Sentenza n. 3 del 1972

 
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SENTENZA N. 3

ANNO 1972

 REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. Michele FRAGALI, Presidente

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo  BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 235, 246 e 269 del codice di procedura penale, nonché del combinato disposto degli artt. 235 del codice di procedura penale e 572 del codice penale, promosso con ordinanza emessa l'11 dicembre 1970 dal giudice istruttore del tribunale di Oristano nel procedimento penale a carico di Littera Emilio, iscritta al n. 17 del registro ordinanze 1971 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 62 del 10 marzo 1971.

Udito nella camera di consiglio dell'11 novembre 1971 il Giudice relatore Enzo Capalozza.

 

Ritenuto in fatto

 

Nel corso di un procedimento penale a carico di Emilio Littera - tratto in arresto, senza ordine o mandato dell'autorità giudiziaria, perché colto in flagranza del delitto di maltrattamenti in famiglia - il giudice istruttore del tribunale di Oristano, con ordinanza dell'11 dicembre 1970, riteneva rilevante e non manifestamente infondato il dubbio di legittimità costituzionale dell'art. 235 del codice di procedura penale, del combinato disposto dello stesso articolo e dell'art. 572 del codice penale, nonché degli artt. 246 e 269 del codice di procedura penale, per motivi sostanzialmente analoghi a quelli posti a base delle questioni (di cui agli artt. 236, 246 e 269 cod. proc. pen. e del combinato disposto dell'art. 236 cod. proc. pen. e 341 cod. pen.), già proposte con ordinanza del 30 ottobre 1970 dal pretore di Mogoro e parzialmente identiche a quelle attualmente sollevate.

Ad avviso del giudice istruttore, l'art. 13 della Costituzione sarebbe violato: dall'art. 235 cod. proc. pen., sull'arresto obbligatorio in flagranza, per la mancata previsione dei requisiti della necessità e dell'urgenza, oltre che della "tassatività dei casi"; dal medesimo art. 235 cod. proc. pen., per la genericità della sua formulazione; e dall'art. 572 cod. pen., per la particolare struttura del delitto di maltrattamenti in famiglia - reato abituale o a condotta plurima -, per il quale, oltre ad essere difficilmente configurabile la flagranza, si dovrebbe richiedere che l'accertamento di conformità della fattispecie concreta a quella astratta avvenga esclusivamente ad opera del giudice; dall'art. 246 cod. proc. pen., per mancata previsione della convalida dell'arresto, mediante un atto motivato dell'autorità giudiziaria; e, infine, dagli artt. 246 e 269 cod. proc. pen., nella parte in cui consentirebbero, nell'ipotesi d’arresto in flagranza, il protrarsi della carcerazione preventiva e la concessione della libertà provvisoria, senza la previa emanazione, da parte dell'autorità giudiziaria, di un atto motivato restrittivo della libertà personale.

Sotto quest'ultimo profilo, l'ordinanza osserva che l'articolo 246 non prevede, nei riguardi dell'arrestato che debba rimanere in carcere, l'obbligo, stabilito per le altre ipotesi, di motivare, al termine dell'interrogatorio da parte del magistrato, sull'eventuale immediata liberazione della persona illegittimamente detenuta; e che neppure il successivo art. 269, fra le ipotesi di scarcerazione, contempla quella dello stato di detenzione iniziato o proseguito senza un provvedimento motivato.

Entrambe le disposizioni da ultimo citate violerebbero, altresì, per mancanza del provvedimento sulla libertà personale e conseguente impossibilità di impugnarlo, gli artt. 24 e 111 della Costituzione, oltre che il principio di eguaglianza, per l'ingiustificata disparità di trattamento tra chi sia stato arrestato senza ordine o mandato dell'autorità giudiziaria e chi sia stato, invece, fermato ovvero, a seguito di un atto giurisdizionale, sia stato arrestato.

Nel giudizio innanzi a questa Corte non vi é stata costituzione di parte.

 

Considerato in diritto

 

1. - Le questioni di legittimità costituzionale degli articoli 235 del codice di procedura penale e 572 del codice penale sono infondate. Manifestamente infondate sono, poi, la questione concernente l'art. 246 del codice di procedura penale, perché tale norma é stata già ritenuta illegittima da questa Corte con sua sentenza n. 173 del 1971, e quella concernente l'art. 269 del codice di procedura penale, perché già dichiarata infondata con la stessa sentenza, secondo cui "la protrazione della custodia preventiva o la concessione della libertà provvisoria deve essere preceduta da un motivato provvedimento del giudice". /decisioni/1972/0165s-72.html

2. - La Corte, statuendo sull'art. 236 cod. proc. pen., che disciplina l'arresto facoltativo, ha ritenuto, tra l'altro, che gli estremi della necessità e dell'urgenza, di cui all'art. 13, terzo comma, Cost., cui é condizionata l'iniziativa della polizia giudiziaria, vanno considerati in relazione alle esigenze dell'acquisizione e della conservazione delle prove. Tale rilievo vale, a maggior ragione, per le ipotesi dell'arresto obbligatorio in flagranza, nel quale ancora più circoscritta é la valutazione degli organi di polizia giudiziaria, non dovendo essi tenere alcun conto delle qualità morali del soggetto.

Pienamente soddisfatto é, altresì, il requisito della tassatività, poiché l'entità della pena, e correlativamente l’identificazione dei reati, ai fini dell'arresto, sono predeterminati per legge.

3. - Nuova é la censura dell'art. 572 cod. pen., il quale, prevedendo una condotta abitudinaria, che si concreta in una serie di cattivi trattamenti (morali o fisici), fusi in una sola entità criminosa, escluderebbe la stessa possibilità di individuazione della flagranza. Tuttavia, se é pur vero che la flagranza, data la struttura del reato, non sempre é accertabile in concreto, é altrettanto vero che essa non é per nulla da escludere, sia perché la polizia giudiziaria può avere contezza diretta oppure immediata o quasi immediata (art. 237 cod. proc. pen.) di una pluralità di fatti; sia perché il reato può consistere in una situazione perdurante e persistente nel tempo, constatabile e controllabile; sia perché dai maltrattamenti può derivare una lesione personale grave, gravissima o la morte, cioé eventi che, per l'entità della pena, importano di per sé, vale a dire indipendentemente dalle ipotesi dell'art. 572, secondo comma, cod. pen., l'arresto obbligatorio in flagranza (art. 235 cod. proc. pen.). In breve, la compatibilità tra l'art. 572 cod. pen. e gli artt. 235 cod. proc. pen. e 13, terzo comma, Cost. non va aprioristicamente esclusa, ma riscontrata e verificata caso per caso.

4. - Quanto all'art. 246 cod. proc. pen., la violazione dell'art. 13, terzo comma, della Costituzione - che impone l'obbligo del decreto motivato di convalida, in difetto del quale l'arresto é revocato ipso iure - é stata già accertata, come si é sopra avvertito, con la ridetta sentenza n. 173 del 1971: e restano, altresì, validi gli argomenti con i quali, assorbendosi le ulteriori questioni relative al combinato disposto degli articoli 246 e 269 cod. proc. pen., si é affermata la necessità che il giudice, con suo motivato provvedimento, decida sulla protrazione della custodia preventiva o sulla concessione della libertà provvisoria.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

decidendo sull'ordinanza indicata in epigrafe:

1) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 235 del codice di procedura penale, sollevata in riferimento all'art. 13 della Costituzione;

2) dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 235 del codice di procedura penale e 572 del codice penale, sollevata in riferimento all'art. 13 della Costituzione;

3) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 246 del codice di procedura penale, già dichiarato illegittimo con sentenza n. 173 del 1971;

4) dichiara manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 269 del codice di procedura penale, sollevata in riferimento all'art. 13 della Costituzione e già dichiarata non fondata, nei sensi di cui in motivazione, con sentenza n. 173 del 1971.

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 13 gennaio 1972.

Michele FRAGALI- Enzo CAPALOZZA

Depositata in cancelleria il 19 gennaio 1972.