Sentenza n. 205 del 1970
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SENTENZA N. 205

ANNO 1970

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente   

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 593, primo comma, del codice civile, promosso con ordinanza emessa il 9 novembre 1968 dal tribunale di Milano nel procedimento civile vertente tra Muzzi Velia ed altri, Vecchioni Giuseppina e l'Amministrazione delle finanze dello Stato, iscritta al n. 58 del registro ordinanze 1969 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 78 del 26 marzo 1969.

Udito nella camera di consiglio del 9 dicembre 1970 il Giudice relatore Giovanni Battista Benedetti.  

Ritenuto in fatto 

Con ordinanza 9 novembre 1968, emessa nel procedimento civile vertente tra Muzzi Velia ed altri, Vecchioni Giuseppina e l'Amministrazione delle finanze dello Stato, il tribunale di Milano ha sollevato la questione di legittimità costituzionale dell'art. 593, comma primo, del codice civile, in riferimento agli artt. 3, comma primo, e 30, comma terzo, della Costituzione.

Osserva nella propria ordinanza il giudice a quo che la limitazione della capacità a succedere per testamento, prevista dal primo comma dell'art. 593 del codice civile, pone il figlio naturale non riconoscibile in condizione deteriore rispetto a qualsiasi altro terzo, estraneo al nucleo familiare legittimo, al quale può essere devoluta l'intera disponibile, sicché evidente é il contrasto col precetto dell'art. 3, comma primo, della Costituzione che prevede parità giuridica e pari dignità sociale fra tutti i cittadini senza distinzione, tra l'altro, delle loro condizioni personali (tra le quali indubbiamente rientra lo "status" di persona fisica).

La norma impugnata sarebbe inoltre in contrasto con l'art. 30, comma terzo, della Costituzione che assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima. Rileva al riguardo il tribunale che la riconosciuta incostituzionalità dell'art. 593, comma primo, renderebbe pur sempre "compatibile" la situazione del figlio legittimo con quella del figlio naturale volta che equiparerebbe, nei casi limite, la situazione del figlio naturale a quella del legittimo particolarmente onorato, al quale cioè il padre testatore avesse attribuito per intero la quota disponibile.

Il volere per contro mortificare il figlio naturale, non solo nei confronti del figlio legittimo meglio trattato ma anche di quello al quale il lascito sia stato ridotto nei più angusti limiti consentiti dalla legge, appare in contrasto con i generali principi di parità e dignità sociale di tutti i cittadini ai quali la Corte costituzionale, in conformità dei nuovi principi etici e giuridici cui la società moderna si ispira, dà garanzia e tutela.

Nel giudizio dinanzi a questa Corte nessuna delle parti private si é costituita, né ha spiegato intervento il Presidente del Consiglio dei ministri.  

Considerato in diritto 

1. - Secondo l'ordinanza del tribunale di Milano la limitazione della capacità di ricevere per testamento dei figli naturali non riconoscibili, prevista dall'art. 593, comma primo, del codice civile, sarebbe in contrasto col principio di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, nonché col precetto costituzionale enunciato nell'art. 30, comma terzo, che assicura ai figli nati fuori del matrimonio ogni tutela giuridica e sociale compatibile con i diritti dei membri della famiglia legittima.

Dei due profili sotto i quali la questione viene prospettata non rilevabile é da ritenere l'asserito contrasto con il terzo comma dell'art. 30 della Costituzione. Ed invero questa Corte ha già avuto occasione di osservare, proprio con riferimento ai diritti ereditari dei figli nati fuori del matrimonio, che la tutela giuridica e sociale assicurata dal precetto costituzionale riguarda, a tali fini, i figli naturali riconosciuti o dichiarati (sentenza 79 del 1969).

2. - Fondato, per contro, appare l'altro motivo di illegittimità costituzionale.

L'art. 593, comma primo, del codice civile stabilisce che, quando il testatore lascia figli legittimi o loro discendenti, i figli naturali non riconoscibili, la cui filiazione risulti nei modi indicati nell'art. 279, non possono singolarmente ricevere per testamento più della metà di quanto consegue nella successione il meno favorito dei figli legittimi e in nessun caso possono complessivamente ricevere più del terzo dell'eredità. Con questa norma il legislatore ha posto in essere una gravissima limitazione della capacità di ricevere per testamento di questi figli naturali.

Orbene evidente appare l'incostituzionalità della norma ove si ponga mente alla condizione ch'essa riserva ai figli naturali non riconoscibili rispetto a tutti gli altri soggetti estranei alla famiglia legittima. Mentre per questi ultimi sussiste una piena capacità di ricevere per testamento, limitata é, invece, la capacità dei primi con la conseguenza che il testatore può liberamente disporre a favore dei terzi estranei, lasciando ad essi l'intera quota disponibile e non può usare lo stesso trattamento nei riguardi dei figli naturali. Pertanto, proprio in relazione alla loro condizione personale e sociale e cioè alla loro nascita avvenuta fuori del matrimonio, i figli naturali non riconoscibili vengono a trovarsi in condizione di sfavore rispetto agli altri estranei alla famiglia legittima, subendo un sacrificio dei propri interessi che non trova giustificazione né nel contenuto né nella finalità della norma.

Le considerazioni anzidette valgono ovviamente anche nei riguardi delle disposizioni contenute nei commi secondo e quarto dell'art. 593 del codice civile concernenti rispettivamente la limitazione della capacità di ricevere dei figli naturali non riconoscibili, nel caso in cui al testatore sopravviva il coniuge e l'applicabilità delle limitazioni della capacità di ricevere per testamento, previste dai commi primo e secondo, anche ai figli non riconosciuti dei quali sarebbe ammissibile il riconoscimento a norma degli artt. 251 e 252, terzo comma.

L'illegittimità di tali disposizioni discende come conseguenza della pronuncia d'incostituzionalità del comma primo dell'art. 593 e va dichiarata dalla Corte a termini dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87. Ai sensi di questa norma ritiene altresì la Corte di dover dichiarare l'incostituzionalità della limitazione della capacità di ricevere per testamento dei figli naturali riconosciuti o dichiarati o riconoscibili per i quali l'art. 592 dispone che, se vi sono discendenti legittimi, non possono ricevere per testamento più di quanto avrebbero ricevuto se la successione si fosse devoluta in base alla legge, nonché l'illegittimità dell'art. 599 nella parte in cui dispone che le disposizioni testamentarie a vantaggio delle persone incapaci indicate dagli artt. 592 e 593 sono nulle anche se fatte sotto nome di interposta persona.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 593, primo comma, del codice civile;

dichiara, inoltre, ai sensi dell'art. 27 della legge 11 marzo 1953, n. 87, l'illegittimità costituzionale delle seguenti altre disposizioni dello stesso codice:

art. 593, comma secondo;

art. 593, comma quarto, nella parte concernente l'applicabilità delle disposizioni contenute nei commi primo e secondo ai figli non riconosciuti, dei quali sarebbe ammissibile il riconoscimento a norma degli artt. 251 e 252, terzo comma;

art. 592;

art. 599, nella parte in cui si riferisce agli anzidetti articoli 592 e 593.  

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1970.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 28 dicembre 1970.