Sentenza n.139 del 1975
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SENTENZA N. 139

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 247 e 248 del codice di procedura civile, promosso con ordinanza emessa il 6 dicembre 1972 dal tribunale di Napoli nel procedimento civile vertente tra Esposito Mauro e Brasiello Pasquale, iscritta al n. 433 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 35 del 6 febbraio 1974.

Udito nella camera di consiglio del 21 marzo 1975 il Giudice relatore Leonetto Amadei.

Ritenuto in fatto

Nel corso del procedimento civile vertente tra Mauro Esposito e Pasquale Brasiello per risarcimento danni, il tribunale di Napoli ha sollevato, su istanza della parte attrice, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 247 e 248 del codice di procedura civile che prevedono: il primo, l'incapacità a testimoniare, tranne che nelle cause che vertono su questioni di stato, di separazione personale o relative a rapporti di famiglia, delle persone legate ad una delle parti da vincolo matrimoniale, da vincoli di parentela o di affinità in linea retta o di affiliazione; e il secondo, la limitazione dell'audizione dei testi minori degli anni 14 a quei casi in cui sia resa necessaria da particolari circostanze.

Il proponente la questione, premesso che il diritto del cittadino alla difesa si estrinsecherebbe non solo nel fatto di essere assistito e rappresentato da un difensore, ma soprattutto nella facoltà di fornire al giudice quelle prove che ritenga utili e necessarie per il riconoscimento del proprio diritto, ravviserebbe un non giustificabile trattamento differenziato nel fatto che la procedura civile prevede, per quanto concerne la prova testimoniale, una disciplina diversa e più limitata di quella stabilita, in materia, dalla procedura penale.

Si rileva, infatti, nell'ordinanza di rimessione, che mentre l'art. 348 del codice di procedura penale riconosce, in via di principio, la capacità a testimoniare di qualsiasi persona, salvo al giudice di valutarne la attendibilità, e i successivi artt. 350, 351 e 352 prevedono i casi in cui i testi possono astenersi dal deporre, l'art. 247 del codice di procedura civile, sancisce, invece, l'incapacità assoluta a deporre per alcune categorie di testi e l'art. 248 dello stesso codice demanda l'ammissibilità o meno del teste minore degli anni 14 al potere discrezionale del giudice.

Proprio dal raffronto delle due diverse procedure emergerebbe una grave menomazione del diritto alla difesa e una disparità di trattamento costituzionalmente non giustificabili.

Maggior risalto la disparità di trattamento e la menomazione del diritto alla difesa troverebbero, sempre a parere del proponente, in quei casi in cui, iniziatosi un procedimento penale, con regolare costituzione di parte civile, questo venga interrotto nel suo iter da successivo provvedimento di amnistia che, pur lasciando salva e impregiudicata l'azione civile, porrebbe le parti in condizione, nel correlativo giudizio civile, di non potersi avvalere di quelle prove testimoniali di cui si erano avvalse o avrebbero potuto avvalersi nel giudizio penale.

Non vi é stata costituzione di parte e non vi é stato intervento del Presidente del Consiglio dei ministri.

Considerato in diritto

1. - Con la suindicata ordinanza il tribunale di Napoli ha sollevato la questione di legittimità costituzionale degli artt. 247 e 248 del codice di procedura civile, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione. Il collegio proponente ritiene che i predetti articoli, nell'escludere, il primo, la capacità a testimoniare, salvo particolari eccezioni, delle persone legate ad una delle parti da vincolo matrimoniale o di parentela o di affinità in linea retta o di affiliazione e nel limitare, il secondo, l'audizione dei testi minori degli anni 14 solamente ai casi in cui sia resa necessaria da particolari circostanze, violerebbero, nel raffronto con la diversa disciplina processuale penale prevista per gli stessi soggetti, il principio di eguaglianza dei cittadini davanti alla legge e il diritto alla difesa.

2. - Premette la Corte che con la sentenza n. 248 del 1974, posteriore quindi all'ordinanza del tribunale di Napoli, é stata già dichiarata la illegittimità costituzionale dell'art. 247 c.p.c. in quanto esso limita ingiustificatamente il diritto alla prova, quale nucleo essenziale del diritto di azione e di difesa, diritto che non può farsi poggiare su una aprioristica esclusione del valore probatorio della testimonianza di alcuni soggetti fondata soltanto su motivi di sospetto e di non sincerità, mentre la valutazione di attendibilità della prova può essere compiuta solo a posteriori dal giudice in base a suo prudente apprezzamento. Per l'intervenuta decisione, la questione deve essere dichiarata manifestamente infondata.

3. - Fondata é la questione di legittimità costituzionale dell'art. 248 del codice di procedura civile in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Questa Corte ha già, sul piano generale, ripetutamente affermato che il principio di eguaglianza é applicabile quando vi sia omogeneità di situazioni da regolare legislativamente e in modo unitario e coerente e che l'eccezione al principio può essere consentita solo quando si tratti di situazioni che, pur derivando da basi comuni, differiscano tra loro per aspetti distintivi particolari.

Sulla base di tale principio non appare razionale la distinzione operata dal legislatore, ai fini dell'ammissione della prova testimoniale dei minori degli anni 14, tra processo civile e processo penale.

Se é pur vero che le modalità di esercizio del diritto di difesa possono essere legittimamente disciplinate in modo diverso perché corrispondenti alle caratteristiche di ciascun procedimento, la Corte rileva che sul punto in discussione non c'é motivo perché la disciplina sia diversa secondo che trattisi di processo penale o civile.

La norma va pertanto dichiarata illegittima in relazione all'art. 3 della Costituzione, restando assorbito il profilo concernente il contrasto con l'art. 24.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara:

a) manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 247 del codice di procedura civile, già dichiarato costituzionalmente illegittimo con la sentenza n. 248 del 1974;

b) la illegittimità costituzionale dell'art. 248 del codice di procedura civile.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 4 giugno 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria l'11 giugno 1975.