Sentenza n.445 del 1988

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SENTENZA N.445

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 17 della legge 29 ottobre 1971, n. 889 (Norme in materia di previdenza per gli addetti ai pubblici servizi di trasporto), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 21 maggio 1983 dal Pretore di Bari nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Del Vecchio Gaspare ed altri e l'I.N.P.S., iscritta al n. 784 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 60 dell'anno 1984;

2) n. 3 ordinanze emesse il 28 settembre 1983 dal Pretore di Benevento nei procedimenti civili vertenti tra Ambrosini Rosalina, Gilardi Camillo e Battaglia Antonio e l'I.N.P.S., iscritte ai nn. 961, 962 e 963 del registro ordinanze 1983 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 46 dell'anno 1984;

3) ordinanza emessa il 4 luglio 1985 dal Tribunale di Foggia nei procedimenti civili riuniti vertenti tra Albanese Donato ed altri e l'I.N.P.S., iscritta al n. 668 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 9/1 a serie speciale dell'anno 1986.

Visti gli atti di costituzione di Del Vecchio Gaspare ed altro, di Baido Umberto e dell'I.N.P.S. nonchè gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 26 gennaio 1988 il Giudice relatore Aldo Corasaniti;

uditi gli avvocati Luciano Ventura per Del Vecchio Gaspare ed altro, Franco Agostini per Baido Umberto e Paolo Boer per l'I.N.P.S. e l'Avvocato dello Stato Antonio Palatiello per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze dei Pretori di Bari (R.O. n. 784/83) e Benevento (R.O. nn. 961, 962 e 963/83) e del Tribunale di Foggia (R.O. n. 668/85) impugnano tutte gli artt. 5 e 17 della legge 29 ottobre 1971, n. 889, intitolata <Norme in materia di previdenza per gli addetti ai pubblici servizi di trasporto>. I giudizi possono pertanto essere riuniti e definiti con unica decisione.

2. - Dispone l'art. 5 della legge n. 889/1971 che nella retribuzione degli addetti ai pubblici servizi di trasporto soggetta a contributo previdenziale e ricompreso il <compenso per lavoro straordinario, anche se corrisposto in misura forfettaria> (lett. e). L'ultimo comma del predetto articolo precisa, al riguardo, che <per lavoro straordinario si intende quello effettuato in eccedenza alla durata normale del lavoro prevista dai vigenti contratti collettivi>.

A sua volta, l'art. 17 della stessa legge stabilisce, al primo comma, che gli elementi costitutivi della retribuzione sulla quale si determina la misura della pensione sono soltanto quelli indicati nel precedente art. 5, con esclusione di quello di cui alla lett. e), e cioé del compenso per lavoro straordinario.

Ad avviso dei giudici a quibus dal combinato disposto delle suindicate norme deriva l'esclusione dalla base pensionabile, nonostante l'assoggettamento a contribuzione, del compenso per il lavoro prestato oltre l'orario contrattuale, anche se con continuità e secondo turni prestabiliti.

Tale disciplina é ritenuta lesiva:

A) dell'art. 3 Cost., poichè determina un trattamento pensionistico eguale per lavoratori che hanno eseguito prestazioni diverse e conseguito retribuzioni diverse, così penalizzando coloro che hanno effettuato lavoro straordinario di turno (Pret. Bari, R.O. n. 784/83);

B) ancora dell'art. 3 Cost., poichè determina una ingiustificata disparità di trattamento fra lavoratori collocati in pensione prima o dopo l'entrata in vigore della legge n. 889/1971, della quale e postulata la portata peggiorativa rispetto alla precedente legge 28 luglio 1961, n. 830, che avrebbe ammesso la computabilità nella base pensionabile dello straordinario di turno (Pret. Benevento, R.O. nn. 961, 926 e 963/83);

C) ancora dell'art. 3 Cost., poichè determina una ingiustificata disparità di trattamento tra lavoratori che prestino lavoro straordinario di turno in base a contratti collettivi aziendali che lo considerano compreso nel normale orario di lavoro-con conseguente inserimento nella base pensionabile-e lavoratori che lo stesso lavoro straordinario prestino in via di fatto-con esclusione del computo ai fini pensionistici, in quanto trattasi di lavoro effettuato in eccedenza alla durata normale prevista dal contratto nazionale-(Pret. Benevento, R.O. nn. 961, 962 e 963/83);

D) degli artt. 36 e 38 Cost. Cost., poichè determina una apprezzabile riduzione dell'adeguatezza della pensione e della sua proporzionalità rispetto alla quantità del lavoro prestato (Pret. Bari, R.O. n. 784/83; Trib. Foggia, R.O. n. 668/85);

E) degli artt. 42 e 53 Cost., poichè le contribuzioni versate sul compenso per lavoro straordinario non sono computate ai fini delle prestazioni da erogare (Pret. Bari, R.O. n. 784/83).

3. - Le questioni non sono fondate.

Va anzitutto rilevato, per puntualizzare il quadro normativo di riferimento, che anche la previgente legge n. 830/1961 escludeva (art. 21, in relazione al precedente art. 20, lett. e) il lavoro straordinario degli addetti ai pubblici servizi di trasporto dalla base pensionabile.

La giurisprudenza, tuttavia, riteneva che il lavoro straordinario <di turno>, per la sua stabilità e continuità, rientrasse nella voce <elementi accessori spettanti con continuità> (art. 20, lett. c), e fosse quindi compreso nella base pensionabile (Cass. 26 novembre 1977, n. 5164).

La legge n. 889/1971 (artt. 5 e 17) ha confermato l'esclusione del lavoro straordinario dalla base pensionabile, ma ha fornito di esso una precisa definizione (<e lavoro straordinario quello effettuato in eccedenza alla durata normale del lavoro prevista dai vigenti contratti collettivi>), che rende irrilevante ogni apprezzamento circa la sua saltuarietà o continuità.

In tal senso é la giurisprudenza di legittimità e sulla base di tale <diritto vivente> sono state sollevate le questioni di legittimità costituzionale all'esame di questa Corte.

4. - Venendo all'esame della questione sub A), osserva la Corte che la violazione del principio di eguaglianza all'interno della categoria degli addetti ai pubblici servizi di tra sporto-prospettata sotto il profilo dell'ingiustificata erogazione dello stesso trattamento pensionistico a lavoratori che non abbiano prestato lavoro straordinario, e a lavoratori che tale lavoro abbiano invece effettuato-non ricorre. Infatti, come ha osservato giustamente l'I.N.P.S., l'esclusione del compenso per lavoro straordinario di turno dalla base pensionabile appare giustificata: a) da esigenze di praticità e sollecitudine nella liquidazione della pensione, in quanto essa evita difficili accertamenti di prestazioni lavorative rese oltre l'orario normale di lavoro; b) da esigenze di perequazione tra lavoratori di pari qualifica, in quanto la cennata esclusione evita che le prestazioni di lavoro oltre l'orario normale, legate a necessita settoriali specifiche, determinino differenze di trattamento pensionistico; c) da esigenze di sicurezza in tema di trasporti, in quanto la cennata esclusione disincentiva il lavoro straordinario, suscettivo, per la sua natura usurante, di mettere in pericolo la detta sicurezza.

5.- Neppure sussiste la violazione del principio di eguaglianza per ingiustificata disparità di trattamento tra lavoratori collocati in pensione prima e dopo l'entrata in vigore della legge n. 889/1971, come dedotta sub B). Invero, la giurisprudenza di questa Corte (sent. n. 349 del 1985) ritiene consentita la modifica della disciplina pensionistica, purchè le variazioni non siano irrazionali. E, nella specie, la modifica conseguente alla disciplina del lavoro straordinario contenuta nella legge n. 889/1971 deve ritenersi giustificata dalla validità e indilazionabilità degli obbiettivi perseguiti dalla detta disciplina, come individuati nel precedente n. 4.

6. -Quanto alla questione di cui alla lett. C), osserva la Corte che la dedotta disparità di trattamento tra lavoratori che prestino lavoro straordinario di turno in base a contratti collettivi aziendali (che riconducono tali ore di lavoro nell'ambito dell'orario normale) e lavoratori che lo prestino in via di fatto, accettando così le disposizioni aziendali, non e utilmente prospettabile. Essa, infatti, non deriva dalla legge impugnata (che riserva alla contrattazione collettiva la determinazione della durata normale dell'orario di lavoro), ma dal concreto esplicarsi, in via di fatto, delle relazioni tra aziende e lavoratori.

7. - In punto di dedotta violazione degli artt. 36 e 38 Cost. (questione sub D), é sufficiente ricordare, per ravvisarne l'insussistenza, che questa Corte ha più volte affermato che il principio della proporzionalità ed adeguatezza della pensione, enunciato dai suindicati parametri costituzionali, non comporta che <il livello della pensione... debba poter attingere il traguardo della integrale coincidenza con la retribuzione goduta all'atto della cessazione del servizio> (sentt. n. 26 del 1980; n. 349 del 1985; n. 173 del 1986; ord. n. 44 del 1985).

8. - Per quanto attiene, infine, alla pretesa violazione degli artt. 42 e 53 Cost. (questione sub E) per effetto dell'esclusione di una parte della retribuzione, assoggettata a contribuzione, dalla base pensionabile, osserva la Corte che il richiamo dei suindicati parametri costituzionali appare evidentemente non pertinente.

La disciplina censurata non incide, infatti, sull'istituto della proprietà, al quale é rivolto l'art. 42 Cost., poichè non determina ablazione di beni, ma disciplina un particolare aspetto del trattamento pensionistico degli addetti ai servizi pubblici di trasporto (cfr. sent. n. 349 del 1985).

Nè può venire in considerazione l'art. 53 Cost., poichè, come questa Corte ha più volte affermato (sentt. n. 349 del 1985; n. 173 del 1986), la contribuzione previdenziale non ha natura di imposizione tributaria, ma di prestazione patrimoniale diretta a concorrere agli oneri finanziari del regime previdenziale dei lavoratori.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

riuniti i giudizi,

dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 5 e 17 della legge 29 ottobre 1971, n. 889, <Norme in materia di previdenza per gli addetti ai pubblici servizi di trasporto>, sollevate, in riferimento agli artt. 3, 36, 38, 42 e 53 Cost., dalle ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25/03/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Aldo CORASANITI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 14 Aprile 1988.