Sentenza n. 1021 del 1988

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SENTENZA N.1021

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Giovanni CONSO, Presidente

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 6, ultimo comma, della legge 11 gennaio 1943, n. 138 (Costituzione dell'Ente <Mutualità fascista - Istituto dell'assistenza di malattia ai lavoratori>), promosso con ordinanza emessa il 4 maggio 1987 dal Tribunale di La Spezia, nel procedimento civile vertente tra Bevilacqua Camillo e I.N.A.I.L. ed altro, iscritta al n. 411 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 39/I ss. dell'anno 1987.

Visti gli atti di costituzione dell'I.N.A.I.L. e dell'I.N.P.S. nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 27 settembre 1988 il Giudice relatore Francesco Greco;

udito l'avv. Enrico Ruffini per l'I.N.A.I.L. e l'Avvocato dello Stato Emilio Lecca per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - Il Tribunale di La Spezia dubita della legittimità costituzionale dell'art. 6, ultimo comma, della legge 11 gennaio 1943, n. 138, che fissa in un anno il termine di prescrizione del diritto alle prestazioni di malattia ivi previste, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., rilevando che, dovendosi procedere con il rito del lavoro, l'effetto interruttivo della prescrizione, conseguente alla notificazione della domanda giudiziale, si verifica solo a seguito della notifica del ricorso e pedissequo decreto di fissazione dell'udienza, emesso precedentemente dal giudice del lavoro adito, sicché il trattamento del creditore delle prestazioni di cui alla norma denunciata risulta ingiustificatamente diverso e deteriore rispetto a quello di altri creditori, i quali, avvalendosi del rito ordinario, notificano l'atto introduttivo del giudizio senza la perdita del tempo richiesta dalla interferenza del giudice.

2. – E’ preliminare l'esame dell'eccezione di inammissibilità sollevata dall'Avvocatura dello Stato, in base al rilievo che la lamentata disparità di trattamento non deriverebbe dalla norma denunciata che fissa la durata del termine prescrizionale, ma dalle norme che regolano il rito del lavoro (artt. 414 e 415 c.p.c) e dettano le modalità della introduzione del giudizio (proposizione della domanda con ricorso; suo deposito nella cancelleria del giudice competente; fissazione, da parte del giudice, della udienza di discussione con decreto da emettersi entro cinque giorni dal deposito del ricorso; notifica, a cura dell'attore, del ricorso e pedissequo decreto al convenuto entro 10 gg. dalla data di pronuncia del decreto).

L'eccezione non può essere accolta.

La denunciata illegittimità costituzionale, pur avente ad oggetto l'art. 6, ultimo comma della legge n. 138 del 1943, concerne ovviamente le citate norme del rito del lavoro, le quali sarebbero coinvolte nell'eventuale declaratoria di illegittimità costituzionale se la questione proposta risultasse fondata.

3. - Ma la questione non é fondata.

Anzitutto, le caratteristiche strutturali e procedimentali che distinguono il rito ordinario dal rito del lavoro sono tali da non consentire raffronti nei quali sia ragionevole assumere l'uno come modello di perfezione cui l'altro, pena la incostituzionalità, sia tenuto ad adeguarsi, o viceversa (sent. n. 65 del 1980).

Inoltre, le modalità e i tempi della procedura speciale, comuni a tutti i giudizi che si introducono con ricorso, hanno, per quanto riguarda la fattispecie, una modesta incidenza sul termine prescrizionale dell'azione per conseguire le prestazioni assicurative di cui alla norma in esame (appena 5 gg. nel massimo), sicché il termine non si riduce sino al punto di importare la violazione dei diritti di difesa del creditore.

La giurisprudenza di questa Corte é nel senso che la incongruità del termine di prescrizione può ammettersi, ed e rilevante, solo quando esso sia di durata tale da non rendere effettiva la possibilità di esercizio del diritto cui si riferisce e di conseguenza appaia inoperante la tutela del diritto (cfr. sent. n. 110 del 1982).

Infine, ed é quello che maggiormente rileva, nella fattispecie, il diritto del creditore risulta sufficientemente garantito e protetto, in quanto l'atto introduttivo del giudizio non é il solo mezzo previsto dall'ordinamento per l'interruzione della prescrizione prevista dalla norma denunciata, ma ve ne sono altri, anche di natura extragiudiziale, che il creditore può agevolmente utilizzare (art. 2943, ultimo comma, cod. civ.).

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 6, ultimo comma, della legge 11 gennaio 1943, n. 138 (Costituzione dell'Ente <Mutualità fascista - Istituto dell'assistenza di malattia ai lavoratori>), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dal Tribunale di La Spezia con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26/10/88.

 

Francesco SAJA - Francesco GRECO

 

Depositata in cancelleria il 09/11/88.