Ordinanza n.267 del 1985

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ORDINANZA N. 267

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Prof. Renato DELL'ANDRO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma primo, della legge 3 gennaio 1978, n. 1 (sull'accelerazione delle procedure per l'esecuzione di opere pubbliche) promosso con ordinanza emessa il 27 aprile 1983 dal T.A.R. per l'Emilia-Romagna - Sede di Bologna - nei ricorsi riuniti proposti da Calderoni Daniele in proprio e per conto contro il Comune di Russi, iscritta al n. 646 del registro ordinanze 1983 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 25 dell'anno 1984.

Visto l'atto di costituzione dell'Avv. Edda Menzani per Calderoni Daniele, nonché l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri,

udito nella camera di consiglio del 9 ottobre 1985 il Giudice relatore Livio Paladin.

Ritenuto che con l'ordinanza in epigrafe il T.A.R. dell'Emilia-Romagna - adito per l'annullamento di una delibera comunale di approvazione del progetto di allargamento di una strada e della susseguente delibera, dello stesso ente, di occupazione di urgenza degli immobili di proprietà privata interessati dalla esecuzione del progetto - ha sollevato questione di costituzionalità dell'art. 1, comma primo, della legge 3 gennaio 1979, n. 1 (sull'accelerazione delle procedure per l'esecuzione di opere pubbliche... ), "nella parte in cui stabilisce che l'approvazione dei progetti di opere da parte dei competenti organi dei Comuni equivale a dichiarazione di pubblica utilità, urgenza ed indifferibilità delle opere stesse", per contrasto con l'art. 97 Cost.;

che, all'uopo, il giudice a quo ha testualmente motivato che, "se é vero che non é mai esistito nell'ordinamento giuridico italiano in materia di procedimento espropriativo e in relazione a tale disposizione costituzionale il principio della trilateralità intersoggettiva (ente o autorità che promuove l'esproprio, autorità che lo pronuncia, soggetto espropriato), ma semmai solo quello della trilateralità meramente interorganica, é altrettanto vero che mentre ciò può avere una giustificazione per lo Stato o altri enti territoriali di rilevanti dimensioni che abbiano un complesso di uffici... variamente articolato e composto (di talché si può considerare realizzata una effettiva diversificazione delle parti allorché agiscano due uffici diversi dello stesso ente), altrettanto non può sicuramente e aprioristicamente sostenersi per i piccoli enti (quali ad esempio i Comuni, soprattutto allorché sono di modeste dimensioni) per i quali la struttura organizzativa é o può essere di tale ridotta entità da far dubitare che si verifichi - nella sostanza se non nella forma - perfino la trilateralità interorganica";

che, nel giudizio innanzi alla Corte, si é costituito il ricorrente condividendo le conclusioni ed aderendo alle argomentazioni dell'ordinanza di rinvio; ed é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha sostenuto l'infondatezza dell'impugnativa.

Considerato che, con sentenza n. 319 del 1983, questa Corte ha già escluso che la predetta disposizione sub art. 1 l. 1/1978 contrasti con il medesimo parametro costituzionale dell'art. 97, sia sotto il profilo della mancata attribuzione a distinte competenze amministrative (e cioé ad organi diversi del medesimo soggetto) delle due fasi proprie del procedimento espropriativo (accertamento dei relativi presupposti - adozione dei provvedimenti ablativi), sia in relazione all'aspetto dell'affidamento del potere di iniziativa allo stesso soggetto beneficiario dell'espropriazione, pur se non dotato - come il Comune - di una struttura articolata al pari di quella statale;

che la motivazione posta a base di tale decisione conserva tuttora la sua validità, non potendo revocarsi in dubbio che la sottolineata concentrazione di competenze sia razionalmente rispondente allo "scopo essenziale di accelerare i tempi per la realizzazione delle opere pubbliche" e non escluda comunque che l'organo titolare delle competenze stesse debba, in ordine all'esercizio di ciascuna, "dare esatta e completa applicazione alla legge ed osservarla pienamente nella sua lettera e nel suo spirito in modo da perseguire in maniera obiettiva il soddisfacimento degli interessi pubblici";

che, d'altra parte, l'ordinanza non prospetta argomentazioni nuove rispetto a quelle esaminate con la citata sentenza 319/83.

Visti gli artt. 26, comma secondo, legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma secondo, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, comma primo, della legge 3 gennaio 1978, n. 1 (Accelerazione delle procedure per la esecuzione di opere pubbliche e di impianti e costruzioni industriali), sollevata, in riferimento all'art. 97 Cost., con l'ordinanza del T.A.R. dell'Emilia-Romagna 27 aprile 1983.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 novembre 1985.

Livio PALADIN

Depositata in cancelleria l'8 novembre 1985.