Sentenza n. 24 del 1961
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SENTENZA N. 24

ANNO 1961

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE 

composta dai signori giudici:

Avv. Giuseppe CAPPI, Presidente

Prof. Gaspare AMBROSINI

Dott. Mario COSATTI

Prof. Francesco Pantaleo GABRIELI

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Nicola JAEGER

Prof. Giovanni CASSANDRO

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI,

ha pronunciato la seguente  

SENTENZA 

nel giudizio di legittimità costituzionale dell'art. 366, ultimo comma, T.U. 10 gennaio 1957, n. 3, promosso con ordinanza emessa l'11 dicembre 1959 dal Consiglio di Stato in s. g., Sezione IV, su ricorsi dei signori Miceli Domenico, Carducci Stelvio, Vitelli-Casella Alessandro ed altri contro il Ministero dell'interno e nei confronti di Paparo Saverio ed altri, iscritta al n. 60 del Registro ordinanze 1960 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 155 del 25 giugno 1960.

Udita nell'udienza pubblica del 22 marzo 1961 la relazione del Giudice Costantino Mortati;

uditi l'avv. Antonio Sorrentino, per i ricorrenti Carducci Stelvio ed altri, l'avv. Aldo Dedin, per i resistenti privati Paparo Saverio ed altri, e il sostituto avvocato generale dello Stato Giuseppe Malinconico, per il Ministero dell'interno.  

Ritenuto in fatto

Nel corso di un giudizio promosso avanti alla IV Sezione del Consiglio di Stato su ricorsi dei signori Miceli, Carducci, Vitelli-Casella ed altri, tutti funzionari della carriera direttiva del Ministero dell'interno, rivolti ad ottenere l'annullamento del D.M. 31 ottobre 1957, di promozione per merito comparativo alla qualifica di direttore di sezione di 151 funzionari di detta Amministrazione, i ricorrenti ebbero a sollevare questione di legittimità costituzionale dell'art. 366, ultimo comma, T.U. 10 gennaio 1957, n. 3, allegando l'eccesso, con esso incorso, della delega legislativa conferita al Governo con l'art. 4 della legge 20 dicembre 1954, n. 1181.

Il Consiglio di Stato con sua ordinanza dell'11 dicembre 1959, dopo aver affermato la rilevanza della questione per la soluzione della controversia, la ritenne non manifestamente infondata sotto un duplice profilo. E cioè, in primo luogo, perché l'art. 366 ha operato un coordinamento di norme dei decreti delegati fra di loro, mentre la lettera e la ratio dell'art. 4 della legge delegante consentiva solo il coordinamento delle norme predette con quelle del precedente ordinamento. In secondo luogo, perché l'articolo medesimo ha apportato una innovazione che sembra andare oltre il potere del coordinamento, di per sé limitato a soddisfare la esigenza di ricondurre ad unità logica le disposizioni cui esso si riferisce.

L'ordinanza, ritualmente notificata alle parti e comunicata agli organi dello Stato, di cui all'art. 23 legge 11 marzo 1953, n. 87, é stata pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 25 giugno 1960, n. 155.

Si sono costituite innanzi a questa Corte tutte le parti del giudizio di merito, rappresentate rispettivamente dagli avvocati Sorrentino, Angelici e Valensise, per i ricorrenti, dall'avv. Dedin, per i resistenti privati, e dall'Avvocatura generale dello Stato, per l'Amministrazione dell'interno

L'Avvocatura dello Stato, nelle sue deduzioni, osserva, anzitutto, che il coordinamento demandato al legislatore delegato non doveva effettuarsi solamente con riguardo alle norme della legislazione anteriore, ma doveva, altresì, armonizzare fra loro quelle dei vari atti normativi emanati in virtù della delega concessa dall'art. 1 della legge n. 1181 del 1954. Aggiunge che, se anche si dovesse giungere a contraria conclusione, sarebbe tuttavia da ritenere che la norma impugnata, essendo entrata in vigore nel gennaio 1956, quando cioè ancora era in vita il preesistente ordinamento gerarchico del 1923, entra a far parte di questo, assolvendo alla funzione della disciplina transitoria delle promozioni quali erano effettuate dal medesimo.

Afferma poi che, per l'esame del merito della questione sollevata, deve farsi richiamo alla nozione che del coordinamento legislativo conferito al Governo in virtù di apposita delega, sarebbe stata data da questa Corte con la sentenza n. 16 del 1957, nel senso di comprendere in essa il potere di correggere discordanze o contrasti e di eliminare le lacune riscontrabili nello specifico settore normativo cui la delega si riferisce. Alla stregua di tali premesse, ritiene l'Avvocatura che l'art. 366 impugnato ha armonizzato la norma dell'art. 6, ultimo comma, D.P. n. 4 del 1956 (che veniva a limitare la pretesa dei funzionari cui sì riferiva ad essere scrutinati pel grado superiore quando avessero compiuto il periodo minimo di permanenza nel grado) con le disposizioni dell'altro decreto delegato n. 16 dello stesso anno, che garantiva il diritto allo scrutinio al momento del raggiungimento della prescritta anzianità. Aggiunge che la norma stessa si inquadra più razionalmente nel sistema delle altre disposizioni dello stesso D.P. n. 4 perché salvaguarda le esigenze degli impiegati ex combattenti, che sarebbero, invece, riuscite compromesse dal mantenimento dell'ultimo comma del citato art. 6. Infatti, é accaduto che del trattamento speciale accordato dal citato decreto presidenziale abbiano beneficiato funzionari la cui carriera nulla aveva risentito degli eventi bellici, e tuttavia costoro, in quanto venivano a precedere, nell'ordine dei ruoli del grado VIII, quegli impiegati ex combattenti con una anzianità maggiore della loro, importavano un ostacolo alla scrutinabilità di questi ultimi al grado superiore, venendo così a contrastare con le esigenze logiche del provvedimento legislativo n. 4 e con le finalità cui esso era rivolto. Per tutte queste ragioni conclude chiedendo che la eccezione sia dichiarata infondata.

La difesa dei funzionari costituitisi nel giudizio a quo per resistere al ricorso ha, pregiudizialmente, eccepito l'inammissibilità della questione sollevata, in quanto la norma impugnata fa parte del D.P. n. 3 del 1957 emesso a termini dell'art. 4 della legge delegante e che (a differenza dell'altro che era oggetto della delega di cui all'art. 1) ha limitato i poteri del Governo al solo coordinamento, senza attribuire valore di legge al testo unico da emanare a tale scopo, sicché questo deve rimanere sottratto al sindacato di questa Corte. Nel merito, afferma l'infondatezza della questione stessa, in quanto l'art. 366, con l'avere consentito agli impiegati graduati nel ruolo prima di coloro che erano stati promossi in virtù dell'art. 6, di beneficiare della stessa anzianità di questi ultimi non ha innovato alla situazione preesistente.

Le difese dei vari ricorrenti mettono, in primo luogo, in rilievo come il D.P. n. 3 possegga efficacia di atto con forza di legge, in considerazione sia del procedimento seguito per la sua formazione, e sia dell'intrinseca natura dei testi unici, che sempre conferisce loro tale efficacia.

Nel merito esse fanno rilevare come, mentre il D.P. n. 4, nel regolare le promozioni del personale in speciali situazioni (conferendo ad esso molteplici agevolazioni, fra cui il beneficio di conseguire promozioni in soprannumero senza gli esami ordinari e con retrodatazione delle medesime), ebbe però cura di tutelare i diritti dei pari grado graduati prima dei destinatari di tali agevolazioni, nel senso di ritardare l'ulteriore promozione di costoro fino a quando i primi non avessero raggiunto l'anzianità per essa richiesta, viceversa l'art, 366 del T.U. ha capovolto tale sistema, consentendo, attraverso l'attribuzione di una anzianità fittizia, che tutti potessero partecipare allo scrutinio, sorpassandosi in tal modo ogni limite consentito al coordinamento. Infatti, mentre questo presuppone che sussistano almeno due norme, l'una delle quali debba essere armonizzata con l'altra, nella specie esiste solo la disposizione dell'art. 6, e neppure é ricavabile dal sistema un qualche principio al quale il predetto art. 6 dovesse coordinarsi. L'inflazione degli scrutinandi pel grado superiore, provocato dall'art. 366, ha danneggiato coloro che, avendo una maggiore anzianità nel grado VIII, avrebbero potuto essere scrutinati al grado superiore, al momento del compimento del periodo minimo di permanenza in quello inferiore, senza la concorrenza dei pari grado collocati successivamente nel ruolo e che in quel momento non avevano compiuto il periodo minimo predetto.

Si contesta, poi, che l'art. 366 abbia avuto lo scopo di evitare una lesione dei diritti degli ex combattenti, poiché, invece, di esso hanno beneficiato i più giovani fra i funzionari, non appartenenti a tale categoria. E che, comunque, tale punto non incide sulla questione di costituzionalità.

Si aggiunge che, oltre che per l'estensione così effettuata della retrodatazione di anzianità, l'art. 366 ha ecceduto i poteri delegati perché ha operato un coordinamento avente per oggetto di armonizzare le nuove norme non già solo con quelle anteriori alla delega, secondo era prescritto da questa, ma delle medesime fra loro. Concludono chiedendo che l'art. 366 sia dichiarato costituzionalmente illegittimo.

Con memoria depositata il 9 marzo la difesa dei privati resistenti ha illustrato le ragioni che, a suo parere, dovrebbero condurre a far dichiarare la infondatezza della questione. Ciò é argomentato risalendo alla situazione determinatasi in conseguenza della guerra, caratterizzata dall'immissione in ruolo di personale avventizio, nonché dalle precedenze ed abbreviazioni di anzianità per l'avanzamento accordato a singole categorie e dalla creazione di posti in soprannumero, con conseguente blocco delle carriere o sperequazione nei trattamenti di promozione. Per ovviare a tale situazione il D.P. n. 4 del 1956 ebbe a consentire che il personale in servizio di ruolo al 31 dicembre 1951 che si riteneva danneggiato dagli eventi ricordati potesse essere promosso al grado VIII/A (oltre che in soprannumero, e con altre particolari agevolazioni), beneficiando, altresì, di una retrodatazione dell'anzianità nel nuovo grado così conseguito. Il decreto stesso aveva avuto cura di salvaguardare i diritti dei pari grado che precedevano nell'ordine del ruolo i nuovi promossi, escludendo la loro ammissione agli scrutini per i gradi superiori fino a quando gli altri non avessero maturato l'anzianità prescritta a tale scopo. Senonché, effettuandosi, in virtù del successivo D.P. n. 16, l'inquadramento del personale nelle nuove carriere da esso stabilite, ne seguì che, per effetto degli artt. 74 e 75 del medesimo, vennero a trovarsi inquadrati nel grado VIII funzionari pervenuti ad esso alla stregua dei criteri di cui all'ordinamento gerarchico del 1923, con anzianità varie fino a quella minima del 1 luglio 1956, ed altri con anzianità risalenti (in conseguenza della retrodatazione di cui al D.P. n. 4) fino al 31 dicembre 1951, con conseguente distacco di 5 anni rispetto all'epoca dell'effettivo conseguimento delle promozioni da parte dei funzionari dei due gruppi. La remora allo scrutinio pel grado superiore, quale era stata posta dall'ultimo comma dell'art. 6 D.P. n. 4 onde consentire la selezione dei più meritevoli, veniva così in realtà a frustrare la finalità di revisione delle carriere che il decreto stesso aveva voluto conseguire a favore dei vincitori dell'esame speciale da esso previsto, determinando un blocco delle promozioni, ed a contrastare, altresì, con l'art. 6 del preesistente R.D. 11 novembre 1923, n. 2395, che consentiva le promozioni al grado VII a favore di coloro che avessero compiuto nel grado inferiore tre anni di effettivo servizio. Per ovviare a tale disarmonia nessun altro rimedio vi era all'infuori di quello, adottato dall'art. 366, di attribuire, mediante una fictio iuris, ai più anziani nel ruolo quella stessa anzianità assegnata ai meno anziani, così da far concorrere tutti, in posizione di parità, allo scrutinio per il grado VII. Conclude con l'affermare che la modifica così apportata all'art. 6, essendo imposta dalle esigenze del coordinamento rispetto alla preesistente disciplina delle promozioni (la quale, pertanto, offre il termine di paragone necessario per potere procedere a coordinamento), e rientrando, quindi, nei limiti della delega, deve ritenersi legittima. 

Considerato in diritto 

1. - L'eccezione pregiudiziale sollevata dai privati resistenti, rivolta a contestare la forza di legge del T.U. che contiene la norma impugnata, va respinta.. É esatto che il potere conferito al Governo dall'art. 1 legge 20 dicembre 1954, n. 1181, ad emanare, con atti aventi forza di legge, il nuovo statuto degli impiegati civili dello Stato secondo i principi e criteri direttivi da essa fissati, differisce dall'altro, di cui al successivo art. 4, per la raccolta in testo unico delle norme che si dovevano emanare senza altra direttiva all'infuori di quella, ivi formulata, di apportare alle norme stesse le modificazioni richieste dal loro coordinamento con le preesistenti disposizioni in materia. Ma la minore estensione del potere attribuito con quest'ultima non é sufficiente ad alterare la natura dell'atto; ciò non solo sotto l'aspetto formale, dato che per l'emanazione del testo unico viene prescritto lo stesso procedimento formativo richiesto per gli altri atti delegati, ma anche sotto quello sostanziale, risultando palese l'intento del legislatore di conferire al testo coordinato valore non già solo informativo, bensì novativo della fonte delle norme in esso inserite.

2. - Passando al merito, é da osservare, anzitutto, come non si renda necessario per la soluzione della questione proposta dall'ordinanza, decidere sulla fondatezza del dubbio ivi sollevato circa l'estensione del compito affidato al Governo. Ciò perché (come risulterà dal seguito della trattazione) l'accogliere l'una o l'altra alternativa, e cioè ritenere che il compito stesso dovesse limitarsi a coordinare le norme dei decreti delegati con quelle dell'ordinamento precedente rimaste in vigore, oppure estendersi anche a mettere le prime in armonia fra loro, non assume pratico rilievo al fine dell'accertamento dell'eccesso di delega denunciato.

3. - Per poter apprezzare la fondatezza dell'eccezione sollevata nei confronti dell'art. 366, ultimo comma, T.U. occorre ricordare come, secondo l'ordinamento gerarchico di cui al R.D. n. 2395 del 1923, le promozioni degli impiegati di gruppo A per l'accesso al grado IX dovevano effettuarsi sulla base di esami di merito distinto per un terzo dei posti, e di idoneità per gli altri due terzi; quelle al grado VIII si disponevano su scrutinio per merito comparativo o per merito assoluto, nella stessa proporzione (artt. 7 e 8), mentre ai gradi superiori si accedeva esclusivamente in virtù di scrutinio per merito comparativo fra coloro che avessero compiuto nel grado inferiore almeno tre anni di servizio effettivo. Tale sistema rimase immutato (salvo lo spostamento dal grado IX all'VIII delle prove di esame richieste per l'avanzamento, disposto con l'art. 2 del R.D. 20 novembre 1930, n. 1482) fino al R.D. 22 novembre 1937, n. 1933, che per la prima volta consentì (con riguardo in special modo agli ex combattenti ed agli iscritti ai fasci di combattimento) la promozione, per un terzo dei posti del grado VIII, con semplice scrutinio. Ma il successivo R.D. 19 maggio 1938, n. 617, ebbe cura di vietare l'ammissione allo scrutinio per il grado immediatamente superiore (VII) di coloro che avessero usufruito dell'agevolazione ora ricordata, fino a quando non si fosse maturata l'anzianità di tre anni nel grado VIII dei funzionari che, pur avendo conseguito l'avanzamento a quest'ultimo grado in base ad esami successivamente ad essi, tuttavia precedevano i medesimi nel ruolo.

Il sopravvenire della guerra ebbe a provocare l'emanazione di norme di eccezione: con alcune di esse venne disposta la sospensione degli esami di promozione e la loro sostituzione con lo scrutinio di merito, con altre si dette vita a ruoli speciali transitori per la sistemazione degli avventizi, con altre ancora si consentirono retrodatazioni di anzianità di varia entità, al fine dell'avanzamento al grado VIII, a favore dei funzionari trovantisi in situazioni particolari (R.D. 6 gennaio 1942, n. 27, e successive modificazioni, legge 5 giugno 1951, n. 376, e successive n. 240 del 1953 e n. 448 del 1955).

Intervenuta la cessazione dello stato di guerra, si provvide, con la legge 1 dicembre 1949, n. 868, a ripristinare i normali sistemi di promozione per i posti che si sarebbero resi disponibili a decorrere dal 1 gennaio 1952 ed, in esecuzione della medesima, furono banditi, anche nell'Amministrazione dell'interno, concorsi di grado VIII del gruppo A.

Intervenuta la legge delega, il Governo, prima di procedere al nuovo ordinamento delle carriere, avvertì l'esigenza di sanare sperequazioni di trattamento che si erano verificate nei confronti dei funzionari immessi in ruolo fra il 1941 ed il 1951, per effetto della ricordata serie di disposizioni, nell'intento di creare i presupposti per una migliore attuazione del nuovo statuto del pubblico impiego ch'era da emanare, e ciò fece con il D.P.R. n. 4 del 1956 con il quale: 1) stabilì che le promozioni al grado VIII potevano conseguirsi sulla base di un esame speciale consistente in un semplice "colloquio", vertente sui servizi di istituto dell'amministrazione di appartenenza dei candidati (artt. 1 e 3); 2) concesse riduzioni varie dell'anzianità che sarebbe stata necessaria per l'ammissione agli esami stessi (art. 4); 3) dispose, infine, che le promozioni conseguite in base alle risultanze dell'esame-colloquio (fermo rimanendo l'ordine di graduatoria risultante dal medesimo) fossero fatte retroagire fino alla data del compimento dell'anzianità minima necessaria per la partecipazione all'esame stesso, non oltre però la data del 31 dicembre 1951 (art. 6). Nell'ultimo comma di quest'art. 6 si volle poi garantire la posizione acquisita da quanti precedevano nel ruolo i beneficiari dell'anzianità come sopra fittiziamente conferita, stabilendo che costoro non potessero essere ammessi a scrutinio per il grado VII fino a quando i primi non avessero maturato l'effettiva anzianità nel grado, richiesta per tale ammissione. Il successivo decreto delegato n. 16 del 1956, dopo aver disciplinato i procedimenti normali di promozione, stabilì nelle disposizioni transitorie che l'avanzamento alla qualifica di direttore di sezione potesse conseguirsi, per una parte di posti, anziché mediante concorso per esame, con scrutinio per merito comparativo a coloro che avessero compiuto tre anni di effettivo servizio nel grado o qualifica inferiore, ma facendo tuttavia espressamente salvo il disposto del citato ultimo comma dell'art. 6 (art. 75).

4. - Richiamata così la situazione legislativa esistente al momento in cui il Governo, espletato il compito impostogli dall'art. 1 della legge delega, procedette alla compilazione del Testo unico, si é in grado di valutare se esorbiti dai limiti del potere di coordinamento l'art. 366, ultimo comma, denunciato, nella parte in cui elimina il temporaneo ostacolo allo scrutinio pei grado di direttore di sezione nei confronti dei beneficiari di anzianità fittizia, con l'attribuzione, ai funzionari collocati nel ruolo in precedenza rispetto a questi ultimi, di una maggiore anzianità nel grado, nella misura occorrente a renderli scrutinabili in concorrenza con gli altri.

La risposta affermativa al quesito proposto non può apparire dubbia quando si tenga presente che le modificazioni possibili ad essere apportate alle disposizioni da coordinare in un Testo unico sono solo quelle rese necessarie dall'esigenza di eliminare disarmonie, e, pertanto, presuppongono l'esistenza di più norme rivolte alla disciplina di una stessa situazione, che risultino fra loro non pienamente conciliabili. Ora, nella specie, tale ipotesi non si verifica poiché l'art. 6, ultimo comma, del D.P. n. 4 del 1956 é disposizione isolata, di carattere eccezionale e non trova riscontro in altre norme, e tanto meno in principi dei testi da coordinare.

Non trova riscontro nelle norme del vecchio ordinamento gerarchico (come vorrebbe la difesa dei privati resistenti) perché, a tenore dell'art. 4 della legge delega, le norme ad essa preesistenti possono venire in considerazione solo in quanto non siano state abrogate dalle nuove e, quindi, perché sopravviventi, suscettibili di far sorgere esigenze di coordinamento. Tale non può considerarsi l'art. 6 R.D. n. 2395 del 1923, poiché la materia ivi disciplinata é stata interamente regolata, in via ordinaria dall'art. 23 del D.P.R. n. 16 e, per il periodo transitorio, dagli artt. 74 e 75. Tanto meno può rintracciarsi nel precedente sistema normativo un qualche principio idoneo a dar ragione della modifica apportata con la norma impugnata, poiché anzi il rispetto delle posizioni acquisite dai più anziani nel ruolo aveva trovato espresso riconoscimento (e con la stessa formulazione del D.P.R. n. 4) nel già ricordato R. D. del 1938, n. 617.

Il termine di paragone che si ricerca non può rinvenirsi neppure nelle disposizioni degli altri decreti delegati, poiché il citato art. 75, mentre riafferma il requisito già posto dall'art. 6 R.D. n. 395, dell'effettivo servizio triennale nel grado VIII per la promozione a direttore di sezione, fa salvo il disposto dell'art. 6, secondo comma, D.P.R. n. 4, e perciò, se conserva il beneficio da questo consentito, lo fa mantenendolo nei precisi limiti in cui si era in precedenza voluto consentire.

Sotto nessun aspetto, quindi, può apparire legittimata l'estensione operata dall'art. 366, ultimo comma, di una disposizione che aveva carattere di deroga rispetto alla norma, sempre affermata, dell'effettività del servizio nel grado per l'ammissione allo scrutinio a quello superiore, e che, pertanto, doveva, in sede di coordinamento, essere mantenuta nello stesso ambito della sua originaria formulazione.

La modifica operata non solo non ha obbedito ad alcuna esigenza logica, ma é venuta a contraddire alla finalità che aveva suggerito l'imposizione del limite che ora si vorrebbe rimuovere. Finalità, la quale era rivolta, secondo risulta dalla relazione del Governo al D.P. n. 4, a rispettare l'ordine della graduatoria di merito, ed implicava, oltre al divieto per i funzionari che occupavano nella graduatoria stessa una posizione inferiore a quella di altri, di essere scrutinati prima di costoro, la pretesa, altresì, di questi ultimi a che, una volta conseguita l'anzianità minima effettiva nel grado, non fossero esposti a subire la concorrenza dei meno anziani nello scrutinio pel grado superiore. Pretesa non rispettata perché per effetto dell'applicazione data all'art. 366, ultimo comma, hanno potuto partecipare agli stessi scrutini tanto coloro i quali avevano già da tempo maturata l'anzianità effettiva di grado - e fra essi alcuni vincitori dei concorsi di merito distinto - quanto gli altri i quali tale requisito non possedevano.

É poi da notare come, anche se fosse vero - il che non sembra - l'assunto dell'Avvocatura dello Stato, secondo cui la norma impugnata sia diretta a salvaguardare gli interessi degli ex combattenti, in vista dei quali sarebbe stato dettato l'art. 6, nessuna conseguenza se ne potrebbe derivare al fine del giudizio da emettere in ordine all'eccesso in cui é incorso il legislatore delegato.

Nulla in contrario alla soluzione accolta può, poi, argomentarsi dalla sentenza di questa Corte n. 16 del 1957, invocata dalla stessa Avvocatura, poiché (a parte la considerazione che la delega nella fattispecie allora decisa era formulata in termini più ampi, consentendo il potere di emanazione, oltre che delle norme di coordinamento, di quelle di attuazione e transitorie) essa ribadisce che al redattore di un Testo unico compete il potere di eliminare incongruenze o lacune, riguarda cioè ipotesi che nella specie non si verificano.  

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE 

rigetta l'eccezione di inammissibilità sollevata dai privati resistenti;

dichiara la illegittimità costituzionale dell'art. 366, ultimo comma, T.U. del 10 gennaio 1957, n, 3, in relazione all'art. 4 della legge 20 dicembre 1954, n. 1181, e con riferimento all'art. 76 della Costituzione.  

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 12 maggio 1961.

Giuseppe CAPPI - Gaspare AMBROSINI - Mario COSATTI - Francesco Pantaleo GABRIELI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Nicola JAEGER - Giovanni CASSANDRO - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI

 

Depositata in cancelleria il 17 maggio 1961.