Ordinanza n.44 del 1985

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 44

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 17, comma terzo, della legge 29 ottobre 1971, n. 889 (Norme in materia di previdenza per gli addetti ai pubblici servizi di trasporto), promosso con ordinanza emessa il 1 settembre 1980 dal Pretore di Genova nel procedimento civile vertente tra Cristiano Luigi e I.N.P.S. e A.M.T., iscritta al n. 735 del registro ordinanze 1980 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 6 dell'anno 1981.

Visto l'atto di costituzione dell'INPS nonché l'atto d’intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 4 dicembre 1984 il Giudice relatore Livio Paladin.

Ritenuto che il Pretore di Genova - con ordinanza emessa il 1 settembre 1980 - ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, terzo comma, della legge 29 ottobre 1971, n. 889, nella parte in cui prevede che, ai fini della determinazione della misura della pensione per gli addetti ai pubblici servizi di trasporto, "sono in ogni caso escluse dal computo ... le variazioni della retribuzione dovute a promozioni deliberate, aventi effetto o, comunque, attribuite nel biennio precedente la data di cessazione dal servizio ..."; che infatti - secondo l'ordinanza predetta - "tale esclusione, volta ad evitare promozioni di favore, se pur legittima in sé, appare discriminatoria nei confronti degli addetti ai pubblici servizi di trasporto rispetto sia ai dipendenti privati sia a quelli pubblici, per i quali ultimi ... si tien conto perfino delle promozioni deliberate o decorrenti nell'ultimo mese di lavoro": con la conseguenza che la norma impugnata si porrebbe in contrasto con l'art 3 della Costituzione:

che nel presente giudizio si é costituito l'Istituto nazionale della previdenza sociale, rilevando che il giudice a quo non avrebbe valutato nella sua interezza la norma impugnata, né avrebbe considerato che anche nell'ambito d’altri fondi di previdenza, analoghi a quello in questione, come pure ai fini dell'assicurazione generale obbligatoria e dello stesso trattamento di quiescenza per il personale civile e militare dello Stato, non tutta la "retribuzione di fatto" entrerebbe a comporre la base pensionabile: donde la richiesta che la Corte dichiari inammissibile, "perché ininfluente", l'impugnativa proposta dal giudice a quo, o la ritenga comunque manifestamente infondata;

e che nel senso dell'infondatezza ha pure concluso l'intervenuto Presidente del Consiglio dei ministri, sostenendo che lo stato giuridico, economico e pensionistico degli addetti ai pubblici servizi di trasporto sarebbe disciplinato "in modo affatto peculiare" e per molti aspetti privilegiato.

Considerato che, effettivamente, l'impugnato art. 17, terzo comma, esclude dalla retribuzione pensionabile non soltanto le variazioni in aumento, dovute a promozioni deliberate nell'ultimo biennio di servizio, ma anche "le variazioni delle retribuzioni conseguenti a declassamenti o ad altre cause di carattere straordinario intervenuti nello stesso periodo", con particolare riguardo alle non infrequenti assegnazioni di un grado inferiore, "per palese insufficienza nell'adempimento delle funzioni del proprio grado non imputabili a colpa dell'agente" (ex art. 27, secondo comma, dell'allegato A al r.d. 8 gennaio 1931, n. 148); che, inoltre, nel contesto in cui si colloca la norma denunciata si riscontra agevolmente l'esistenza di molteplici discipline limitative della retribuzione pensionabile, vigenti nell'ambito dei più vari regimi pensionistici: dagli ordinamenti dei fondi speciali di previdenza per i dipendenti delle esattorie e ricevitorie delle imposte dirette, per gli addetti ai pubblici servizi di telefonia e per gli addetti alle gestioni delle imposte di consumo (cui fanno ampio richiamo le deduzioni dell'INPS), alla regolamentazione delle pensioni poste a carico dell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, vecchiaia e superstiti (dati gli artt. 26 e 27 della legge 3 giugno 1975, n. 160), fino al trattamento di quiescenza dei dipendenti civili dello Stato (in ordine ai quali l'art. 43 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, stabilisce bensì che la base pensionabile comprende "l'ultimo stipendio o l'ultima paga o retribuzione integralmente percepiti", ma l'art. 44, primo comma, aggiunge che la pensione non può superare l'ottanta per cento della base medesima);

considerato, per altro, che tali motivi non comportano l'inammissibilità della proposta questione, bensì ne dimostrano la radicale infondatezza; che anche nella specie s'impongono, infatti, i criteri affermati dalla Corte con la sentenza n. 26 del 1980: ossia che spetta al legislatore stabilire se "il livello della pensione debba poter attingere il traguardo della integrale coincidenza con la retribuzione goduta all'atto della cessazione dal servizio"; e che, più in generale, la diversità di disciplina dei vari sistemi pensionistici va sempre rapportata agli "elementi specifici", peculiari dei sistemi stessi.

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87, e 9 delle norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 17, terzo comma, della legge 29 ottobre 1971, n. 889, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, sollevata dal Pretore di Genova con l'ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 1985.

Leopoldo ELIA - Livio PALADIN

Depositata in cancelleria il 13 febbraio 1985.