Sentenza n.154 del 1984

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SENTENZA N. 154

ANNO 1984

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Avv Alberto MALAGUGINI

Prof. Livio PALADIN

Dott. Arnaldo MACCARONE

Prof. Antonio LAPERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO

Dott. Aldo CORASANITI,Giudici,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 (Revisione della disciplina del contenzioso tributario) promosso con sei ordinanze emesse il 26 ottobre 1981 dalla Commissione tributaria di primo grado di Ragusa sul ricorso di Fidelio Giuseppe, iscritte ai nn. 311, 312, 475, 476, 477 e 478 del registro ordinanze 1983 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 246 e n. 253 dell'anno 1983.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Udito nell'udienza pubblica del 6 dicembre 1983 il Giudice relatore Livio Paladin.

Udito l'Avvocato dello Stato Giuseppe Angelini Rota.

Ritenuto in fatto

1. - Con sei ordinanze identicamente motivate - emesse il 26 ottobre 1981 (ma pervenute alla Corte l'8 aprile 1983) - l'adita Commissione tributaria di primo grado di Ragusa ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636 ("Revisione della disciplina del contenzioso tributario"), "nella parte in cui non prevede, tra i requisiti per la nomina a componente delle Commissioni tributarie, quello della idoneità dei componenti a svolgere la funzione giurisdizionale così come prevista per i giudici togati"; e ciò, per pretesa violazione dell'art. 102 della Costituzione.

In tutti i casi, infatti, la Commissione ha ritenuto non manifestamente infondata l'eccezione proposta dal ricorrente, il quale aveva appunto richiamato l'art. 102 Cost., quanto al divieto di istituire giudici speciali, assumendo che la norma denunciata configurerebbe "Giudici assolutamente al di fuori dell'Ordinamento giurisdizionale e senza i requisiti richiesti da questo".

2. - É intervenuto il Presidente del Consiglio dei ministri, che ha concluso per l'infondatezza della questione.

Secondo l'Avvocatura dello Stato, l'idoneità dei componenti delle Commissioni tributarie di merito, nello svolgimento delle relative funzioni, sarebbe garantita dal complesso dei requisiti, sia generali (cittadinanza italiana, godimento dei diritti civili e politici, buona condotta) sia particolari (diploma di istruzione secondaria superiore, residenza nel territorio di competenza), stabiliti dall'impugnato art. 4; tanto più che la scelta dei componenti stessi é demandata ai presidenti dei Tribunali o delle Corti d'appello (in base agli artt. 2 e 3 del decreto n. 636), appunto allo scopo di valutare l'attitudine all'esercizio della funzione giurisdizionale (così come avviene per i membri non togati di organi di giurisdizione ordinaria, - quali - ad esempio i giudici popolari delle Corti d'assise, secondo la legge 10 aprile 1951, n. 287). E a ciò si aggiungerebbe la circostanza che tanto la presidenza quanto la vice presidenza delle Commissioni sono affidate soltanto a magistrati ordinari o amministrativi ovvero ad intendenti di finanza a riposo, i quali - si afferma - assicurano certamente l'idoneità della funzione svolta dall'intero collegio.

Considerato in diritto

Data l'identità delle impugnative proposte alla Corte e degli argomenti che molto sinteticamente le sorreggono, i sei giudizi instaurati dalla Commissione tributaria di primo grado di Ragusa vanno riuniti e decisi con unica sentenza.

Malgrado i termini della questione sollevata dalle ordinanze in esame debbano venir ricostruiti mediante un congiunto ricorso ai dispositivi ed alle motivazioni delle ordinanze medesime, la Corte é dell'avviso che, ai fini dell'ammissibilità, la questione sia sufficientemente precisata. Viene infatti impugnato l'art. 4 del decreto presidenziale 26 ottobre 1972, n. 636, relativo ai "requisiti per la nomina a componente delle commissioni tributarie": con implicito riferimento alle Commissioni di primo grado, perché solo a tali effetti la questione stessa può dirsi rilevante nei giudizi a quibus. Quale parametro é poi richiamato l'art. 102 della Costituzione, ma non per quanto concerne il divieto di istituire giudici straordinari o giudici speciali (in ordine al quale la Corte si é già pronunciata, del resto, con le sentt. n. 215 del 1976, n. 196 e n. 217 del 1982), bensì per il contrasto che sarebbe ravvisabile fra la norma impugnata e l'imperativo costituzionale dell'idoneità di ogni giudice, ordinario o speciale che sia, "a svolgere la funzione giurisdizionale". In ogni caso, la richiesta che sostanzialmente le ordinanze in esame rivolgono alla Corte é quella di paralizzare il funzionamento delle Commissioni tributarie di primo grado - secondo l'eccezione sollevata dalla parte ricorrente - escludendone, perché inidonei, tutti i componenti diversi dai presidenti e dai vicepresidenti delle Commissioni stesse e delle loro sezioni; e non vi é dubbio che, sotto questo aspetto, l'impugnativa sia rilevante ai fini dei giudizi pendenti dinanzi alla Commissione di Ragusa.

Per altro, si tratta di un'impugnativa non fondata. Le ordinanze in esame non precisano in qual parte l'art. 102 della Costituzione sarebbe violato, ma si limitano a denunciare - in termini affatto generici - la circostanza che l'idoneità dei componenti delle Commissioni tributarie sia stata vagliata dal legislatore delegato diversamente che "per i giudici togati": il che fa pensare che il termine di raffronto sia rappresentato - come già nelle eccezioni del ricorrente - dall'"ordinamento giudiziario" di cui al primo comma dell'articolo medesimo. Senonché il riferimento, così ricostruito, appare doppiamente inappropriato: da un lato, perché lo stesso ordinamento giudiziario prevede giudici monocratici come quelli "conciliatori", senza prescrivere per essi alcun requisito specifico di idoneità; d'altro lato, perché tale ordinamento concerne i soli "magistrati ordinari", con la conseguenza che non si può farne un parametro per la valutazione della legittimità costituzionale di norme riguardanti giudici speciali sia pur revisionati, quali sono - secondo questa Corte - le Commissioni tributarie disciplinate dal d.P.R. n. 636. Né sembra sostenibile che il termine di raffronto sia invece costituito, nella prospettiva del giudice a quo, dai requisiti che il decreto legislativo sulla revisione del contenzioso tributario stabilisce per quanto attiene ai presidenti ed ai vicepresidenti delle Commissioni e delle loro sezioni: a parte ogni altra considerazione, infatti, tali giudici non vanno necessariamente nominati fra i "magistrati, ordinari o amministrativi, in servizio o a riposo", di cui al quarto comma dell'art. 2, ma possono essere scelti stando al medesimo comma fra gli "intendenti di finanza e gli intendenti aggiunti di finanza a riposo" ovvero "fra laureati in giurisprudenza od in economia e commercio", che certo non sono equiparabili ai "giudici togati" dei quali ragiona il giudice a quo.

Ciò basterebbe per imporre il rigetto dell'attuale impugnativa. Conviene però aggiungere, comunque, che l'idoneità dei componenti delle Commissioni tributarie di primo grado non é garantita unicamente dal "diploma di istruzione secondaria di secondo grado", richiesto dalla lett. e) dell'impugnato art. 4; ma deve od almeno dovrebbe venire puntualmente assicurata mediante il complesso procedimento di scelta regolato dal quinto, sesto e settimo comma del citato art. 2 (procedimento che il giudice a quo non censura ed anzi non considera per nulla) : dal momento che la scelta stessa non si effettua a caso entro la massa dei diplomati in questione, bensì viene rimessa alle responsabili valutazioni del presidente del Tribunale, sulla base di designazioni dei Consigli comunali territorialmente interessati e di elenchi formati dall'amministrazione finanziaria (nonché di eventuali altri elenchi appositamente richiesti dal presidente del Tribunale alle "camere di commercio, industria, agricoltura e artigianato ed ai consigli degli ordini professionali degli avvocati, degli ingegneri, dei dottori commercialisti e dei ragionieri"). Dal che consegue che detti componenti delle Commissioni tributarie di primo grado, nell'intento del decreto n. 636, non dovrebbero risultare meno idonei dei membri delle sezioni specializzate progettate in tal campo da una proposta di legge attualmente all'esame del Parlamento (Camera, n. 560 della IX legislatura), in base alla quale verrebbero appunto prescritti "il diploma di scuola media superiore e un'esperienza quinquennale nelle materie giuridiche o tributarie".

Con tutto questo, rimangono le molte deficienze del contenzioso tributario, ampiamente segnalate in dottrina e dagli operatori del settore, per le quali il Parlamento é ora chiamato a porre rimedio. Ma l'urgenza di un riordino legislativo dell'intera materia non toglie che la questione in esame non abbia fondamento, così come é stata prospettata ed ai fini del giudizio spettante alla Corte.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 636, in riferimento all'art. 102 della Costituzione, sollevata dalla Commissione tributaria di primo grado di Ragusa, con le ordinanze indicate in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 giugno 1984.

 

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI – Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE - Antonio LAPERGOLA  - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA  - Giovanni CONSO - Ettore GALLO - Aldo CORASANITI

 

Depositata in cancelleria il 13 giugno 1984.