Sentenza n.268 del 1987

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SENTENZA N. 268

ANNO 1987

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici

Prof. Virgilio ANDRIOLI , Presidente

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Prof. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Dott. Francesco GRECO

Prof. Gabriele PESCATORE

Avv. Ugo SPAGNOLI

Prof. Francesco P. CASAVOLA

Prof. Antonio BALDASSARRE

Prof. Vincenzo CAIANIELLO

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli articoli 21 e 23 della legge 17 maggio 1985, n.210 (Istituzione dell'ente "Ferrovie dello Stato"), promosso con ordinanza emessa il 10 gennaio 1986 dal T.A.R. per la Lombardia sul ricorso proposto da LEMURA Eliseo ed altri contro l'Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato, iscritta al n. 430 del Registro ordinanze 1986 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 45/prima serie speciale dell'anno 1986;

Visto l'atto di costituzione dell'Ente Ferrovie dello Stato, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

Udito nell'udienza pubblica del 3 giugno 1987 il Giudice relatore Giuseppe Borzellino;

Udito l'Avvocato dello Stato Giorgio Azzariti per l'Ente Ferrovie dello Stato e per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. Con ordinanza emessa il 10 gennaio 1986 dal T.A.R. per la Lombardia, sede di Milano, é stata sollevata questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 23 e 21 l. 17 maggio 1985 n.210, in relazione agli artt. 97, comma primo, 103, comma primo, 3, 24, commi primo e secondo, 113, commi primo e secondo, 25, comma primo, della Costituzione.

Il giudizio nel corso del quale é stata sollevata detta questione verte sul ricorso proposto da dipendenti dell'allora Azienda autonoma delle Ferrovie dello Stato - Compartimento di Milano - avverso provvedimenti taciti di rigetto di istanze di trasferimento in sedi dell'Italia meridionale.

Dopo aver premesso che il citato art. 23, attributivo al Pretore delle controversie di lavoro relative al personale dipendente dell'ente Ferrovie dello Stato, deve ritenersi immediatamente applicabile, tale quindi da imporre la declaratoria di difetto di giurisdizione dell'adito giudice amministrativo, il Collegio remittente ha rilevato che solo una strutturazione del nuovo ente di tipo imprenditoriale secondo il modulo organizzativo e gestionale ispirato alla disciplina privatistica avrebbe potuto giustificare da un lato la trasformazione del rapporto di lavoro dei dipendenti in un rapporto privatistico su base contrattuale, dall'altro la conseguente devoluzione delle relative controversie all'autorità giudiziaria ordinaria, nel rispetto, quindi, del principio di riparto delle giurisdizioni costituzionalmente garantito.

Sulla base di esame delle disposizioni della legge n. 210 del 1985, il T.A.R. ha escluso in effetti, invero, che con la legge stessa il nuovo ente rispecchi le suddette caratteristiche, permanendo invece "una connotazione fortemente pubblicistica".

Il nuovo ente non avrebbe, quindi, una "struttura privatistica idonea ad operare sul mercato nell'esercizio di attività economiche in posizione di parità con i privati imprenditori"; cosicché carente risulterebbe il presupposto che solo potrebbe giustificare la privatizzazione del rapporto di lavoro dei dipendenti; la scelta operata con le impugnate norme apparirebbe, perciò, "arbitraria, irrazionale ed illogica, fonte di disarmonia nel sistema in relazione a principi generali, e di potenziali disfunzioni e distorsioni nella organizzazione e nella attività del nuovo ente", in contrasto col principio di buon andamento ed imparzialità nell'organizzazione degli enti pubblici di cui all'art. 97 Cost.

La norma che attribuisce al giudice ordinario le controversie dei dipendenti ferroviari nei confronti dell'ente pubblico datore di lavoro non consentirebbe, d'altronde, la tutela degli interessi legittimi (devoluta al giudice amministrativo in via esclusiva), in violazione dell'art.103 Cost.

Per la limitatezza dei poteri del giudice ordinario nei confronti della pubblica amministrazione risulterebbe, altresì, lesa la effettività e pienezza della tutela giurisdizionale garantita, dagli artt. 24 e 113 Cost., ai dipendenti del nuovo ente, nei confronti dei quali risulterebbe violato anche il principio di eguaglianza con riguardo alle posizioni soggettive degli altri pubblici dipendenti, che trovano invece compiuta tutela innanzi al giudice amministrativo.

Viene denunciata, infine, la violazione del principio del giudice naturale enunciato dall'art. 25, primo comma, Cost.: la norma impugnata porrebbe una "deroga alla disciplina generale delle competenze giurisdizionali in vista di controversie determinate senza una effettiva modifica strutturale che ne costituisca giustificazione".

2. L'Avvocatura generale dello Stato, intervenuta in giudizio per il Presidente del Consiglio dei ministri, ha eccepito l'irrilevanza della questione. Di contrario avviso rispetto all'assunto del Collegio remittente, secondo il quale il principio della perpetuatio jurisdictionis codificato dall'art. 5 cod. proc. civ. troverebbe applicazione solo nella ipotesi di mutamento dello stato di fatto che sia intervenuto dopo la proposizione del giudizio e non anche quando sopravvenga una nuova legge modificatrice della competenza giurisdizionale, viene assunto dall'Avvocatura che "la sopravvenuta entrata in vigore di una legge modificativa della natura del rapporto di lavoro non vale a devolvere ad una diversa giurisdizione una causa già incardinata presso il preesistente giudice ed afferente il rapporto stesso nella sua fase anteriore a detta trasformazione".

Il controllo giurisdizionale di legittimità dell'atto impugnato (nella fattispecie: il provvedimento tacito di rigetto di una domanda di trasferimento) non potrebbe che essere compiuto "ora per allora", sul metro dell'ordinamento vigente alla data di emanazione dell'atto, dal giudice cui spetta il relativo potere giurisdizionale di annullamento. Da ciò l'inammissibilità.

Nel merito, si osserva che, quale che sia la natura giuridica dell'Ente, né la norma che, prevedendo la regolamentazione del rapporto di lavoro del personale su base contrattuale, collettiva ed individuale, ne dispone la cosiddetta privatizzazione (art. 21), né quella che attribuisce le relative controversie alla giurisdizione del giudice ordinario (art. 23) sarebbero in contrasto con alcun precetto della Costituzione e, in particolare, con gli articoli invocati nella ordinanza di rinvio.

Considerato in diritto

1.1. La legge 17 maggio 1985 n. 210 istituisce l'ente "Ferrovie dello Stato", con il conferimento della personalità giuridica "ai sensi dell'articolo 2093, secondo comma, del codice civile" e con onere - così succedendo alla preesistente Azienda autonoma ferroviaria - di provvedere ai propri compiti secondo "criteri di economicità e di efficienza" (artt. 1 e 2). A mente degli articoli 21 e 23 il rapporto di lavoro del personale dipendente "é regolato su base contrattuale collettiva ed individuale"; le controversie relative sono attribuite alla competenza pretorile.

1.2. Tali ultime disposizioni venivano impugnate dal Tribunale amministrativo regionale della Lombardia (sede di Milano) poiché la competenza del giudice ordinario (pretore) in luogo di quello amministrativo é ravvisata lesiva degli articoli - questo l'ordine indicato - 97 (comma primo), 103 (comma primo), 3, 24 (commi primo e secondo), 113 (commi primo e secondo), 25 (comma primo) della Costituzione.

Osserva il remittente che il complesso della normativa di cui innanzi non é sicuro rivelatore dell'effettiva trasformazione della preesistente azienda autonoma in un diverso ente. Ne deriverebbero "potenziali disfunzioni e distorsioni" di struttura e di organizzazione, censurabili sotto il profilo del buon andamento (art. 97 Cost.), mentre la nuova disciplina non avrebbe affatto mutato la natura del rapporto d'impiego dei dipendenti.

In conseguenza, si sarebbe concretata, ancora, la sottrazione delle controversie del personale al giudice naturale amministrativo, in contrasto con gli artt. 25 e 103 Cost. con violazione, altresì, degli artt. 3, 24 e 113; difetterebbe avanti al pretore infatti avuto "riguardo alle posizioni soggettive degli altri pubblici dipendenti" - una piena tutela, rimanendone esclusa - ad avviso del giudice a quo - la sfera degli interessi legittimi.

2. Oppone l'Avvocatura dello Stato che la questione sarebbe priva di rilevanza: se é vero che la perpetuatio jurisdictionis resta circoscritta (art. 5 c.p.c.) alle fattispecie concernenti lo stato di fatto al momento della domanda, la sopravvenuta entrata in vigore della legge modificativa della natura del rapporto di lavoro non sarebbe di per sé bastevole per devolvere a diversa giurisdizione una causa radicata in forza di un rapporto, così come previsto anteriormente alle sue trasformazioni.

L'obiezione non ha pregio: per la giurisprudenza della Corte di Cassazione a sezioni unite, in armonia con identiche pronunce del Consiglio di Stato e specifica, per la sua attualità, nei confronti delle norme su cui si controverte, il disposto di legge (210 del 1985) ha comportato l'effettivo mutamento degli indici legali di collegamento della giurisdizione per tutto ciò che concerne le controversie di lavoro del personale delle ferrovie dello Stato, non restando campo, pertanto, per una perpetuatio jurisdictionis a qualsivoglia titolo.

La Corte non ha motivo per discostarsi dal puntuale assunto, peraltro ricordando i propri enunciati, che indicano come la legge sopravvenuta possa spogliare di competenza, persino nel processo penale, il giudice investito in precedenza della cognizione (sent. 185 del 1981).

3.1. Nel merito, la questione non é fondata.

Per ciò che impinge, intanto, alle regole garantiste di cui all'art. 97 Cost. la legge 210 appare aver tenuto conto della pregressa normazione e delle relative prescrizioni, poiché l'ente succedeva immediatamente, subentrandovi, in tutti i rapporti (beni, partecipazioni, gestioni speciali) pertinenti alla cessata azienda autonoma. Senza di ciò verosimilmente si sarebbero creati proprio disguidi e dissesti organici nell'ambito specifico di una attività - quella del trasporto ferroviario - che non poteva ammettere, nell'interesse dell'utenza, soluzione alcuna di continuità: cosicché non é dato riscontrare condizioni di insanabile arbitrio ovvero di manifesta irragionevolezza in violazione, all'incontro, dei principi contenuti nell'art. 97.

3.2. A espungere qualsiasi rilievo d'ordine costituzionale nei confronti di un presunto attentato alla precostituzione del giudice naturale (art.25) rimane bastevole, poi, quanto già qui ricordato (sopra, 2: sentenza 181 cit.), ulteriormente chiarendosi, in punto, come siffatta precostituzione non può venire esasperata sino ad implicare una sorta di ibernazione dei criteri dettati per la competenza e per la giurisdizione; é essenziale soltanto che la eventuale mutazione non resti affidata alla mera discrezionalità del giudice, ma una circostanza del genere assolutamente non ricorre in causa.

3.3. L'esame resta incentrato negli ulteriori asserti circa carenza di tutela avanti al pretore, per i rapporti di lavoro di cui si discute, ove fosse rimasto offeso - per avventura - non diritto soggettivo bensì un interesse legittimo; tanto avrebbe comportato, secondo il remittente giudice amministrativo, violazione, s'é già detto, degli artt. 3 e 24, nonché 103 e 113 Cost.

Ma anche sotto questi profili la questione non trova sostegno.

Si contende concretamente in tema di diniego al trasferimento, perdurante un lasso di tempo nel quale, per disposizione iniziale, era previsto l'obbligo per il lavoratore di sostare nella sede prima; in termini più generali - a tratteggiare i contenuti di rispettiva doverosità nei diritti e negli obblighi tra amministrazione e personale - va richiamato, d'altronde, che lo stato giuridico già contemplava - al momento delle insorte richieste - la puntuale predisposizione di apposite graduatorie (legge 26 marzo 1958, n. 425: art.46).

A ciò ora aggiungesi che il nuovo ente agisce a titolo imprenditoriale in virtù di quella sua configurazione positiva cui si é accennato e sulla base (paritetica), nel rapporto di lavoro, della contrattazione: all'area di cui trattasi rimane perciò estranea - come già del resto sembra ab origine - ogni connotazione autoritativamente discrezionale.

Si é in presenza, dunque, di vicenda avvinta a comportamenti obbligatori per le parti e perciò ricadenti per la loro esaustiva tutela reale, priva di presunti coni d'ombra, nella competenza del giudice ordinario, abilitato a conoscerne integralmente.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 21 e 23 della legge 17 maggio 1985 n.210 (Istituzione dell'ente "Ferrovie dello Stato") sollevata con l'ordinanza in epigrafe, in riferimento agli artt. 97, comma primo, 103, comma primo, 3, 24, commi primo e secondo, 113, commi primo e secondo, 25, comma primo, della Costituzione, dal Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia (sede di Milano).

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 3 luglio 1987.

 

Il Presidente: ANDRIOLI

Il Redattore: BORZELLINO

Depositata in cancelleria il 16 luglio 1987.

Il direttore della cancelleria: MINELLI