Sentenza n.105 del 1973
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SENTENZA N. 105

ANNO 1973

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori giudici

Prof. Francesco PAOLO BONIFACIO, Presidente

Dott. Giuseppe  VERZÌ

Dott. Giovanni  BATTISTA BENEDETTI

Dott. Luigi  OGGIONI

Dott. Angelo  DE MARCO

Avv. Ercole  ROCCHETTI

Prof. Enzo  CAPALOZZA

Prof. Vincenzo  MICHELE TRIMARCHI

Prof. Vezio  CRISAFULLI

Dott. Nicola  REALE

Prof. Paolo  ROSSI

Avv. Leonetto  AMADEI

Prof. Giulio  GIONFRIDA

Prof. Edoardo VOLTERRA

Prof. Guido  ASTUTI

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 580 del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 13 aprile 1971 dal tribunale di Messina nel procedimento civile vertente tra Fiorino Giuseppe ed altri e Orlando Concetta ed altri, iscritta al n. 482 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 37 del 9 febbraio 1972.

Udito nella camera di consiglio del 17 maggio 1973 il Giudice relatore Giovanni Battista Benedetti.

Ritenuto in fatto

Con citazione notificata il 27 dicembre 1962 Fiorino Giuseppe e Gioacchino fu Carmelo e Fiorino Pietro e Carmelo, figli dell'altro germano defunto Bartolo, convenivano in giudizio davanti al tribunale di Messina Orlando Concetta, nella sua qualità di madre e legittima rappresentante dei figli minori Orlando Ida Maria, Virginia, Carmela e Carmelo, nonché Filippini Rosaria, nella sua qualità di erede universale testamentaria di Murale Eugenia chiedendo: la dichiarazione della nullità del testamento, che si pretendeva olografo, dell'11 novembre 1952 di Fiorino Tommaso, defunto il 10 gennaio 1953, l'apertura della successione per legge in favore degli attori e di Murale Eugenia e una nuova perizia tecnica per accertare l'olografia del testamento dianzi menzionato qualora non fosse ritenuta sufficiente l'efficacia delle prove raccolte in un precedente giudizio, per fare dichiarare la nullità del testamento, successivamente estinto.

Esperiti gli opportuni mezzi istruttori, con sentenza non definitiva del 17 maggio 1966 il tribunale dichiarava nullo il testamento olografo di Fiorino Tommaso; aperta, quindi, la successione per legge in favore dei fratelli germani Fiorino Giuseppe, Gioacchino e Bartolo nonché della vedova Murale Eugenia, dichiarava che a costei e per essa alla sua erede Filippini Rosaria spettava in proprietà metà del patrimonio ereditario; dichiarava inoltre che ai minori Orlando Ida Maria, Virginia, Carmela e Carmelo, quali figli naturali non riconoscibili di Fiorino Tommaso, spettava un assegno vitalizio, per la cui determinazione, rinviava, con separata ordinanza, le parti davanti all'istruttore.

Esperita la consulenza tecnica per la determinazione dell'assegno vitalizio, il g.i. rimetteva le parti davanti al Collegio, il quale, con ordinanza in data 13 aprile 1971, ha ritenuto di dover sollevare d'ufficio la questione di legittimità costituzionale dell'art. 580 del codice civile per violazione dell'art. 3, comma primo, della Costituzione.

Secondo il giudice a quo la norma impugnata non considera come eredi bensì come semplici legatari i figli naturali non riconosciuti o non riconoscibili giacché ad essi attribuisce, nel caso di successione legittima, soltanto un assegno alimentare proporzionato alle sostanze ereditarie e al numero e qualità degli eredi e comunque non superiore all'ammontare della rendita della quota a cui i figli naturali avrebbero diritto se la filiazione fosse stata dichiarata o riconosciuta.

Questa grave limitazione della loro capacità di succedere contrasterebbe col principio di uguaglianza enunciato dal citato precetto costituzionale poiché a questi figli naturali viene in sostanza riservato un trattamento giuridico deteriore rispetto a quello di altri soggetti (ascendenti, collaterali) i quali, non facendo parte della famiglia legittima, devono essere considerati degli estranei. A questi soggetti, come pure ai parenti entro il sesto grado, la legge riconosce una piena capacità di succedere, sia come eredi che come legatari; per i figli non riconosciuti o non riconoscibili, invece, la capacità di succedere é limitata non potendo ricevere una quota del patrimonio del genitore naturale defunto né in proprietà, né in usufrutto.

Detta disparità di trattamento non troverebbe razionale giustificazione nel contenuto e nelle finalità dell'istituto della successione legittima, anzi sarebbe in aperto contrasto con essi posto che il criterio cui la legge si ispira nella determinazione dei successibili ex legge e delle rispettive quote ereditarie é quello della intensità del vincolo che unisce i vari congiunti al defunto: un criterio, quindi, che ha come fondamento la solidarietà familiare. E non é dubbio che il vincolo di sangue che unisce i figli naturali non riconosciuti o non riconoscibili al genitore sia almeno pari, se non superiore, al vincolo che unisce altre categorie di successibili (ascendenti, collaterali, coniuge e parenti entro il sesto grado) al de cuius stesso.

Sulla base delle considerazioni anzidette e alla stregua delle statuizioni contenute in precedenti decisioni della Corte (

sentenze nn. 205 del 1970; 54 del 1960; 79 del 1969; 126 del 1968 e 147 del 1969) il tribunale ha ritenuto non manifestamente infondata la proposta questione.

Nel presente giudizio nessuno si é costituito.

Considerato in diritto

1. - La questione di legittimità costituzionale sollevata dal tribunale di Messina con l'ordinanza del 13 aprile 1971 ha ad oggetto l'art. 580 del codice civile ritenuto costituzionalmente illegittimo, per violazione del principio di uguaglianza enunciato dall'art. 3, comma primo, della Costituzione. Si assume che la norma impugnata, attribuendo ai figli naturali non riconosciuti o non riconoscibili, nel caso di successione legittima, soltanto un assegno alimentare proporzionato alle sostanze ereditarie e al numero e qualità degli eredi, comporterebbe una grave limitazione della capacità di succedere di tali soggetti, non considerati come eredi, bensì come semplici legatari; ad essi in sostanza il codice riserberebbe un trattamento giuridico deteriore rispetto a quello assicurato agli ascendenti e collaterali che, non facendo parte della famiglia legittima, devono essere considerati degli estranei.

2. - Non é dato alla Corte scendere all'esame di tale questione dovendosene, in via preliminare, rilevare l'evidente inammissibilità.

Come si desume dal testo dell'ordinanza di rinvio, il giudice a quo ha proposto l'eccezione di incostituzionalità dopo aver già statuito in ordine alla applicazione della norma ora impugnata nel giudizio dinanzi ad esso pendente. Ed, invero, con sentenza 17 maggio 1966, il tribunale, pronunciando non definitivamente sulle domande proposte dalle parti in causa, dichiarò, tra l'altro, aperta la successione legittima di Fiorino Tommaso, deceduto il 10 gennaio 1953, in favore dei fratelli germani dello stesso e della vedova e dichiarò, altresì, che ai minori figli naturali non riconoscibili di Fiorino Tommaso, rappresentati dalla madre Orlando Concetta, "spetta un assegno vitalizio per la cui determinazione sarà provveduto con la sentenza definitiva".

In puntuale adempimento di quest'ultima parte della decisione il giudice a quo, con separata ordinanza di pari data, dispose la nomina di un consulente tecnico per far valutare la consistenza del patrimonio del de cuius.

Da quel che precede risulta quindi chiaro che la statuizione della sentenza relativa al diritto all'assegno vitalizio spettante ai figli naturali non riconoscibili é preclusiva dell'esame della questione di legittimità costituzionale successivamente sollevata, non ricorrendo più il requisito della necessaria pregiudizialità per la definizione del giudizio richiesto dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953, n. 87.

Nessuna efficacia potrebbe, invero, spiegare l'eventuale pronuncia della Corte nella controversia ora all'esame del giudice a quo, giacché proprio sullo specifico punto formante oggetto del dubbio di legittimità costituzionale ha già statuito, in modo definitivo, - come dinanzi rilevato - il tribunale con la ricordata sua sentenza.

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara inammissibile, per difetto di rilevanza, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 580 del codice civile, sollevata dal tribunale di Messina, con l'ordinanza indicata in epigrafe, in riferimento all'art. 3, comma primo, della Costituzione.

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede del Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 26 giugno 1973.

Francesco  PAOLO BONIFACIO – Giuseppe  VERZÌ – Giovanni  BATTISTA BENEDETTI – Luigi  OGGIONI – Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA – Vincenzo MICHELE TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI – Nicola REALE – Paolo  ROSSI – Leonetto AMADEI - Giulio  GIONFRIDA. – Edoardo VOLTERRA – Guido ASTUTI

Arduino  SALUSTRI - Cancelliere

 

Depositata in cancelleria il 5 luglio 1973.