Sentenza n. 57 del 1964
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SENTENZA N. 57

ANNO 1964

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. NICOLA JAEGER

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ

Dott. GIOVANNI BATTISTA BENEDETTI

Prof. FRANCESCO PAOLO BONIFACIO

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 2, comma terzo, della legge 26 aprile 1959, n. 207, promosso con ordinanza emessa il 2 ottobre 1963 dal Tribunale di Isernia nel procedimento penale a carico di Di Claudio Armando, iscritta al n. 197 del Registro ordinanze 1963 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica, n. 299 del 16 novembre 1963.

Visto l'atto di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri;

udita nell'udienza pubblica del 3 giugno 1964 la relazione del Giudice Costantino Mortati;

udito il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Guglielmi, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

Con ordinanza del 2 ottobre 1963 il Tribunale di Isernia, nel corso di procedimento penale in grado di appello contro Di Claudio Armando imputato di contravvenzione all'art. 80 del T. U. 15 giugno 1959, n. 393, sulla circolazione stradale, in accoglimento di eccezione proposta dalla difesa di costui, sollevava questione di legittimità costituzionale, nella considerazione che il T. U. predetto é stato emesso in virtù di delegazione conferita con l'art. 2 della legge 26 aprile 1959, n. 207, la quale, in contrasto con l'art. 76 della Costituzione, non conteneva alcuna indicazione di limiti temporali per l'esercizio della medesima.

L'ordinanza, regolarmente notificata e comunicata a termini di legge, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale, n. 299 del 16 novembre 1963.

Nel giudizio avanti a questa Corte si é costituito il Presidente del Consiglio dei Ministri, rappresentato dall'Avvocatura generale dello Stato, con deduzioni depositate il 25 ottobre 1963. In esse si osserva che l'art. 2 della legge n. 207 del 1959 non ha conferito alcun potere di delegazione legislativa, essendosi limitato ad autorizzare il Governo all'esercizio del normale potere di raccolta, coordinamento e compilazione in testo unico delle norme di legge vigenti in materia, e pertanto non poteva trovar luogo la prefissione di termine per l'esercizio del potere prescritto dall'art. 76 della Costituzione. In conseguenza chiede sia dichiarata l'infondatezza della questione sollevata.

Con successiva memoria, in data 11 maggio 1964, l'Avvocatura si richiama alla distinzione accolta dalla Corte con la sentenza n. 54 del 1957 fra testi unici per la cui emanazione si rende necessaria apposita delegazione e quelli per i quali basta la semplice autorizzazione e, riaffermato che quello in esame rientra nella seconda di dette categorie, insiste nelle conclusioni già prese.

 

Considerato in diritto

 

1. - La questione sollevata dal Tribunale di Isernia muove evidentemente dall'accoglimento dell'opinione, rappresentata da larga parte della dottrina, secondo la quale ogni specie di testo unico la cui formazione sia avvenuta in virtù di apposita autorizzazione legislativa, viene ad essere necessariamente rivestito della forza di legge, quale che sia l'entità degli adattamenti e variazioni del tenore originario delle norme da unificare, che ogni attività rivolta a tale unificazione di per sé implica, e quindi rimane subordinato alle condizioni poste dalla Costituzione per la valida emanazione degli atti governativi forniti di tale efficacia. La Corte con sue precedenti pronunce (sentenze nn. 54 del 1957 e 24 del 1961) ha ritenuto che tale orientamento dottrinale non fosse da accogliere, e che invece forza di legge possono venire ad assumere solo quelli fra i testi unici i quali non si limitino ad operare un mero coordinamento fra le norme da riunire, ma siano abilitati ad apportare innovazioni o integrazioni alle norme stesse. La Corte non rinviene motivi che la inducono a discostarsi dalla sua costante giurisprudenza, tanto più in presenza di un testo, come quello denunciato, che si é limitato alla materiale riproduzione in ogni loro parte, delle disposizioni del decreto delegato 27 ottobre 1958, n. 956, e pedissequamente delle modifiche di cui all'art. 1 della legge 26 aprile 1959, n. 207, e quindi non ha reso necessario l'esercizio neppure di quel minimo di attività interpretativa, che appare inseparabile dall'operazione del coordinamento.

La rilevata mancanza della forza di legge dell'atto denunciato ha per conseguenza l'inammissibilità della questione sollevata.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale sollevata nei confronti dell'art. 2, comma terzo, della legge 26 aprile 1959, n. 207, in relazione all'art. 134, primo comma, della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 9 giugno 1964.

 Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI – Giuseppe VERZì - Giovanni Battista BENEDETTI -  Francesco Paolo BONIFACIO.

 

           Depositata in Cancelleria il 23 giugno 1964.