Ordinanza n.262 del 1985

 CONSULTA ONLINE 

ORDINANZA N. 262

ANNO 1985

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Livio PALADIN, Presidente

Avv. Oronzo REALE

Avv. Alberto MALAGUGINI

Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI

Prof. Giuseppe BORZELLINO

Prof. Renato DELL'ANDRO, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

ORDINANZA

 

nei giudizi di legittimità costituzionale dell'art. 10 del r.d. 8 gennaio 1931, n. 148 ("Coordinamento delle norme sulla disciplina giuridica dei rapporti collettivi di lavoro con quelle sul trattamento giuridico-economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione"), nel testo risultante dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 93 del 1979, promossi con ordinanze emesse il 18 aprile, il 13 maggio 1980 e il 19 gennaio 1981 dal Pretore di Roma (n. 4 ord.), il 28 gennaio 1981 dal Pretore di Firenze (n. 2 ord.), il 14 e il 15 dicembre 1981 dal Pretore di Brescia, il 25 marzo 1982 dal Pretore di Roma e il 20 aprile 1983 dal Pretore di Ferrara, iscritte rispettivamente ai nn. 429, 452, 468 del registro ordinanze 1980, ai nn. 206, 322, 323 del registro ordinanze 1981, ai nn. 148, 149, 485 del registro ordinanze 1982 e al n. 499 del registro ordinanze 1983 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 228, 235 dell'anno 1980, nn. 193, 269 dell'anno 1981, nn. 206, 220 e 344 dell'anno 1982 e n. 322 dell'anno 1983.

Visti gli atti di costituzione dell'ATAC e dell'ATAF nonché gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 9 ottobre 1985 il Giudice relatore Livio Paladin.

Ritenuto che con quattro ordinanze in data 18 aprile 1980 e 19 gennaio 1981 - emesse in una serie di controversie di lavoro promosse da addetti a pubblici servizi di trasporto, nel corso delle quali era stata eccepita dall'azienda convenuta l'improcedibilità dell'azione giudiziaria per omesso o tardivo esperimento del previo reclamo gerarchico ai sensi dell'art. 10 del r.d. 8 gennaio 1931, n. 148 e successive modifiche l'adito Pretore di Roma ha denunciato di illegittimità, in riferimento agli artt. 3 e 24 Cost., il predetto art. 10 r.d. cit., nel testo risultante dalla sentenza della Corte n. 93/1979, "in quanto non prevede che il giudice possa, con la pronuncia di improcedibilità, rimettere in termini le parti, con la contestuale sospensione del processo in corso";

che, secondo il giudice a quo, la richiamata decisione già dichiarativa della illegittimità dell'art. 10, secondo e terzo comma, r.d. 148 cit. "nella parte in cui dispone (va) l'improponibilità e non l'improcedibilità dell'azione giudiziaria in caso di mancata o tardiva presentazione del reclamo gerarchico nelle controversie (come quelle di specie) aventi ad oggetto il riconoscimento della qualifica "o "di ogni altro diritto non esclusivamente patrimoniale" inerente al rapporto di lavoro degli autoferrotranvieri - sarebbe priva di effetti pratici (onde appunto l'immanente contrasto dell'impugnato art. 10 con gli artt. 3 e 24 Cost.), una volta che l'attuata sostituzione della sanzione della "improponibilità" con quella della "improcedibilità" non si completerebbe con la previsione dell'applicabilità degli istituti conseguenziali della improcedibilità stessa: istituti che l'interprete non sarebbe autorizzato a desumere per analogia dall'art. 443 c.p.c. (dettato per un diverso tipo di controversia), né il legislatore, da parte sua, avrebbe provveduto ad introdurre;

che innanzi alla Corte, nei giudizi relativi alle prime due ordinanze, si é costituita l'ATAC e, nel giudizio relativo alla terza ordinanza, é intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri: entrambi, se pur con diversa motivazione, concludendo per la manifesta infondatezza della questione;

che lo stesso Pretore di Roma con ordinanza 13 maggio 1980 e 25 marzo 1982, il Pretore di Firenze con due ordinanze del 28 gennaio 1981, il Pretore di Brescia con ordinanze 14 e 15 dicembre 1981 ed il Pretore di Ferrara, con un'ultima ordinanza del 20 aprile 1983, hanno impugnato il predetto art. 10, sempre nel testo già emendato con la sentenza n. 93 del 1979, in relazione all'ultimo profilo (che si ritiene non intaccato dalla citata pronuncia) della "improponibilità dell'azione giudiziaria promossa oltre il termine di sessanta giorni dalla definizione del reclamo gerarchico o dal termine di trenta giorni per detta definizione";

che si assumono, anche in questo caso, violati gli artt. 3 e 24 Cost. per l'ingiustificata disparità di trattamento (sul terreno della difesa dei propri diritti) che si determinerebbe, per un verso, tra la generalità dei lavoratori subordinati e la categoria degli autoferrotranvieri, in quanto "le finalità di pubblico interesse inerenti alla natura del servizio non richiedono di necessità una compressione del diritto dei lavoratori del settore in termini di decadenza dello stesso"; e, per altro verso, tra gli autoferrotranvieri che abbiano proposto tardivamente il reclamo gerarchico (per i quali, dopo la sentenza n. 93/1979, la sanzione é quella della improcedibilità e non più della improponibilità) e gli autoferrotranvieri che abbiano proposto tardivamente l'azione giudiziaria, i quali incorrerebbero invece nella decadenza;

che nei giudizi relativi alle ordinanze del Pretore di Firenze si é costituita l'Azienda convenuta (ATAF), che ha concluso per il rigetto dell'impugnativa; e nei medesimi giudizi ed in quelli relativi alle ordinanze dei Pretori di Roma e Ferrara é anche intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per l'infondatezza della impugnativa, escludendo che possano equipararsi - tanto sul piano giuridico formale quanto su quello pratico - l'omesso esperimento del rimedio gerarchico e la tardiva adizione dell'AGO dopo l'esito di tale rimedio; e sottolineando che comunque "la previsione di termini per l'accesso alla tutela giurisdizionale rientra nell'ambito della potestà - latamente discrezionale - del legislatore ordinario di determinare le modalità di esercizio del diritto di difesa".

Considerato che le dieci ordinanze sollevano questioni di legittimità analoghe e connesse, che possono perciò venire unitariamente decise;

che entrambe le riassunte questioni sono state, per altro, negli identici termini, già esaminate dalla Corte che, con sentenza n. 136 del corrente anno, ha escluso la fondatezza dell'una e dell'altra, richiamando l'ormai consolidata giurisprudenza della Cassazione che (a seguito della citata sentenza n. 93/79) interpreta l'art. 10 r.d. 148/1931 nei precisi termini in cui vorrebbero ricondurlo i richiesti interventi correttivi; e cioé appunto nel senso dell'applicabilità in via analogica dell'art. 443 c.p.c., in caso di tardività del reclamo, e della esclusione della decadenza dall'azione nell'ipotesi dell'inerzia dell'interessato contro il rigetto o il silenzio-rigetto del reclamo: onde deve ribadirsi che non sussistono le denunciate violazioni degli artt. 3 e 24 Cost..

Visti gli artt. 26, secondo comma, della legge 11 marzo 1953, n. 87 e 9, comma secondo, delle Norme integrative per i giudizi davanti alla Corte costituzionale.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara la manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale dell'art. 10, secondo e terzo comma, del regio decreto 8 gennaio 1931, n. 148 ("Coordinamento delle norme sulla disciplina dei rapporti collettivi di lavoro con quelle sul trattamento giuridico- economico del personale delle ferrovie, tranvie e linee di navigazione interna in regime di concessione"), nel testo risultante dopo la sentenza della Corte costituzionale n. 93 del 1979, sollevate con le ordinanze in epigrafe, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 novembre 1985.

Livio PALADIN

Depositata in cancelleria l'8 novembre 1985.