Ordinanza n. 903 del 1988

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ORDINANZA N.903

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 20, lett. b), della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico - edilizia, sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) dell'art. 1 della legge 28 gennaio 1977, n. 10 (Norme per la edificabilità dei suoli) e dell'art. 7, capoverso, lett. a), del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito in legge 25 marzo 1982, n. 94 (Norme per l'edilizia residenziale e provvidenze in materia di sfratti), pro mosso con ordinanza emessa il 13 ottobre 1987 dal Pretore di Sannicandro Garganico nel procedimento penale a carico di La Piscopia Vincenzo, iscritta al n. 843 del registro ordinanze 1987 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 2, 1 a Serie speciale dell'anno 1988.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella Camera di consiglio del 22 giugno 1988 il Giudice relatore Aldo Corasaniti.

Ritenuto che il Pretore di Sannicandro Garganico, nel procedimento penale a carico di La Piscopia Vincenzo, imputato del reato di cui all'art. 20, lett. b), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, per avere eseguito, senza concessione edilizia, su un fondo rustico, lavori consistenti nella costruzione di un manufatto in blocchi di tufo di mq. 51 circa, adibito a deposito di attrezzi agricoli per la coltivazione del fondo, ha sollevato, con ordinanza emessa il 13 ottobre 1987, questione di legittimità costituzionale, in riferimento agli artt. 3, 42 e 44 Cost., degli artt. 20, lett. b), della legge n. 47 del 1985, 1 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e 7, comma secondo, lett. a), del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito nella legge 25 marzo 1982, n. 94, nella parte in cui, nel loro combinato disposto, assoggettano a regime di concessione edilizia, anziché di autorizzazione gratuita, come e invece previsto per le pertinenze al servizio di edifici già esistenti, le opere costituenti pertinenze al servizio di fondi rustici, così determinando: una irragionevole disparità di trattamento tra entità omogenee, quali sono le pertinenze degli edifici urbani e dei fondi rustici; una illegittima compressione delle facoltà di godimento dei fondi rustici; una imposizione, sui fondi stessi, di vincoli non coordinati agli obbiettivi indicati dall'art. 44 Cost.;

che é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato dall'Avvocatura dello Stato, che ha eccepito l'inammissibilità e, in subordine, l'infondatezza della questione;

considerato che non ricorrono, nella specie, le ragioni che hanno indotto questa Corte, con l'ordinanza n.8 del 1988, a dichiarare manifestamente inammissibile analoga questione: mentre allora era impugnato l'art. 7, lett. a), del decreto-legge n. 9 del 1982, come sopra convertito, senza considerarsi che la liceità degli interventi edilizi su aree nude, siano esse urbane e rustiche, deve essere valutata non già alla stregua del suddetto art. 7, lett. a), concernente le pertinenze di edifici preesistenti, siano essi urbani o rurali, bensì in riferimento all'art. 1 della legge n. 10 del 1977, la questione ora prospettata coinvolge anche quest'ultima disposizione;

che il giudice a quo postula la previsione, da parte della normativa impugnata, di un diverso trattamento dei fondi urbani e dei fondi rustici, e loro pertinenze, laddove la prevista diversità di trattamento sussiste tra opere costituenti pertinenza di edificio preesistente, urbano o rurale, (alle quali é applicabile il regime di autorizzazione gratuita in base al citato art. 7, lett. a), ed opere edilizie non correlate ad edifici preesistenti, bensì ad aree inedificate, urbane o rustiche, (sottoposte al regime concessorio secondo i criteri generali di cui all'art. 1 della legge n. 10 del 1977);

che le due situazioni diversamente regolate sono innegabilmente non omogenee sotto il profilo edilizio e urbanistico, altro essendo il caso di un incremento edile arrecato, come la pertinenza, a un edificio che preesiste e quindi già configura trasformazione del territorio, rispetto al caso (qui in esame) di un'opera costituente essa stessa modificazione originaria del territorio considerato come area nuda;

che, pertanto, difettano i presupposti per un'utile comparazione ai fini dell'art. 3, comma primo, Cost., sicché la censura svolta in riferimento a tale parametro é manifestamente infondata;

che del pari sono manifestamente infondate le censure riferite agli artt. 42 e 44 Cost. poiché, una volta escluso, secondo quanto dinanzi detto, che ricorra una diversità di trattamento fra proprietà urbana e proprietà fondiaria, viene meno la possibilità stessa di configurare le dedotte lesioni della proprietà fondiaria o della protezione costituzionale di essa.

Visti gli artt. 26, comma secondo, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9, comma secondo, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale degli artt. 20, lett. b), della legge 28 febbraio 1985, n. 47, 1 della legge 28 gennaio 1977, n. 10, e 7, comma secondo, lett. a), del decreto-legge 23 gennaio 1982, n. 9, convertito nella legge 25 marzo 1982, n. 94, sollevata, in riferimento agli artt. 3, 42 e 44 Cost., dal Pretore di Sannicandro Garganico con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 07/07/88.

 

Francesco SAJA - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 26/07/88.