Ordinanza n. 680 del 1988

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ORDINANZA N.680

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, primo e secondo comma, della legge 15 ottobre 1979, n. 490 (Proroga del termine di cui al settimo comma dell'articolo 53 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, per quanto riguarda gli espropri effettuati per l'esecuzione dei lavori del 5° Centro siderurgico di Gioia Tauro), promosso con ordinanza emessa il 3 maggio 1984 dal Tribunale di Palmi nel procedimento civile vertente tra Zito Agostino e il Consorzio per l'area di sviluppo industriale di Reggio Calabria, iscritta al n. 133 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 137 bis dell'anno 1985.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 23 marzo 1988 il Giudice relatore Vincenzo Caianiello.

Ritenuto che nel corso di un giudizio avente ad oggetto la retrocessione di alcuni immobili, espropriati per la costruzione del porto industriale e del quinto centro siderurgico di Gioia Tauro e sui quali non era stata realizzata alcuna opera pubblica, il Tribunale di Palmi, avanti il quale il convenuto Consorzio per l'area di sviluppo industriale di Reggio Calabria aveva eccepito l'intervenuta proroga del termine per l'utilizzazione delle aree, ha sollevato, con ordinanza in data 3 maggio 1984, questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma primo e secondo, legge 15 ottobre 1979 n. 490 che dispone appunto la predetta proroga, consentendo, parallelamente, l'utilizzazione delle aree anche per iniziative industriali diverse;

che la disposizione impugnata viene censurata nella parte in cui prorogando, per i soli immobili destinati alla realizzazione del quinto centro siderurgico di Gioia Tauro, il termine quinquennale entro il quale i beni espropriati dall'ente beneficiario dovevano essere <utilizzati per lo scopo prestabilito>, e prevedendo altresì la possibilità di utilizzazioni industriali alternative, si porrebbe in contrasto:

a) con gli artt. 24 e 25 Cost., in quanto il provvedimento, per il suo sostanziale carattere di <atto amministrativo plurimo> solo formalmente legislativo, sottrarrebbe al sindacato giurisdizionale e alla cognizione del giudice naturale precostituito per legge la materia da esso disciplinata;

b) con l'art. 3 Cost., creando un'ingiustificata disparità di trattamento fra gli espropriati degli immobili interessati all'esecuzione dei lavori del quinto centro siderurgico di Gioia Tauro e gli altri espropriati, proprietari di immobili situati in zone limitrofe;

c) con l'art. 97, primo comma, Cost., attribuendo al l'amministrazione un potere di utilizzazione del bene, per iniziative industriali alternative, troppo ampio in riferimento alla mancata previsione, sia di un termine perentorio per la redazione in forma esecutiva dei progetti alternativi, sia della necessaria correlazione fra l'entità degli eventuali programmi e l'estensione delle aree da assoggettare al vincolo della proroga;

d) con l'art. 42, terzo comma, Cost., in quanto la predetta proroga, impedendo l'esercizio del diritto dei proprietari alla restituzione del bene, integrerebbe gli estremi di una nuova espropriazione, senza la previsione di un adeguato indennizzo;

che é intervenuta l'Avvocatura Generale dello Stato chiedendo che la questione sia dichiarata infondata.

Considerato che, in riferimento al primo dei prospettati profili di illegittimità costituzionale, va negata l'esistenza di una riserva di potestà amministrativa nella materia che la norma impugnata disciplina, e ciò ad ulteriore precisazione di quanto già affermato da questa Corte nelle sentenze n. 95 e 6 del 1966, e a prescindere dalla attinenza che gli invocati parametri possano o meno avere in relazione alle censure mosse;

che per quanto attiene all'asserito contrasto con l'art. 3 Cost., la lamentata diversità di regime trova una sua ragionevole giustificazione nella peculiarità della destinazione impressa agli immobili espropriati, cui evidentemente si collega il permanere dell'assoluta necessita di realizzare l'originaria opera pubblica o comunque altre iniziative industriali in grado di imprimere alla zona in oggetto lo stesso tipo di sviluppo;

che, in relazione alla sostenuta violazione dell'art. 97, primo comma, Cost., la riserva di legge ed il principio del buon andamento, ai quali sembra riferirsi il giudice a quo, attenendo alla materia dell'organizzazione dei pubblici uffici, nulla hanno a che vedere con le disposizioni, quale quella impugnata, che disciplinano l'attività amministrativa incidendo direttamente nella sfera soggettiva dei privati, e per le quali nella nostra Costituzione sono previsti altri e diversi parametri di riferimento;

che per quanto concerne, infine, la prospettata lesione dell'art. 42, terzo comma, Cost., la sentenza di questa Corte n. 245 del 1987 configura la retrocessione come un <diritto potestativo di acquisto>, non essendo peraltro ipotizzabili, una volta intervenuta l'espropriazione del bene e corrisposto l'indennizzo, posizioni giuridiche, a rilevanza economica, riferibili all'espropriato;

che, conseguentemente, la limitazione che la disposizione censurata apporrebbe al potere di retrocessione, a prescindere dalla sua consistenza, non può in alcun modo integrare gli estremi di una nuova espropriazione, presupponendo quest'ultima l'esistenza di situazioni giuridiche soggettive perfette, a contenuto reale o che comunque attengono al godimento del bene;

che, pertanto, in relazione a tutti gli anzidetti profili la questione va dichiarata manifestamente infondata.

Visti gli artt. 26, secondo comma, legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, secondo comma, delle norme integrative per i giudizi avanti la Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, primo e secondo comma, legge 15 ottobre 1979 n. 490 (Proroga del termine di cui al settimo comma dell'art. 53 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 6 marzo 1978, n. 218, per quanto riguarda gli espropri effettuati per l'esecuzione dei lavori del 5° Centro siderurgico di Gioia Tauro), sollevata con riferimento agli artt. 3, 24, 25, 42 e 97 Cost. dal Tribunale di Palmi con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 09/06/88.

 

Francesco SAJA - Vincenzo CAIANIELLO

 

Depositata in cancelleria il 16/6/1988.