Ordinanza n. 134 del 1983

 

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ORDINANZA N. 134

ANNO 1983

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Leopoldo ELIA, Presidente

Dott. Michele ROSSANO

Prof. Antonino DE STEFANO

Prof. Guglielmo ROEHRSSEN

Avv. Oronzo REALE

Dott. Brunetto BUCCIARELLI DUCCI

Prof. Livio PALADIN

          Dott. Arnaldo MACCARONE

          Prof. Antonio LA PERGOLA

Prof. Virgilio ANDRIOLI

Prof. Giuseppe FERRARI

Dott. Francesco SAJA

Prof. Giovanni CONSO

Prof. Ettore GALLO,

          ha pronunciato la seguente

ORDINANZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 69, comma quarto, cod. pen. (Concorso di circostanze aggravanti e attenuanti) come modificato dalla legge 7 giugno 1974, n. 220, promosso con ordinanza emessa il 28 aprile 1978 dal Pretore di Langhirano, nel procedimento penale a carico di Bolsi Pietro, iscritta al n. 497 del registro ordinanze 1978 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 17 del 17 gennaio 1979. Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri; Ritenuto che, coll'ordinanza e nel procedimento di cui all'epigrafe, il Pretore di Langhirano ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 69, comma quarto, cod. pen. (così come modificato dalla l. 7 giugno 1974 n. 220) in relazione all'art. 3 Cost., in quanto la predetta disposizione, mentre consente il giudizio di bilanciamento fra circostanze, anche quando la legge prevede la pena in modo indipendente da quella ordinaria del reato, o di specie diversa, non prevede analoga possibilità quando un fatto, che pur potrebbe essere assunto come circostanza, e' invece considerato elemento costitutivo, che a tali considerazioni il Pretore e' stato indotto dovendo giudicare sul delitto di oltraggio che, a suo avviso, in null'altro consisterebbe se non in un'ingiuria aggravata ai sensi dell'art. 61 n. 10 cod. pen., sì che verrebbe a determinarsi irragionevole divario fra chi può usufruire del bilanciamento e chi non può utilizzarlo, che, secondo il giudice a quo, il legislatore del '30, nel formulare fattispecie complesse avrebbe tenuto conto dell'analogo trattamento sanzionatorio contenuto nel testo del quarto comma dell'art. 69 cod. pen., così come in allora strutturato, sì che, modificato ora quel comma senza analoga modifica alla regola che disciplina le fattispecie composite, sarebbe manifesta la disuguaglianza. che ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri chiedendo, tramite l'Avvocatura generale dello Stato, e per vari motivi già esposti in precedenti occasioni, che la questione sia dichiarata infondata. Considerato che questa Corte ha più volte messo in luce l'eterogeneità delle due fattispecie ancora una volta poste a raffronto coll'odierna rimessione, sottolineando che con esse si e' inteso tutelare beni giuridici ben diversi, giacché nell'una sono presi in considerazione l'onore e il decoro del privato cittadino mentre nell'altra e' protetto il prestigio della pubblica amministrazione nel suo funzionamento attraverso l'opera dei pubblici ufficiali (Sentenze n. 22/1966; 109/1968; 51/1980 e Ord. 20/1983), che, perciò, non può essere accolta l'opinione del pretore, secondo cui l'oltraggio sarebbe nient'altro che un'ingiuria aggravata dalla qualità di pubblico ufficiale della parte offesa, che proprio tali considerazioni portano ad escludere l'apparente diverso profilo prospettato dal pretore, in quanto se davvero il legislatore avesse inteso, nel formulare la fattispecie di oltraggio, tenere conto dell'allora diversa formulazione del quarto comma dell'art. 69 cod. pen., facile gli sarebbe stato usare ben altra tecnica normativa, delineando all'art. 594 cod. pen. una circostanza aggravante per l'offesa a pubblico ufficiale, sia pure con pena indipendente da quella ordinaria del reato, che, al contrario, la formulazione di un'apposita ipotesi di reato per il delitto di oltraggio corrisponde alla corretta logica del legislatore di concedere autonoma e più rigorosa tutela a beni giuridici considerati più preziosi, o di dare sede più adeguata e più significativa in rapporto all'interesse prevalente a fattispecie complesse strutturate su elementi riferibili a beni giuridici diversi, che, pertanto, in relazione ai principi di cui sopra più volte riaffermati, la sollevata questione appare manifestamente infondata.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dal Pretore di Langhirano coll'ordinanza in epigrafe per contrasto dell'art. 69 quarto comma cod. pen., così come modificato dalla l. 7 giugno 1974 n. 220, coll'art. 3 Cost.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 21 aprile 1983.

Leopoldo ELIA -  Michele ROSSANO - Antonino DE STEFANO - Guglielmo ROEHRSSEN - Oronzo REALE – Brunetto BUCCIARELLI DUCCI -  Livio PALADIN – Arnaldo MACCARONE -  Antonio LA PERGOLA - Virgilio ANDRIOLI - Giuseppe FERRARI - Francesco SAJA - Giovanni CONSO – Ettore GALLO

Giovanni VITALE - Cancelliere

          Depositata in cancelleria il 21 aprile 1983.