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Corte di Giustizia delle Comunità europee (Seduta plenaria), 30 marzo 2004

 

C-167/02 P, Willi Rothley e a.    Parlamento europeo e a.

 

 

 

Nel procedimento C-167/02 P,

 

 

Willi Rothley, residente in Rockenhausen (Germania),

Marco Pannella, residente in Roma,

Marco Cappato, residente in Milano,

Gianfranco Dell'Alba, residente in Roma,

Benedetto Della Vedova, residente in Milano,

Olivier Dupuis, residente in Roma,

Klaus-Heiner Lehne, residente in Düsseldorf (Germania),

Johannes Voggenhuber, residente in Vienna (Austria),

Christian von Boetticher, residente in Pinneberg (Germania),

Emma Bonino, residente in Roma,

Elmar Brok, residente in Bielefeld (Germania),

Renato Brunetta, residente in Roma,

Udo Bullmann, residente in Gießen (Germania),

Michl Ebner, residente in Bolzano (Italia),

Raina A. Mercedes Echerer, residente in Vienna,

Markus Ferber, residente in Bobingen (Germania),

Francesco Fiori, residente in Voghera,

Evelyne Gebhardt, residente in Mulfingen (Germania),

Norbert Glante, residente in Werder/Havel (Germania),

Alfred Gomolka, residente in Greifswald (Germania),

Friedrich-Wilhelm Graefe zu Baringdorf, residente in Spenge (Germania), Lissy Gröner, residente in Neustadt (Germania),

Ruth Hieronymi, residente in Bonn (Germania),

Magdalene Hoff, residente in Hagen (Germania),

Georg Jarzembowski, residente in Amburgo (Germania),

Karin Jöns, residente in Brema (Germania),

Karin Junker, residente in Düsseldorf,

Othmar Karas, residente in Vienna,

Margot Keßler, residente in Kehmstedt (Germania),

Heinz Kindermann, residente in Strasburg (Germania),

Karsten Knolle, residente in Quedlinburg (Germania),

Dieter-Lebrecht Koch, residente in Weimar (Germania),

Christoph Konrad, residente in Bochum (Germania),

Constanze Krehl, residente in Lipsia (Germania),

Wilfried Kuckelkorn, residente in Bergheim (Germania),

Helmut Kuhne, residente in Soest (Germania),

Bernd Lange, residente in Hannover (Germania),

Kurt Lechner, residente in Kaiserslautern (Germania),

Jo Leinen, residente in Saarbrücken (Germania),

Rolf Linkohr, residente in Stoccarda (Germania),

Giorgio Lisi, residente in Rimini,

Erika Mann, residente in Bad Gandersheim (Germania),

Thomas Mann, residente in Schwalbach/Taunus (Germania),

Mario Mauro, residente in Milano,

Hans-Peter Mayer, residente in Vechta (Germania),

Winfried Menrad, residente in Schwäbisch Hall (Germania),

Peter-Michael Mombaur, residente in Düsseldorf,

Rosemarie Müller, residente in Nieder-Olm (Germania),

Hartmut Nassauer, residente in Wolfhagen (Germania),

Giuseppe Nistico, residente in Roma,

Willi Piecyk, residente in Reinfeld (Germania),

Hubert Pirker, residente in Klagenfurt (Austria),

Christa Randzio-Plath, residente in Amburgo,

Bernhard Rapkay, residente in Dortmund (Germania),

Mechtild Rothe, residente in Bad Lippspringe (Germania),

Dagmar Roth-Behrendt, residente in Berlino (Germania),

Paul Rübig, residente in Wels (Austria),

Umberto Scapagnini, residente in Catania,

Jannis Sakellariou, residente in Monaco di Baviera (Germania),

Horst Schnellhardt, residente in Langenstein (Germania),

Jürgen Schröder, residente in Dresda (Germania),

Martin Schulz, residente in Würselen (Germania),

Renate Sommer, residente in Herne (Germania),

Ulrich Stockmann, residente in Bad Kösen (Germania),

Maurizio Turco, residente in Pulsano,

Guido Viceconte, residente in Bari,

Ralf Walter, residente in Cochem (Germania),

Brigitte Wenzel-Perillo, residente in Lipsia,

Rainer Wieland, residente in Stoccarda,

Stefano Zappala, residente in Latina, e

Jürgen Zimmerling, residente in Essen (Germania), rappresentati dal sig. H.-J. Rabe, Rechtsanwalt,

 

ricorrenti,

 

 

 

avente ad oggetto il ricorso diretto all'annullamento della sentenza pronunciata dal Tribunale di primo grado delle Comunità europee (Quinta Sezione) il 26 febbraio 2002 nella causa T-17/00, Rothley e a./Parlamento (Racc. pag. II-579),

procedimento in cui le altre parti sono:

 

Parlamento europeo,

rappresentato dai sigg. J. Schoo e H. Krück, in qualità di agenti,

con domicilio eletto in Lussemburgo,

convenuto in primo grado,

 

Regno dei Paesi Bassi,

rappresentato dalla sig.ra H.G. Sevenster, in qualità di agente,

 

Repubblica francese,

 

Consiglio dell'Unione europea,

rappresentato dai sigg. M. Bauer e I. Díez Parra, in qualità di agenti,e

 

Commissione delle Comunità europee,

rappresentata dai sigg. H.-P. Hartvig e U. Wölker, in qualità di agenti, con domicilio eletto in Lussemburgo,

intervenienti in primo grado,

 

 

 

LA CORTE (seduta plenaria),

 

composta dai sigg. V. Skouris, presidente, P. Jann (relatore), C. Gulmann, J.N. Cunha Rodrigues e A. Rosas, presidenti di sezione, dai sigg. A. La Pergola, J.-P. Puissochet e R. Schintgen, dalle sig.re  F. Macken e N. Colneric e dal sig. S. von Bahr, giudici,

avvocato generale: sig. F.G. Jacobs
cancelliere: sig.ra M.-F. Contet, amministratore principale

sentite le difese orali svolte dalle parti all'udienza del 23 settembre 2003,

sentite le conclusioni dell'avvocato generale, presentate all'udienza del 20 novembre 2003,

ha pronunciato la seguente

 

 

Sentenza

 

 

1 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria della Corte il 3 maggio 2002 il sig. Rothley e altri 70 membri del Parlamento europeo (in prosieguo: i «ricorrenti»), ai sensi dell’art. 49 dello Statuto CE della Corte di Giustizia, hanno proposto ricorso avverso la sentenza del Tribunale di primo grado 26 febbraio 2002, causa T‑17/00, Rothley e a./Parlamento (Racc. pag. II‑579; in prosieguo: la «sentenza impugnata»), con la quale quest’ultimo giudice ha dichiarato irricevibile il loro ricorso diretto all’annullamento della decisione del Parlamento 18 novembre 1999, recante modifiche del suo regolamento (in prosieguo: l’«atto controverso»), in seguito all’adozione dell’accordo interistituzionale 25 maggio 1999 tra il Parlamento europeo, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione delle Comunità europee, relativo alle indagini interne svolte dall’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (GU L 136, pag. 15; in prosieguo: l’«accordo interistituzionale»).

 

Contesto normativo

 

2 Il 28 aprile 1999 la Commissione ha adottato la decisione 1999/352/CE, CECA, Euratom, che istituisce l’Ufficio europeo per la lotta antifrode (OLAF) (GU L 136, pag. 20).

 

3 L’art. 1, n. 3, del regolamento (CE) del Parlamento europeo e del Consiglio 25 maggio 1999, n. 1073, relativo alle indagini svolte dall’Ufficio per la lotta antifrode (OLAF) (GU L 136, pag. 1), dispone quanto segue:

«All’interno delle istituzioni, degli organi e degli organismi istituiti dai trattati o sulla base di questi ultimi (...), l’[OLAF] svolge le indagini amministrative volte a:

lottare contro la frode, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi finanziari della Comunità europea;

ricercare a tal fine i fatti gravi, connessi all’esercizio di attività professionali, che possono costituire un inadempimento agli obblighi dei funzionari e agenti delle Comunità, perseguibile in sede disciplinare o penale o un inadempimento agli obblighi analoghi dei membri delle istituzioni e degli organi, dei dirigenti degli organismi o del personale delle istituzioni, degli organi e degli organismi cui non si applica lo statuto».

 

4 L’art. 4 del regolamento n. 1073/1999 così prevede:

«1. Nei settori di cui all’articolo 1, l’[OLAF] svolge le indagini amministrative all’interno delle istituzioni, degli organi e degli organismi (...) denominate [dal presente regolamento] “le indagini interne”.

Tali indagini interne sono condotte nel rispetto delle norme dei trattati, in particolare del protocollo sui privilegi e sulle immunità, nonché dello statuto, alle condizioni e secondo le modalità stabilite dal presente regolamento nonché dalle decisioni adottate da ciascuna istituzione, organo od organismo. Le istituzioni si concertano sulla disciplina da istituire con tali decisioni.

2.   Nel rispetto delle disposizioni di cui al primo paragrafo:

 

– l’[OLAF] ha accesso senza preavviso e senza ritardo a qualsiasi informazione in possesso delle istituzioni, degli organi o degli organismi nonché ai locali dei medesimi. L’[OLAF] ha la facoltà di controllare la contabilità delle istituzioni, degli organi e degli organismi. L’[OLAF] può riprodurre e ottenere estratti di qualsiasi documento e del contenuto di qualsiasi supporto di dati in possesso delle istituzioni, degli organi e degli organismi ed all’occorrenza prendere possesso di questi documenti o informazioni per evitare qualsiasi rischio di sottrazione,

 

– l’[OLAF] può chiedere informazioni orali ai membri delle istituzioni e degli organi, ai dirigenti degli organismi, nonché al personale delle istituzioni, degli organi e degli organismi.

(...).

6.   Fatte salve le norme dei trattati, in particolare del protocollo sui privilegi e sulle immunità, nonché le disposizioni dello statuto, la decisione adottata da ogni istituzione, organo o organismo, di cui al primo paragrafo, contiene norme riguardanti in particolare:

 

a) l’obbligo per i membri, funzionari ed agenti delle istituzioni e degli organi, nonché per i dirigenti, funzionari e agenti degli organismi, di cooperare con gli agenti dell’[OLAF] e di informarli;

 

b) le procedure che gli agenti dell’[OLAF] devono osservare nell’esecuzione delle indagini interne nonché le garanzie dei diritti delle persone interessate da un’indagine interna».

 

5 L’art. 6, n. 6, del detto regolamento dispone quanto segue:

«(…) Le istituzioni e gli organi provvedono affinché i loro membri e il loro personale (...) forniscano agli agenti dell’[OLAF] il contributo necessario all’assolvimento dei loro compiti».

 

6 L’art. 9 dello stesso regolamento è formulato come segue:

«1. Al termine di un’indagine, l’[OLAF] redige sotto l’autorità del direttore una relazione che contiene in particolare i fatti accertati, l’eventuale indicazione del danno finanziario e le conclusioni dell’indagine, incluse le raccomandazioni del direttore dell’[OLAF] sui provvedimenti da prendere.

(...).

4.   La relazione redatta in seguito a un’indagine interna ed ogni documento utile ad essa pertinente sono trasmessi all’istituzione, all’organo o all’organismo interessato. Le istituzioni, gli organi e gli organismi danno alle indagini interne il seguito richiesto dalle risultanze ottenute, in particolare sul piano disciplinare e giudiziario, e ne informano il direttore dell’[OLAF] entro la scadenza fissata da quest’ultimo nelle conclusioni della sua relazione».

 

7 Ai sensi dell’art. 10, nn. 2 e 3, del regolamento n. 1073/1999:

«2. Fatti salvi gli articoli 8, 9 e 11 del presente regolamento, il direttore dell’[OLAF] trasmette alle autorità giudiziarie dello Stato membro interessato le informazioni raccolte dall’[OLAF] in occasione di indagini interne su fatti penalmente perseguibili. Fatte salve le esigenze di indagine, ne informa simultaneamente lo Stato membro interessato.

3.   Fatti salvi gli articoli 8 e 9 del presente regolamento, l’[OLAF] può trasmettere in qualsiasi momento all’istituzione, all’organo o all’organismo interessato le informazioni ottenute nel corso delle indagini interne».

 

8 Con l’accordo interistituzionale, il Parlamento, il Consiglio e la Commissione hanno convenuto «di adottare una disciplina comune che comprenda i provvedimenti esecutivi necessari per agevolare il regolare svolgimento delle indagini svolte dall’[OLAF] al loro interno», nonché «di avviare tale disciplina e di applicarla immediatamente con una decisione interna conforme al modello allegato al presente accordo e di non discostarsi da tale modello, se non quando particolari esigenze a loro proprie lo impongano per necessità tecniche».

 

9 L’atto controverso reca approvazione della decisione del Parlamento riguardante le condizioni e le modalità delle indagini interne in materia di lotta contro le frodi, la corruzione e ogni altra attività illecita lesiva degli interessi delle Comunità (in prosieguo: la «decisione del Parlamento riguardante le condizioni e le modalità delle indagini interne») e modifica, conseguentemente, il regolamento del Parlamento. La detta decisione, che figura all’allegato XI di tale regolamento, ricalca il modello di decisione allegato all’accordo interistituzionale, apportandovi alcuni adeguamenti.

 

10 L’art. 1, secondo comma, della decisione del Parlamento riguardante le condizioni e le modalità delle indagini interne dispone quanto segue:

«Fatte salve le pertinenti disposizioni dei trattati che istituiscono le Comunità europee, in particolare del protocollo sui privilegi e sulle immunità, nonché dei testi adottati per la loro applicazione, i deputati cooperano pienamente con l’[OLAF]».

 

11 Ai sensi dell’art. 2, quarto e quinto comma, della detta decisione:

«I deputati che vengono a conoscenza di fatti di cui al primo comma [conoscenza di elementi di fatto che facciano presumere l’esistenza di eventuali fatti di frode, di corruzione o ogni altra attività illecita lesiva degli interessi delle Comunità, oppure di fatti gravi, connessi all’esercizio di attività professionali, che possono costituire un inadempimento degli obblighi dei funzionari e degli agenti delle Comunità o del personale cui non si applica lo statuto, perseguibile in sede disciplinare e, se del caso, penale], ne informano il Presidente del Parlamento europeo oppure, se lo ritengono utile, direttamente l’[OLAF].

Il presente articolo si applica fatti salvi i requisiti di riservatezza stabiliti per legge o dal regolamento del Parlamento europeo».

 

12 L’art. 3 della stessa decisione enuncia che, «[p]revia richiesta del direttore dell’[OLAF], il servizio responsabile della sicurezza del Parlamento europeo assiste gli agenti dell’[OLAF] nell’esecuzione materiale delle indagini».

 

13 L’art. 4 della decisione del Parlamento riguardante le condizioni e le modalità delle indagini interne prevede che «[l]e norme relative all’immunità parlamentare e al diritto del deputato di non deporre restano immutate».

 

14 L’art. 5 è del seguente tenore:

«Qualora si manifesti la possibilità di coinvolgimento personale di un deputato (...), l’interessato viene prontamente informato, se ciò non rischia di pregiudicare l’indagine. In ogni caso non si può trarre alcuna conclusione, al termine dell’indagine, riguardante personalmente un deputato (...) senza aver dato modo all’interessato di esprimersi su tutti i fatti che lo concernono.

Nei casi in cui ai fini dell’indagine sia necessaria la massima segretezza e si debba ricorrere ai mezzi investigativi di competenza dell’autorità giudiziaria nazionale, l’esecuzione dell’obbligo di invitare il deputato (...) ad esprimersi, può essere differita con il consenso del Presidente (...)».


Sentenza impugnata

 

15 Con atto introduttivo depositato presso la cancelleria del Tribunale il 21 gennaio 2000, i ricorrenti hanno presentato, ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE, un ricorso diretto all’annullamento dell’atto controverso.

 

16 Con la sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato tale ricorso irricevibile in quanto l’atto controverso non riguarda individualmente i ricorrenti ai sensi della detta disposizione del Trattato CE.

 

17 Innanzi tutto, il Tribunale ha esposto le ragioni per le quali ha ritenuto che l’atto controverso costituisca un provvedimento di portata generale. A tale proposito, al punto 61 della sentenza impugnata, esso ha in particolare rilevato quanto segue:

«(…) la decisione controversa ha come oggetto generale quello di precisare le condizioni in cui il Parlamento coopera con l’OLAF per agevolare il regolare svolgimento delle indagini all’interno di tale istituzione. Conformemente a tale oggetto, essa prevede la situazione dei membri del Parlamento in quanto titolari di diritti e soggetti di doveri e comporta nei loro confronti disposizioni particolari nel caso, segnatamente, in cui venissero ad essere implicati in un’indagine svolta dall’OLAF o venissero a conoscenza di elementi di fatto che facciano presumere l’esistenza di eventuali fatti di frode, di corruzione o ogni altra attività illecita lesiva degli interessi delle Comunità, oppure di fatti gravi, connessi all’esercizio di attività professionali, che possono costituire un inadempimento perseguibile in sede disciplinare o penale. La decisione controversa riguarda indistintamente i membri del Parlamento in funzione al momento della sua entrata in vigore nonché qualsiasi altra persona che dovesse trovarsi successivamente ad esercitare le stesse funzioni. Così, essa si applica, senza limiti di tempo, a situazioni determinate oggettivamente e produce i suoi effetti giuridici nei confronti di categorie di persone configurate in modo generale ed astratto».

 

18 In secondo luogo, ai punti 63‑74 della sentenza impugnata, il Tribunale ha dichiarato quanto segue:

 

«63 Tuttavia, nella giurisprudenza della Corte è stato precisato che, in determinate circostanze, una disposizione di un atto di portata generale può riguardare individualmente taluni particolari interessati (sentenze della Corte 16 maggio 1991, causa C‑358/89, Extramet Industrie/Consiglio, Racc. pag. I‑2501, punto 13, e 18 maggio 1994, causa C‑309/89, Codorniu/Consiglio, Racc. pag. I‑1853, punto 19). In tale ipotesi, un atto comunitario può presentare, nel contempo, carattere normativo e, nei confronti di taluni particolari interessati, carattere decisionale (sentenza del Tribunale 13 dicembre 1995, cause riunite T‑481/93 e T‑484/93, Exporteurs in Levende Varkens e a./Commissione, Racc. pag. II‑2941, punto 50). Ciò avviene se l’atto di cui trattasi riguarda una persona fisica o giuridica a causa di determinate qualità personali ovvero di particolari circostanze atte a distinguerla dalla generalità (sentenza Codorniu/Consiglio, citata, punto 20).

 

64 Alla luce di tale giurisprudenza, occorre accertare se siffatte circostanze sussistano nel caso di specie e consentano di individuare i ricorrenti in modo analogo a quello in cui lo sarebbe il destinatario di una decisione.

 

65 In proposito, i ricorrenti hanno eccepito la loro qualità di membri del Parlamento in funzione al momento dell’adozione della decisione controversa per sostenere che essi appartengono ad un insieme ristretto di persone nominativamente individuabili. Tuttavia, il solo fatto che sia possibile determinare il numero o l’identità dei destinatari di un provvedimento non implica affatto che tali destinatari debbano considerarsi individualmente interessati da tale provvedimento, in quanto esso si applica loro a causa di una situazione obiettiva di diritto o di fatto, definita dall’atto in questione (v., ad esempio, sentenza della Corte 11 luglio 1968, causa 6/68, Zuckerfabrick Watenstedt/Consiglio, Racc. pag. 541, in particolare pag. 550, nonché ordinanze della Corte 23 novembre 1995, causa C‑10/95 P, Asocarne/Consiglio, Racc. pag. I-4149, punto 30, e CNPAAP/Consiglio, citata, punto 34).

 

66 Ora, come è stato in precedenza illustrato, la decisione controversa riguarda i ricorrenti solo a causa della loro appartenenza ad una categoria di destinatari definita in modo generale ed astratto. La decisione controversa non deriva dalla volontà del Parlamento di disciplinare una situazione specifica che sia propria dei ricorrenti. Questi ultimi non hanno d’altra parte sostenuto né fornito elementi che consentano di ritenere che l’adozione della decisione controversa modifichi la loro situazione giuridica e li riguardi in modo specifico rispetto agli altri membri del Parlamento.

 

67 Analogamente, il fatto di appartenere ad una delle due categorie di destinatari cui si rivolge la decisione controversa – e cioè, da una parte, l’insieme del personale statutario o meno del Parlamento e, dall’altra, i suoi membri – non è sufficiente per individuare i ricorrenti, giacché queste due categorie sono definite in modo generale e astratto (...).

(...)

 

71 Inoltre, occorre accertare se si applichi nel caso di specie la giurisprudenza in forza della quale sono ricevibili ricorsi di annullamento proposti contro un atto di natura normativa quando esisteva una disposizione di rango superiore che imponeva all’autore dell’atto di tener conto della situazione specifica della parte ricorrente (v., in tal senso, sentenze della Corte 17 gennaio 1985, causa 11/82, Piraiki-Patraiki e a./Commissione, Racc. pag. 207, punti 11‑32; 26 giugno 1990, causa C‑152/88, Sofrimport/Commissione, Racc. pag. I‑2477, punti 11‑13; 11 febbraio 1999, causa C‑390/95 P, Antillean Rice Mills e a./Commissione, Racc. pag. I‑769, punti 25‑30, e Tribunale 17 giugno 1998, causa T‑135/96, UEAPME/Consiglio, Racc. pag. II‑2335, punto 90).

 

72 Nel caso di specie, i ricorrenti hanno sostenuto, nel merito, che la decisione controversa pregiudica l’indipendenza e l’immunità loro conferite dal citato protocollo sui privilegi e sulle immunità delle Comunità europee. Cionondimeno, tale protocollo riguarda i membri del Parlamento solo in modo generale e non contiene alcuna disposizione che disciplini espressamente le indagini interne al Parlamento. (...)

 

73 Come il giudice del procedimento sommario ha potuto rilevare al punto 107 [dell’ordinanza 2 maggio 2000, causa T‑17/00 R,] Rothley e a./Parlamento [Racc. pag. II‑2085], non può escludersi a priori il rischio che l’OLAF compia, nell’ambito di un’indagine, un atto che violi l’immunità di cui godono i membri del Parlamento. Cionondimeno, anche ammettendo che si verifichi una circostanza del genere, ogni membro del Parlamento messo di fronte ad un atto di tal natura, che gli rechi pregiudizio, disporrebbe allora della tutela giurisdizionale e dei rimedi giuridici istituiti dal Trattato.

 

74 Comunque, l’esistenza di un siffatto rischio non può giustificare una modifica del sistema dei rimedi giuridici e dei procedimenti istituito dagli artt. 230 CE, 234 CE e 235 CE e diretto ad affidare [ai giudici comunitari] il controllo sulla legittimità degli atti delle istituzioni. Una circostanza del genere non consente in nessun caso di dichiarare ricevibile un ricorso d’annullamento proposto da una persona fisica o giuridica sprovvista dei requisiti stabiliti dall’art. 230, quarto comma, CE (ordinanze Asocarne/Consiglio, citata, punto 26, e CNPAAP/Consiglio, citata, punto 38)».


Sul ricorso avverso la sentenza del Tribunale di primo grado

 

19 I ricorrenti chiedono alla Corte di annullare la sentenza impugnata, di accogliere le loro conclusioni presentate in primo grado o, in alternativa, di rinviare la causa al Tribunale e di condannare il Parlamento alle spese dei due gradi di giudizio.

 

20 A sostegno della loro impugnazione essi deducono due motivi. Il Tribunale avrebbe, da un lato, violato l’art. 230, quarto comma, CE, dichiarando il loro ricorso irricevibile in quanto l’atto controverso non li avrebbe riguardati individualmente e, dall’altro, violato il principio del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva.

 

21 Il Parlamento, il Regno dei Paesi Bassi, il Consiglio e la Commissione chiedono il rigetto del ricorso, nonché la condanna dei ricorrenti alle spese.

 

Sul primo motivo

 

22 Il primo motivo dedotto dai ricorrenti è suddiviso in tre parti.

 

23 Con la prima parte di tale motivo, i ricorrenti sostengono che il Tribunale ha erroneamente ritenuto che la ricevibilità del loro ricorso fosse subordinata al requisito che l’atto controverso li riguardasse individualmente.

 

24 Secondo loro, si deduce infatti dai punti 67‑69 dell’ordinanza del presidente del Tribunale 25 novembre 1999, causa T‑222/99 R, Martinez e de Gaulle/Parlamento (Racc. pag. II‑3397), che, nel caso di una decisione del Parlamento la quale, così come l’atto controverso, superi l’ambito della mera organizzazione interna di tale istituzione e produca effetti diretti nei confronti dei suoi membri, questi ultimi sarebbero legittimati ad agire senza che occorra interrogarsi sulla questione se l’atto di cui trattasi li riguardi individualmente.

 

25 A tale proposito basta ricordare che, come emerge dallo stesso testo dell’art. 230, quarto comma, CE, nonché da una giurisprudenza costante, una persona fisica o giuridica è legittimata a chiedere l’annullamento di un atto che non costituisce una decisione di cui è la destinataria solo se tale atto la riguarda non solo direttamente, ma anche individualmente (v., in particolare, sentenza Piraiki-Patraiki e a./Commissione, cit., punto 5), di modo che l’interpretazione della detta disposizione non può condurre ad escludere tale ultimo requisito, espressamente previsto dal Trattato, senza eccedere le competenze attribuite da quest’ultimo ai giudici comunitari (v., in particolare, sentenza 25 luglio 2002, causa C‑50/00 P, Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, Racc. pag. I‑6677, punto 44).

 

26 Con la seconda parte del loro primo motivo, i ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto giudicando, ai punti 66 e 67 della sentenza impugnata, che la circostanza che essi appartengano ad un insieme ristretto ed esclusivo di persone nominativamente identificabili nella loro qualità di membri del Parlamento in funzione al momento dell’adozione dell’atto controverso non permette di concludere che questo li riguardi individualmente ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

 

27 A tale proposito occorre ricordare che, in base ad una giurisprudenza costante, la portata generale e, di conseguenza, la natura normativa di un atto non è posta in discussione dalla possibilità di determinare con maggiore o minor precisione il numero o persino l’identità dei soggetti di diritto cui si applica in un dato momento, fintantoché è pacifico che tale applicazione si compie in forza di una situazione oggettiva di diritto o di fatto, definita dall’atto in relazione con la finalità di quest’ultimo (v., in particolare, sentenze 24 febbraio 1987, causa 26/86, Deutz e Geldermann/Consiglio, Racc. pag. 941, punto 8, e Codorniu/Consiglio, cit., punto 18).

 

28 Per poter ritenere che il detto atto riguardi tali soggetti individualmente, occorre che essi siano colpiti nella loro posizione giuridica in ragione di determinate loro peculiari qualità, o di una circostanza di fatto che li distingue da chiunque altro e pertanto li identifica in modo analogo a quello di un destinatario (v., in particolare, citate sentenze Deutz e Geldermann/Consiglio, punto 9, e Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, punto 36).

 

29 Orbene, il Tribunale ha rilevato, al punto 61 della sentenza impugnata, che l’atto controverso ha come oggetto generale quello di precisare le condizioni in cui il Parlamento coopera con l’OLAF e che, conformemente a tale oggetto, esso fa riferimento alla situazione dei membri del Parlamento in quanto titolari di diritti e soggetti di doveri, riguardando a tale proposito indistintamente i membri del Parlamento in funzione al momento dell’entrata in vigore di tale atto, nonché qualsiasi altra persona che dovesse trovarsi successivamente ad esercitare le stesse funzioni. Esso ne ha dedotto a ragione che il detto atto si applica, senza limiti di tempo, a situazioni determinate oggettivamente e che produce i suoi effetti giuridici nei confronti di categorie di persone configurate in modo generale ed astratto.

 

30 Da quanto precede risulta che il Tribunale, giudicando, al punto 66 della sentenza impugnata – da leggersi in particolare alla luce del punto 61 della stessa –, che l’atto controverso riguarda i ricorrenti solo a causa della loro appartenenza ad una categoria di destinatari definita in modo generale ed astratto, senza incidere su di loro in modo specifico rispetto agli altri membri del Parlamento, non ha commesso alcun errore di diritto.

 

31 Con la terza parte del loro primo motivo, i ricorrenti sostengono che il Tribunale ha commesso un errore di diritto dichiarando, ai punti 72‑74 della sentenza impugnata, che non occorreva, nel caso specifico, applicare la giurisprudenza, menzionata al punto 71 della detta sentenza, secondo cui un ricorso avverso un atto di natura generale sarebbe ricevibile qualora una disposizione di rango superiore imponga al suo autore di tenere conto della situazione specifica di un ricorrente.

 

32 Secondo i ricorrenti, l’indipendenza dei membri del Parlamento nell’esercizio del loro mandato, l’immunità e l’obbligo del segreto d’ufficio che si impongono a questi ultimi nella loro qualità di membri di una commissione d’inchiesta costituirebbero altrettanti diritti di cui essi si trovano investiti in forza di disposizioni di rango costituzionale. Orbene, nei limiti in cui tali diritti di rango superiore siano violati sotto diversi aspetti dall’atto impugnato, i ricorrenti ritengono che essi sarebbero legittimati a contestare la legittimità di tale atto.

 

33 A tale proposito occorre sottolineare, innanzi tutto, che le sentenze dalla Corte menzionate al punto 71 della sentenza impugnata, di cui, secondo i ricorrenti, il Tribunale non ha tenuto conto, non erano assolutamente dirette a rimettere in discussione l’interpretazione dell’art. 230, quarto comma, CE richiamata al punto 28 della presente sentenza.

 

34 In tal senso, ai punti 5, 11 e 19 della citata sentenza Piraiki-Patraiki e a./Commissione, la Corte ha ammesso la ricevibilità del ricorso ad essa proposto solo dopo aver richiamato la detta interpretazione ed aver constatato, in particolare, che il fatto che i ricorrenti avessero stipulato, prima dell’adozione della decisione controversa, contratti il cui adempimento era previsto per i mesi nei quali questa è stata poi applicata, costituiva una situazione di fatto che li contraddistingueva rispetto a qualunque altra persona interessata da tale decisione, in quanto l’adempimento dei loro contratti era stato impedito, in tutto o in parte, dall’adozione di tale decisione.

 

35 Parimenti, avendo accertato che la legislazione comunitaria imponeva alla Commissione di tener conto, al momento dell’adozione del provvedimento controverso, della situazione specifica dei prodotti in corso di spedizione verso la Comunità, la Corte, al punto 11 della citata sentenza Sofrimport/Commissione, ha sottolineato che in tale situazione si trovavano esclusivamente taluni importatori di mele provenienti dal Cile, che costituivano pertanto un gruppo ristretto, sufficientemente individuato rispetto a tutti gli altri importatori di tali mele e che non poteva essere ampliato dopo l’entrata in vigore delle controverse misure di sospensione.

 

36 Infine, al punto 28 della citata sentenza Antillean Rice Mills e a./Commissione, la Corte ha in particolare ricordato che la tutela giurisdizionale di cui beneficia un soggetto in forza dell’art. 173, quarto comma, del Trattato CE (divenuto art. 230, quarto comma, CE) dev’essere determinata sulla base della specificità della situazione di tale soggetto rispetto a qualsiasi altra persona interessata.

 

37 Orbene, a tale proposito, è giocoforza rilevare che, alla luce in particolare delle considerazioni svolte ai punti 29 e 30 della presente sentenza, i ricorrenti, anche sotto l’aspetto dei diritti e dei doveri che caratterizzano il loro status e cui essi si richiamano, non si trovano in una situazione particolare che permetta di distinguerli dalle altre persone interessate dall’atto controverso, in quanto questo li riguarda e li colpisce solo in ragione della loro appartenenza ad una categoria di persone definita in modo generale ed astratto, ossia i membri, attuali o futuri, del Parlamento. Inoltre, contrariamente a quanto sostenuto dai detti ricorrenti e come correttamente affermato dal Tribunale al punto 67 della sentenza impugnata, una tale conclusione non è in alcun modo inficiata dalla circostanza che, nella fattispecie, l’atto contestato si applichi anche ad altre categorie di persone definite in modo generale ed astratto, quale l’insieme del personale statutario o meno del Parlamento.

 

38 Ne consegue che, dichiarando che non occorreva, nella fattispecie, applicare la giurisprudenza menzionata al punto 71 della sentenza impugnata, il Tribunale non ha commesso alcun errore di diritto.

 

39 Non essendo fondato in alcuna delle sue tre parti, il primo motivo dev’essere respinto.

 

Sul secondo motivo

 

Argomenti delle parti

 

40 Con il loro secondo motivo, i ricorrenti sostengono che, dichiarando il loro ricorso irricevibile, il Tribunale ha violato il principio del diritto ad una tutela giurisdizionale effettiva. In particolare, il Tribunale avrebbe erroneamente ritenuto, al punto 73 della sentenza impugnata, che, in caso di pregiudizio arrecato da un atto dell’OLAF all’immunità individuale di un membro del Parlamento, questi disporrebbe della tutela giurisdizionale e dei rimedi giuridici istituiti dal Trattato.

 

41 A tale proposito essi fanno valere, innanzi tutto, che gli obblighi dei membri del Parlamento di informare l’OLAF e di cooperare con questo, nonché l’obbligo che impone loro di tollerare l’intervento dell’OLAF, obblighi derivanti dall’atto controverso, sarebbero direttamente vincolanti nei loro confronti, senza bisogno di un atto di esecuzione, impugnabile.

 

42 In secondo luogo, i poteri di indagine dell’OLAF verrebbero esercitati direttamente in forza dell’art. 4, n. 2, del regolamento n. 1073/1999, senza che sia richiesta l’adozione di atti idonei a formare oggetto di un ricorso. La trasmissione dei risultati delle indagini realizzate dall’OLAF sarebbe parimenti effettuata direttamente, ai sensi degli artt. 9 e 10 del regolamento n. 1073/1999, senza che esista alcuna possibilità di ricorso. Inoltre, essendo l’OLAF totalmente indipendente dalla Commissione, quest’ultima, secondo i ricorrenti, non potrebbe adottare un atto relativo all’attività di tale ufficio di natura tale da formare l’oggetto di un ricorso di annullamento.

 

43 In terzo luogo, i vizi che dovessero eventualmente inficiare le misure adottate dall’OLAF non potrebbero essere messi successivamente in discussione nemmeno nell’ambito di un procedimento nazionale facente seguito ad un’indagine di quest’ultimo, in quanto le autorità giudiziarie nazionali sarebbero sprovviste di qualsiasi competenza a sindacare tali misure, seppure in occasione del controllo delle decisioni prese dalle autorità nazionali. Del resto, queste ultime non sarebbero competenti ad adottare atti relativi all’attività dell’OLAF e non sarebbero nemmeno chiamate ad adottare misure fondate su norme comunitarie relative a tale attività.

 

44 Secondo i ricorrenti, la circostanza che essi si trovino così sprovvisti di qualsiasi possibilità di far valere l’invalidità dell’atto controverso, vuoi in via incidentale dinanzi al giudice comunitario, in forza dell’art. 241 CE, vuoi dinanzi ai giudici nazionali, inducendo questi ultimi a rivolgersi al riguardo alla Corte in via pregiudiziale, avrebbe dovuto condurre il Tribunale a dichiarare il loro ricorso ricevibile. Facendo ciò, quest’ultimo, contrariamente a quanto affermato al punto 74 della sentenza impugnata, non avrebbe operato una modifica dei rimedi giuridisdizionali previsti dal Trattato, ma avrebbe semplicemente interpretato correttamente l’art. 230, quarto comma, CE, alla luce del principio della tutela giurisdizionale effettiva (v. sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit., punti 40 e 44).

 

45 Precisamente, i ricorrenti sostengono che, al fine di tener conto delle implicazioni del detto principio, il Tribunale avrebbe dovuto estendere l’interpretazione vigente del requisito prescritto dall’art. 230, quarto comma, CE, e dichiarare che una misura comunitaria generale riguarda individualmente un soggetto, vuoi allorché, in ragione della sua situazione, tale misura lede o è suscettibile di ledere i suoi interessi in maniera sostanziale, vuoi allorché tale misura lo pregiudica incontestabilmente ed attualmente, limitando i suoi diritti o imponendogli obblighi.

 

Giudizio della Corte

 

46 Occorre ricordare, in via preliminare, che, con i suoi artt. 230 CE e 241 CE, da un lato, e con il suo art. 234 CE, dall’altro, il Trattato ha istituito un sistema completo di rimedi giurisdizionali e di procedure inteso a garantire il controllo della legittimità degli atti delle istituzioni, affidandolo al giudice comunitario. Nell’ambito di tale sistema, le persone fisiche o giuridiche, non potendo, a causa dei requisiti di ricevibilità di cui all’art. 230, quarto comma, CE, impugnare direttamente atti comunitari di portata generale, hanno la possibilità, a seconda dei casi, di far valere l’invalidità di tali atti, vuoi in via incidentale in forza dell’art. 241 CE, dinanzi al giudice comunitario, vuoi dinanzi ai giudici nazionali, inducendo questi ultimi, che non sono competenti ad accertare direttamente l’invalidità di tali atti, a rivolgersi al riguardo alla Corte in via pregiudiziale (sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit., punto 40, e giurisprudenza ivi cit.).

 

47 Come ricordato al punto 25 della presente sentenza, la Corte ha inoltre dichiarato che, in base al sistema di controllo della legittimità istituito dal Trattato, una persona fisica o giuridica può presentare un ricorso contro un regolamento solo qualora essa sia interessata non solo direttamente, ma anche individualmente da tale atto. Se è vero che quest’ultimo requisito dev’essere interpretato alla luce del principio di una tutela giurisdizionale effettiva tenendo conto delle diverse circostanze atte a contraddistinguere un ricorrente, tale interpretazione non può condurre ad escludere il requisito di cui trattasi, espressamente previsto dal Trattato, senza eccedere le competenze attribuite da quest’ultimo ai giudici comunitari (sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit., punto 44, e giurisprudenza ivi cit.).

 

48 Nella fattispecie, occorre rilevare che nulla permette di ritenere che i ricorrenti sarebbero privi di tutela giurisdizionale effettiva ove non fosse loro consentito di adire il giudice comunitario con un ricorso diretto all’annullamento dell’atto impugnato.

 

49 Infatti, da un lato, occorre rilevare che, come hanno fatto valere il Parlamento e la Commissione, nonché l’avvocato generale al paragrafo 56 delle sue conclusioni, le disposizioni dell’atto controverso relative alla cooperazione con l’OLAF o all’informazione di questo mirano, qualunque sia la loro esatta portata, ad imporre obblighi ai membri del Parlamento, di modo che spetta a questi ultimi, in primo luogo, in ciascun caso concreto, dare effetto a tali obblighi oppure non sottomettervisi se sono convinti di essere legittimati a farlo senza violare il diritto comunitario. Se, in un caso concreto, un membro del Parlamento opta per tale ultimo comportamento, gli eventuali atti ulteriori, di natura disciplinare, che il Parlamento dovesse adottare nei confronti di tale membro e che dovessero arrecargli pregiudizio potranno, in linea di principio, essere oggetto di un controllo giurisdizionale.

 

50 Per quanto riguarda, dall’altro lato, le diverse misure che l’OLAF potrebbe essere indotto ad adottare nell’esercizio dei suoi poteri d’indagine, nulla permette di ritenere, contrariamente a quanto sostenuto dai ricorrenti, che, nel caso tali misure riguardino, in particolare, l’uno o l’altro dei membri del Parlamento, questi ultimi siano privi di qualsiasi tutela giurisdizionale effettiva contro le dette misure. A tale proposito non appare né possibile né necessario, nell’ambito della presente causa, procedere all’esame di tutti i casi che potrebbero verificarsi. Tuttavia, occorre ricordare che, come giustamente rilevato dall’avvocato generale al paragrafo 62 delle sue conclusioni, le norme che determinano la competenza dei giudici comunitari, sia che si tratti della presentazione di un ricorso diretto dinanzi ad essi o di un rinvio pregiudiziale alla Corte da parte di un giudice nazionale, vanno interpretate in particolare alla luce del principio di una tutela giurisdizionale effettiva (sentenza Unión de Pequeños Agricultores/Consiglio, cit., punti 41, 42 e 44).

 

51 Ad ogni modo, la circostanza che un tale controllo giurisdizionale intervenga a posteriori non è tale da rimettere in discussione le constatazioni svolte dal Tribunale ai punti 73 e 74 della sentenza impugnata. Infatti, come constatato da quest’ultimo, il rischio che l’OLAF compia, nell’ambito di un’indagine, un atto che violi l’immunità di cui godono tutti i membri del Parlamento, non può giustificare una modifica del sistema dei rimedi giurisdizionali e delle procedure istituito dal Trattato e diretto ad affidare ai giudici comunitari il controllo sulla legittimità degli atti delle istituzioni.

 

52 Dall’insieme delle considerazioni sin qui svolte risulta che legittimamente il Tribunale, senza violare il principio della tutela giurisdizionale effettiva, ha dichiarato il ricorso irricevibile poiché l’atto impugnato non riguarda i ricorrenti individualmente ai sensi dell’art. 230, quarto comma, CE.

 

53 Ne consegue che il secondo motivo non può essere accolto.

 

54 Poiché i due motivi dedotti dai ricorrenti a sostegno del loro ricorso non sono fondati, quest’ultimo dev’essere integralmente respinto.


Sulle spese

 

55 L’art. 122, primo comma, del regolamento di procedura prevede che, quando l’impugnazione è respinta, la Corte statuisce sulle spese. Ai sensi dell’art. 69, n. 2, dello stesso regolamento, applicabile al procedimento di impugnazione ai sensi dell’art. 118 dello stesso, la parte soccombente è condannata alle spese se ne è stata fatta domanda. Il n. 4, primo comma, del detto art. 69 dispone che gli Stati membri e le istituzioni intervenuti nella causa sopportano le proprie spese.

 

56 Poiché il ricorso è stato respinto, occorre condannare i ricorrenti a sopportare le proprie spese, nonché quelle sostenute dal Parlamento, conformemente alle conclusioni in tal senso di quest’ultimo. Occorre d’altronde disporre che il Regno dei Paesi Bassi, il Consiglio e la Commissione sopportano le proprie spese.

 

Per questi motivi, la Corte (in seduta plenaria)

 

dichiara e statuisce:

 

 

1) Il ricorso è respinto.

 

2) I ricorrenti sopportano le proprie spese, nonché quelle esposte dal Parlamento europeo.

 

3) Il Regno dei Paesi Bassi, il Consiglio dell’Unione europea e la Commissione delle Comunità europee sopportano le proprie spese.

 

 

                    (Seguono le firme)