Sentenza n. 612 del 1988

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SENTENZA N.612

ANNO 1988

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

 

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA, Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 13 della legge 26 aprile 1982, n. 181, intitolata: <Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1982)> promosso con ricorso della Regione Toscana, notificato il 26 maggio 1982, depositato in cancelleria il 1° giugno successivo ed iscritto al n. 26 del registro ricorsi 1982.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 9 febbraio 1988 il Giudice relatore Antonio Baldassarre;

uditi l'Avvocato Paolo Barile per la Regione Toscana e l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione di costituzionalità posta al giudizio di questa Corte concerne l'art. 13 della legge 26 aprile 1982, n. 181, nella parte in cui, estendendo la competenza dei comitati per il controllo sulle province (art. 55, l. 10 febbraio 1953, n. 62) agli atti delle U.S.L., prevede che tale forma di controllo sia esercitata a livello regionale <in unica sede>. Da parte della Regione Toscana si dubita della legittimità costituzionale di tale disposizione per l'asserito contrasto con le seguenti disposizioni:

a) l'art. 130 Cost., come attuato dall'art. 56 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, in quanto attribuisce alle regioni e, più in particolare, alla loro competenza statutaria la scelta di prevedere se il controllo sugli atti dei comuni debba esser svolto in forma accentrata o decentrata nei capoluoghi di provincia;

b) l'art. 123 Cost., che affida la disciplina degli organi regionali, e quindi anche quella degli organi di controllo, alla competenza statutaria, la quale, nel suo svolgimento concreto (art. 70, secondo comma, St. Reg. Toscana), ha stabilito che il controllo sugli atti degli enti locali debba venir esercitato da un organo suddiviso in sezioni decentrate nei capoluoghi di provincia e dotato delle competenze stabilite dalla legge regionale;

c) con l'art. 117, primo comma, Cost., che prevede la competenza legislativa delle regioni a statuto ordinario in materia di organi e di uffici regionali.

2.-Nei termini di cui si dirà in motivazione, la questione non é fondata.

Come é chiaramente stabilito dall'art. 130 Cost. e come questa Corte ha da tempo riconosciuto (v. sent. n. 40 del 1972), non vi può esser dubbio che sia riservata alla legge dello Stato la disciplina relativa al modo di composizione dei comitati regionali di controllo sugli enti locali minori.

In pari tempo, questa stessa Corte ha più in generale affermato, secondo la precisa sintesi contenuta in una successiva pronunzia (sent. n. 245 del 1984), che <spetta in prima linea alle leggi della Repubblica, in attuazione dell'art. 130 Cost., la disciplina dei controlli sugli atti degli enti locali>. ciò significa, in altre parole, che esiste in materia una ripartizione delle competenze fra Stato e regioni tale che, mentre al primo é riservata la regolamentazione degli aspetti fondamentali e dei principi (vale a dire, oltre alla composizione, le norme più rilevanti sulla competenza e sulle procedure di controllo), spetta invece alle regioni la disciplina residuale e, in particolare, quella relativa al funzionamento dell'organo di controllo.

A differenza di quanto assume la ricorrente, questo quadro normativo non risulta scalfito o, comunque, modificato in conseguenza della pur necessaria interrelazione dell'art. 130 Cost. con gli artt. 117, primo comma, e 123, primo comma, Cost., che affidano, rispettivamente, alla competenza legislativa e a quella statutaria l'ordinamento degli uffici e degli enti regionali e l'organizzazione interna della Regione, poiché, come ha ripetutamente affermato questa Corte, la materia dei controlli non é del tutto assimilabile alle materie da ultimo menzionate, né, tantomeno, é integralmente riassorbibile nelle stesse. E per la verità, non può essere invocata nel senso ora contestato neppure la disposizione contenuta nell'art. 70 St. Reg. Toscana, poiché quest'ultima, nel disporre che nei capoluoghi di provincia sono istituite sezioni decentrate dell'organo regionale di controllo, mentre non stabilisce affatto in relazione a quali forme di controllo o a quali atti debbano operare tali sezioni decentrate, nello stesso tempo rinvia la determinazione delle competenze dell'organo regionale di controllo e delle sue sezioni decentrate alla legge regionale, la quale, com'é noto, può disciplinare la materia soltanto nel rispetto dei limiti costituzionalmente previsti e, in particolare, nel rispetto del limite dei principi stabiliti sulla materia dalle leggi dello Stato.

3.-Posta a confronto con tale complesso di norme costituzionali, la disposizione impugnata non appare illegittima.

Nel corretto esercizio della propria competenza, lo Stato ha attuato l'art. 130 Cost. essenzialmente attraverso gli artt. 55 e 56 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, stabilendo, nel primo, le norme fondamentali sul controllo degli atti delle province e, nel secondo, quelle relative al controllo sugli atti dei comuni.

Soltanto in quest'ultimo caso, peraltro, la legge statale prevede che gli statuti regionali possano eventualmente prevedere sezioni distaccate del medesimo organo di controllo.

Nell'istituire successivamente le Unità Sanitarie Locali, la legge 23 dicembre 1978, n. 833, ha previsto, all'art. 49, che il controllo sugli atti di tali enti dovesse seguire le norme predisposte dall'art. 56 della legge n. 62 del 1953, sull'evidente presupposto che il regime degli atti adottati dalle U.S.L. dovesse essere assimilato a quello proprio degli atti dei comuni, in quanto le anzidette Unità sono da considerare <strutture operative> dei comuni medesimi (oltreché delle comunità montane).

Questa scelta effettuata dal legislatore statale del 1978 é stata modificata dall'art. 13, quarto comma, della legge 26 aprile 1982, n. 181, che é, appunto, la disposizione oggetto del presente giudizio. Come appare evidente dal fatto stesso del suo inserimento nella legge finanziaria del 1982, tale disposizione rientra in un complesso di norme volto a rendere più rigorosa la gestione della spesa pubblica imputata alle U.S.L. E' in questo quadro che si giustifica, infatti, tanto l'inserimento di un rappresentante del Ministero del Tesoro nel Comitato di controllo, quanto l'accentramento in un'unica sede, a livello regionale, del controllo sugli atti delle U.S.L., a seguito dell'assimilazione di quest'ultimo a quello previsto per gli atti delle province (art. 55, l. n. 62 del 1953).

Se, dunque, non appare irragionevole che il legislatore statale, nella sua discrezionalità politica, preveda una composizione dell'organo di controllo regionale ritenuta più idonea a combattere gli eccessi di spesa pubblica nel settore sanitario (v. punto 6 sent. n. 107 del 1987), allo stesso modo non appare irragionevole che le regole così stabilite, in attuazione dell'art. 130 Cost., possano comportare un mutamento del l'organizzazione del controllo medesimo, diretto a facilitarne lo svolgimento nei modi anzidetti. Sotto questo profilo, la scelta del legislatore statale relativa all'accentramento in un'unica sede regionale del controllo sugli atti delle U.S.L. appare logicamente consequenziale alle nuove regole previste sulla composizione dell'organo. E l'una e l'altra, come s'é detto, sono giustificate dalla politica di contenimento della spesa pubblica nel settore sanitario, resasi necessaria in un periodo storico di forti disavanzi nel bilancio statale, che appesantiscono l'economia generale e le stesse possibilità di sviluppo e di progresso sociale.

4.-Resta il fatto che, finché le U.S.L. sono configurate nel diritto positivo come <strutture operative> dei comuni e delle comunità montane, ovvie esigenze di coerenza dovrebbero indurre il legislatore statale ad assimilare il controllo sugli atti delle U.S.L. a quello sugli atti dei comuni, con la conseguente possibilità, garantita dall'art. 56 della legge n. 62 del 1953, che le regioni organizzino il relativo controllo in forma decentrata. Tanto più ciò vale se si tiene conto del fatto che la disciplina oggetto della presente impugnazione può essere fonte di effetti irrazionali sotto un duplice profilo.

Innanzitutto per il fatto che l'accentramento in un'unica sede regionale degli atti di esercizio della gestione sanitaria introduce un criterio di ripartizione delle competenze nel sistema di controllo degli atti degli enti locali il quale e eterogeneo rispetto a quello contenuto nella legge n. 62 del 1953 (dipendente, com'é noto, dal livello, provinciale o comunale, in cui e collocato l'autore dell'atto). Inoltre, per il fatto che, essendo in Toscana le U.S.L. titolari anche di gran parte delle funzioni di assistenza sociale, anche gli atti adottati nell'esercizio di tale funzione finiscono per essere assoggettati, insieme alle deliberazioni in materia sanitaria, al controllo del Comitato regionale.

Tuttavia, se esigenze legate a particolari contingenze storiche di primario interesse nazionale inducono a giustificare il fatto che il legislatore statale, nel legittimo esercizio delle proprie competenze, preveda una particolare composizione dell'organo di controllo; e se da questa previsione discende logicamente che il controllo stesso possa più efficacemente svolgersi ove sia esercitato in un'unica sede regionale, non si può certo dubitare della legittimità costituzionale di una disposizione come quella impugnata fin tanto che quest'ultima sia funzionale, com'é ora, alla particolare composizione dell'organo di controllo prescelta per meglio fronteggiare gli eccessi di spesa pubblica nel settore sanitario.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale sollevata con il ricorso in epigrafe della Regione Toscana nei confronti dell'art. 13, quarto comma, della legge 26 aprile 1982, n. 181, intitolata <Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1982)>, per contrasto con l'art. 130 Cost., come attuato dall'art. 56 della legge 10 febbraio 1953, n. 62, nonchè con gli artt. 117, primo comma, 123, primo comma, Cost. e 70 dello Statuto della Regione Toscana.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 08/06/88.

 

Francesco SAJA - Antonio BALDASSARRE

 

Depositata in cancelleria il 10/06/88.