Ordinanza n.245 del 1988

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ORDINANZA N.245

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio promosso con ricorso della Regione Umbria notificato il 7 febbraio 1985, depositato in Cancelleria il 25 successivo ed iscritto al n. 12 del Registro 1985, per conflitto di attribuzione sorto a seguito della sentenza del T.A.R. dell'Umbria n. 590 del 4-10 dicembre 1984, che ha annullato il decreto del Presidente della Giunta regionale Umbra in data 2 novembre 1983, n. 690, recante l'approvazione della variante al P.R.G. del Comune di Acquasparta.

Visto l'atto di costituzione del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udito nella Camera di Consiglio del 25 novembre 1987 il Giudice relatore Antonio Baldassarre.

Ritenuto che la Regione Umbria ha sollevato conflitto di attribuzione nei confronti dello Stato avverso la sentenza del T.A.R. dell'Umbria n. 590 del 4-10 dicembre 1984, che ha annullato il decreto del Presidente della Giunta 2 novembre 1983 n. 690, di approvazione di una variante del P.R.G. del Comune di Acquasparta, ritenendolo in contrasto con il piano urbanistico territoriale ancora in itinere, dovendo essere approvato con legge regionale;

che la Regione lamenta in sostanza che in tal modo la sentenza avrebbe conferito forza di legge ad un atto che tale forza ancora non aveva, cosi invadendo la competenza legislativa e amministrativa regionale, in relazione agli artt. nn. 101, 117, 118, 121 e 127 Cost.;

che, il Presidente del Consiglio dei Ministri, costituito in giudizio a mezzo dell'Avvocatura dello Stato, osserva in contrario che-ferma restando, ai fini della valutazione della censura, la distinzione tra scorretto esercizio della giurisdizione e vero e proprio travalicamento della potestà giurisdizionale, invasivo delle attribuzioni regionali-il ricorso dovrebbe nel merito ritenersi infondato poichè la sentenza non avrebbe assunto il contrasto con il progetto di piano come vizio di violazione di legge, ma come vizio di eccesso di potere, per la rilevata contraddittorietà tra valutazioni espresse in sedi diverse dalla stessa Giunta regionale, e per difetto di motivazione;

che, in una memoria depositata in vista della trattazione della causa la Regione ha svolto ulteriormente la propria censura, sottolineando altresì che, avendo il T.A.R., con l'attribuzione al progetto di piano ancora in itinere degli stessi effetti della legge, esorbitato dall'ambito del potere giudiziario e invaso il potere legislativo regionale, non potrebbe contestarsi che, nella specie, l'errore del Tribunale si sia tradotto nella menomazione delle competenze garantite ad essa Regione; conclude poi chiedendo che la discussione del ricorso avvenga in udienza pubblica, ed insistendo per l'accoglimento del ricorso medesimo.

Considerato che non esistono ragioni che consiglino il rinvio della causa in pubblica udienza;

che, questa Corte ha ripetutamente ritenuta l'inammissibilità di conflitti tra Stato e Regione-in relazione ad atti giurisdizionali-sui quali quest'ultima non contesti in radice la spettanza del potere all'organo giurisdizionale, ma si limiti a <censurare il modo come la giurisdizione si é concretamente esplicata, denunziando eventuali errori in iudicando nei quali il giudice ...sarebbe incorso> (sent. n. 289 del 1974), e chieda perciò, in definitiva, alla Corte medesima di correggere tali errori, cosi attribuendole un ruolo di giudice dell'impugnazione che, all'evidenza, non le compete (sent. n. 70 del 1985);

che, nella fattispecie, la censura si risolve, nella sostanza, in una critica dell'iter decisorio del T.A.R., assumendosi che esso avrebbe scorrettamente applicato una norma non ancora dotata di efficacia legislativa;

che, pertanto, atteso che tale fattispecie si inquadra tra quelle contemplate dalla ricordata giurisprudenza di questa Corte, il ricorso della Regione Umbria deve ritenersi manifestamente inammissibile;

Visto l'art. 27 delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente inammissibile il ricorso proposto dalla Regione Umbria avverso la sentenza del T.A.R. dell'Umbria n. 590 del 4-10 dicembre 1984.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24/02/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Antonio BALDASSARRE, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 03 Marzo 1988.