Sentenza n. 73 del 1971
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SENTENZA N. 73

ANNO 1971

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Prof. Giuseppe BRANCA, Presidente

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO

Dott. Luigi OGGIONI

Dott. Angelo DE MARCO

Avv. Ercole ROCCHETTI

Prof. Enzo CAPALOZZA

Prof. Vincenzo Michele TRIMARCHI

Prof. Vezio CRISAFULLI

Dott. Nicola REALE

Prof. Paolo ROSSI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale degli artt. 164, quarto comma, e 168, primo comma, n. 2, del codice penale, promosso con ordinanza emessa il 10 luglio 1969 dal tribunale di Milano nel procedimento penale a carico di Arienti Carlo Francesco, iscritta al n. 28 del registro ordinanze 1970 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 57 del 4 marzo 1970.

Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell'udienza pubblica del 24 febbraio 1971 il Giudice relatore Enzo Capalozza;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Franco Chiarotti, per il Presidente del Consiglio dei ministri.  

Ritenuto in fatto 

Carlo Francesco Arienti, condannato dal pretore di Milano, con sentenza del 27 (recte: 10) aprile 1968, a due mesi di reclusione ed a L.120.000 di multa per il reato di emissione di assegni a vuoto, aggravato e continuato (fatti commessi dal 3 ottobre al 10 dicembre 1966), proponeva appello dinanzi al competente tribunale, chiedendo la sospensione condizionale della pena.

Il tribunale ha osservato che il prevenuto, avendo già fruito della sospensione per due distinte condanne (di cui la prima a pena pecuniaria in data 20 ottobre 1966, e la seconda, in data 14 giugno 1968, a due mesi di reclusione ed a L.20.000 di multa), non solo non potrebbe ottenere un'ulteriore applicazione del beneficio, ma, avendo riportato, con la sentenza impugnata, un'altra condanna per un delitto anteriormente commesso, dovrebbe subire la revoca della precedente sospensione. Per altro, risultando l'entità complessiva della pena condizionalmente sospesa e di quella successiva da irrogare per il delitto anteriore, inferiore alla durata di un anno di reclusione, prevista, dall'art. 163 del codice penale, quale limite per la concessione del beneficio chiesto dall'imputato, il tribunale di Milano ravvisava in ciò una ingiustificata disparità di trattamento e con ordinanza del 10 luglio 1969 sollevava, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione, questione di legittimità delle disposizioni contenute:

a) nell'art. 164, quarto comma, del codice penale nella misura in cui, limitando ad una sola volta la concessione della sospensione condizionale della pena, impedisce di ulteriormente concederla in caso di nuova condanna, per delitto anteriormente commesso, a pena che, cumulata a quella sospesa, non superi i limiti in astratto previsti per l'applicabilità del beneficio;

b) nell'art. 168, primo comma, n. 2, del codice penale, in quanto, anche in tale ipotesi, esso prevede come automatica (e non discrezionale, in funzione, cioè, di un rinnovato giudizio di pericolosità del reo) la revoca del beneficio stesso.

A sostegno della non manifesta infondatezza della questione, l'ordinanza afferma che situazioni identiche sarebbero disciplinate in modo irragionevolmente diverso ed affidate, circa il loro trattamento normativo, ad un dato processuale del tutto casuale, quale la riunione o meno dei procedimenti a carico della stessa persona: riunione che in certi casi potrebbe essere addirittura inibita (art. 413 cod. proc. pen.) e che, se non avvenuta, non importerebbe alcuna nullità (art. 50 cod. proc. pen.).

Aggiunge il tribunale che all'assurdità delle norme denunziate intende porre riparo un recente disegno di legge di iniziativa governativa (doc. n. 351 del Senato, V Leg.), che propone sia di concedere la sospensione "qualora la pena cumulata a quella precedentemente sospesa non superi i limiti stabiliti dall'art. 163", sia di eliminare l'automaticità della revoca del beneficio nel caso di condanna per delitto anteriormente commesso, rendendola facoltativa e subordinandola ad una rinnovata valutazione della pericolosità del reo.

Nel giudizio innanzi a questa Corte non vi é stata costituzione della parte privata.

Il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, é intervenuto con atto depositato l'8 gennaio 1970, nel quale chiede che la questione sia dichiarata non fondata.

Osserva l'Avvocatura che le innovazioni contenute nel disegno di legge di riforma del codice penale sono apprezzabili, ma rientrano nei compiti del legislatore ordinario, il quale é libero di accogliere i criteri, più o meno rigorosi, che reputi opportuni; e che, del resto, l'attuale questione riguarderebbe esclusivamente l'asserita disparità di trattamento tra l'imputato di vari reati, giudicato in un unico processo e, pertanto, in condizione di poter ottenere la sospensione condizionale, se condannato complessivamente ad una pena non superiore all'anno di reclusione; e l'imputato degli stessi reati, il quale, essendo giudicato e condannato in distinti processi, soltanto nel primo potrebbe ottenere il beneficio e incorrerebbe, col secondo, anche nella revoca di esso.

Ad avviso dell'Avvocatura, però, una tale disparità di trattamento non contrasterebbe con l'art. 3, primo comma, della Costituzione, dappoiché sarebbe obiettivamente giustificata o da un comportamento omissivo dell'imputato che non abbia chiesto la riunione o da superiori interessi di giustizia, quali la speditezza dei procedimenti e l'esigenza di evitare che, in attesa di accertare la responsabilità per un reato di lieve entità, ne cada in prescrizione un altro che abbia destato un grave allarme sociale.  

Considerato in diritto 

1. - L'ordinanza del tribunale di Milano indicata in epigrafe denuncia a questa Corte gli artt. 164, quarto comma, e 168, primo comma, n. 2, del codice penale, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione. L'art. 164 sarebbe illegittimo nella misura in cui determina una disparità di trattamento tra gli imputati che possono fruire del beneficio della sospensione condizionale, a seguito di condanna per più reati, di cui taluno anteriormente commesso, giudicati con una unica sentenza, e gli imputati che, essendo perseguiti con procedimenti distinti, non possono, con la seconda sentenza, beneficiare della sospensione per delitto anteriormente commesso. Disparità aggravata dalla disposizione dell'art. 168, primo comma, n. 2, che impone, altresì, la revoca della sospensione precedente.

2. - La sentenza n. 86 del 1970 ha dichiarato l'illegittimità costituzionale degli artt. 164, secondo comma, n. 1, e 168 del codice penale, nei limiti in cui disponevano che il giudice non possa esercitare il potere di concedere o negare, per la pena da comminare in concreto, il beneficio della sospensione condizionale e debba revocare ipso iure la sospensione già concessa, allorquando l'altro reato si lega con il vincolo della continuazione a quello punito con pena sospesa: e ciò perché é stato ritenuto lesivo dell'art. 3 della Costituzione il trattamento disuguale fatto all'imputato, per il quale la continuazione é accertata e giudicata con un, unica sentenza, rispetto all'imputato nei confronti del quale il nesso della continuazione con altro reato, punito con sentenza precedente, emerga in prosieguo.

3. - Orbene, anche nel caso in esame, per quanto riguarda l'art. 164, il principio di eguaglianza e la razionalità appaiono vulnerati, poiché la pronunzia di un'unica sentenza afferente a più reati (artt. 483 cod. proc. pen. in relazione all'articolo 71 e seguenti cod. pen.), con la quale potrebbe concedersi il beneficio (l'art. 165 cod. pen. parla di "sentenza di condanna" senza distinguere se per un solo reato o per più reati), viene a dipendere da circostanze meramente occasionali o da valutazioni discrezionali (insindacabili) circa lo svolgimento del processo.

É, cioè, del tutto ingiustificato che al magistrato sia consentito - tenuto conto degli indici (obiettivi e subiettivi) dell'art. 133 cod. pen. - di sospendere condizionalmente la pena in favore di chi abbia commesso più reati in tempi diversi (tra i quali sussista connessione anche impropria: articolo 45 cod. proc. pen.) allorché si tratta di procedimenti riuniti (art. 413 cod. proc. pen.), e non lo sia allorché la riunione non é stata attuata o non é attuabile per le più varie ragioni (perché il giudice non ritiene di disporla; o perché non gli é pervenuta la cognitio criminis; o perché il disporla, ritardando la pronunzia, farebbe cadere in prescrizione uno o più reati).

La disparità appare ancor più palese e ancor meno razionale, proprio dopo la sentenza n. 86 del 1970, perché la reiterata violazione della stessa disposizione di legge, pur di diversa gravità (art. 81, secondo e terzo comma, cod. pen.), consentirebbe di estendere la sospensione condizionale già concessa, mentre la commissione in tempi diversi di più reati, anche della stessa indole (art. 101 cod. pen.), escluderebbe la concessione della seconda sospensione e imporrebbe la revoca della prima.

4. - Infondata é invece la questione relativa all'art. 168, primo comma, n. 2, cod. pen., che dispone la revoca automatica della sospensione condizionale quando il condannato riporti un'altra condanna per un delitto anteriormente commesso. Difatti, il giudice, se lo ritiene, può sospendere una seconda volta la pena, cioè anche per quel delitto (purché le due pene cumulate non eccedano i limiti di legge): può farlo proprio in virtù dell'incostituzionalità dell'art. 164, quarto comma, dichiarata in questa sentenza (sopra, n. 3); e, in tal caso, non é a parlare di revoca ex art. 168. Qualora, invece, non intenda reiterare il beneficio per essersi convinto che il prevenuto ne sia immeritevole, il suo giudizio negativo travolge la presunzione di ravvedimento che aveva ispirato la precedente sospensione condizionale (la travolge perché a posteriori ne risultano carenti i presupposti etici e politici): insomma, situazione analoga a quella che si sarebbe prodotta se, giudicando insieme i due reati, il giudice avesse ritenuto di negare la sospensione; dunque, l'art. 3 non é violato.

5. - Va da sé che l'art. 168, primo comma, n. 2, del codice penale viene ad assumere una diversa significazione e una diversa portata per il coordinamento con la norma dell'art. 164, quarto comma, quale risulta dall'odierna dichiarazione di parziale illegittimità.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

dichiara l'illegittimità costituzionale dell'art. 164, quarto comma, del codice penale, nella parte in cui esclude che possa concedersi una seconda sospensione condizionale nel caso di nuova condanna, per delitto anteriormente commesso, a pena che, cumulata con quella già sospesa, non superi i limiti per l'applicabilità del beneficio;

dichiara non fondata, nei sensi di cui in motivazione, la questione di legittimità costituzionale dell'art. 168, primo comma, n. 2, del codice penale, in riferimento all'art. 3, primo comma, della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 25 marzo 1971.

Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO - Luigi OGGIONI - Angelo DE MARCO - Ercole ROCCHETTI - Enzo CAPALOZZA - Vincenzo Michele TRIMARCHI - Vezio CRISAFULLI - Nicola REALE - Paolo ROSSI

 

Depositata in cancelleria il 5 aprile 1971.