Sentenza n. 114 del 1963
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SENTENZA N. 114

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori:

Prof. GASPARE AMBROSINI, Presidente

Prof. GIUSEPPE CASTELLI AVOLIO

Prof. ANTONINO PAPALDO

Prof. GIOVANNI CASSANDRO

Prof. BIAGIO PETROCELLI

Dott. ANTONIO MANCA

Prof. ALDO SANDULLI

Prof. GIUSSEPPE BRANCA

Prof. MICHELE FRAGALI

Prof. COSTANTINO MORTATI

Prof. GIUSEPPE CHIARELLI

Dott. GIUSEPPE VERZÌ, Giudici,

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 175 del T.U. delle leggi sulle imposte dirette approvate con D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, promossi con due ordinanze emesse il 28 novembre 1961 dalla Commissione provinciale delle imposte dirette di Latina sui ricorsi di Lollobrigida Luigia e Skofic Drago Milko contro l'Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Latina, iscritte ai nn. 178 e 179 del Registro ordinanze 1962 e pubblicate nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 293 del 17 novembre 1962.

Visti gli atti di intervento del Presidente del Consiglio dei Ministri e di costituzione in giudizio di Lollobrigida Luigia e Skofic Drago Milko;

udita nell'udienza pubblica del 5 giugno 1963 la relazione del Giudice Giuseppe Branca;

uditi l'avv. Giovambattista Adonnino, per Lollobrigida Luigia e Skofic Drago Milko, e il sostituto avvocato generale dello Stato Francesco Agrò, per il Presidente del Consiglio dei Ministri.

 

Ritenuto in fatto

 

1. - L'Ufficio distrettuale delle imposte dirette di Latina iscriveva a ruolo, alla fine del 1960, la metà del reddito della signora Luigia (detta Gina) Lollobrigida in Skofic che esso aveva accertato per il 1957: ciò in applicazione dell'art. 175, lett. a, del D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, T.U. sulle imposte dirette.

La signora Lollobrigida ricorreva prima alla Commissione distrettuale, poi alla Commissione provinciale delle imposte dirette eccependo fra l'altro l'illegittimità costituzionale del predetto art. 175 del T.U. sulle imposte dirette. La Commissione provinciale accoglieva l'eccezione e con ordinanza 28 novembre 1961, pervenuta a questa Corte il 19 ottobre 1962 e ritualmente notificata e pubblicata, sollevava la questione di legittimità costituzionale dello stesso art. 175, in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione, per eccesso di delega rispetto agli artt. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, e 49 della legge 11 gennaio 1951, n. 25, di delegazione.

La Commissione provinciale, accennato rapidamente alla rilevanza della questione, ne assume la non manifesta infondatezza: la disposizione impugnata, rendendo obbligatoria, dopo i 60 giorni dal ricorso del contribuente alla Commissione distrettuale, l'iscrizione provvisoria fino al 50 per cento del reddito accertato dall'ufficio, conterrebbe una norma nuova: infatti le leggi, di cui il Governo era stato delegato a coordinare le disposizioni, prevede vano soltanto un'iscrizione facoltativa per l'ufficio.

2. - La signora Lollobrigida, costituitasi con deduzioni depositate il 7 dicembre 1962, rileva come la delegazione di potestà legislativa contenuta nel predetto art. 63 della legge n. 1 del 1956, benché molto ampia, non consentisse al Governo di rendere obbligatoria per la metà dell'imponibile quell'iscrizione provvisoria che, secondo l'art. 109, n. 3, del R. D. 11 luglio 1907, n. 560, era soltanto facoltativa e limitata alla somma proposta dall'ufficio. Il Governo poteva solo eliminare le disposizioni contrastanti coi principi contenuti nelle leggi n. 25 del 1951 e n. 1 del 1956, apportare modifiche per un migliore coordinamento delle disposizioni vigenti, adattare le disposizioni alle esigenze di semplificazione nell'applicazione dei tributi e di una razionale organizzazione dei servizi, perfezionare le norme concernenti l'attività dell'amministrazione finanziaria ai fini dell'accertamento dei redditi: poteri, tutti questi, nei quali evidentemente non rientrerebbe l'innovazione introdotta con la norma impugnata.

3. - Il Presidente del Consiglio dei Ministri, intervenendo a mezzo dell'Avvocatura generale dello Stato con atto depositato il 30 marzo 1962, nega, anche nella successiva memoria depositata il 22 maggio 1963, l'illegittimità costituzionale della norma impugnata; la quale non poteva riprodurre alla lettera l'art. 109, n. 3, del R. D. 11 lugho 1907, n. 560, perché nel frattempo, e ciò con le leggi 11 gennaio 1951, n. 25, e con lo stesso T.U. sulle imposte dirette, era cambiato il vecchio sistema (stabilità pluriennale dell'accertannento, determinazione preventiva del reddito annuale tassabile, ruoli principali e suppletivi) essendosi introdotto il sistema della dichiarazione annuale dei redditi e della tassazione a consuntivo (

sentenza n. 30 del 1961).

D'altra parte, non sarebbe esatto che la norma impugnata abbia trasformato in obbligo una pretesa facoltà dell'ufficio poiché l'art. 109, n. 3, del R. D. 11 luglio 1907, n. 560, usava una formula analoga a quella della norma impugnata ("iscrive ecc.").

Quanto poi alla misura della somma da iscrivere in via provvisoria, l'art. 109, n.3, esigeva l'iscrizione per tutto l'imponibile accertato non definitivamente dall'ufficio: di conseguenza la norma impugnata, limitando l'iscrizione alla metà dell'imponibile, non fa che attenuare l'onere del contribuente.

Anche ammesso che si sia trasformata in obbligo una facoltà dell'ufficio, ciò - secondo l'Avvocatura dello Stato - non sarebbe motivo di illegittimità costituzionale. Infatti la delegazione, contenuta nell'art. 63 della legge n. 1 del 1956, autorizzava il Governo, non soltanto a coordinare le norme vigenti, ma anche ad apportare "modifiche" in relazione a diverse esigenze. Perciò il Governo non sarebbe fuoriuscito dai criteri direttivi posti dalla legge di delegazione: infatti la norma impugnata, imponendo l'iscrizione nei limiti di misure precise e diverse a seconda della maggiore e minore sicurezza dell'accertamento, risponderebbe all'esigenza di garantire il gettito tributario e, insieme, di attuare il nuovo sistema della c.d. commisurazione e consuntivo (art. 4 del T.U. citato) con vantaggio del contribuente: esigenza che sta alla base dell'amplissima delegazione contenuta nell'art. 63 della legge n. 1 del 1956.

4. - La difesa della signora Lollobrigida, in una memoria depositata il 22 maggio 1963, pur ammettendo che la formula usata nell'art. 175 del T.U. é simile a quella contenuta nell'art. 109, n. 3, del R.D. n. 560 del 1907, rileva che tuttavia la prima norma ha profondamente innovato rispetto alla seconda: infatti, quando vigeva l'art. 109, l'ufficio poteva iscrivere la somma che a lui sembrasse opportuna, mentre con l'art. 175 gli impone di iscrivere per la metà dell'imponibile provvisoriamente accertato: perciò quanto alla misura della cifra da iscrivere vi sarebbe stata innovazione, non consentita dalla legge delegante.

Infatti é vero che il Governo poteva apportare modifiche, ma le modifiche, nel campo della riscossione, dovevano essere meramente formali, non sostanziali, poiché l'art. 63 a questo proposito parla solo di coordinamento e di semplificazione: dato che la norma impugnata si riferisce alla riscossione e non all'accertamento (rispetto al quale la legge delegante consentiva modifiche sostanziali), essa sarebbe illegittima per eccesso di delega. Del resto - conclude la difesa della signora Lollobrigida - anche se fossero state consentite innovazioni sostanziali, queste si sarebbero dovute attuare secondo i principi delle due leggi preesistenti n. 25 del 1951 e n. 1 del 1956, come direbbe anche una sentenza della Corte costituzionale (

n. 30 del 1961): e invece queste due leggi non contengono alcun principio relativo alla materia dell'iscrizione provvisoria, mentre la norma impugnata, impedendo di distinguere fra contribuente e contribuente, non varrà certo a semplificare né a razionalizzare l'applicazione dei tributi.

5. - É pervenuta inoltre un'analoga ordinanza della stessa Commissione provinciale delle imposte dirette di Latina, emessa nella medesima data, su ricorso del dr. Skofic, marito della signora Lollobrigida.

6. - Nella discussione orale la parte privata ha ripetuto le proprie argomentazioni, mentre l'Avvocatura dello Stato ha ribadito i suoi rilievi: in particolare ha rilevato che l'espressione la "somma da esso proposta", contenuta nell'art. 109, n. 3, del R.D. del 1907, n. 560, significa, secondo la terminologia del tempo, "somma da esso provvisoriamente accertata".

 

Considerato in diritto

 

1. - Le due cause, avendo ad oggetto la medesima questione di legittimità costituzionale, sono state discusse congiuntamente e devono essere decise con unica sentenza.

2. - Si denuncia l'art. 175 del D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, del T.U. delle leggi sulle imposte dirette, perché esso avrebbe reso obbligatoria per gli uffici delle imposte quell'iscrizione provvisoria che era invece facoltativa secondo la legislazione precedente (art. 109 del R.D. 11 luglio 1907, n. 560): innovazione che, a parere del giudice di rinvio e della parte privata, non era consentita dalla legge delegante (spec. art. 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1).

La questione é infondata: non é esatto che, secondo la legislazione anteriore al 1958, gli uffici finanziari avessero la facoltà, e non l'obbligo, di iscrivere nei ruoli l'imposta corrispondente ad un reddito contro il cui accertamento il contribuente avesse ricorso da da più di 60 giorni.

Infatti la norma denunciata (art. 175 del T.U.) e quella preesistente (art. 109 del R. D. 1907, n. 560) si esprimono in termini analoghi ("iscrive", "sono iscritte"): perciò, se la prima contiene un obbligo di iscrizione, deve ritenersi che la seconda facesse altrettanto.

Inoltre l'art. 109 del R.D. del 1907, n. 560, era norma di attuazione dell'art. 58 del T.U. 24 agosto 1877, n. 4021, e questo era esplicito nello stabilire che i ruoli dovevano essere formati "con i redditi nuovi od aumenti risultanti... dalle iscrizioni e rettificazioni fatte dall'agente, sebbene contestate dal contribuente, quando siano trascorsi sessanta giorni da quello" di trasmissione del ricorso.

Del resto il predetto art. 58 del T.U. del 1877, n. 4021, derivava a sua volta dall'art. 9 della legge 14 giugno 1874, n. 1940, e questo ultimo dagli artt. 11 e 12 della legge 28 maggio 1867, n. 3719: legge che introduceva un sistema per cui il nuovo accertamento dava luogo senz'altro all'iscrizione nei ruoli e la spedizione di questa non era più sospesa quando fossero passati 30 giorni dall'eventuale ricorso del contribuente. La legge era stata emanata proprio allo scopo di evitare che tale ricorso sospendesse l'efficacia del nuovo accertamento e perciò in essa, tutta improntata all'automaticità dell'iscrizione, non v'era campo per un potere discrezionale dell'amministrazione finanziaria: l'agente "proponeva" una cifra corrispondente a quel che riteneva fosse il reddito effettivo (art. 11 della legge citata), ed essa era sottoposta a revisione, poi iscritta nei ruoli.

Il che prova come l'espressione "somma proposta", conservata nell'art. 109 del R.D. del 1907, n. 560, non alludesse al potere di iscrivere una somma diversa dal reddito provvisoriamente accertato: ciò che trova conferma anche in altre disposizioni dello stesso R.D. del 1907 e di altre leggi fiscali.

3. - Vero é che gli uffici finanziari applicarono l'art. 109 come se esso contenesse un potere e non un obbligo di iscrizione provvisoria; ma la prassi amministrativa, di per sé, e la stessa opinione della Commissione ministeriale, che esaminò l'attuale T.U. del 1958, n. 645, non bastano a infirmare l'interpretazione che s'é data delle leggi anteriori al 1958 e che trae conforto del loro stesso dettato, dai motivi che le ispirarono e dalla loro successione nel tempo.

4. - Per concludere, l'art. 175, lett. a, del T.U. del 1958, n. 645, differisce dall'art. 109 del R.D. del 1907, n. 560, solo in questo: ora l'ufficio iscrive soltanto una parte della somma che avrebbe iscritta prima del 1958. L'innovazione giova al contribuente e perciò non é tale da valicare i confini posti con la legge di delegazione: confini che, anche ad avviso della parte privata, erano molto ampi, ammettendo modifiche delle leggi preesistenti, e che, se non consentivano al Governo un aumento dell'onere di cui la legge anteriore gravava il contribuente, ne permettevano tuttavia una diminuzione: il che appunto é avvenuto colla norma impugnata.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 175 del D.P.R. 29 gennaio 1958, n. 645, T.U. sulle imposte dirette (recante norme sull'iscrizione provvisoria dei redditi), proposta, con le ordinanze di cui in epigrafe, in relazione agli artt. 49 della legge 11 gennaio 1951, n. 25, e 63 della legge 5 gennaio 1956, n. 1, e in riferimento agli artt. 76 e 77 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 giugno 1963.

GASPARE AMBROSINI, PRESIDENTE

GIUSEPPE BRANCA, REDATTORE

Depositata in cancelleria il 4 luglio 1963.