Sentenza n. 61 del 1966
 CONSULTA ONLINE 

SENTENZA N. 61

ANNO 1966

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

Dott. Giovanni Battista BENEDETTI

Prof. Francesco Paolo BONIFACIO,  

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dei decreti del Presidente della Repubblica 27 maggio 1952, n. 844, e 27 dicembre 1952, n. 3832, promosso con ordinanza emessa il 16 novembre 1964 dal Tribunale di Roma nel procedimento civile vertente tra Patrizi Montoro Patrizio, Innocenzo e Fabrizio e l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, iscritta al n. 8 del Registro ordinanze 1965 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 65 del 13 marzo 1965.

Visti gli atti di costituzione di Patrizi Montoro Patrizio, Innocenzo e Fabrizio e dell'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale;

udita nell'udienza pubblica del 30 marzo 1966 la relazione del Giudice Giuseppe Chiarelli;

uditi l'avv. Carlo Selvaggi, per i Patrizi Montoro, e l'avv. Guido Astuti, per l'Ente Maremma.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - L'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, in esecuzione delle leggi di riforma fondiaria, in data 29 maggio 1951 pubblicò il piano particolareggiato di esproprio relativo alla tenuta di Castel Giuliano, sita nel Comune di Bracciano, di proprietà dei Signori Patrizi Montoro, compilato in base ai dati del vecchio catasto, ancora vigente in Bracciano.

I proprietari della tenuta, ai sensi dell'art. 6 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, e dell'art. 9 della legge 18 maggio 1951, n. 333, proposero ricorso alla Commissione censuaria centrale, deducendo l'erroneità di quei dati, e chiedendone la rettifica. In particolare essi richiesero che fosse riconosciuto che la superficie complessiva della tenuta era di ettari 1915.85.21, quale risultava dagli elementi del nuovo catasto in formazione, e non quale risultava da un estratto catastale relativo al catasto vigente, rilasciato in data 19 maggio 1951 e tenuto presente dall'Ente. Rivendicavano perciò una superficie in aumento, rispetto a quella portata dal piano di esproprio, di ettari 102.22.61. Quanto alla qualità di coltura e alle classi di produttività, i ricorrenti segnalavano delle variazioni verificatesi nell'ambito della particella 325, avvalendosi anche qui degli elementi stabilizzati con la pubblicazione degli atti del nuovo catasto.

Sui proposti capi del ricorso il Collegio dei periti presso la Commissione censuaria centrale procedette ad accertamenti, che risultano da una relazione in data 30 luglio 1951. Tale relazione ritenne avallabile la predetta superficie di ettari 1915.85.21, come dedotto dai ricorrenti, e specificò le cause determinanti la segnalata differenza di ettari 102.22.61. Quanto alla qualità di coltura e alle classi di produttività, la relazione, dopo aver provveduto al collegamento degli elementi di stima del nuovo catasto con quelli tariffali del catasto vigente, pervenne a stabilizzare l'effettivo imponibile dominicale spettante alla particella 325 in relazione al reale stato di fatto al novembre 1949, e a calcolare un incremento di reddito nella detta particella. Infine, valutò l'incremento di imponibile relativo alla restante superficie in aumento risultante dagli elementi del nuovo catasto, in base alla tariffa media vigente, determinandolo in lire 8.991,16.

La Commissione censuaria centrale, con decisione 1 agosto 1951, facendo proprie le proposte del Comitato, accolse il ricorso per quanto si riferiva alla superficie, rettificata in ettari 1915.85.21 anziché 1813.62.60, e per quanto si riferiva al reddito dominicale complessivo, rettificato in lire 303.390,13 anziché 283.969,74.

In seguito a notifica di questa decisione, l'Ente per la colonizzazione della Maremma segnalò alla Commissione censuaria centrale di non aver modo di procedere alla definizione di un conforme piano di esproprio, per la impossibilità di assegnare alle singole particelle del catasto vigente le rispettive quote di imponibile, per quanto cumulativamente espresse in lire 8.991,16. Per incarico della Commissione, il Collegio dei periti ricalcolò il reddito dominicale attribuibile ai singoli terreni costituenti la tenuta di Castel Giuliano, in base alla superficie risultante dagli atti del nuovo catasto per ciascuna particella catastale ed in funzione dei redditi unitari già definiti dalla Commissione censuaria centrale per le qualità del vigente catasto. I detti calcoli portarono a confermare la superficie totale dell'azienda, quale già stabilita nella precedente decisione della Commissione, e a una rettifica del reddito dominicale, dovuta a differenti elementi di calcolo (lire 308.669,07 in luogo di 303,390,13). La Commissione deliberò in tal senso, con decisione 18 ottobre 1951.

L'Ente elaborò quindi un nuovo piano di esproprio, prevedendo lo scorporo di una superficie complessiva di ettari 1198.77.11, corrispondenti a un R.I.D. di lire 235.541.71. Poiché gli espropriandi avevano intanto chiesto di fruire del beneficio del terzo residuo, con un primo decreto del Presidente della Repubblica, in data 27 maggio 1952, n. 844, furono espropriati ettari 872.72.00 di superficie e con un secondo decreto presidenziale, del 27 dicembre 1952, n. 3832, furono vincolati ettari 279.80.50 di superficie. Con successivo decreto fu concessa agli espropriandi la quota del terzo residuo.

2. - Con atto di citazione notificato il 25 maggio 1961 il marchese Patrizio Patrizi Montoro, per sé e per i figli, conveniva davanti al Tribunale di Roma l'Ente Maremma, deducendo l'illegittimità costituzionale dei citati decreti per violazione delle leggi 12 maggio 1950, n. 230; 21 ottobre 1950, n. 841, e 18 maggio 1951, n. 333, con riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, e chiedendo, previa remissione a questa Corte della questione di legittimità costituzionale, la condanna dell'Ente a restituire l'intero comprensorio, o a risarcire il danno, nel caso che questo fosse stato alienato a terzi. L'Ente Maremma si costituiva in giudizio, contestando la fondatezza della questione di legittimità costituzionale.

Il Tribunale disponeva consulenza tecnica. In seguito al deposito della relazione del consulente d'ufficio e di note del consulente tecnico di parte attrice, il Tribunale, con ordinanza del 16 novembre 1964, rimetteva a questa Corte la questione di legittimità costituzionale.

Nell'ordinanza si afferma, al fine di dimostrare la non manifesta infondatezza della questione, che i piani posti a fondamento dei decreti di esproprio sono stati elaborati dall'Ente espropriante sulla base delle due deliberazioni della Commissione censuaria centrale, delle quali la prima indicava solo le variazioni di consistenza in forma globale dell'intera tenuta, e la seconda le quote d'incremento delle singole particelle in relazione al nuovo catasto in formazione, anziché a quello allora vigente, senza rettificare i dati unitari di quest'ultimo e senza stabilire corrispondenze unitarie tra questo e il nuovo catasto. Si soggiunge che le deliberazioni della Commissione censuaria centrale sono basate su accertamenti catastali che non potevano considerarsi definitivamente acquisiti ai registri del catasto secondo le leggi che regolano la materia, e che l'Ente Maremma ha proceduto a stabilire le variazioni e la corrispondenza tra i due catasti senza averne la competenza e senza l'osservanza delle norme a tutela dell'espropriando.

L'ordinanza é stata regolarmente notificata e pubblicata.

3. - Si sono costituiti in giudizio i signori Patrizi, rappresentati e difesi dall'avv. Carlo Selvaggi, con atto 28 gennaio 1965, e l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, rappresentato e difeso dall'avv. Guido Astuti, con deduzioni depositate il 2 aprile 1965.

In tali deduzioni l'Ente nega che nella specie ci sia stata violazione degli artt. 4 e 6 della legge di delegazione. Infatti la Commissione censuaria centrale, constatato che gli errori del vecchio catasto emergevano anche dalle operazioni eseguite per la formazione del nuovo, non si limitò a far riferimento ai dati raccolti per tale formazione, ma procedette alla rettifica dei dati del vecchio catasto in base agli accertamenti compiuti. Con la seconda decisione, la Commissione censuaria centrale provvide a precisare i dati di superficie e qualità per le singole particelle del vecchio catasto, stabilendo il reddito imponibile particellare in funzione dei redditi unitari già definiti dalla Commissione censuaria centrale per il vecchio catasto. Nelle deduzioni si fa quindi rinvio alla relazione del consulente tecnico d'ufficio e alle sue conclusioni, che erano state nel senso che i calcoli operati sui redditi dominicali per stabilire la quota di scorporo erano risultati tecnicamente validi, perché tratti da elementi forniti dalla Commissione censuaria centrale, e che l'opera tecnica dell'Ente per tradurre in termini del vecchio catasto quanto la Commissione censuaria centrale aveva determinato in termini del nuovo fu quasi automatica e quanto mai limitata, e pertanto esecutiva, applicativa e non innovativa o integrativa. L'Ente conclude per l'infondatezza della questione, chiedendo che ove, in via del tutto ipotetica, si riconoscesse l'illegittimità parziale dei due decreti, essa sia dichiarata con la formula "in quanto", perché il giudice di merito proceda agli accertamenti di fatto diretti ad accertare l'ipotetico errore di procedimento nel calcolo della superficie e negli altri accertamenti tecnici.

La difesa dei signori Patrizi, in una memoria depositata il 17 marzo 1966, ha premesso che l'eccezione di illegittimità costituzionale é fondata sull'asserita esistenza di vizi nel procedimento preparatorio dei decreti presidenziali, e precisamente sulla divergenza tra i dati posti a base delle norme legislative delegate e quelli che, a norma della legge delegante, avrebbero dovuto essere presi in considerazione.

Richiamandosi alla relazione di consulenza, nella memoria si rileva che la Commissione censuaria centrale nella seconda decisione si é espressa, sì, in termini unitari, ma riferiti al nuovo catasto in formazione anziché a quello allora vigente. Il che significa, soggiunge la memoria, che anche la seconda deliberazione considerò globalmente l'intera superficie della tenuta e non provvide a ripartire l'eccesso di superficie e di reddito dominicale tra i numeri di mappa variati rispetto alla consistenza ad essi attribuita dal catasto vigente. Si criticano, quindi, le considerazioni del consulente, il quale aveva ritenuto regolare l'operato dell'Ente, che, sulla base della seconda delibera della Commissione censuaria centrale, aveva elaborato il nuovo piano di esproprio fondandosi sui dati del catasto in formazione, e quindi giuridicamente inesistente, invece che su quelli del catasto allora vigente, e aveva trasposto i dati del nuovo catasto nel vecchio, in assenza di ogni intervento dell'organo tecnico del catasto, unico competente.

La memoria conclude nel senso che la Corte riconosca l'illegittimità costituzionale degli impugnati decreti, spettando poi al Tribunale giudicare degli effetti della sua pronuncia.

4. - La difesa dell'Ente ha sviluppato i suoi argomenti in una memoria depositata il 17 marzo 1966. Inessa si premette che con i decreti legislativi impugnati é stata espropriata meno della metà della quota scorporabile della proprietà terriera dei signori Patrizi, con riferimento alla sua consistenza al 15 novembre 1949; e ciò per insufficienza della superficie posseduta dagli espropriandi in zona di riforma fondiaria. Una eventuale declaratoria di illegittimità parziale, quindi, non comporterebbe alcuna riduzione della quota di scorporo e sarebbe pertanto irrilevante.

Si insiste quindi sulla infondatezza della questione, e si rileva che, quand'anche sussistesse la denunciata violazione, essa concernerebbe mere norme di procedimento, non determinanti un errore o eccesso della quota di scorporo, e in nessun caso configurabili come violazione dei "principi e criteri direttivi", di cui all'art. 76 della Costituzione.

Nel merito, la memoria riesamina le varie fasi del procedimento seguito nella specie, per rilevare come l'Ente non ha compiuto nessuna delle operazioni di accertamento riservate alla competenza della Commissione censuaria centrale, mentre le operazioni di collegamento materiale da esso eseguite rientravano nella sua competenza di rielaborare il piano, sulla base degli elementi analitici forniti dalla Commissione censuaria centrale, sempre applicando la tariffa d'estimo relativa al vecchio catasto.

5. - Nella discussione orale le difese delle parti hanno ribadito le tesi rispettive.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione é infondata.

Nelle sentenze in materia di riforma agraria, questa Corte ha avuto ripetutamente occasione di rilevare come intento del legislatore, chiaramente espresso nell'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, sia stato di colpire la proprietà soggetta allo scorporo nella sua consistenza reale alla data del 15 novembre 1949. A questo scopo, e per evitare sperequazioni, nelle zone in cui sono in vigore i vecchi catasti, l'Ente espropriante e il proprietario espropriato hanno facoltà, ai sensi dell'art. 6 della legge citata e dell'art. 9 della legge 18 maggio 1951, n. 333, di ricorrere alla Commissione censuaria centrale, ai fini della determinazione definitiva del reddito dominicale imponibile, per ogni questione riflettente la non corrispondenza della estensione, della classe di produttività e della qualità di coltura rispetto ai dati risultanti dal catasto (sentenza n. 81 del 1957).

Nel caso presente, l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale aveva compilato il piano particolareggiato di esproprio in base ai dati del vecchio catasto pontificio, vigente in Bracciano. Che questi dati non corrispondevano alla realtà fu sostenuto dagli interessati, i quali adirono la Commissione censuaria centrale, assumendo che la consistenza della proprietà di cui l'Ente espropriante avrebbe dovuto tener conto corrispondeva ai dati che erano stati accertati in occasione della preparazione del nuovo catasto. La Commissione censuaria riconobbe la fondatezza del reclamo e, in seguito ad accertamenti compiuti dal Comitato degli esperti, rettificò, esattamente nel senso richiesto dai ricorrenti, i dati su cui si era basato il piano di esproprio.

Pertanto, gli elementi forniti dal nuovo catasto in formazione non costituirono una base arbitraria del piano di scorporo, assunta senza alcun riferimento alla data 15 novembre 1949, ma furono un mezzo, invocato dagli interessati e valutato dalla Commissione centrale, per rettificare i dati del detto piano nel senso voluto dalla legge.

Non vale richiamarsi in proposito ai casi precedenti, in cui fu dichiarata da questa Corte la illegittimità costituzionale di decreti di esproprio, che, basandosi su dati del nuovo catasto non ancora in vigore alla data del 15 novembre 1949, non avevano tenuto conto della consistenza effettiva della proprietà a tale data. Nella specie in esame, gli elementi del nuovo catasto in formazione furono valutati e utilizzati, in conformità alla richiesta degli interessati, proprio per determinare la situazione da ritenere esistente a quella data.

La Commissione censuaria centrale, nelle sue decisioni, non si limitò, pertanto, a far riferimento ai dati raccolti per la formazione del nuovo catasto, ma procedette alla rettifica e alla precisazione dei dati del vecchio catasto, in base agli elementi dedotti dai proprietari e accertati dalla Commissione stessa come validi per la determinazione della consistenza della proprietà alla data del 15 novembre 1949. Non furono, quindi, disattese dalla Commissione le condizioni poste dalla legge delegante per il valido esercizio del potere delegato.

2. - Non ha maggior fondamento l'assunto che l'Ente espropriante avrebbe esorbitato dalla sua competenza, sostituendosi agli organi tecnici del catasto, nella elaborazione definitiva del piano di esproprio.

Va considerato in proposito che, come risulta dalla precedente esposizione dei fatti, in seguito alla prima decisione della Commissione censuaria centrale l'Ente Maremma ricorse alla stessa Commissione per ottenere una ulteriore precisazione dei dati da essa accertati, data la impossibilità di attribuire quegli incrementi di superficie e di reddito dominicale che erano stati indicati cumulativamente nella decisione alle singole particelle risultanti dai mappali del vecchio catasto. Per incarico della Commissione, il Collegio dei periti identificò analiticamente tutte le particelle dei fogli di mappa del nuovo catasto in formazione, che concorrevano a formare l'intera tenuta di Castel Giuliano secondo la rappresentazione topografica di questa nel vecchio catasto, e fissò per ciascuna di queste particelle i redditi parziali, secondo le corrispondenti tariffe di estimo del catasto vigente. In base a tali calcoli, la Commissione censuaria, nella seconda decisione del 18 ottobre 1951, confermò la superficie totale dell'azienda già accertata con la precedente decisione e rettificò, per una lieve differenza di calcolo, il dato riguardante il reddito dominicale.

Sulla base dei dati catastali, complessivi e particellari, in tal modo aggiornati dalla Commissione, l'Ente Maremma rifece il calcolo della quota di scorporo ed elaborò il nuovo piano particolareggiato, applicando i risultati a cui era pervenuta la Commissione stessa. L'operazione di traduzione in termini del vecchio catasto di quanto era stato accertato in termini del nuovo, non consistette, come ha rilevato la relazione del consulente tecnico nominato dal Tribunale, in operazioni di accertamento, riservate alla competenza della Commissione censuaria centrale, ma in semplici calcoli di collegamento materiale, desunti dai dati contenuti nelle decisioni della Commissione stessa e nei relativi allegati.

Ciò facendo, a giudizio di questa Corte, l'Ente espropriante si mantenne nei limiti della competenza, ad esso attribuita dalla legge, di procedere alla elaborazione dei piani particolareggiati di esproprio.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione, sollevata con ordinanza del Tribunale di Roma del 16 novembre 1964, sulla legittimità costituzionale dei decreti del Presidente della Repubblica 27 maggio 1952, n. 844, e 27 dicembre 1952, n. 3832 (espropriazione per riforma fondiaria), in relazione all'art. 6 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, e all'art. 9 della legge 18 maggio 1951, n. 333, e in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 1 giugno 1966.

 

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ - Giovanni Battista BENEDETTI - Francesco Paolo BONIFACIO  

 

Depositata in cancelleria il 10 giugno 1966.