Sentenza n.215 del 1972

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 SENTENZA N. 215

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Costantino MORTATI, Presidente

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI

Avv. Leonetto AMADEI

Prof. Giulio GIONFRIDA, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 4 tariffa allegato A del d.P.R. 24 giugno 1954, n. 342 (nuove norme sull’imposta di pubblicità), promosso con ordinanza emessa l'11 giugno 1971 dal tribunale di Torino nel procedimento civile vertente tra la Società assicuratrice industriale e l'Amministrazione delle finanze dello Stato, iscritta al n. 386 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 304 del 1 dicembre 1971.

Visti gli atti di costituzione della Società assicuratrice industriale e d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 22 novembre 1972 il Giudice relatore Luigi Oggioni;

uditi l'avv. Filippo Biamonti, per la SAI, ed il sostituto avvocato generale dello Stato Michele Savarese, per il Presidente del Consiglio dei ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza emessa l'11 giugno 1971 nel procedimento civile tra la SAI (Società assicuratrice industriale) e l'Amministrazione finanziaria dello Stato, il tribunale di Torino ha sollevato questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 della tariffa allegata A del d.P.R. 24 giugno 1954, n. 342, concernente nuove norme in materia d’imposta di pubblicità, in relazione agli artt. 3 e 53 della Costituzione.

Il tribunale osserva nell'ordinanza che il citato art. 4 prevede un’imposizione fiscale sulle tabelle e targhe pubblicitarie distribuite dalle società d’assicurazioni ai propri assicurati, da assolvere in modo virtuale in base a denunzia, e commisurata percentualmente ai premi di competenza, mentre la nota marginale annessa alla norma stessa precisa che l'imposta deve essere corrisposta "indipendentemente dalla effettiva distribuzione delle tabelle e targhe". Con questa ultima disposizione il legislatore avrebbe adottato una disciplina che si porrebbe in contrasto con il principio d’eguaglianza, perché istituirebbe una disparità di trattamento tra l'imprenditore assicuratore, tenuto a pagare l'imposta indipendentemente dalla effettuazione della pubblicità, e l'imprenditore non assicuratore, che viceversa non sarebbe gravato da un obbligo consimile. La norma sarebbe poi egualmente discriminatoria tra l'assicuratore che si avvale effettivamente della pubblicità mediante tabelle o targhe e l'assicuratore che, pur non avvalendosene, sarebbe tassato in modo eguale al primo, con evidente danno economico.

Inoltre, secondo l'ordinanza, il descritto sistema impositivo sarebbe in contrasto con il principio della capacità contributiva. A dire del giudice a quo, infatti, tale capacità sarebbe manifestata dal presupposto di fatto del tributo, quale indice di capacità economica del soggetto passivo dell'imposta; ed anche ammettendo che il rapporto tra l'indice e la capacità economica possa essere di carattere presuntivo, nella specie la presunzione si spingerebbe addirittura a "fingere" l'esistenza del presupposto generatore dell'imposta, in contrasto con la realtà, e concreterebbe pertanto una patente violazione del l'invocato precetto costituzionale.

Avanti a questa Corte si é costituita la SAI in persona del Direttore generale avv. Camillo Conti, rappresentato e difeso dagli avvocati Enrico Biamonti, Casimiro Zurletti e Agostino Manara che hanno depositato, nei termini, deduzioni difensive, con cui svolgono le tesi esposte nell'ordinanza di rinvio.

Particolarmente, per quanto riguarda la presunta violazione dell'art. 53 Cost., la difesa lamenta che, secondo l'interpretazione sostenuta in giudizio a quo dall'Amministrazione finanziaria, la norma impugnata sancirebbe l'obbligo di corrispondere l'imposta anche se la pubblicità non sia stata non solo effettuata, ma neppure denunziata. In tal modo si avrebbe uno sganciamento sostanziale dell'imposizione dalla materialità dell'evento pubblicitario, ed un collegamento di essa ai premi d’assicurazione, il che si risolverebbe in un’inammissibile tassazione supplementare.

Si é altresì costituito il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, che ha depositato nei termini le proprie deduzioni.

L'Avvocatura, richiamandosi anche alla sentenza n. 28 del 1970 di questa Corte, afferma che la denuncia da parte dell'assicuratore condiziona l'imposizione e ne delinea l'oggetto, di talché il denunciante porrebbe esso stesso le basi dell'accertamento. La norma impugnata assumerebbe così come elemento generatore dell'obbligazione tributaria la semplice predisposizione del sistema pubblicitario, indipendentemente dalla sua utilizzazione, e ciò per evitare le difficoltà inerenti al sistema di accertamento che dovrebbe attuarsi per individuare le tabelle e targhe realmente affisse.

La disparità di trattamento fra imprenditori assicuratori e non assicuratori sarebbe quindi razionalmente giustificata dal particolare atteggiarsi del fenomeno pubblicitario nel settore assicurativo, né sussisterebbe d'altra parte la lamentata sperequazione nell'interno della categoria degli assicuratori, perché l'obbligo della denunzia e quindi il sorgere del presupposto d'imposta prescinderebbe per tutti gli assicuratori dalla effettività della pubblicità.

Egualmente sarebbe da escludere la lamentata violazione del principio della capacità contributiva. Invero, nella specie, l'imposizione, fondata sulla denunzia della predisposizione e dell'allestimento delle targhe e tabelle e calcolata percentualmente sull'ammontare dei premi di competenza, sarebbe collegata con presupposti esprimenti una reale manifestazione di ricchezza, e sarebbe quindi in armonia con l'invocato precetto dell'art. 53 della Costituzione.

La difesa della SAI ha depositato nei termini una memoria illustrativa con cui insiste nelle tesi già esposte svolgendole ampiamente.

In particolare, attraverso l'esame delle disposizioni legislative in materia di imposta di pubblicità, sostiene che la norma impugnata dovrebbe interpretarsi nel senso che per l'applicazione dell'imposta, date le difficoltà di accertamento, non si richiederebbe la determinazione dell'effettivo numero di tabelle e targhe affisse, sempre però nel presupposto che la pubblicità sia stata effettivamente attuata.

 

Considerato in diritto

 

1. - L'ordinanza del tribunale di Torino solleva questione di costituzionalità dell'art. 4 del decreto del Presidente della Repubblica 24 giugno 1954, n. 342 (tariffa allegato A), che fa obbligo alle società di assicurazione di pagare l'imposta di pubblicità sulle tabelle e targhe pubblicitarie in misura percentuale sui premi di competenza, anche nel caso in cui i detti mezzi pubblicitari siano stati soltanto predisposti, ma non ancora distribuiti agli assicurati per l'affissione, ed effettivamente affissi. Secondo l'ordinanza, tale sistema parrebbe importare violazione dell'art. 3 Cost., sia perché le imprese assicuratrici verrebbero sottoposte a trattamento più vincolato in confronto ad altre imprese non assicuratrici, sia perché, all'interno della categoria degli assicuratori, con lo stabilire che tutti siano tenuti ad assolvere l'imposta, abbiano o no effettuato la pubblicità, si darebbe luogo a identità di trattamento, nonostante situazioni diseguali. L'ordinanza aggiunge che il sistema parrebbe contrastare anche con l'art. 53 della Costituzione, in quanto, ai fini dell'imposizione fiscale, prescinderebbe dall'effettiva sussistenza del presupposto di fatto del tributo (concreta apposizione delle targhe) che dovrebbe manifestare la capacità economica, e quindi tributaria, dell'obbligato.

2. - La questione non é fondata.

Va premesso che questa Corte, con sentenza n. 28 del 1970, ha esaminato, agli effetti degli artt. 76 e 77 Cost., la corrispondenza del citato decreto presidenziale n. 342 del 1954 con la legge-delega 27 dicembre 1952, n. 3596.

Nell'esaminare il punto allora in questione e nel ritenere che le regole sulla delega legislativa, sono state, nel caso, compiutamente osservate, la Corte ha addotto argomenti basati sull'analisi della delega, sul contenuto e finalità delle norme delegate e sul sistema che ne é conseguito, a conferma e perfezionamento del sistema precedente, di cui al r.d. 30 dicembre 1923, n. 3268, ed al decreto legislativo C.P.S. 14 aprile 1947, n. 242.

La questione ora sollevata davanti alla Corte ha bensì diversa impostazione, in quanto sono le norme delegate a formare direttamente oggetto dell'esame di legittimità. Tuttavia, le considerazioni svolte nella precedente sentenza possono utilmente essere qui richiamate per l'esame da compiere sotto i particolari profili ora prospettati.

3. - Riguardo alla denunciata violazione del principio di eguaglianza, la Corte osserva che non é fondato il richiamo ad una pretesa irrazionalità del trattamento disposto peculiarmente per le sole imprese assicuratrici e non anche per tutte le altre imprese in genere.

Invero, risulta dal decreto del Presidente della Repubblica n. 342 del 1954 e dall'allegata tariffa che la categoria di pubblicità manifestata mediante "tabelle e targhe distribuite dalle società di assicurazione ai propri assicurati ed affisse al pubblico sui fabbricati e sulle cose assicurate" é stata considerata e regolata a sé stante nel modo di pagamento (cosiddetto "virtuale") dell'imposta annuale di pubblicità, indipendentemente dalla effettiva loro distribuzione.

La diversità di trattamento dagli ordinari avvisi e manifesti pubblicitari esposti al pubblico, deriva la sua ragion d'essere dall'esigenza, costantemente riconosciuta dal legislatore, di dar luogo ad un sistema particolare, in cui si congiungono elementi che attengono, sia alla identificazione delle cose assicurate, sia alla esteriorizzazione del raggio d'azione delle riprese all'uopo impegnate.

Trattasi, pertanto, di situazioni differenziate, per cui l'art.3 Cost. non può intendersi, nel caso, vulnerato.

Nemmeno può ritenersi, secondo l'altro e diverso profilo prospettato, che il principio di eguaglianza verrebbe ad essere eluso, col sottoporre tutte le imprese assicuratrici allo stesso onere fiscale, sia che mettano poi in opera le targhe, sia che ciò omettano di fare in tutto o in parte pur dopo averne dichiarato e denunciato la predisposizione, poiché trattasi, dato il sistema della legge ed ai fini della sua applicazione pratica, di circostanze fiscalmente indifferenti.

Sicché, deve al contrario riconoscersi che, in luogo di una ingiustificata riduzione ad unicità di trattamento per situazioni diseguali, il sistema é invece informato a coerente unicità di trattamento.

4. - Circa la denunciata violazione dell'art. 53 della Costituzione, nel senso che, con la non attuazione della pubblicità, verrebbe a mancare il presupposto materiale, costituente la base imponibile, la Corte osserva che, in conformità a quanto spiegato nel numero precedente, la estrinsecazione effettiva della pubblicità non si configura come presupposto dell'obbligo tributario. Il presupposto risiede, invece, nella dichiarazione anteatta degli enti assicuratori, i quali (come già rilevato nella precedente sentenza n. 28 del 1970) "vengono a porre essi stessi le basi dell'accertamento" mediante l'indicazione della forma di pubblicità che si apprestano ad effettuare con mezzi predisposti in relazione ai singoli contratti conclusi con gli assicurati. Il calcolo del dovuto é rapportato ad una misura percentuale sugli incassi dei rispettivi premi di competenza.

Tale é, adunque, nel sistema, la manifestazione economica da cui si fa derivare la formazione della base imponibile. E coerenti al sistema sono gli artt. 8 e 9 del citato d.P.R. n. 342 del 1954 laddove dispongono appunto che il pagamento dell'imposta deve essere effettuato al momento della presentazione della denuncia.

Di conseguenza, l'assunto dell'ordinanza, che tenderebbe a far prevalere sulla rilevanza del presupposto giuridico la rilevanza del mero presupposto materiale, non può essere accolto.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 4 tariffa allegato A del decreto del Presidente delia Repubblica 24 giugno 1954, n. 342, contenente "Nuove norme sulla imposta di pubblicità": questione proposta con ordinanza 11 giugno 1971 del tribunale di Torino, in riferimento agli artt. 3, comma prima, e 53, comma primo, della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 dicembre 1972.

Costantino MORTATI - Luigi OGGIONI

Depositata in cancelleria il 30 dicembre 1972.