Ordinanza n.363 del 1988

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ORDINANZA N.363

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 565 del codi ce civile, promosso con ordinanza emessa il 22 ottobre 1982 dalla Corte di Appello di Bologna, iscritta al n. 122 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 191 dell'anno 1983;

visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 24 febbraio 1988 il Giudice relatore Luigi Mengoni.

Ritenuto che la Corte d'appello di Bologna, con ordinanza del 22 ottobre 1982, ha sollevato questione di legittimità costituzionale, per presunto contrasto con gli artt. 3 e 30, terzo comma, Cost., dell'art. 565 cod. civ. (testo del 1942) <nella parte in cui esclude dalla categoria dei chiamati alla successione legittima, in mancanza di altri successibili, e prima dello Stato, gli zii naturali riconosciuti o dichiarati del de cuius>;

che l'incidente di costituzionalità é insorto nel corso di due giudizi riuniti di appello proposto da Zanni Giacomo e Zanni Erminia contro la sentenza 13/21 luglio 1981 del Tribunale di Parma, che ha respinto la loro pretesa di succedere a Maghenzani Marcella, deceduta il 29 settembre 1973 senza lasciare discendenti, ne coniuge, ne genitori, essendo l'ereditanda figlia naturale riconosciuta della defunta Zanni Ida, sorella degli appellanti;

che la questione é dal giudice a quo ritenuta non manifestamente infondata <per la stessa motivazione posta a fondamento della sentenza n. 55 del 14 luglio 1979 della Corte costituzionale (che ha dichiarato illegittimo l'art. 565 cod. civ. nella parte in cui esclude dalle categorie dei chiamati alla successione legittima, in mancanza di altri successibili e prima dello Stato, i fratelli e le sorelle naturali riconosciuti o dichiarati)>: anche nel caso di specie <non si ipotizza una situazione di conflittualità fra la tutela del figlio nato fuori del matrimonio e i diritti dei membri della famiglia legittima, per essere lo Stato unico chiamato alla successione; ed inoltre si palesa contrastante col principio di eguaglianza un regime successorio che escluda dalla categoria dei successibili gli zii naturali e vi includa, invece, gli zii legittimi>;

che nel giudizio davanti alla Corte non si sono costituite le parti private, mentre e intervenuta la Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentata dall'Avvocatura dello Stato, contestando la tesi della Corte bolognese sul riflesso che <la garanzia costituzionale apprestata dal terzo comma dell'art. 30 Cost. riguarda soltanto la prole nata fuori del matrimonio>, onde <il vincolo di sangue che può assumere rilievo costituzionale nel confronto tra il contenuto dell'art. 565 cod. civ. e il predetto terzo comma, e soltanto quello che lega tra loro più figli naturali, riconosciuti o dichiarati, nati da una stessa persona>.

Considerato che la qualifica, arditamente ellittica, di <zii naturali riconosciuti o dichiarati>, più volte attribuita dal giudice a quo ai fratelli del genitore che ha riconosciuto il figlio naturale o la cui paternità o maternità é stata dichiarata, presuppone la norma alla quale si chiede a questa Corte di dare ingresso con una sentenza additiva, cioé una norma che all'accertamento formale della filiazione naturale colleghi l'effetto di far entrare il figlio nella famiglia di origine del genitore, in guisa da attribuirgli uno status familiare rapportato non solo a un padre o a una madre, ma anche a nonni, zii e cugini;

che una norma del genere non esisteva nell'ordinamento vigente all'epoca dell'apertura della successione de qua, nè esiste in quello attuale: l'art. 258, primo comma, code civ. (testo del 1942) disponeva che <il riconoscimento non produce effetti che riguardo al genitore da cui fu fatto>, e tale disposizione é riprodotta nel testo novellato dall'art. 108 della legge n. 151 del 1975, con l'aggiunta (superflua) <salvi i casi previsti dalla legge>;

che nessun argomento, nel senso della costituzione di un rapporto giuridico di parentela tra figlio naturale riconosciuto e fratelli o sorelle del genitore, può trarsi dall'art. 87, terzo comma, cod. civ., che dichiara applicabile il divieto di matrimonio tra zio o zia e nipote <anche se il rapporto dipende da filiazione naturale>, perchè l'impedimento matrimoniale opera per il solo fatto della consanguineità, indipendentemente dalla circostanza che la filiazione naturale sia stata o no riconosciuta o dichiarata;

che la tutela garantita dal terzo comma dell'art. 30 Cost. ai figli naturali, in quanto criterio di conformazione dello status di filiazione naturale, e circoscritta al rapporto con il genitore la cui paternità o maternità é stata accertata, come si arguisce sia dal confronto col primo comma, sia dal limite di compatibilità <con i diritti dei membri della famiglia legittima>, unanimemente riferito dagli interpreti alla (piccola) famiglia che il genitore abbia costituito mediante matrimonio con persona diversa dall'altro;

che l'ambito normativo dell'art. 30, terzo comma, Cost., così definito, é stato riconosciuto anche dalla sentenza n. 55 del 1979 di questa Corte, pur con la precisazione che la regola dell'art. 258 cod. civ. non impedisce che, in caso di pluralità di figli naturali di un medesimo genitore, la tutela costituzionale connessa al riconoscimento si rifletta anche nei rapporti tra loro, in guisa da qualificarli giuridicamente fratelli, e quindi aventi titolo reciproco di successione mortis causa, almeno in assenza di altri successibili per diritto familiare;

che pertanto la questione se per effetto del riconoscimento il figlio naturale entri nella famiglia di origine del genitore, appunto perchè estranea ai rapporti del figlio con il genitore, non é pregiudicata dall'art. 30 Cost., e quindi si prospetta come questione di politica legislativa rimessa alla valutazione discrezionale del legislatore, il quale nemmeno in occasione della riforma del 1975 si é deciso a questo passo;

che in relazione all'art. 3 Cost. l'incidente di costituzionalità é assorbito, in quanto l'art. 258 cod. civ. esclude che i fratelli del genitore naturale possano essere paragonati ai fratelli del genitore legittimo, ai quali soltanto compete giuridicamente la qualità di zii.

Visti gli artt. 26 della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9 delle Norme integrative per i giudizi dinanzi alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara la manifesta inammissibilità della questione di legittimità costituzionale dell'art. 565 cod. civ. sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 30, terzo comma, Cost. dall'ordinanza della Corte di appello di Bologna indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 11/03/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Luigi MENGONI, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 24 Marzo 1988.