Alta Corte per la
Regione siciliana
Decisione 30 aprile 1952
- 18 novembre 1952, n. 56
sul ricorso del Commissario dello Stato
contro la legge approvata dall’Assemblea regionale il 4 aprile 1952,
concernente «Istituzione dell’albo regionale degli appaltatori di opere
pubbliche »
Presidente: SCAVONETTI; Relatore: FINOCCHIARO APRILE; P. M.: EULA. — Commissario Stato (Avv. St. ARIAS) - Regione Siciliana (Avv. CACOPARDO).
L’Assemblea regionale siciliana nella sua adunanza del 4 aprile 1952 approvò una legge concernente l’istituzione dell’albo regionale degli appaltatori di opere pubbliche.
La legge è divisa in quattro capitoli e ventinove articoli. Con il primo di questi si prevede l’istituzione presso l’Assessorato dei lavori pubblici di un albo regionale degli appaltatori di opere pubbliche con apposita sezione per le cooperative. L’iscrizione all’albo è obbligatoria (art. 2) per concorrere agli appalti d’importo superiore a lire cinquemilioni, concessi dalle amministrazioni pubbliche della Regione, quando gli appalti non siano affidati dallo Stato per opere pubbliche di sua competenza. Ai fini dell’applicazione della legge fra le amministrazioni pubbliche si debbono comprendere (art. 28) gli enti ed istituti pubblici anche consortili che operano nel territorio della Regione. Viene precisato in quali casi le amministrazioni predette possono rivolgersi anche ad imprese che non figurano nell’albo e sono stabilite le modalità (artt. 3-4) con cui le ditte in esse iscritte e quelle che hanno in corso domanda d’iscrizione possono partecipare alle gare. Con l’art. 5 si ammettono alle gare d’appalto anche le imprese iscritte nell’albo nazionale, ferme restando, per le imprese non aventi sede nel territorio della Regione, le limitazioni previste dall’art. 2 della legge 30 marzo 1942, n. 511.
Gli artt.
Il Commissario dello Stato ha impugnato la legge per illegittimità costituzionale sotto un duplice aspetto:
a) violazione dell’art. 14 dello Statuto siciliano il quale alla lettera g) riconosce all’Assemblea regionale la legislazione esclusiva in materia di lavori pubblici, eccettuate le grandi opere pubbliche d’interesse prevalentemente nazionale. Si può contestare, afferma il Commissario dello Stato, che tale disposizione avente carattere eccezionale e quindi da interpretarsi in senso restrittivo, possa estendersi anche a quanto forma oggetto della legge in esame, comunque è certo che questa ne ecceda i limiti.
Infatti, per il combinato disposto degli artt. 2 e 28 della legge,
eccezione fatta per lo Stato, essa dovrebbe trovare applicazione nei riguardi
di tutti gli enti ed istituti pubblici che operano nel territorio della Regione
e quindi anche di quelli, come
b) violazione dell’art. 120
della Costituzione che, all’ultimo comma, esplicitamente dichiara che
L’Alta Corte osserva:
IN DIRITTO
Il primo mezzo del ricorso consta di due parti distinte.
Con la prima si denunzia la illegittimità costituzionale sotto l’aspetto di incompetenza per materia, in quanto la legge impugnata, nel determinare l’ambito di estensione delle norme dettate avrebbe
sconfinato dai limiti che l’art. 14 dello Statuto pone alla potestà normativa esclusiva della Regione Siciliana.
Con la seconda parte del primo mezzo si denunzia l’incompetenza per materia, attinente al contenuto, in quanto gli appalti, l’istituzione degli albi degli appaltatori ed altri oggetti ai quali la legge si riferisce non sarebbero compresi nella materia dei lavori pubblici.
La doglianza contenuta nella prima parte del primo mezzo è fondata.
L’art.2 della legge, in relazione con l’art. 28, significa chiaro che la legge
dovrebbe trovare applicazione per tutti gli appalti di lavori pubblici,
concessi da enti ed istituti operanti nel territorio della Regione; quindi,
anche per quelli tra essi che eseguono grandi opere d’interesse prevalentemente
nazionale. Giova, a questo proposito, ricordare che l’art. 14, alla lettera g)
esclude dalla potestà esclusiva dell’Assemblea regionale le grandi opere
pubbliche di interesse nazionale. Si tratta di una esclusione non di carattere subbiettivo, ma obiettivo, così come risponde ad un
criterio del tutto obiettivo la elencazione di queste opere contenute nel noto
decreto legislativo del Presidente della Repubblica che ha emanato disposizioni
in questa materia, elencazione che prescinde dalla natura giuridica e dalla
soggettività degli enti appaltanti. E l’obiettività dell’eccezione contenuta
nella lettera g) dell’art. 14 è nel senso che l’Assemblea regionale non ha
potestà normativa per le grandi opere pubbliche di interesse prevalentemente
nazionale,qualunque sia l’organo destinato a predisporle e a farle eseguire; sia
esso lo Stato, sia una qualche particolare amministrazione alla quale quel
compito fosse demandato. Non basta, quindi, escludere dal potere normativo
della Regione, ai fini degli appalti, le grandi opere pubbliche d’interesse
prevalentemente nazionale ordinate dallo Stato e da eseguirsi per suo conto, dappoiché vi sono e vi possono essere opere del genere,
delle quali l’iniziativa, il finanziamento, la costruzione rientrano
nell’attività specifica di ordini diversi dallo Stato, pur essendone
emanazione, come appunto
Risulta da ciò una invasione dell’Assemblea regionale nel campo di attività legislativa espressamente riservata allo Stato, e pertanto le disposizioni degli artt. 2 e 28 sono, nella loro attuale formulazione, costituzionalmente illegittime in quanto s’impone l’iscrizione nell’albo regionale anche per concorrere agli appalti da concedersi in Sicilia da enti ed istituti diversi dallo Stato per tali grandi opere di interesse prevalentemente nazionale.
Infondata è invece la doglianza contenuta nella seconda parte del primo mezzo. Non può ammettersi, infatti, che la materia degli appalti e degli albi degli appaltatori non sia compresa, come pretende il Commissario dello Stato, in quella dei lavori pubblici. Con questa dizione, alquanto ampia e generica, si è voluto non indicare soltanto le opere pubbliche in sé stesse, cioè in senso stretto, cosa che sarebbe stata improducente, ma si è voluto abbracciare tutto quanto direttamente e indirettamente si riferisce a lavori pubblici, così come avviene in campo nazionale. Ed è ovvio che la disciplina degli appalti ed il regolamento dell’attività di coloro che questi appalti sono chiamati ad eseguire non possa non rientrare nella categoria denominata dei lavori pubblici. La potestà legislativa esclusiva della Regione in materia di lavori pubblici va dunque estesa anche agli appalti, agli albi degli appaltatori e in genere a tutto quel che si attiene ai lavori pubblici, riconoscendosi all’Assemblea regionale il potere di legiferare in proposito nei limiti segnati dall’art. 14 lett. g).
Infondato è anche il secondo mezzo del ricorso. L’Alta Corte ritiene che l’applicabilità alla Sicilia dell’art.120 della Costituzione non può revocarsi in dubbio, in quanto detto articolo formula principi fondamentali, di generale interesse, efficaci e validi per tutto il territorio nazionale; quindi alla Sicilia, come per le altre regioni a statuto speciale. Ammessa l’applicabilità alla Sicilia dell’art. 120, deve riconoscersi che esso non è stata violato dalla legge impugnata, la quale non ha urtato contro il sancito dovere della Regione di non limitare il diritto dei cittadini di esercitare in qualunque parte del territorio nazionale la loro professione, impiego o lavoro.
I requisiti di idoneità degli appaltatori, in relazione ai lavori pubblici, possono naturalmente variare da regione a regione e costituiscono materia della potestà normativa regionale che può essere esercitata diversamente da quella dello Stato. D’altra parte, per aversi la violazione dell’art. 120 della Costituzione, la legge impugnata avrebbe dovuto aggiungere nuovi limiti a quelli posti dallo Stato nel senso che i cittadini abilitati in campo nazionale a concorrere agli appalti, non possono concorrere a quelli banditi dalla Regione. Ciò non è, dappoiché l’art. 5 abilita gli iscritti nell’albo nazionale a concorrere agli appalti regionali. Nella legge impugnata non vi è che una facilitazione a favore degli appaltatori iscritti nell’albo regionale, senza che per ciò venga minorata la posizione giuridica degli appaltatori iscritti nell’albo nazionale, posizione che è riconosciuta. Né per l’iscrizione nell’albo regionale si prescrive l’obbligo della residenza dell’appaltatore in Sicilia. La facilitazione concessa agli appaltatori iscritti nell’albo regionale viene quindi ad estendersi a tutti i cittadini dello Stato, tutti potendo iscriversi all’albo regionale, avendo uguale diritto. Il secondo mezzo del ricorso va pertanto rigettato.
P. Q. M.
L’Alta Corte dichiara la illegittimità costituzionale degli art. 2 e 28 della legge impugnata, nella loro attuale formulazione, e, limitatamente a ciò, accoglie il ricorso del Commissario dello Stato.