Sentenza n.622 del 1987

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SENTENZA N. 622

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Dott. Francesco SAJA , Presidente

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Renato DELL'ANDRO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

Avv. Mauro FERRI

Prof. Luigi MENGONI

Prof. Enzo CHELI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 1, 11, 15 e 16, primo, quarto ed ultimo comma, della legge 2 aprile 1968, n. 482 (Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 12 novembre 1981 dal Pretore di Palermo nel procedimento civile vertente tra Alicata Giuseppe e la s.p.a. Cantieri Navali Riuniti, iscritta al n. 819 del registro ordinanze 1981 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 96 dell'anno 1982;

2) ordinanza emessa il 30 marzo 1982 dal Pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Caloiero Edera e la s.p.a. Carrozzeria Bertone, iscritta al n. 694 del registro ordinanze 1982 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 74 dell'anno 1983;

3) ordinanza emessa il 16 maggio 1983 dal Pretore di Ivrea nel procedimento civile vertente tra D'Angelo Ciro e la s.p.a. Probest, iscritta al n. 612 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11 dell'anno 1984;

4) ordinanza emessa il 22 ottobre 1984 dal Pretore di Ivrea nel procedimento civile vertente tra Tessitore Maria Antonietta e la s.p.a. Pluritec, iscritta al n. 1279 del registro ordinanze 1984 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 71- bis dell'anno 1985;

5) ordinanza emessa il 16 novembre 1984 dal Pretore di Torino nel procedimento civile vertente tra Cupi Fortunato e il Nuovo Banco Ambrosiano, iscritta al n. 72 del registro ordinanze 1985 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 149- bis dell'anno 1985;

Visti l'atto di costituzione del Nuovo Banco Ambrosiano nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 10 novembre 1987 il giudice relatore Giuseppe Borzellino;

Uditi l'avv.to Fabrizio Fabbri per il Nuovo Banco Ambrosiano e l'Avvocato dello Stato Luigi Siconolfi per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

Ritenuto in fatto

1.1 - Con ordinanza emessa il 12 novembre 1981 (R.O. n. 819 del 1981), nel procedimento civile fra Alicata Giuseppe e S.p.a. Cantieri navali riuniti, il Pretore di Palermo ha sollevato questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 1, 15 (recte 11), 16 (primo, quarto ed ultimo comma) della legge 2 aprile 1968 n. 482 - Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private - nelle parti in cui subordinano i diritti dei soggetti aventi titolo all'assunzione, gli obblighi di assunzione dei privati datori di lavoro ed il potere di avviamento degli Uffici provinciali del lavoro e della massima occupazione alla richiesta di cui all'art. 16, quarto comma, legge citata, per contrasto con gli artt. 3, 4 (primo comma), 38 (terzo e quarto comma), 41 (secondo e terzo comma) della Costituzione.

1.2 - Il Pretore di Torino ha sollevato analoga questione di legittimità ravvisando contrasto della citata legge anche con l'art. 97 Cost., con ordinanze emesse il 30 marzo 1982 (R.O. n. 694 del 1982) nel procedimento civile tra Caloiero Edera e S.p.a. Carrozzeria Bertone ed il 16 novembre 1984 (R.O. n. 72) in causa tra Cupi Fortunato e Nuovo Banco Ambrosiano.

1.3 - Anche il Pretore d'Ivrea, con due ordinanze emesse il 16 maggio 1983 (R.O. n. 612 del 1983) nel procedimento civile tra D'Angelo Ciro e S.p.a. Probest ed il 22 ottobre 1984 (R.O. n. 1279 del 1984) nel procedimento civile tra Tessitore Maria Antonietta e la S.p.a. Pluritec, ha sollevato questione di legittimità del solo art. 16 (quarto comma) della legge, nella parte in cui prescrive, per i provvedimenti di avviamento al lavoro delle categorie protette, la necessità della richiesta del datore di lavoro, per contrasto con gli artt. 3, 38 (terzo e quarto comma), 41 (secondo e terzo comma) della Costituzione.

2. - Secondo il Pretore di Palermo le norme denunciate sono in contrasto con i parametri costituzionali citati, in quanto la legge n. 482, per i suoi specifici contenuti, deve reputarsi diretta a garantire, ope legis, l'occupazione di particolari soggetti, meritevoli di tutela preferenziale. Solo in tale chiave di lettura si può ritenere che la normativa di cui alla legge citata:

renda effettivo l'impegno della Repubblica a sostegno delle categorie sottoprotette;

faccia diventare meno astratto e, comunque, renda attuale per dette categorie il diritto al conseguimento di una occupazione, con il fondamentale riconoscimento del diritto al lavoro come primario diritto di libertà della persona umana;

avvii a realizzazione il diritto degli inabili e minorati ad inserirsi proficuamente nella comunità produttiva, nel rispetto delle esigenze solidaristiche proprie della Carta costituzionale;

attribuisca la dovuta rilevanza economico-sociale alle istanze provenienti dagli appartenenti alle categorie sottoprotette, nell'equilibrato rispetto delle esigenze di libertà dell'iniziativa economica e di quelle di assistenza ai predetti, consentendo l'effettiva crescita dei doveri inderogabili di solidarietà di cui specificamente all'art. 41 Cost.

In tale contesto far derivare l'obbligo di assunzione ed ogni correlativo diritto degli appartenenti alle categorie protette da un pregresso comportamento dell'obbligato (la richiesta) sembra costituire una intima contraddizione, che porterebbe a vanificare del tutto la legge.

Secondo le ordinanze del Pretore di Torino l'imposizione della richiesta:

erige anziché rimuovere gli ostacoli impeditivi dell'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione economica e sociale del Paese;

vanifica il diritto all'"avviamento professionale" dei minorati non inabili al lavoro;

contraddice al perseguimento dell'obiettivo di cui all'art. 4, primo comma Cost.

Poco si addice, inoltre, al "buon andamento" dell'amministrazione subordinare all'autodeterminazione del datore di lavoro la sua soggezione alla potestà amministrativa dell'Ufficio di Collocamento.

Le ordinanze del Pretore di Ivrea pongono in evidenza una assunta irrazionalità del sistema, adottato dalla legge in esame, che scaturirebbe dalla necessità della richiesta di avviamento. Se é vero, infatti, che tale obbligo é sanzionato nel secondo comma dell'art. 23, é anche vero che tale sanzione é alquanto inadeguata, in relazione all'effetto che con essa si vuole perseguire.

"Oltre che il principio di ragionevolezza della volontà contenuta nella legge" la necessità della richiesta di avviamento, vanificando le finalità della normativa, "viola i principi costituzionali che con essa il legislatore mirava ad attuare".

3. - Nel giudizio R.O. n. 72 del 1985 si é costituito il Banco Ambrosiano S.p.a. rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Urbani, Fabrizio Fabbri e Paolo Catalano.

Nella memoria depositata il 16 luglio 1985 si eccepisce, anzitutto, l'inammissibilità della questione che sollecita dalla Corte costituzionale un intervento di legislazione creativa, dal momento che non esiste nell'ordinamento un principio od una norma generale che attribuisca all'Ufficio provinciale del lavoro il potere di avviamento d'ufficio e senza richiesta.

Neppure la legge potrebbe prevedere quella sorta di imponibile di mano d'opera che l'ordinanza vorrebbe.

La memoria osserva che il vigente sistema della richiesta risponde, infatti, all'esigenza di evitare violazioni dell'art. 41 Cost., quale strumento che consente alle imprese di verificare le possibilità di assunzioni di invalidi. In concreto, poi, l'attore, pensionato, non aveva diritto all'avviamento obbligatorio.

In tutti e cinque i giudizi é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato.

Nella memoria d'intervento si osserva che esiste il diritto degli inabili e minorati al loro inserimento nella comunità produttiva, ma anche il diritto di libera iniziativa economica che non può essere compresso attraverso la imposizione di un obbligo indiscriminato di assunzione di dipendenti, che equivalga ad addossare ai privati i doveri assistenziali propri della collettività.

Si osserva, indi, che l'obbligo legale di assunzione da parte degli imprenditori privati dei lavoratori invalidi é assicurato dalle sanzioni di cui all'art. 23 della l. n. 482 del 1968, ed é indiscutibile che tali sanzioni, per le loro caratteristiche di inderogabilità, rappresentano la massima espressione dell'interesse statale all'osservanza dei relativi obblighi e doveri.

Si chiede pertanto che vengano dichiarate infondate le questioni di legittimità prospettate.

Considerato in diritto

1. - Le ordinanze di rimessione concernono questione identica. I giudizi vanno riuniti per formare oggetto, in conseguenza, di un'unica pronuncia.

2.1 - La legge 2 aprile 1968, n. 482 - Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private - prevede i soggetti invalidi aventi diritto all'assunzione, stabilisce i relativi obblighi per le aziende private, identifica gli organi del collocamento e le relative modalità (artt. 1, 11, 16). In particolare, il comma quarto dell'art. 16 pone per l'imprenditore, tenuto ad assumere lavoratori appartenenti alle categorie protette, l'obbligo di "richiesta" al competente Ufficio provinciale del lavoro.

2.2 - I giudici a quibus ravvisano l'illegittimità costituzionale delle descritte norme, nella parte in cui la richiesta costituisce presupposto essenziale ai fini del successivo avviamento al lavoro dell'invalido.

Sarebbe violato, intanto, l'art. 3 Cost. poiché costituirebbe "intima contraddizione", per gli scopi univoci della legge, lasciare arbitro il datore di lavoro, omettendo questi la richiesta, di ogni assunzione: il che avrebbe riflessi anche sul buon andamento amministrativo (art. 97).

Verrebbero meno, altresì, con siffatte scelte "libere" dell'imprenditore tutte le garanzie del diritto al lavoro, nei suoi presupposti generali cioè (art. 4 Cost.) e specifici per gli invalidi (art. 38), con un palese contrasto, ancora, con gli scopi sociali dell'iniziativa privata (art. 41, secondo e terzo comma).

3. - L'ordinanza del Pretore di Torino del 16 novembre 1984 (n. 72 del 1985) concerne un soggetto già collocato in quiescenza, per servizio ultraventicinquennale nel Corpo della Guardia di Finanza.

Cosicché i benefici di legge non sono applicabili nella ristretta fattispecie, poiché la normativa, per gli eminenti interessi sociali che coinvolge, é intesa a favorire le aspirazioni di coloro che al lavoro debbano ancora attingere in via primaria.

La questione va quindi dichiarata inammissibile.

4.1 - Le altre ordinanze si incentrano, in sostanza, nella carenza di un sistema protettivo efficace di avviamento al lavoro degli invalidi, la richiesta del datore di lavoro non essendo parsa ai rimettenti strumento valido per il perseguimento dei fini di legge.

A questo punto, va precisato che l'atto in parola, col rendere manifeste le esigenze concrete dell'imprenditore nella operatività delle proprie strutture, costituisce requisito di legittimità del provvedimento di assunzione, senza del quale (in ciò é costante anche la giurisprudenza della Corte di Cassazione) non può altrimenti dischiudersi ingresso ad un avviamento ex officio.

É vero che i datori di lavoro sono tenuti ad altra "denuncia" (semestrale) dello stato occupazionale nelle rispettive aziende, ma tale adempimento non é sostitutivo della richiesta se non quando con le sue formulazioni specifiche manifesti la esplicita volontà dell'imprenditore a riguardo dell'assunzione nei termini di esigenza sopradetti.

4.2 - Nulla impedisce che "richiesta" e "denuncia" possano essere inoltrate mediante la predisposizione e sottoscrizione di un unico atto ed é dato al giudice della singola controversia riconoscerne validità ai fini del collocamento, così come pure ha affermato la Corte di Cassazione.

Il che varrebbe a salvaguardare maggiormente gli scopi della legge, per ragioni oggettive non essendosi rivelata di piena efficacia la sanzione in caso di omissione della richiesta stessa (art. 23 l. n. 482 del 1968).

E sono questi ultimi, in definitiva, i motivi che hanno determinato i giudici a quibus al tentativo di rimuovere in radice il procedimento relativo: si sarebbe di fatto resa praticabile per i datori di lavoro interessati l'alea di una inadempienza, non adeguatamente contrastata, a volte, nella individuazione della proportio ad hominem.

5. - La questione non é fondata.

Quanto all'assunto di irragionevolezza ex art. 3 Cost. e correlatamente ex art. 97 per il difetto di buon andamento che ne conseguirebbe, si é qui detto che ricorrendo gli estremi della dovuta copertura l'imprenditore é tenuto ad effettuare la relativa richiesta: talché, non emerge l'esercizio di una sua "contraddittoria" facoltà di scelta, altro essendo un atto che é e rimane - dovuto ed altro, invece, il rifiuto di compierlo che attiene - in ogni caso - alla sfera degli illeciti.

Quanto all'art. 38 Cost. (l'art. 4 precedente, col riconoscere l'importanza sociale del lavoro, non crea, peraltro, rapporti di diretta tutela), gli enunciati concernono l'approntamento dei mezzi per l'inserimento dei disabili nel contesto sociale, senza peraltro accollare oneri a connotazione assistenziale al datore di lavoro: instaurato che sia - ancorché coattivamente - un rapporto si determina la regolare prestazione che comporta tutti i diritti e gli obblighi ad essa inerenti (sentenza n. 38 del 1960).

Le ordinanze, peraltro, assumono violato anche l'art. 41 (secondo e terzo comma) Cost., poiché l'atto di richiesta contrasterebbe - si assume - con i fini d'utilità sociale ivi perseguiti ed i controlli che ne conseguono, atti ad assicurarne i risultati.

Con la proposizione del suo primo comma, cui seguono solo come postulati i relativi limiti volti - tra l'altro - a creare fruttuoso assorbimento di mano d'opera, l'art. 41 resta comunque inteso ad affermare la libertà dell'iniziativa economica privata. In tali equilibri gioca, appunto, il suo evidente ruolo l'atto d'impulso dell'imprenditore, obbligato sì ad assunzioni nell'area delle categorie protette, di cospicua caratterizzazione sociale e pur sempre, però, finalizzate ad obiettive necessità: dunque, l'ablazione della richiesta, lungi dal favorire un adeguamento della norma ai principi costituzionali invocati, varrebbe - in contrario a interferire con l'iniziativa economica che il contesto dell'art. 41 preserva da restrizioni abnormi nelle scelte operative di svolgimento (cfr. sentenza n. 12 del 1963).

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

Riuniti i giudizi:

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 11 e 16 della legge 2 aprile 1968, n. 482 - Disciplina generale delle assunzioni obbligatorie presso le pubbliche amministrazioni e le aziende private sollevata dal Pretore di Torino, in riferimento agli artt. 3; 4 (primo comma); 38 (terzo comma); 97 (primo comma) Cost., con l'ordinanza n. 72 del 1985;

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1, 11, 16, primo, quarto ed ultimo comma della predetta legge n. 482 del 1968, sollevata, in riferimento agli artt. 3; 4 (primo comma); 38 (terzo e quarto comma); 41 (secondo e terzo comma); 97 (primo comma) Cost., dai Pretori di Palermo (ord. n. 819/1981), Torino (ord.n. 694/1982), Ivrea (ordd. nn. 612/1983 e 1279/1984).

Così deciso in Roma, in Camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 dicembre 1987.

 

Il Presidente: SAJA

Il Redattore: BORZELLINO

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1987.

Il direttore della cancelleria: MINELLI