Ordinanza n. 270 del 1983

 CONSULTA ONLINE 


ORDINANZA N. 270

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

          Avv. Alberto MALAGUGINI

          Prof. Livio PALADIN      

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

          Prof. Vittorio ANDRIOLI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 28 della legge della Provincia di Trento 30 dicembre 1972, n. 31 e successive modificazioni (Riordinamento della disciplina in materia di edilizia abitativa e norme sulla espropriazione per pubblica utilità) promossi dalla Corte d'appello di Trento con ordinanze emesse il 26 febbraio e il 14 ottobre 1980, il 10 febbraio, il 17 marzo, il 23 giugno, il 7 luglio, il 10 novembre e il 15 dicembre 1981 e il 16 febbraio (due ordinanze), il 16 marzo (due ordinanze), l'11 maggio, il 7 aprile e il 15 giugno 1982, rispettivamente iscritte al n. 895 del registro ordinanze 1980, ai nn. 7, 457, 528, 566 e 703 del registro ordinanze 1981 ed ai nn. 89, 128, 235, 252, 369, 370, 473, 617 e 621 del registro ordinanze 1982 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica nn. 70, 91, 290, 325 e 332 del 1981 e nn. 40, 178, 206, 262, 303 e 310 del 1982.

Visti gli atti di costituzione della Provincia autonoma di Trento;

udito nell'udienza pubblica dell'8 marzo 1983 il Giudice relatore Antonio La Pergola;

udito l'avv. Giuseppe Guarino per la Provincia autonoma di Trento.

Ritenuto che la Corte d'appello di Trento nel corso di vari procedimenti di opposizione alla determinazione dell'indennità di esproprio di immobili, ai sensi della legge della Provincia di Trento n. 31 del 1972, ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 28 di detta legge e successive modificazioni, in riferimento agli artt. 3, 42 e 53 Cost.;

che la norma censurata dispone che la detta indennità di espropriazione corrisponda:

- per le aree esterne ai centri edificati, al prezzo che deve essere attribuito all'area quale terreno agricolo, considerato libero da vincoli di contratti agrari al momento dell'emanazione del decreto di esproprio e secondo il tipo di coltura ivi in atto;

- per le aree comprese nei centri edificati, al valore agricolo massimo della coltura più redditizia tra quelle che, nel comprensorio della Valle dell'Adige, coprono una superficie superiore al 5% su quella coltivata nel comprensorio stesso; tale valore, determinato nei modi previsti dalla legge é poi moltiplicato per due, due e cinque e tre, secondo la popolazione del territorio comunale in cui si trova l'area espropriata;

che, ad avviso del giudice remittente, il criterio per il calcolo dell'indennizzo, adottato dal legislatore provinciale, lede gli invocati parametri costituzionali, in quanto non tien conto del valore edificatorio delle aree espropriate, alle quali é infatti attribuito valore di terreno agricolo: laddove si tratterebbe, in ogni caso, di terreni che, non importa se interni o esterni al centro edificato, sono già interessati dal processo di urbanizzazione e perciò stesso dotati di attitudine edificatoria;

che si prospetta, altresì, la lesione dell'art. 53 Cost., qualora il programma di intervento dell'edilizia abitativa, in funzione del quale é operato l'esproprio comprenda - a norma dell'art. 2, n. 6, della legge provinciale n. 31/72 - la costruzione di case abitative da parte di singoli e di cooperative edilizie, sia a proprietà indivisa, sia a proprietà individuale: deducendosi che, in questo caso, l'espropriazione non é giustificata da alcun motivo di interesse generale, ma concreta un coattivo trasferimento di proprietà da un privato ad un altro, di cui fa gravare il costo, in via anomala, sul soggetto espropriato;

ritenuto che la rilevanza della proposta questione é dedotta dal giudice a quo sull'assunto che il valore edificatorio dell'area espropriata sarebbe comunque superiore al valore agricolo contemplato nella disposizione censurata anche là, dove, ai sensi di detta disposizione, vengono in rilievo i correttivi del valore agricolo di base;

che la non manifesta infondatezza della questione é in sostanza argomentata in riferimento alla sentenza n. 5 del 1980 di questa Corte, dalla quale risulterebbe che il mancato riferimento al valore edificatorio delle aree espropriate implica un vizio di astrazione dalla realtà, perché il legislatore prescinderebbe dalle effettive caratteristiche e dalla conseguente possibilità di utilizzazione del bene ablato, col duplice risultato di offendere la previsione costituzionale di un serio ristoro dell'espropriato e lo stesso principio di uguaglianza, in relazione al trattamento degli interessati dal provvedimento di esproprio;

ritenuto che nel giudizio instaurato con l'ordinanza n. 895/80 si é costituita la Provincia di Trento;

che la difesa della Provincia eccepisce la inammissibilità della questione, prima ancora di dedurne la infondatezza;

che la questione é ad avviso della Provincia irrilevante, perché proposta con riguardo ad aree che il giudice a quo assume come edificabili, mentre tali esse non sarebbero, dovendo la vocazione edificatoria risultare da una scelta dell'autorità amministrativa preposta al governo del territorio, la quale, nella specie, difetterebbe;

che nel merito la questione risulterebbe infondata, essendo il principio - cardine della legge provinciale quello di vietare che nel calcolo dell'indennizzo si tenga conto della utilizzazione dell'area ai fini edificatori, nonché dell'esistenza nella zona di opere di urbanizzabilità: principio, si assume, comune a tutta la legislazione in materia di esproprio, e ritenuto conforme a Costituzione da questa Corte anche nella sentenza n. 5/80, invece invocata dal giudice a quo a sostegno delle proprie deduzioni;

che l'asserita violazione degli artt. 42 e 3 Cost., non sussisterebbe, in quanto - diversamente dall'art. 16 della legge n. 865 del 1971, dichiarata costituzionalmente illegittimo dalla Corte con la pronunzia testé ricordata - la disposizione in esame prevede come criterio del calcolo di indennizzo non il valore agricolo medio, bensì altro sistema, diretto a garantire l'espropriato, sia col fare riferimento al concreto valore del bene ablato, sia con l'adottare un articolato congegno di correttivi di tale valore, grazie al quale si assicura la congruità dell'indennizzo e si elimina il rischio di liquidazioni differenziate e sperequate nelle diverse zone;

che, sempre secondo la Provincia, ricevendo il soggetto espropriato quanto gli spetta per il sacrificio subito, deve, altresì, escludersi, riguardo alla censura concernente l'art. 53 Cost., alcuna indebita imposizione fiscale a suo carico;

ritenuto che con ordinanza 617/1982 analoga questione é stata sollevata dalla Corte di Cassazione in riferimento, oltre che agli artt. 3 e 42, all'art. 24 Cost.;

che, quanto alla prospettata violazione di quest'ultimo parametro, il giudice a quo lamenta l'accertamento automatico del bene sottoposto ad espropriazione "in base a tabelle precostituite" dall'apposita Commissione, in ordine alle quali non sarebbe consentito un sindacato di "merito", secondo la caratteristica disciplina dell'atto amministrativo, e perciò senza le garanzie del procedimento giurisdizionale;

che la difesa della Provincia, intervenuta anche in questo giudizio, deduce, con riferimento alla presunta violazione degli artt. 3 e 42 Cost., la inammissibilità e la infondatezza della questione, sostanzialmente con gli stessi argomenti sopra richiamati riguardo ai provvedimenti di rimessione della Corte d'appello di Trento;

che, ad avviso della Provincia, é da escludere anche la pretesa violazione dell'art. 24 Cost., in quanto l'invocato precetto costituzionale riguarda i procedimenti giurisdizionali di carattere decisorio o i procedimenti istruttori o preistruttori, strettamente connessi e preordinati alla attività giurisdizionale, ma non si estende a considerare momenti anteriori da cui, come accadrebbe nella specie, il giudizio trae origine;

considerato che le ordinanze in epigrafe sollevano la medesima questione e che i relativi giudizi possono pertanto essere riuniti e congiuntamente decisi;

considerato che nelle more del presente giudizio di legittimità costituzionale é entrata in vigore la legge provinciale 2 maggio 1983, n. 14 ("Modificazioni ed integrazioni alla normativa in materia di espropriazione");

che l'art. 1 di detta legge prevede varie modifiche della procedura prescritta per l'esproprio e del regime indennitario, e detta in sostituzione del precedente un nuovo testo dell'art. 28, relativo ai criteri per il calcolo dell'indennizzo;

che l'art. 2 della stessa legge stabilisce in quali casi gli organi competenti debbano procedere a nuova determinazione dell'indennità;

che spetta ai giudici remittenti valutare se e come queste più recenti norme di legge trovino applicazione nei casi di specie;

che gli atti dei giudizi vanno pertanto restituiti a detti giudici perché, alla stregua della normativa sopravvenuta, essi riesaminino la rilevanza delle dedotte questioni.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

ordina la restituzione degli atti ai giudici a quibus.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 20 settembre 1983.

Leopoldo ELIA - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE - Brunetto BUCCIARELLI DUCCI - Alberto MALAGUGINI - Livio PALADIN - Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Vittorio ANDRIOLI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO - Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 20 settembre 1983.