di scelte politiche non è contestabile, sia sul piano generale della distribuzione del carico fiscale tra le diverse categorie di contribuenti, sia su quello settoriale dell'applicazione delle diverse imposte dirette e indirette>;

che pertanto la questione va dichiarata manifestamente inammissibile;

che ad identiche conclusioni deve pervenirsi anche per quanto riguarda l'impugnazione dell'art. 23 d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643, non avendo in alcun modo il giudice a quo motivato la rilevanza della relativa questione, né potendosi la stessa dedurre dal contesto dell'intero atto di rimessione;

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e n. 9, secondo comma, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

Dichiara la manifesta inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale degli artt. 8, primo comma, nn. 2, 4, 6 e 8 della legge 9 ottobre 1971 n. 825 (<Delega legislativa al Governo della Repubblica per la riforma tributaria>) e 23 del d.P.R. 26 ottobre 1972 n. 643 (<Istituzione dell'imposta comune sull'incremento di valore degli immobili>), sollevate in riferimento agli artt. 3 e 53 Cost. dalla Commissione Tributaria di primo grado di Bari con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella Sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 22/11/88.

 

Francesco SAJA - Vincenzo CAIANIELLO

 

Depositata in cancelleria il 30/11/88.