Ordinanza n.94 del 1988

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ORDINANZA N.94

ANNO 1988

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Dott. Francesco SAJA Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco Paolo CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 6, ultimo comma, del r.d.l. 13 novembre 1924, n. 1825, 2 e 27 dell'Accordo interconfederale 23 maggio 1946 (Perequazione del trattamento economico dei lavoratori dell'industria nelle provincie dell'Italia centro-meridionale), trasfuso in legge con d.P.R. 28 luglio 1960, n. 1098 (Norme per la perequazione delle retribuzioni dei lavoratori dipendenti dalle imprese industriali), ai sensi della legge 14 luglio 1959, n. 741 e 2 e 15 della legge 20 maggio 1975, n. 164 (Provvedimenti per la garanzia del salario); degli artt. 20 e 22 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (Revisione degli ordinamenti pensionistici e norme in materia di sicurezza sociale), 23 della legge 11 agosto 1972, n. 485, 10 della legge 3 giugno 1975 n. 160 e 16 della legge 21 dicembre 1978, n. 843 e dell'art. 7, ultimo comma, della legge 20 maggio 1975, n. 164, promossi con ordinanze emesse il 16 marzo 1981 dal Pretore di Siracusa, il 21 maggio 1982 dal Pretore di Torino e il 3 aprile 1985 dal Pretore di Venezia, iscritte rispettivamente al n. 327 del registro ordinanze 1981, al n. 681 del registro ordinanze 1982 e al n. 504 del registro ordinanze 1985 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 269 dell'anno 1981, n. 67 dell'anno 1983 e n. 293 bis dell'anno 1985;

Visti gli atti di costituzione dell'I.N.P.S. nonche gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 14 ottobre 1985 il Giudice relatore Francesco Greco.

Ritenuto che:

A) il Pretore di Siracusa, con ordinanza in data 16 marzo 1981, ha sollevato la questione incidentale di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 6, ultimo comma, r.d.l. 13 novembre 1924 n. 1825; 2 e 27 dell'accordo interconfederale 23 maggio 1946 (per la perequazione del trattamento economico dei lavoratori dell'industria nelle province dell'Italia centro-meridionale), reso efficace erga omnes con d.P.R. 28 luglio 1960 n. 1098 (ai sensi della legge 14 luglio 1959 n. 741); 2 e 15 della legge 20 maggio 1975 n. 164, nella parte in cui, in violazione degli artt. 3, 4 e 35 Cost., dispone un trattamento di integrazione guadagni diverso a seconda che si tratti di operai o impiegati ed impone alle aziende di corrispondere soltanto agli impiegati la differenza retributiva fra lo stipendio normale e l'integrazione salariale;

B) il Pretore di Torino, con ordinanza in data 21 maggio 1982, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli artt. 20 e 22 della legge 30 aprile 1969 n. 153; 23 della legge 11 agosto 1972 n. 485; 10 della legge 3 giugno 1975 n. 160 e 16 della legge 21 dicembre 1978 n. 843, in quanto tali norme, disciplinando in termini generali la materia del cumulo della pensione con la retribuzione, non equiparano, in violazione degli artt. 3 e 38 Cost., ai fini dell'operatività del divieto del cumulo stesso, il trattamento di integrazione salariale a carico della C.I.G. alla retribuzione percepita in costanza di rapporto di lavoro alle dipendenze di terzi;

C) il Pretore di Venezia, con ordinanza in data 3 aprile 1985, ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 7, ultimo comma, della legge 20 maggio 1975 n. 164, nella parte in cui, in violazione degli artt. 3 e 38 Cost., non estende a carico dell'imprenditore l'obbligo di corrispondere ai lavoratori dipendenti, in danno dei quali siasi verificata la perdita totale o parziale del diritto all'integrazione salariale, una somma equivalente all'importo della integrazione stessa, in tutti i casi in cui la perdita anzidetta derivi dal mancato adempimento delle prescrizioni contenute nell'art. 5 dalla medesima legge n. 164 del 1975 (cioé dall'inosservanza dell'obbligatoria procedura di consultazioni sindacali);

che in tutte le tre ordinanze e completamente omesso (o inadeguato) l'esame della rilevanza della questione;

che, in particolare, l'ordinanza sub A), pur contenendo la (mera) affermazione della rilevanza della questione, omette qualsiasi motivazione al riguardo, trascurando di specificare in qual modo l'eventuale accoglimento della questione stessa, concernente il diverso trattamento di integrazione salariale di impiegati ed operai, possa venire ad incidere sulla normativa - operante, sul piano del diritto privato, in materia di condizioni e limiti dell'obbligazione retributiva che grava sul datore di lavoro - in base alla quale il lavoratore ha, nella fattispecie, avanzato le sue pretese economiche nei confronti dello stesso datore di lavoro;

che anche nell'ordinanza sub B) l'apodittica affermazione della rilevanza della questione non viene vagliata in relazione all'oggetto del giudizio, consistente nella controversia circa la sussistenza dei requisiti per la concessione di una pensione di invalidità e non anche circa il computo concreto degli emolumenti dovuti in relazione a norme disciplinatrici dei limiti di cumulabilità delle pensioni con le retribuzioni;

che, infine, l'ordinanza sub C) omette qualsiasi motivazione in punto di rilevanza, trascurando l'orientamento giurisprudenziale della Cassazione, secondo il quale la sospensione dell'attività lavorativa disposta dal datore di lavoro ed il correlativo mancato pagamento della retribuzione, configurano una ipotesi di inadempimento di quest'ultimo, nel caso di mancato accoglimento della domanda di integrazione salariale, con conseguente possibilità di condanna del medesimo al pagamento della retribuzione stessa ed al risarcimento del danno;

che, secondo il costante orientamento espresso da questa Corte (ord. nn.109 del 1984

; ord. nn. 86 del 1983; ord. nn. 79 del 1983; ecc...), non é correttamente sollevata (e va conseguentemente dichiarata inammissibile) la questione di legittimità costituzionale, se l'ordinanza di rimessione omette del tutto di esaminare la rilevanza o ad affermarne apoditticamente la sussistenza, senza indicare per quali ragioni ed in quali termini, in riferimento alla fatti specie, le norme censurate debbono trovare applicazione.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'inammissibilità delle questioni di legittimità costituzionale:

A) del combinato disposto degli artt. 6, ultimo comma del r.d.l. 13 novembre 1924 n. 1825; 2 e 27 dell'Accordo interconfederale 23 maggio 1946, reso efficace erga omnes con d.P.R. 28 luglio 1960 n. 1098; 2 e 15 della legge 20 maggio 1975 n. 164, sollevata dal Pretore di Siracusa, in riferimento agli artt. 3, 4 e 35 Cost., con l'ordinanza in epigrafe;

B) degli artt. 20 e 22 della legge 30 aprile 1969 n. 153; 23 della legge 11 agosto 1972 n. 485; 10 della legge 3 giugno 1975 n. 160 e 16 della legge 21 dicembre 1978 n. 843, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dal Pretore di Torino con l'ordinanza in epigrafe;

C) dell'art. 7, ultimo comma, della legge 20 maggio 1975 n. 164, sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 38 Cost., dal Pretore di Venezia con l'ordinanza in epigrafe.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 14/01/88.

Francesco SAJA, PRESIDENTE

Francesco GRECO, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 26 Gennaio 1988.