Sentenza n. 56 del 1963
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SENTENZA N. 56

ANNO 1963

 

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

composta dai signori Giudici:

Prof. Gaspare AMBROSINI, Presidente

Prof. Giuseppe CASTELLI AVOLIO

Prof. Antonino PAPALDO

Prof. Giovanni CASSANDRO

Prof. Biagio PETROCELLI

Dott. Antonio MANCA

Prof. Aldo SANDULLI

Prof. Giuseppe BRANCA

Prof. Michele FRAGALI

Prof. Costantino MORTATI

Prof. Giuseppe CHIARELLI

Dott. Giuseppe VERZÌ

ha pronunciato la seguente

 

SENTENZA

 

nei giudizi riuniti di legittimità costituzionale dell'art. 651 del Codice di procedura civile, promossi con le seguenti ordinanze:

1) ordinanza emessa il 27 luglio 1961 dal Pretore di Rossano nel procedimento civile vertente tra Alato Nilo e Savoia Costantino, iscritta al n. 147 del Registro ordinanze 1961 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 232 del 16 settembre 1961;

2) ordinanza emessa il 21 dicembre 1961 dal Tribunale di Udine nel procedimento civile vertente tra la Cassa rurale e artigiana di Bressa di Campoformido e Coloricchio Adelchi, iscritta al n. 56 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 99 del 14 aprile 1962;

3) ordinanza emessa il 21 marzo 1962 dal Pretore di Fivizzano nel procedimento civile vertente tra Ferri Oreste e Lambruschi Pietro, iscritta al n. 66 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 134 del 26 maggio 1962;

4) ordinanza emessa il 10 maggio 1962 dal giudice conciliatore di Latina nel procedimento civile vertente tra Trevisan Domenico contro Contasta Maria e Rinaldi Ennio, iscritta al n. 119 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 190 del 28 luglio 1967;

5) ordinanza emessa il 6 luglio 1962 dal Tribunale di Rovereto nel procedimento civile vertente tra Lombardi Silvio e la Società a r.l. A.E.D.E.S. di Bolzano, iscritta al n. 136 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 203 dell'11 agosto 1962;

6) ordinanza emessa il 30 giugno 1962 dal Pretore di Roma nel procedimento civile vertente tra Speziale Giovanni e Catarella Vincenzo, iscritta al n. 160 del Registro ordinanze 1962 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 273 del 27 ottobre 1962.

Udita nella camera di consiglio del 5 marzo 1963 la relazione del Giudice Michele Fragali.

 

Ritenuto in fatto

 

Dai Tribunali di Udine e Rovereto (ordinanze 21 dicembre 1961 e 6 luglio 1962), dai Pretori di Rossano, di Fivizzano e di Roma (ordinanze 27 luglio 1961, 21 marzo e 30 giugno 1962), nonché dal giudice conciliatore di Latina (ordinanza 10 maggio 1962), é stato rimesso a questa Corte il giudizio sulla legittimità costituzionale dell'art. 651 del Cod. di proc. civile che impone l'onere del deposito di una somma per il caso di soccombenza come condizione di ammissibilità dell'opposizione tardiva ad ingiunzione e dell'opposizione ad ingiunzione fondata su cambiale, assegno bancario, assegno circolare, certificato di liquidazione di borsa o su atto ricevuto da notaio o da altro pubblico ufficiale autorizzato.

Il Tribunale di Udine ha appoggiato agli artt. 3 e 24 della Costituzione l'assunto dell'illegittimità, per il riflesso che l'imposizione dell'onere viola il principio di eguaglianza e pone ostacoli all'esercizio del diritto di difesa ai cittadini che sono in condizioni economiche disagiate, quando addirittura non lo impedisca. Anche se sia vero che ha lo scopo di evitare le opposizioni defatigatorie, si soggiunge, l'onere é efficace soltanto nei riguardi del cittadino meno abbiente; e il carattere impeditivo del diritto alla difesa non viene meno al deposito per la moderatezza del suo ammontare, così come il carattere sanzionatorio é causa di ostacolo alla richiesta della tutela giurisdizionale, che deve esplicarsi indipendentemente dall'eventualità di infondatezza della pretesa, essendo tale infondatezza sanzionata in altre norme e concepibile soltanto nei confronti dell'altra parte.

Più precisamente gli altri giudici si sono riferiti all'esercizio del diritto alla tutela giurisdizionale anziché del diritto alla difesa; e l'ordinanza del conciliatore di Latina ha opposto il contrasto della norma con l'art. 97, primo comma, della Costituzione, che impone di organizzare i pubblici servizi in modo da assicurarne il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione, potendosi creare il rischio, ove il deposito non venga eseguito, che siano emanate sentenze sostanzialmente ingiuste.

Non si sono avute costituzioni di parti o interventi innanzi a questa Corte.

 

Considerato in diritto

 

1. - I sei procedimenti vanno riuniti, riguardando tutti una identica questione di legittimità costituzionale.

2. - Nella sua sentenza del 23 novembre 1960, n. 67, questa Corte, a proposito della cautio pro expensis, rilevava la differenza di questo istituto, fondato sulle condizioni soggettive, personali o sociali della parte e rivolto alla protezione di interessi privati, rispetto ad altri oneri di natura patrimoniale che le leggi ugualmente impongono quale condizione per la valida costituzione del rapporto processuale, a tutela di interessi pubblici e in funzione di situazioni di ordine oggettivo. In tal modo implicitamente questa Corte riteneva che alla seconda categoria di istituti non avrebbe potuto dirigersi una critica fondata sull'inosservanza del principio di parità statuito nell'art. 3 della Costituzione.

Il deposito ex art. 651 del Cod. di proc. civile appartiene a questo secondo gruppo di istituti, perché é posto quando l'opposizione é mossa avverso una ingiunzione che é stata o può essere dichiarata esecutiva, ovvero che ha giustificazione in titoli i quali di per sé danno un fondamento di serietà alla pretesa; e perciò la norma impugnata trova la ragione essenziale nella particolare forza del provvedimento, volendo essa evitare che si invochi la tutela giurisdizionale per una pretesa che presenta gravi indizi di infondatezza. Sono circostanze oggettive queste esposte; ed é di interesse pubblico il richiamare la parte ad una sua responsabilità nell'apprezzamento delle proprie ragioni, in modo che del diritto di azione non abusi e, abusandone, rechi intralcio alla amministrazione della giustizia. Né alla protezione di questo interesse pubblico ostano precetti costituzionali, non essendo possibile dare al diritto alla tutela giurisdizionale una estensione tale da farne sviare la funzione, dirigendola ad uno scopo sterile e dilatorio.

3. - Non é accoglibile perciò l'assunto che l'art. 651 del Cod. di proc. civile ostacoli la tutela giurisdizionale, per quanto sia vero che il sistema al quale esso si informa avrebbe potuto essere appoggiato a criteri meno formalistici e permettere, ad esempio, che il deposito sia eseguito anche dopo la proposizione della impugnazione. É esatto, invece, che l'articolo predetto determina il presupposto del diritto all'impugnativa di un provvedimento che l'ordine giuridico ritiene meritevole di un particolare trattamento per la sua presumibile speciale capacità di resistenza alla impugnazione. La tenuità dell'importo del deposito che si impone non esclude quella finalità, perché la determinazione del suo ammontare é il risultato di una valutazione discrezionale, del resto meglio apprezzabile al tempo della promulgazione del vigente Codice di procedura.

Non ha poi sostanza obiettare che il citato art. 651 del Cod. di proc. civile non si accorda con la norma costituzionale che impone di assicurare il buon andamento e l'imparzialità dell'amministrazione e non rende agevole la tutela giurisdizionale per i meno abbienti. La norma invocata concerne la organizzazione dei pubblici uffici, e non la determinazione delle condizioni di esercizio dei diritti soggettivi e degli interessi; a parte l'osservazione, già fatta, che il deposito per la soccombenza, con l'impedire gli eccessi riprovevoli nell'esercizio del diritto di azione, mira altresì ad eliminare cause di remore al regolare svolgimento della funzione giudiziaria. D'altra parte, il principio di eguaglianza, che é alla base del bisogno di assicurare anche ai non abbienti i mezzi per agire e difendersi davanti ad ogni giurisdizione, non si può invocare al fine di permettere che si abusi del proprio diritto; e comunque nella specie esso é rispettato, perché dal deposito sono esonerati coloro i quali sono ammessi al beneficio del gratuito patrocinio.

 

PER QUESTI MOTIVI

LA CORTE COSTITUZIONALE

 

riunisce i sei procedimenti;

dichiara non fondata la questione proposta dal Tribunale di Udine con ordinanza 21 dicembre 1961, dal Tribunale di Rovereto con ordinanza 6 luglio 1962, dal Pretore di Rossano con ordinanza 27 luglio 1961, dal Pretore di Fivizzano con ordinanza 21 marzo 1962, dal Pretore di Roma con ordinanza 30 giugno 1962 e dal giudice conciliatore di Latina con ordinanza 10 maggio 1962, sulla legittimità costituzionale dell'art. 651 del Cod. di proc. civile, in riferimento agli artt. 3 e 24 della Costituzione.

 

Così deciso in Roma, in camera di consiglio, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 27 aprile 1963.

Gaspare AMBROSINI - Giuseppe CASTELLI AVOLIO - Antonino PAPALDO - Giovanni CASSANDRO - Biagio PETROCELLI - Antonio MANCA - Aldo SANDULLI - Giuseppe BRANCA - Michele FRAGALI - Costantino MORTATI - Giuseppe CHIARELLI - Giuseppe VERZÌ.

 

 

Depositata in cancelleria il 3 maggio 1963.