Sentenza n. 81 del 1957

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SENTENZA N. 81

anno 1957 (*)

(*) V. ordinanza del 27 marzo 1957, che si riferisce anche al giudizio definito con questa sentenza.

 

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Dott. Gaetano AZZARITI, Presidente

Prof. Tomaso PERASSI

Prof. Gaspare AMBROSINI

Prof. Ernesto BATTAGLINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco PANTALEO GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Mario BRACCI

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA, 

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale del decreto del Presidente della Repubblica 3 ottobre 1952, n. 1755, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3 dicembre 1952, supplemento ordinario n. 280, promosso con ordinanza del Tribunale di Montepulciano emessa il 19 dicembre 1956, nella causa civile tra Borghi Aldo e l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 27 del 30 gennaio 1957 ed iscritta al n. 9 del Registro ordinanze del 1957.

Udita, nell'udienza pubblica del 27 marzo 1957, la relazione del giudice Antonio Manca;

uditi gli avvocati Guido Astuti, Arturo Carlo Jemolo, Francesco Santoro Passarelli e Massimo Severo Giannini per l'Ente Maremma.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza 19 dicembre 1956 il Tribunale di Montepulciano ha disposto la trasmissione a questa Corte degli atti del giudizio promosso da Borghi Aldo contro l'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale, per ottenere la restituzione dei terreni, posti nel Comune di Castiglion d'Orcia, espropriati con decreto del Presidente della Repubblica 3 ottobre 1952, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3 dicembre 1952, supplemento ordinario n. 280, previa la dichiarazione di illegittimità costituzionale del decreto stesso, oltre al risarcimento dei danni.

Il Tribunale, respinta l'eccezione preliminare dedotta dall'Ente Maremma, nel senso che il Borghi avrebbe impugnato in via principale e diretta, anziché in via incidentale, il decreto di espropriazione avente valore di legge, per quanto attiene alla questione di legittimità costituzionale, ha osservato che i decreti presidenziali, emanati in base all'art. 5 della legge 12 maggio 1950, n. 230 per le espropriazioni relative alla riforma agraria, hanno valore di legge e che perciò il sindacato sulla legittimità dei decreti stessi spetta esclusivamente alla Corte costituzionale. Ha ritenuto d'altra parte la questione non manifestamente infondata, in quanto, tenendo presente il testo dell'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, il decreto presidenziale sopra ricordato sarebbe viziato da eccesso di delega. Il quale, nell'ordinanza, è profilato nel senso che il reddito dominicale della proprietà del Borghi, ai fini dell'espropriazione, sarebbe stato valutato erroneamente in base alla consistenza catastale alla data del 15 novembre 1949, non già tenendosi conto esclusivamente del reddito al 1 gennaio 1943. Ha ritenuto altresì che, nella specie, sarebbe irrilevante, ai fini della legittimità del decreto di esproprio, il fatto che il reddito medio della proprietà del Borghi, accertato nel 1943, sarebbe inferiore a lire 100 per ettaro.

Detta ordinanza, ritualmente notificata alle parti e al Presidente del Consiglio dei Ministri, comunicata ai Presidenti della Camera dei deputati e del Senato, è stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 30 gennaio 1957.

Nella cancelleria della Corte si è costituito in termine, il 15 febbraio 1957, l'Ente Maremma, che ha depositato le deduzioni, con procura in calce da parte del Presidente dell'Ente stesso. Il 14 marzo successivo sono stati depositati: la deliberazione del predetto Presidente di resistere nell'attuale giudizio, il parere del Consiglio consultivo e l'approvazione della deliberazione da parte del Ministero competente.

La difesa dell'Ente Maremma ripropone preliminarmente la eccezione di inammissibilità della questione di legittimità costituzionale già prospettata nel senso che, nel caso, si avrebbe un'impugnazione diretta del decreto presidenziale, non già incidentale al fine della decisione della causa.

Nel merito contesta l'eccesso di delega, osservando che, nel decreto del 1952, col quale è stata disposta l'espropriazione della quota di proprietà del Borghi non si può riscontrare alcuna violazione dell'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841. Assume che la data del 1 gennaio 1943, indicata in detto articolo per la valutazione del reddito dominicale, è quella in cui andarono in vigore in tutto il territorio nazionale, per i terreni a nuovo, come a vecchio catasto, le tariffe di estimo, la cui revisione era stata disposta dal R. D.L. 4 aprile 1939, n. 589, convertito nella legge 29 giugno 1939, n. 976. La data del 1 gennaio 1943 pertanto, secondo la difesa dell'Ente, si riferisce, nell'art. 4 della legge stralcio, non già a quella a cui si doveva aver riguardo nella valutazione delle risultanze catastali (qualità e classe dei terreni) per le singole particelle, bensì alla tariffa di estimo da applicarsi alle risultanze stesse, per determinare il reddito dominicale particellare e totale ai fini dell'espropriazione.

Aggiunge l'Ente Maremma che erroneamente il Tribunale non avrebbe ritenuto rilevante il fatto che il reddito medio della proprietà del Borghi era inferiore a lire 100 per ettaro; circostanza per la quale detta proprietà sarebbe sempre passibile di scorporo in base alla tabella annessa alla legge stralcio, secondo cui, nel caso di reddito medio inferiore a lire 100, la espropriazione è disposta quando il reddito totale supera, come nella specie, le lire 20.000.

 

Considerato in diritto

 

Deve ritenersi infondata l'eccezione preliminare dedotta dall'Ente Maremma nel senso che l'impugnazione del decreto di esproprio sarebbe stata proposta come oggetto principale del giudizio di merito e non già in via incidentale, quale presupposto necessario per la definizione del giudizio medesimo. Tale eccezione è stata respinta con la sentenza n. 59 del 13 maggio 1957, alla quale pertanto basta fare riferimento per la decisione e per la motivazione.

Nel merito, secondo quanto si desume dall'ordinanza del Tribunale di Montepulciano, il Borghi dedusse che, per calcolare il reddito dominicale dell'intera proprietà terriera, si sarebbe dovuto tener conto esclusivamente del reddito al 1 gennaio 1943, il quale per la sua proprietà non superava le lire 30.000, e perciò la sua proprietà sarebbe stata immune da esproprio, anche se il reddito dominicale complessivo in epoca successiva fosse stato maggiore. Donde la illegittimità del decreto, emesso nei suoi confronti, per eccesso di delega, in relazione all'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, perché l'Ente espropriante accertò invece il reddito stesso in misura superiore a quella indicata, tenendo conto della consistenza catastale della proprietà terriera del Borghi alla data del 15 novembre 1949.

La tesi sostenuta dal Borghi peraltro, ad avviso della Corte, non risponde alla corretta interpretazione del citato art. 4. Detto articolo dispone che, nei territori considerati dalla legge n. 841 del 21 ottobre 1950 (suscettibili cioè di trasformazione fondiaria o agraria), la proprietà terriera privata, nella sua consistenza al 15 novembre 1949, è soggetta ad espropriazione di una quota determinata in base al reddito dominicale dell'intera proprietà al 1 gennaio 1943 e al reddito dominicale per ettaro, inteso quest'ultimo come quoziente della divisione del complessivo reddito dominicale per la superficie. Si desume quindi dal testo legislativo che, secondo il sistema della legge n. 841, per stabilire se, e in quale quota, la proprietà terriera privata è soggetta a scorporo, non basta riferirsi alla superficie (come dispone l'art. 2 della legge 12 maggio 1950, n. 230), ma occorre aver riguardo alla combinazione di tale elemento con la produttività dei terreni. Della quale è indice il reddito dominicale secondo le tariffe di estimo catastale in vigore il 1 gennaio 1943, in seguito alla revisione generale disposta dal decreto-legge 4 aprile 1939, n. 589 (convertito, con modificazioni, nella legge 29 giugno 1939, n. 976). Il che chiarisce che la legge n. 841, come del resto si rileva anche dalla relazione alla Camera del Ministro proponente, al fine della valutazione del reddito richiama le disposizioni di tale decreto, il quale, a sua volta, si ricollega espressamente al testo unico delle leggi sul nuovo catasto (approvato con decreto dell'8 ottobre 1931, n. 1572). Ond'è che, per intendere le disposizioni del citato art. 4, non si può prescindere da quelle contenute nei provvedimenti legislativi ora ricordati.

Dispone infatti al riguardo l'art. 13 del citato testo unico delle leggi sul catasto che "la tariffa esprime in moneta legale la rendita imponibile di un ettaro per ciascuna qualità e classe". E devesi intendere per qualità, ai sensi dell'art. 58 del regolamento per l'esecuzione delle leggi sull'imposta fondiaria (approvato con decreto del 12 ottobre 1932, n. 1539), la qualificazione che consiste nel distinguere i terreni di ciascun comune secondo le specie essenzialmente differenti, tanto per la diversa coltivazione a cui vengono di solito destinati i terreni stessi, quanto per il diverso loro prodotto spontaneo, od anche per altre condizioni o circostanze notevoli e permanenti. Per classe, d'altra parte, si deve intendere (art. 60 del detto regolamento) la classificazione dei terreni, tenuto conto dei gradi notevolmente diversi della rispettiva produttività. Se ne deduce perciò che, nel sistema delle leggi catastali, la determinazione del reddito dominicale, mediante l'applicazione delle tariffe di estimo per ettaro, è strettamente collegata ai due coefficienti generali della qualità e della classe, riferiti in concreto, in seguito alle operazioni di classamento (prevedute dall'art. 75 e seguenti del citato regolamento), ad una determinata zona di terreno costituente la particella catastale. Ma appunto perché il classamento deve essere aderente alla situazione effettiva della proprietà terriera, esso può subire variazioni in seguito alle verifiche periodiche e a quelle straordinarie, da effettuarsi in base alle disposizioni contenute negli artt. 118 e seguenti del regolamento per la conservazione del nuovo catasto dei terreni, approvato con decreto dell'8 dicembre 1938, n. 2153.

Poiché quindi, come si è già accennato, l'art. 4 della legge n. 841, per il calcolo del reddito dominicale si riporta al sistema catastale vigente, è logico dedurre, che (contrariamente alla tesi sostenuta, a quanto risulta dall'ordinanza, dal Borghi in sede di merito), ai fini dello scorporo, il reddito dell'intera proprietà è determinato dall'applicazione delle tariffe di estimo in vigore al 1 gennaio 1943, con riferimento però, in applicazione appunto delle norme delle leggi sul catasto, alla consistenza, cioè al classamento dei terreni, nella situazione che il predetto art. 4, ai fini della riforma fondiaria o agraria, considera stabilizzata al 15 novembre 1949.

D'altronde che i dati catastali debbano corrispondere alla realtà di fatto, risulta anche dall'art. 6 della legge n. 841; poiché ad evitare sperequazioni, nelle zone ove sono in vigore i vecchi catasti, anche il proprietario espropriato ha facoltà di ricorso alla commissione competente, ai fini della determinazione definitiva del reddito dominicale imponibile, per ogni questione riflettente la non corrispondenza dell'estensione, della classe di produttività e della qualità di coltura del fondo rispetto ai dati risultanti dal catasto.

Poiché pertanto l'Ente Maremma ha ritenuto suscettibile di scorporo la proprietà terriera del Borghi, applicando i principi sopra esposti per valutare il reddito dominicale complessivo, accertato in misura superiore alle lire 30.000, il decreto del Presidente della Repubblica 3 ottobre 1952, n. 1755, che ha disposto l'espropriazione nei confronti dello stesso Borghi, non può ritenersi costituzionalmente illegittimo per eccesso di delega, in relazione all'art. 4 della legge n. 841 del 1950.

Dato ciò, resta assorbita la questione, dedotta in via subordinata dall'Ente Maremma, nel senso che se anche il reddito complessivo della proprietà terriera del Borghi fosse inferiore, come egli assumeva, a quello accertato dall'Ente espropriante, essendo tuttavia superiore a lire 20.000, con una media per ettaro inferiore a lire 100 secondo le ammissioni del Borghi, la proprietà stessa sarebbe stata parimenti soggetta ad esproprio.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

respinta l'eccezione pregiudiziale dedotta dall'Ente per la colonizzazione della Maremma tosco-laziale;

dichiara non fondata la questione, sollevata con ordinanza del Tribunale di Montepulciano del 19 dicembre 1956, sulla legittimità costituzionale del decreto del Presidente della Repubblica del 3 ottobre 1952, n. 1755, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 3 dicembre 1952, in relazione all'art. 4 della legge 21 ottobre 1950, n. 841, e in riferimento agli art. 76 e 77, primo comma, della Costituzione.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 16 maggio 1957.

 

Gaetano AZZARITI - Tomaso PERASSI - Gaspare AMBROSINI - Ernesto BATTAGLINI - Mario COSATTI - Francesco PANTALEO GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Mario BRACCI - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA.

 

Depositata  in cancelleria il  25 maggio 1957.

 

Presidente  AZZARITI

Relatore MANCA