Sentenza n. 107 del 1975
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SENTENZA N. 107

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

          ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 5, primo e secondo comma, del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765 (ora art. 11, primo e secondo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 - Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 21 febbraio 1973 dal tribunale di Modica nel procedimento civile vertente tra l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e Piccione Giovanni, iscritta al n. 286 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 223 del 29 agosto 1973;

2) ordinanza emessa il 14 giugno 1973 dal tribunale di Udine nel procedimento civile vertente tra l'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e Giorgiutti Sergio, iscritta al n. 400 del registro ordinanze 1973 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 314 del 5 dicembre 1973.

Visti gli atti d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri e di costituzione dell'Istituto nazionale per l'assicurazione contro gli infortuni sul lavoro;

udito nell'udienza pubblica del 20 marzo 1975 il Giudice relatore Edoardo Volterra;

uditi l'avv. Massimo Ungaro, per l'INAIL, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1. - Con ordinanza emessa il 21 febbraio 1973, nel procedimento civile vertente tra l'INAIL e Giovanni Piccione, il tribunale di Modica ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, primo e secondo comma, del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765 (ora art. 11, primo e secondo comma, d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124), in relazione all'art. 3 della Costituzione.

Ritenuta la rilevanza della questione, trattandosi di azione di responsabilità civile promossa dall'INAIL a seguito di pronuncia penale di condanna per omicidio colposo, che avrebbe accertato un concorso di colpa da parte dell'infortunato, il tribunale osserva come la norma denunciata dia all'Ente assicurativo diritto di regresso per le intere somme erogate nei confronti del datore di lavoro, anche in caso di colpa concorrente dell'infortunato. Vi sarebbe quindi contrasto con il principio di eguaglianza, considerando la diversa posizione del datore di lavoro - sul quale ricade la responsabilità per l'intero - rispetto al terzo estraneo, autore dell'incidente, sul quale la responsabilità, ai sensi dell'art. 1916 cod. civ., si limita alla partecipazione colposa all'evento.

Siffatta disciplina differenziata non sarebbe ragionevolmente giustificata, essendo identici i presupposti soggettivi ed oggettivi della responsabilità civile che espone sia il datore di lavoro, sia il terzo all'azione di rivalsa dell'Istituto assicuratore.

Né potrebbe, d'altra parte, rilevare la qualità di parte del rapporto assicurativo rivestita dal datore di lavoro, situazione che, se non vale ad esonerarlo da responsabilità, assoggettandolo anzi a diverso trattamento rispetto a chi abbia dato vita ad un rapporto assicurativo con un istituto privato, non può però porlo in condizione deteriore rispetto al terzo responsabile dell'infortunio.

2. - Identica questione di legittimità costituzionale é stata sollevata dal tribunale di Udine con ordinanza emessa il 14 giugno 1973 nel procedimento civile vertente tra l'INAIL e Sergio Giorgiutti.

3. - Le ordinanze sono state regolarmente comunicate, notificate e pubblicate sulla Gazzetta Ufficiale. É intervenuto nel giudizio promosso dal tribunale di Udine il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato.

Nel chiedere che la questione venga dichiarata inammissibile o comunque infondata, l'Avvocatura osserva che non risulta che il tribunale abbia compiuto alcuna indagine diretta ad accertare se la somma pretesa dall'INAIL a titolo di rimborso sia o meno superiore alla somma che a titolo di risarcimento sarebbe comunque spettata al danneggiato e quindi dovuta dal datore di lavoro, sia pure parzialmente responsabile.

Nel merito, l'Avvocatura contesta che l'interpretazione della norma impugnata data dal tribunale di Udine corrisponda a quella corretta. La Corte di cassazione ha ripetutamente precisato che l'obbligo di rivalsa del datore di lavoro nei confronti dell'INAIL trova comunque il suo limite nella somma che sarebbe in astratto dovuta al danneggiato a titolo di risarcimento del danno, somma questa che va ovviamente determinata applicando gli artt. 2056 e 1227 cod. civ., gli stessi articoli cioé applicabili per la comune azione di regresso di cui all'art. 1916 del codice civile.

Ma anche accogliendo la diversa interpretazione della norma impugnata, data effettivamente da alcuni giudici di merito, non potrebbe individuarsi una violazione del principio di eguaglianza. Andrebbe escluso che il rimborso del datore di lavoro verso l'Istituto assicuratore trovi gli stessi limiti quantitativi del suo astratto obbligo di risarcimento del danno, proprio in considerazione della diversa natura degli obblighi stessi. Il primo sarebbe del tutto distinto dal secondo e troverebbe la sua fonte non già nel rapporto di lavoro, bensì nel rapporto assicurativo del quale anche il datore di lavoro é parte. Le norme sopra citate disporrebbero dunque su ipotesi diverse.

Sarebbe del resto noto che l'istituto della rivalsa nei confronti dell'Istituto assicuratore, nel caso di infortunio dovuto a colpa penale del datore di lavoro, trova la sua ragione nella esigenza di evitare che l'assicurazione valga a deprimere, se non ad eliminare del tutto, l'incentivo ad attuare le misure di prevenzione antinfortunistica. E apparirebbe allora non illogico che sull'obbligo di rivalsa non abbia alcuna influenza l'eventuale colpa concorrente del lavoratore.

4. - In entrambi i giudizi promossi si é costituito l'INAIL rappresentato e difeso dagli avvocati Valerio Flamini e Massimo Ungaro.

L'INAIL ripropone l'eccezione d'inammissibilità per irrilevanza già avanzata dall'Avvocatura dello Stato. Eccepisce inoltre l'inammissibilità delle questioni perché ad oggetto del giudizio proposto davanti alla Corte non sarebbero le norme denunciate dai tribunali di Modica e Udine bensì quelle che prescrivono che in ogni caso le prestazioni assicurative devono far carico sui datori di lavoro. Norme quest'ultime che determinano la forma e l'importo dovuto in modo del tutto autonomo dai criteri del risarcimento, escludendo in particolare ogni influenza in materia dell'eventuale colpa concorrente od esclusiva dell'infortunato.

Questa diversità di criteri deriverebbe direttamente dal fatto che le prestazioni assicurative anticipate dall'Istituto per conto degli imprenditori e a loro spese devono rispondere non solo a finalità risarcitorie ma anche, per esplicito disposto costituzionale, allo scopo di assicurare agli infortunati e loro familiari "mezzi adeguati alle loro esigenze di vita": scopo questo assolutamente estraneo, com'é ovvio, alle norme comuni sopra richiamate.

Per tali motivi la questione risulterebbe infondata anche nel merito.

5. - L'INAIL ha successivamente depositato memoria, ribadendo, con ampie ed approfondite argomentazioni, le conclusioni già prese.

Considerato in diritto

1. - I tribunali di Modica e di Udine denunziano, in riferimento all'art. 3 della Costituzione, l'illegittimità costituzionale dell'art. 5, primo e secondo comma, del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765 (art. 11, primo e secondo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124), nella parte in cui dispone che l'INAIL ha diritto di regresso verso il datore di lavoro per le somme pagate a titolo di indennità, nonché per le spese accessorie e il valore capitale delle rendite, senza distinguere fra il caso in cui l'evento infortunistico sia stato prodotto esclusivamente dalla condotta colposa del datore di lavoro oppure dalle colpe concorrenti di questo e del lavoratore.

Secondo l'interpretazione che i giudici a quo danno alla norma impugnata (art. 5, primo e secondo comma, del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765, ora art. 11, primo e secondo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124), questa porrebbe effettivamente in essere nei confronti dell'Istituto assicuratore una diversità di trattamento fra il datore di lavoro, il quale fosse in concorso di colpa con l'infortunato, e il terzo autore dell'incidente, estraneo al rapporto assicurativo che si trovasse anche esso in concorso di colpa con l'assicurato. Verso il datore di lavoro l'INAIL avrebbe diritto di regresso per le intere somme erogate all'infortunato anche se queste superassero l'ammontare del risarcimento dovuto. Verso il terzo il medesimo Istituto assicuratore avrebbe, in base all'art. 1916 del codice civile, diritto di regresso solo nei limiti del risarcimento a cui il terzo é tenuto. Questa differenziata disciplina, affermano le ordinanze in epigrafe, non troverebbe nessuna giustificazione razionale, data l'identità dei presupposti soggettivi ed oggettivi della responsabilità civile che espone il datore di lavoro e il terzo, parziale autore dell'incidente.

2. - L'Avvocatura dello Stato e la difesa dell'INAIL eccepiscono il difetto di un giudizio di rilevanza nelle ordinanze in epigrafe in quanto queste avrebbero accertato la circostanza del concorso di colpa del datore di lavoro con quella del lavoratore nella produzione dell'evento infortunistico, ma non la circostanza che l'ammontare delle somme pagate dall'Istituto assicuratore all'infortunato sia superiore a quanto dovuto dal datore di lavoro relativamente alla sua parte di responsabilità civile nella produzione dell'evento.

L'eccezione non appare fondata poiché dalle motivazioni delle ordinanze implicitamente risultano gli effetti che produrrebbe l'applicazione della norma impugnata, secondo l'interpretazione dei giudici a quo, e quali conseguenze si verificherebbero invece ove la norma così interpretata venisse a cadere, a seguito di una dichiarazione di illegittimità costituzionale.

3. - La difformità di regolamentazione denunziata dalle ordinanze in epigrafe non sussiste in quanto la norma impugnata, nella sua corretta interpretazione, ha una portata diversa da quella che le attribuiscono i giudici a quo. La Corte di cassazione con costante e ormai consolidata giurisprudenza ha precisato che la disposizione dell'art. 5 del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765 (ora art. 11 del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124), deve essere intesa nel senso che l'INAIL, agendo in surroga nei confronti del datore di lavoro (azione costituzionalmente legittima secondo quanto dichiarato da questa Corte con sentenze n.22 del 1967 e n. 134 del 1972) o del terzo civilmente responsabile per l'infortunio sul lavoro, può ripetere quanto ha corrisposto al lavoratore anche nell'ipotesi di concorso di colpa di questi e quindi senza alcuna riduzione proporzionale al grado di colpa del convenuto (cfr. anche le sentenze della Corte n. 115 del 1970 e n. 134 del 1971), ma non può pretendere una somma maggiore rispetto a quella che il responsabile effettivamente deve a titolo di risarcimento.

La norma denunziata non pone pertanto in essere, per quanto riguarda il diritto di regresso dell'INAIL, nessun trattamento differenziato fra il datore di lavoro e il terzo estraneo al rapporto assicurativo in caso in cui si trovino in rapporto di colpa con l'infortunato nella produzione dell'evento. Di conseguenza non é ipotizzabile una violazione del principio costituzionale di uguaglianza.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata nei sensi di cui in motivazione la questione di legittimità costituzionale dell'art. 5, primo e secondo comma, del r.d. 17 agosto 1935, n. 1765 (art. 11, primo e secondo comma, del d.P.R. 30 giugno 1965, n. 1124 - Testo unico delle disposizioni per l'assicurazione obbligatoria contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali), sollevata in riferimento all'art. 3 della Costituzione dalle ordinanze in epigrafe dei tribunali di Modica e di Udine.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 24 aprile 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO.

Arduino SALUSTRI - Cancelliere

Depositata in cancelleria il 7 maggio 1975.