Sentenza n. 28 del 1975
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SENTENZA N. 28

ANNO 1975

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori Giudici:

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO, Presidente

Dott. Luigi OGGIONI

Avv. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott- Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Dott. Giulio GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido ASTUTI

Dott. Michele ROSSANO,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 548 e 550 del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 17 aprile 1972 dal pretore di Padova nel procedimento penale a carico di Bartolini Andrea, iscritta al n. 229 del registro ordinanze 1972 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 201 del 2 agosto I972.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 22 gennaio 1975 il Giudice relatore Paolo Rossi;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giorgio Azzariti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

Nel corso di un procedimento penale a carico di tale Bartolini Andrea, imputato del reato di presunta istigazione continuata all'aborto, il pretore di Padova ha sollevato questione incidentale di legittimità costituzionale degli artt. 548 e 550 del codice penale per contrasto con la libertà di manifestazione del pensiero (art. 21 Cost.) e con il principio nullum crimen sine lege di cui all'art. 25, secondo comma, della Costituzione.

Osserva il giudice a quo che le norme impugnate dovrebbero ritenersi illegittime per effetto della sentenza n. 49 del 1971, che tuttavia non ha provveduto a dichiararne la illegittimità in via conseguenziale onde la necessità di un nuovo giudizio. Detta sentenza ha fatto venir meno, secondo il pretore di Padova, la tutela dell'integrità della stirpe, e da ciò deriverebbe l'incostituzionalità di tutta la normativa sull'aborto. Peraltro, ove non si condividesse la tesi predetta, le disposizioni impugnate sarebbero egualmente illegittime, perché, quand'anche i reati di istigazione all'aborto e di procurato aborto siano plurioffensivi e mirino anche alla protezione del feto, la pena originariamente prevista apparirebbe oggi sproporzionata per eccesso, essendo caduto uno dei beni alla cui tutela era preordinata. Sicché il crimen sarebbe rimasto sine lege da un punto di vista sostanziale.

É intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con atto depositato il 13 luglio I972, chiedendo dichiararsi inammissibile per difetto di rilevanza la questione concernente l'art. 550 c.p., ed infondata quella relativa all'art. 548 dello stesso codice. osserva la difesa dello Stato che il difetto di rilevanza appare ictu oculi quanto all'art. 550 c.p., non essendo il Bartolini imputato del delitto di atti abortivi su donna ritenuta incinta. Circa l'istigazione all'aborto, rileva che proprio la citata sentenza n. 49 del 1971 ha precisato che dalla dichiarazione di illegittimità dell'art. 553 c.p. la propaganda e l'incitamento a pratiche anticoncettive "restano subordinate ... all'osservanza delle norme riguardanti l'istigazione a delinquere e l'apologia del reato (art. 414 c.p.), e in particolare l'istigazione all'aborto". L'Avvocatura dello Stato ritiene che l'aborto sia lesivo dell'integrità e sanità della specie umana, oltre ad essere contrastante con il diritto alla vita e produttivo di danni alla salute, notando infine che l'eventuale incongruità tra precetto e sanzione nella norma penale non concerne il principio di legalità di cui all'art. 25 , secondo comma, della Costituzione.

Considerato in diritto

Il pretore di Padova ha sottoposto alla Corte la questione concernente il preteso contrasto con i principi di legalità e di libertà di manifestazione del pensiero (art. 25, secondo comma, e 21 Cost.) degli artt.548 e 550 del codice penale che puniscono chi, fuori dei casi di concorso nell'aborto, "istiga una donna incinta ad abortire, somministrandole mezzi idonei" e, rispettivamente, chi "somministra a una donna creduta incinta mezzi diretti a procurare l'aborto, o comunque commette su di lei atti diretti a questo scopo, ... se dal fatto deriva una lesione personale o la morte della donna".

La questione é inammissibile per manifesta irrilevanza.

Dagli atti del procedimento penale risulta che la questura di Padova, nel trasmettere all'autorità giudiziaria un'accusa anonima di sfruttamento della prostituzione, concludeva precisando di non aver potuto raccogliere alcuna prova a carico del Bartolini, indicato come persona dedita allo sfruttamento della prostituzione. Il pretore di Padova, che solo in presenza di elementi offerti da indagini di polizia giudiziaria e non già in base al semplice anonimo avrebbe potuto instaurare un vero e proprio processo penale (sent. n. 300 del 1974), ha invece elevato imputazione a carico del Bartolini e per di più per fatti completamente diversi anche da quelli enunciati nell'anonimo.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile, per manifesta irrilevanza, la questione di legittimità costituzionale degli artt. 548, 550 del codice penale, sollevata, in riferimento agli artt. 25, secondo comma, e 21 della Costituzione, con l'ordinanza in epigrafe indicata.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 febbraio 1975.

Francesco Paolo BONIFACIO -  Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE -  Paolo ROSSI - Leonetto AMADEI – Giulio GIONFRIDA - Edoardo VOLTERRA - Guido ASTUTI - Michele ROSSANO

 

Depositata in cancelleria il 18 febbraio 1975.