Sentenza n. 62 del 1972

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 SENTENZA N. 62

ANNO 1972

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Giuseppe CHIARELLI, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 29 dicembre 1962, n. 1744 (nuove disposizioni per l'applicazione delle leggi di registro, dell'imposta generale sull'entrata e del bollo ai contratti di locazione dei beni immobili urbani), promosso con ordinanza emessa il 3 dicembre 1969 dal tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Poluzzi Calisto e l'Amministrazione delle finanze dello Stato, iscritta al n. 116 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 102 del 22 aprile 1970.

Visto l'atto di costituzione dell'Amministrazione finanziaria;

udito nell'udienza pubblica del 9 febbraio 1972 il Giudice relatore Vincenzo Michele Trimarchi;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Umberto Coronas, per l'Amministrazione finanziaria.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - Con contratto del 1 maggio 1964, registrato il 12 dello stesso mese, Calisto Poluzzi concedeva in locazione a Domenico Petrigliano un suo locale adibito a negozio per il periodo dal 1 maggio 1964 al 30 aprile 1969.

Alla registrazione l'atto scontava la relativa imposta annuale ai sensi della legge 29 dicembre 1962, n. 1744.

Alla scadenza del primo anno contrattuale, il Poluzzi ometteva di effettuare il pagamento dell'imposta per l'annata maggio 1965-aprile 1966.

Nell'ottobre del 1965 il conduttore si rendeva però moroso ed il contratto era risolto con ordinanza pretorile del 6 dicembre 1965. Successivamente il Petrigliano era dichiarato fallito con sentenza del 17 dicembre dello stesso anno.

A decorrere dal 1 ottobre 1967 il Poluzzi, avuta la disponibilità del negozio, lo concedeva in locazione ad altro conduttore e registrava il relativo contratto.

In data 13 maggio 1968 il 2 ufficio del Registro atti privati di Roma ingiungeva al Poluzzi di provvedere al pagamento di L. 2.057.540 per imposta di registro ed accessori relativamente al primo contratto e per gli anni di locazione dal 1 maggio 1965 al 30 aprile 1969.

Avverso l'ingiunzione il Poluzzi proponeva opposizione davanti al tribunale di Roma, chiedendo che l'imposta e gli accessori come sopra liquidati venissero dichiarati non dovuti e che comunque l'imposta fosse liquidata secondo giustizia e per il periodo fino al dicembre 1965 e tutt'al più fino all'aprile 1966.

L'Amministrazione delle finanze con la comparsa di risposta chiedeva il rigetto delle domande dell'opponente, perché del tutto infondate, ma con la memoria, a seguito della sentenza n. 49 del 1969 di questa Corte, ammetteva che per quanto concerneva la parte di imposta richiesta a titolo d’IGE le dette domande dovessero ritenersi fondate e insisteva perché le stesse fossero invece respinte per ogni altra somma pretesa con l'ingiunzione opposta.

2. - Il tribunale con ordinanza del 3 dicembre 1969 osservava che l'art. 2 della citata legge n. 1744 del 1962, per il richiamo al precedente art. 1 consente la percezione annuale dell'imposta generale sull'entrata nei casi in cui i contratti di locazione pluriennali "abbiano avuto una durata inferiore all'anno".

Riteneva che il sistema di percezione dell'imposta predisposto dall'art. 1 comporta che "per l'identico tributo relativo all'imposta sull'entrata, una particolare categoria di contribuenti venga ad essere sottoposta a diverso e più oneroso trattamento in confronto alla categoria generale senza alcun motivo che ne giustifichi la razionalità ed anzi con l'anomala conseguenza di dar luogo alla nascita di un’obbligazione tributaria di durata anche virtuale, senza il concreto verificarsi di un'entrata imponibile". E deduceva che i connotati dell'imposta sull'entrata non vengono ad annullarsi nell’imposta di registro prevista dalla legge n. 1744, e che la natura dell'IGE non ne consentiva una percezione esclusivamente temporale.

E pertanto il tribunale sollevava la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della citata legge n. 1744 del 1962, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

3. - Davanti a questa Corte non si costituiva il Poluzzi.

Si costituiva invece l'Amministrazione delle finanze con deduzioni depositate il 12 maggio 1970.

Secondo l'Avvocatura dello Stato la questione non sarebbe fondata. Innanzitutto la sentenza n. 49 del 1969 non sarebbe applicabile, nelle sue affermazioni di principio, alla fattispecie: in quella pronuncia, infatti, si era ravvisata una disparità di trattamento tra coloro che stipulavano un contratto pluriennale unico e coloro che stipulavano distinti contratti per ogni anno; mentre analoga contrapposizione non potrebbe essere effettuata nella situazione de qua dovendosi ritenere che normalmente le locazioni abbiano durata di un anno. Osservava ancora l'Avvocatura che non appare irrazionale la riscossione dell'imposta generale sull'entrata su un contratto di locazione di durata non superiore all'anno anticipatamente in occasione della registrazione della scrittura contenente l'atto economico che dà luogo all'entrata (art. 23 della citata legge 19 giugno 1940, n. 762): e tanto più che normalmente si ha il pagamento anticipato di più ratei del canone o dell'intero canone. Tale sistema di riscossione anticipata dell'imposta sull'entrata, peraltro, sarebbe pienamente legittimo per il fatto che la capacità contributiva deve essere riferita alla "idoneità soggettiva alla obbligazione di imposta, rivelata dal presupposto al quale la prestazione é collegata", e per ciò che tale presupposto deve risultare collegato alla sfera dell'obbligato mediante un legame effettivo. Nella fattispecie la giuridica esistenza di un contratto di locazione farebbe ragionevolmente presumere il passaggio effettivo del canone dal conduttore al locatore: tale presunzione infatti troverebbe di regola rispondenza nella realtà economica. Infine l'Avvocatura dello Stato osservava che proprio in tema di IGE non sarebbe né nuovo né episodico il sistema convenzionale e forfettario di ancorare le aliquote non ai movimenti effettivi di denaro bensì a movimenti presunti e che per la stessa imposta vige altresì il sistema dell'abbonamento.

 

Considerato in diritto

 

1. - Con l'ordinanza indicata in epigrafe il tribunale di Roma solleva la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 29 dicembre 1962, n. 1744 (contenente nuove disposizioni per l'applicazione delle leggi di registro, dell'imposta generale sull'entrata e del bollo ai contratti di locazione dei beni immobili urbani) in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

Specificamente sarebbe in contrasto con il principio di eguaglianza la detta disciplina legislativa nella parte in cui consente, per il richiamo operato dall'art. 2 all'art. 1 della legge, la percezione annuale dell'imposta generale sull'entrata nei casi in cui i contratti di locazione pluriennali "abbiano avuto una durata inferiore all'anno".

2. - Il tribunale, a fondamento della sollevata questione ripete sostanzialmente gli stessi argomenti in forza dei quali questa Corte, con sentenza n. 49 del 1969, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell'art. 2, comma secondo, della citata legge nella parte in cui consentiva, per i contratti di locazione di durata pluriennale, la percezione annuale dell'imposta generale sull'entrata anche nell'ipotesi di intervenuta risoluzione del contratto nell'anno precedente.

Vi sarebbe anche qui in relazione alla detta imposta una disparità di trattamento per "una particolare categoria di contribuenti" e nei confronti della "categoria generale"; codesta disparità non sarebbe razionalmente giustificata, e si avrebbe, conseguentemente, un'obbligazione tributaria di durata anche virtuale, senza il concreto verificarsi delle condizioni ipotizzate dalla legge per la relativa imposizione.

Senonché, ad avviso della Corte, le due ipotesi normative, rispettivamente oggetto della precedente decisione e della attuale denuncia, non presentano caratteristiche tali da potere essere considerate identiche o essere poste sullo stesso piano ai fini del giudizio sulla legittimità costituzionale delle norme denunciate.

3. - Con la sentenza n. 49 del 1969, la Corte, chiamata a verificare se la ricordata previsione normativa fosse in contrasto con l'art. 3 (e non anche con l'art. 53 ) della Costituzione, ha rilevato che, secondo la disciplina dettata con la legge n. 1744 del 1962, l'imposta sull'entrata, pur costituendo una componente della nuova imposta (di registro) (ed anzi la componente, in percentuale, di maggior peso economico), aveva mantenuto "la sua individualità distintiva"; e che nonostante ciò, si era avuto l'accostamento all'imposta di registro al fine di unificazione dell'imposta da pagare e, per entrambe le imposte, si era prevista la liquidazione con riferimento alle rendite catastali degli immobili locati o, in mancanza, ai corrispettivi pattuiti.

Ed a proposito della disciplina dettata per i contratti di locazione pluriennali, posto che la previsione della liquidazione annuale dell'imposta sulla entrata dava luogo ad una speciale forma di rateazione senza conferire carattere autonomo ai singoli versamenti, la Corte, con la stessa pronuncia, ha ravvisato l'esistenza di una non razionale disparità di trattamento nei confronti delle parti dei detti contratti, in relazione alla generalità degli assoggettati all'imposta sull'entrata, perché quelle parti sarebbero tenute a corrispondere l'imposta in base alla liquidazione annuale, nonostante l'intervenuta risoluzione del contratto nell'anno precedente.

In tal modo ha colto la possibilità di considerare compatibili per l'imposta sull'entrata la conservazione della sua individualità e l'attuazione di un sistema di liquidazione e riscossione ancorato alla registrazione del contratto ed a parametri che prescindono dall'attuale ed effettiva verificazione dell'entrata pattuita, ma nel contempo e specificamente ne ha visto l'incompatibitità in termini di violazione del principio di eguaglianza là ove la norma consentiva la liquidazione e percezione della detta imposta relativamente ad un rapporto di locazione non più esistente.

Per tanto, la Corte ha ritenuto che l'esistenza del contratto di locazione pluriennale non legittimasse la liquidazione annuale dell'imposta sull'entrata a far tempo dall'anno successivo a quello in cui il relativo rapporto era venuto meno.

E correlativamente ha posto in evidenza il differente trattamento che altrimenti sarebbe stato usato nei confronti delle parti contrattuali messe queste ultime a raffronto con la generalità degli altri contribuenti della stessa imposta.

4. - Con la questione ora prospettata non si é in presenza di una situazione analoga a quella già valutata e non ricorrono identiche ragioni che comportino o consentano una pronuncia nello stesso senso della precedente.

Infatti, nonostante che il giudice a quo, nel sollevare la questione, si sia riferito agli artt. 1 e 2 della citata legge n. 1744 del 1962, in sostanza viene denunciata la norma, contenuta in detti articoli, che permette, per i contratti pluriennali, la liquidazione annuale (e cioé non all'atto della registrazione del contratto e per tutta la durata pattizia dello stesso, sebbene la liquidazione anno per anno e con riferimento alla prevista durata del rapporto per il singolo anno) e anticipata (e cioé entro i 20 giorni dalla data di inizio dell'annata locatizia stabilita nel contratto) della imposta sull'entrata anche quando, nell'annata a riferimento, il rapporto di locazione abbia a cessare in epoca anteriore alla sua scadenza.

Ora, la situazione delle parti contrattuali é - come si é rilevato - diversa da quella che le stesse parti avevano, prima della citata sentenza n. 49 del 1969, in sede di liquidazione annuale ed a cagione dell'intervenuta cessazione del rapporto nell'anno precedente. In quel caso la liquidazione ed esazione dell'imposta era prevista per un rapporto di locazione non più esistente; nel presente caso, invece, é prevista per un rapporto vigente. Le parti contrattuali allora erano tenute ad una imposta in relazione ad un'obbligazione (quella dei canoni) che non esisteva e che non sarebbe più potuta venire ad esistenza in forza del contratto registrato; ora sono tenute alla stessa imposta ma l'obbligazione dei canoni é già adempiuta in tutto o in parte e comunque é certa e liquida e solo l'esigibilità di essa sarebbe eventualmente riportata a future scadenze.

Tali essendo la situazione considerata e la disciplina che ne dà la norma impugnata, questa non é in contrasto con il principio di eguaglianza.

L'art. 3 della Costituzione consente al legislatore di valutare le situazioni obiettive e di adottare le corrispondenti normative, col limite di dover disciplinare in modo eguale le situazioni eguali ed in modo diverso quelle differenti e sempre che in contrario non ricorrano logiche e razionali giustificazioni.

Nella specie, la situazione messa in evidenza non é eguale ad altra, e quindi il limite posto per il legislatore non aveva ragione e modo di operare. Né può dirsi che in contrario rilevi la verificazione della ipotesi che il contratto non duri per l'intero periodo pattizio, e che quindi per il semplice fatto che possa venir meno o venga meno la corresponsione della pigione, meritino di essere egualmente disciplinate la rilevata situazione in vista del realizzarsi della detta ipotesi e la situazione di chi, in generale, non verificatasi l'entrata, non sia tenuto a corrispondere la relativa imposta. Perché, giusta quanto la Corte ha affermato nella sua precedente pronuncia e ritiene ora di confermare, l'imposta sull'entrata nella legge n. 1744 conserva la propria individualità distintiva, ma sottostà, accostandosi all'imposta di registro, ad una unificazione con questa nel sistema di accertamento, di liquidazione e di percezione.

E allora, va tenuto presente, e quand'anche la situazione in oggetto potesse essere assimilata a quella generale per via della mancata riscossione dei canoni, che oggetto di valutazione é la norma in quanto prevede il ripetuto sistema di liquidazione ed esazione.

E per ciò si deve ritenere che la norma in parte qua non urta contro il disposto dell'art. 3, perché non regola in modo eguale due situazioni diverse o in modo difforme due situazioni eguali, e comunque perché la disciplina che essa detta é razionalmente giustificata. La liquidazione anno per anno dell'IGE per i contratti pluriennali e la percezione anticipata dell'imposta dovuta in base alla singola liquidazione trovano, nella specie, una adeguata e logica spiegazione. Ed in particolare, la liquidazione annuale la trova nell'esigenza di applicare le aliquote all'imponibile (aggiornato ed) esistente all'inizio di ciascuna annata locatizia; e la percezione anticipata, a sua volta, trova quella giustificazione nell'esigenza di una mediazione tra l'interesse a riscuotere l'imposta di registro (quale imposta di titolo ed in quanto comprensiva dell'imposta sull'entrata) all'atto della registrazione del contratto, e l'interesse acché la imposta venga corrisposta a fronte di una entrata effettiva, e concretamente nel possibile pagamento anticipato delle pigioni e comunque nella larga probabilità che le pigioni stesse siano pagate alle scadenze o ne sia realizzato coattivamente il credito.

Infine non va trascurato, sotto il profilo della eccepita disparità di trattamento che la norma impugnata determinerebbe secondo l'ordinanza del tribunale di Roma, ed a conferma della tesi secondo cui tale disparità non sussiste, che al sistema di accertamento, liquidazione e percezione dell'imposta sull'entrata non sono estranee ipotesi in cui tali operazioni vengono effettuate con riferimento al presunto numero degli atti economici imponibili e quindi senza un rigoroso e puntuale riscontro tra entrata effettiva e obbligo di imposta. Basta al riguardo, e tra l'altro, infatti, tenere presente la facoltà concessa al Ministro per le finanze dall'art. 10 del d.l.lgt. 19 ottobre 1944, n. 348 in relazione a determinate categorie di entrate ed estesa con successivi provvedimenti ad altre categorie (d.l.lgt. 7 giugno 1945, n. 386, art. 9; D.L.C.P.S. 27 dicembre 1946, n. 469, art. 12, ecc.).

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale degli artt. 1 e 2 della legge 29 dicembre 1962, n. 1744 (nuove disposizioni per l'applicazione delle leggi di registro, dell'imposta generale sull'entrata e del bollo ai contratti di locazione dei beni immobili urbani), sollevata, con l'ordinanza indicata in epigrafe, dal tribunale di Roma, in riferimento all'art. 3 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 aprile 1972.

Giuseppe CHIARELLI – Vincenzo Michele TRIMARCHI

Depositata in cancelleria il 19 aprile 1972.