Sentenza n. 59 del 2023

SENTENZA N. 59

ANNO 2023

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge della Regione Puglia 4 marzo 2022, n. 3, recante «Modifiche alla legge regionale 6 agosto 2021, n. 29 (Disciplina dell’enoturismo), modifiche alla legge regionale 20 dicembre 2017, n. 59 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma, per la tutela e la programmazione delle risorse faunistico-ambientali e per il prelievo venatorio) e modifica alla legge regionale 30 novembre 2021, n. 39 (Modifiche alla legge regionale 31 maggio 1980, n. 56 (Tutela ed uso del territorio), disposizioni in materia urbanistica, modifica alla legge regionale 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali di governo e uso del territorio), modifica alla legge regionale 6 agosto 2021, n. 25 (Modifiche alla legge regionale 11 febbraio 1999, n. 11 – Disciplina delle strutture ricettive ex artt. 5, 6 e 10 della legge 17 maggio 1983, n. 217 delle attività turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione e delle associazioni senza scopo di lucro” e disposizioni varie) e disposizioni in materia di derivazione acque sotterranee», promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 6 maggio 2022, depositato in cancelleria l’11 maggio 2022, iscritto al n. 30 del registro ricorsi 2022 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 21, prima serie speciale, dell’anno 2022.

Visto l’atto di costituzione della Regione Puglia;

udita nell’udienza pubblica del 7 febbraio 2023 la Giudice relatrice Daria de Pretis;

uditi l’avvocato dello Stato Fabrizio Urbani Neri per il Presidente del Consiglio dei ministri e l’avvocato Anna Bucci per la Regione Puglia;

deliberato nella camera di consiglio del 7 febbraio 2023.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso depositato l’11 maggio 2022 e iscritto al n. 30 del registro ricorsi 2022 il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge della Regione Puglia 4 marzo 2022, n. 3, recante «Modifiche alla legge regionale 6 agosto 2021, n. 29 (Disciplina dell’enoturismo), modifiche alla legge regionale 20 dicembre 2017, n. 59 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma, per la tutela e la programmazione delle risorse faunistico-ambientali e per il prelievo venatorio) e modifica alla legge regionale 30 novembre 2021, n. 39 (Modifiche alla legge regionale 31 maggio 1980, n. 56 (Tutela ed uso del territorio), disposizioni in materia urbanistica, modifica alla legge regionale 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali di governo e uso del territorio), modifica alla legge regionale 6 agosto 2021, n. 25 (Modifiche alla legge regionale 11 febbraio 1999, n. 11 – Disciplina delle strutture ricettive ex artt. 5, 6 e 10 della legge 17 maggio 1983, n. 217 delle attività turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione e delle associazioni senza scopo di lucro” e disposizioni varie) e disposizioni in materia di derivazione acque sotterranee».

La disposizione impugnata ha sostituito il comma 1 dell’art. 4 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021 con il seguente: «Nell’ambito dei procedimenti di cui all’articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160 (Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, ai sensi dell’articolo 38, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) e della deliberazione della Giunta regionale 11 dicembre 2018, n. 2332, per ampliamento delle attività produttive si intende l’aumento, di qualsivoglia percentuale, della dimensione dell’attività già esistente, in termini di superficie coperta o di volume».

Nel testo in vigore anteriormente alla sua sostituzione, lo stesso comma 1 dell’art. 4 così disponeva: «L’ampliamento delle attività produttive di cui all’articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica del 7 settembre 2010, n. 160 (Regolamento per la semplificazione e il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, ai sensi dell’articolo 38, comma 3, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008) e alla deliberazione della Giunta regionale 11 dicembre 2018, n. 2332, non è soggetto a limitazioni di superficie coperta e di volume».

1.1.– Il Presidente del Consiglio dei ministri premette di avere impugnato, con il distinto ricorso iscritto al n. 9 del registro ricorsi 2022, il citato previgente comma 1 dell’art. 4 e osserva che sul contenuto di quest’ultimo non avrebbero sostanzialmente inciso le modifiche apportate dalla legge reg. Puglia n. 3 del 2022, sicché la norma sostitutiva presenterebbe gli stessi profili di illegittimità costituzionale di quella sostituita.

Anche il nuovo comma 1 consentirebbe infatti, attraverso il modello procedimentale della conferenza di servizi convocata dal responsabile dello Sportello unico per le attività produttive (SUAP), l’ampliamento delle attività produttive senza limitazioni di superficie coperta e di volume nei casi in cui lo strumento urbanistico comunale non individui aree destinate all’insediamento di impianti produttivi o individui aree insufficienti, e ciò ai sensi dell’art. 8 del d.P.R. n. 160 del 2010.

1.1.1.– Anche la disposizione qui impugnata violerebbe dunque, in primo luogo, l’art. 117, terzo comma, della Costituzione, ponendosi in contrasto con i principi fondamentali della materia «governo del territorio» espressi, secondo il ricorrente, dalle seguenti norme:

a) l’art. 41-quinquies, commi ottavo e nono, della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica) e il decreto del Ministro dei lavori pubblici 2 aprile 1968, n. 1444 (Limiti inderogabili di densita` edilizia, di altezza, di distanza fra i fabbricanti e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli esistenti, ai sensi dell’art. 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765), che fissa non solo i rapporti massimi tra gli spazi destinati agli insediamenti residenziali e produttivi e gli spazi pubblici o riservati alle attività collettive, a verde pubblico o a parcheggio (artt. 3 e 5), ma anche i limiti inderogabili di densità edilizia (art. 7), di altezza degli edifici (art. 8) e di distanza dei fabbricati (art. 9) da osservare per le diverse zone territoriali omogenee;

b) l’art. 3, comma 1, lettera e.1), del d.P.R. 6 giugno 2001, n. 380, recante «Testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia. (Testo A)», ai sensi del quale sono comunque da considerare come interventi di nuova costruzione «la costruzione di manufatti edilizi fuori terra o interrati, ovvero l’ampliamento di quelli esistenti all’esterno della sagoma esistente», con la conseguenza che gli interventi di ampliamento non potrebbero prescindere dall’incremento percentuale dei volumi e delle suddette superfici.

1.1.2.– L’art. 10 della legge reg. Puglia n. 3 del 2022 violerebbe, inoltre, gli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., nonché il principio di leale collaborazione, ponendosi in contrasto con l’art. 145, comma 5, del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), in quanto l’introduzione di procedure semplificate per l’approvazione delle varianti urbanistiche sottrarrebbe gli ampliamenti delle attività produttive alla procedura di adeguamento degli strumenti urbanistici e delle loro varianti alla pianificazione paesaggistica, disciplinata dall’art. 97 delle norme tecniche di attuazione (NTA) del piano paesaggistico territoriale regionale (PPTR), che prevede la partecipazione del Ministero della cultura (già per i beni e le attività culturali).

1.1.3.– Infine, sarebbero violati anche gli artt. 3 e 97 Cost., per lesione del principio di ragionevolezza, in quanto la norma impugnata, avente natura interpretativa, introdurrebbe retroattivamente e senza giustificazione «una “sanatoria”, non soltanto degli interventi realizzati in applicazione del già impugnato art. 4, comma 1, LR n. 39 del 2021, ma anche di quelli effettuati prima dell’entrata in vigore di quest’ultima disposizione».

2.– Con atto depositato il 6 giugno 2022 si è costituita in giudizio la Regione Puglia, che ha concluso per l’inammissibilità e comunque per la non fondatezza delle questioni.

2.1.– Le questioni sarebbero preliminarmente inammissibili per difetto di specifica motivazione. Non sarebbero indicati, infatti, i termini concreti in cui la disposizione impugnata violerebbe i parametri costituzionali invocati (di cui la resistente deduce comunque l’inconferenza) e le norme richiamate a parametro interposto, né sarebbe chiarito in cosa consisterebbe il vulnus arrecato al paesaggio, posto che in Puglia è stato già approvato il PPTR codeciso con lo Stato e che il legislatore regionale non intenderebbe derogare a esso.

2.2.– Nel merito, sostiene la Regione che il ricorrente muove da un’erronea lettura della disposizione impugnata. Questa si limiterebbe a prevedere che, nei procedimenti semplificati «di variante speciale» di cui all’art. 8 del d.P.R. n. 160 del 2010 e alla «DGR n. 2332/2018», per ampliamento delle attività produttive si intende l’aumento di qualsiasi percentuale della dimensione dell’attività esistente in termini di superficie coperta o di volume, senza consentire o autorizzare nulla, come confermato dall’assenza in essa di espressioni quali «è consentito l’ampliamento» oppure «l’ampliamento non è soggetto a limitazioni» o simili.

L’art. 10 in esame avrebbe dunque il solo scopo di precisare che la nozione di «ampliamento», nell’ambito dei richiamati procedimenti, prescinde «dalla “quantità” dell’incremento percentuale dei volumi e delle superfici coperte».

Sul punto la Regione osserva che ai sensi della richiamata deliberazione della Giunta regionale dell’11 dicembre 2018, n. 2332 (Atto di indirizzo e coordinamento per l’applicazione dell’art. 8 del D.P.R. n. 160/2010 “Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive”. Modifiche e integrazioni alla d.G.R. 22 novembre 2011, n. 2581):

a) per «ampliamento» dell’attività produttiva soggetta al procedimento di cui all’art. 8 del d.P.R. n. 160 del 2010, finalizzato all’approvazione semplificata di una variante allo strumento urbanistico, si intende «l’aumento della dimensione dell’attività in atto sino al limite massimo del 100% dell’esistente superficie coperta e volume»;

b) «[n]ei casi di ampliamento, così come nei soli casi di interventi consistenti nella cessazione/riattivazione o nella ristrutturazione dell’attività produttiva preesistente, non è necessaria la verifica circa la sussistenza del requisito della insufficienza delle aree».

Gli ampliamenti così definiti potrebbero dunque formare oggetto del citato procedimento – avente carattere eccezionale e derogatorio, secondo la giurisprudenza amministrativa – a prescindere dalla verifica del presupposto, stabilito dalla medesima disposizione, dell’insufficienza nello strumento urbanistico di aree idonee all’insediamento degli impianti. La ricordata limitazione dell’aumento della dimensione dell’attività produttiva al 100 per cento della superficie coperta e del volume preesistenti imporrebbe tuttavia, nei casi di aumenti anche di poco superiori, la rigorosa verifica del presupposto dell’assenza o dell’insufficienza di aree idonee nello strumento urbanistico, stante che tali interventi non potrebbero essere qualificati come ampliamenti di attività già in essere.

Adottando la disposizione impugnata, il legislatore regionale avrebbe dunque inteso «allineare la fattispecie di intervento in esame alla norma statale (appunto l’art. 8 del DPR n. 160/2010)», che non differenzia le diverse ipotesi di ampliamento a seconda della misura dell’incremento volumetrico o di superficie. La disposizione impugnata non consentirebbe perciò ex se l’ampliamento di insediamenti produttivi senza limiti di superficie coperta e di volume, bensì introdurrebbe «un uniforme trattamento [affinché] gli interventi proposti in ampliamento relativi ai procedimenti SUAP vengano considerati tali, ossia interventi di ampliamento, indipendentemente dalla misura percentuale di incremento volumetrico o di superficie, e come tali sottoposti ad esame istruttorio ed alle opportune valutazioni discrezionali».

2.2.1.– Alla luce di tali considerazioni, non sarebbe violato l’art. 117, terzo comma, Cost. L’art. 10 in esame non comporterebbe alcuna deroga agli standard di cui al d.m. n. 1444 del 1968, restando ferma la necessità, anche per gli ampliamenti delle attività produttive – di qualsiasi entità – delle verifiche istruttorie finalizzate al rilascio del titolo abilitativo, che di tali standard presuppone il rispetto.

La disposizione stessa non inciderebbe inoltre sulla qualificazione degli interventi edilizi e dei relativi titoli abilitativi, limitandosi a specificare che, «ai meri fini dell’applicazione della DGR n. 2332/2018 nell’ambito dei procedimenti di cui all’art. 8 DPR n. 160/2010», gli ampliamenti si intendono tali a prescindere dai requisiti dimensionali previsti dalla stessa deliberazione della Giunta regionale n. 2332 del 2018, onde «integrare gli indirizzi per i SUAP […], allineandoli alla normativa statale».

Non sarebbero conferenti le considerazioni svolte nel ricorso sulla nozione di ampliamento ai sensi del testo unico dell’edilizia, in quanto la disposizione impugnata riguarderebbe esclusivamente le varianti urbanistiche assoggettabili al procedimento speciale di cui all’art. 8 del d.P.R. n. 160 del 2010.

2.2.2.– Neppure sussisterebbe la lamentata illegittima sottrazione delle varianti di cui all’art. 8 del d.P.R. n. 160 del 2010 alla procedura di adeguamento degli strumenti urbanistici al PPTR disciplinata dall’art. 97 delle relative NTA, che prevede la partecipazione dei competenti organi statali. Tali varianti specifiche, introdotte dalla normativa statale e riferite a singoli ambiti, non sarebbero assoggettabili alla descritta procedura di adeguamento, che riguarda invece lo strumento urbanistico generale, e – in assenza di deroghe espresse alla disciplina paesaggistica – dovrebbero essere comunque autorizzate ai sensi dell’art. 146 cod. beni culturali e sottoposte all’accertamento di compatibilità paesaggistica di cui agli artt. 89, 90 e 91 NTA.

La disposizione impugnata non violerebbe dunque l’art. 9 Cost., né contrasterebbe con l’invocato art. 145, comma 5, cod. beni culturali, espressivo della potestà legislativa riservata allo Stato dall’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., né con il principio di leale collaborazione.

2.2.3.– Infine, in assenza di ogni indicazione in tale senso, sarebbe esclusa la natura interpretativa della disposizione impugnata, e dunque una sua efficacia retroattiva, né essa introdurrebbe una «sanatoria» di interventi già realizzati sotto la vigenza dell’originario art. 4, comma 1, della legge reg. Puglia n. 39 del 2021 o in precedenza, non incidendo su titoli edilizi e non derogando, come detto, al d.m. n. 1444 del 1968 e alla disciplina paesaggistica.

Non sarebbero violati, pertanto, gli artt. 3 e 97 Cost., parametro, quest’ultimo, comunque inconferente trattandosi dell’esercizio della funzione legislativa e non di un’attività amministrativa.

3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri ha depositato il 3 gennaio 2023 una memoria illustrativa, in cui replica all’eccezione di inammissibilità sollevata dalla resistente e, nel merito, insiste per l’accoglimento delle questioni.

Quanto al profilo preliminare, nei motivi di ricorso sarebbero stati compiutamente esposti i termini delle questioni.

Nel merito, il ricorrente richiama, riproducendone stralci, la motivazione della sentenza n. 240 del 2022, con cui questa Corte ha dichiarato costituzionalmente illegittimo il comma 1 dell’art. 4 nella sua precedente formulazione, per violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., in riferimento ai principi fondamentali della materia «governo del territorio» espressi dal d.m. n. 1444 del 1968, e osserva che tale sentenza avrebbe sostanzialmente ravvisato nelle due disposizioni un’identità di ratio, consentendo entrambe gli ampliamenti delle attività produttive senza limiti di superficie coperta e di volume quando si versi nello speciale regime procedimentale disciplinato dall’art. 8 del d.P.R. n. 160 del 2010.

Considerato in diritto

1.– Con il ricorso indicato in epigrafe (r.r. n. 30 del 2022) il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge reg. Puglia n. 3 del 2022.

La disposizione impugnata ha integralmente sostituito il comma 1 dell’art. 4 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021 con il seguente: «Nell’ambito dei procedimenti di cui all’articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica 7 settembre 2010, n. 160 (Regolamento per la semplificazione ed il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, ai sensi dell’articolo 38, comma 3, del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2008, n. 133) e della deliberazione della Giunta regionale 11 dicembre 2018, n. 2332, per ampliamento delle attività produttive si intende l’aumento, di qualsivoglia percentuale, della dimensione dell’attività già esistente, in termini di superficie coperta o di volume».

Nel testo in vigore anteriormente alla sua sostituzione, lo stesso comma 1 dell’art. 4 prevedeva che «[l]’ampliamento delle attività produttive di cui all’articolo 8 del decreto del Presidente della Repubblica del 7 settembre 2010, n. 160 (Regolamento per la semplificazione e il riordino della disciplina sullo sportello unico per le attività produttive, ai sensi dell’articolo 38, comma 3, del decreto-legge n. 112 del 2008, convertito con modificazioni, dalla legge n. 133 del 2008) e alla deliberazione della Giunta regionale 11 dicembre 2018, n. 2332, non è soggetto a limitazioni di superficie coperta e di volume». Nel corso del presente giudizio tale disposizione, impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri con distinto ricorso (iscritto al n. 9 reg. ric. 2022), è stata dichiarata costituzionalmente illegittima da questa Corte con la sentenza n. 240 del 2022.

1.1.– Secondo il ricorrente, il nuovo comma 1 dell’art. 4, come sostituito dalla disposizione impugnata, presenterebbe gli stessi profili di illegittimità costituzionale del precedente, consentendo di ampliare le attività produttive senza limitazioni di superficie coperta e di volume attraverso il modello procedimentale della conferenza di servizi convocata dal responsabile del SUAP, nei casi in cui lo strumento urbanistico comunale non individui aree destinate all’insediamento di impianti produttivi o individui aree insufficienti, e ciò ai sensi dell’art. 8 del d.P.R. n. 160 del 2010.

Sarebbero pertanto violati:

– l’art. 117, terzo comma, Cost., in relazione ai principi fondamentali della materia «governo del territorio» espressi, in primo luogo, dall’art. 41-quinquies, commi ottavo e nono, della legge n. 1150 del 1942, attuato dal d.m. n. 1444 del 1968, che fissa i limiti inderogabili di densità edilizia (art. 7), di altezza degli edifici (art. 8) e di distanza dei fabbricati (art. 9) da osservare per le diverse zone territoriali omogenee, e, in secondo luogo, dall’art. 3, comma 1, lettera e.1), t.u. edilizia, secondo cui si deve considerare come intervento di nuova costruzione anche «l’ampliamento [degli edifici] esistenti all’esterno della sagoma esistente»;

– gli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., nonché il principio di leale collaborazione, in relazione a quanto previsto dall’art. 145, comma 5, cod. beni culturali, in quanto l’introduzione di procedure semplificate per l’approvazione delle varianti urbanistiche comporterebbe la sottrazione degli ampliamenti delle attività produttive alla procedura di adeguamento degli strumenti urbanistici e delle loro varianti alla pianificazione paesaggistica, disciplinata dall’art. 97 delle NTA del PPTR, che prevede la partecipazione dei competenti organi ministeriali;

– gli artt. 3 e 97 Cost., per lesione del principio di ragionevolezza, in quanto l’art. 10 della legge reg. Puglia n. 3 del 2022, di natura interpretativa, realizzerebbe retroattivamente la «sanatoria» degli interventi di ampliamento posti in essere nel regime del già impugnato comma 1 dell’art. 4 e in quello anteriore, in difetto di adeguata giustificazione.

2.– La Regione Puglia ha eccepito l’inammissibilità delle questioni per difetto di specifica motivazione, poiché non sarebbero indicati né i termini concreti in cui la disposizione impugnata violerebbe i parametri costituzionali indicati, né le norme invocate a parametro interposto, e non sarebbe chiarito inoltre in cosa consista il vulnus al paesaggio, operando in Puglia il PPTR codeciso con lo Stato, cui la legge regionale impugnata non intende derogare.

L’eccezione non è fondata, se non limitatamente alla pretesa lesione dell’art. 97 Cost.

La giurisprudenza di questa Corte è costante «nell’affermare “che, nella impugnazione in via principale, il ricorrente non solo deve, a pena di inammissibilità, individuare l’oggetto della questione proposta (con riferimento alla normativa che censura ed ai parametri che denuncia violati), ma ha anche l’onere (da considerare addirittura più pregnante rispetto a quello sussistente nei giudizi incidentali: ex plurimis, sentenza n. 115 del 2021) di esplicitare una motivazione chiara ed adeguata in ordine alle specifiche ragioni che determinerebbero la violazione dei parametri che assume incisi” (ex plurimis, da ultimo, sentenza n. 71 del 2022; nello stesso senso, sentenze n. 5 del 2022, n. 201, n. 52 e n. 29 del 2021)» (sentenza n. 135 del 2022; nello stesso senso, di recente, sentenze n. 240 e n. 119 del 2022).

Nel caso in esame, tuttavia, il ricorrente risulta aver motivato in modo adeguato sui vari profili del lamentato contrasto con gli artt. 3, 9 e 117, commi secondo, lettera s), e terzo, Cost., nonché con il principio di leale collaborazione.

Quanto alla violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost., nel ricorso si afferma con chiarezza che il vulnus deriverebbe dalla possibilità, introdotta dall’impugnato art. 10 della legge reg. Puglia n. 3 del 2022, di realizzare aumenti di «qualsivoglia percentuale» delle preesistenti attività produttive, senza limiti di superfici coperte e di volume. Inoltre, il ricorrente individua con precisione i principi fondamentali della materia «governo del territorio» con i quali tale previsione si porrebbe in contrasto, nel d.m. n. 1444 del 1968, che detta al riguardo limiti inderogabili, in attuazione dell’art. 41-quinquies della legge n. 1150 del 1942, e nell’art. 3, comma 1, lettera e.1), t.u. edilizia, alla cui stregua gli ampliamenti degli edifici esistenti all’esterno della sagoma costituiscono nuove costruzioni, a prescindere dall’incremento percentuale dei volumi e delle superfici.

Anche le questioni promosse in riferimento agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., nonché al principio di leale collaborazione, sono sorrette da una motivazione esaustiva, giacché il ricorrente lamenta che la disposizione impugnata consentirebbe di sottrarre le varianti semplificate in esame alla procedura di adeguamento disciplinata dalle NTA del PPTR, in contrasto con la norma interposta rappresentata dall’art. 145, comma 5, cod. beni culturali. In questo ambito, la circostanza che in Puglia esista un piano paesaggistico, approvato con deliberazione della Giunta regionale 16 febbraio 2015, n. 176, a seguito di codecisione con lo Stato, e che il legislatore regionale non abbia inteso derogarvi non rileva ai fini dell’ammissibilità della questione, riguardando il merito della stessa.

Infine, quanto alla violazione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost., il ricorrente ne individua con pari chiarezza la causa nell’asserita natura interpretativa, con effetti conseguentemente retroattivi, della disposizione impugnata, da cui conseguirebbe una sorta di impropria sanatoria degli interventi di ampliamento realizzati nel regime anteriore.

Non si può pervenire alle medesime conclusioni per quanto riguarda la lamentata violazione dell’art. 97 Cost. Non solo, infatti, non è indicato il principio violato, tra quelli enunciati nella citata disposizione costituzionale, ma, anche ipotizzando un implicito riferimento al buon andamento della pubblica amministrazione, non è in nulla motivato un preteso vulnus costituzionale che non si esaurisca nella gia` dedotta irragionevolezza.

Di tale questione si deve dunque dichiarare l’inammissibilità.

3.– Nel merito, va esaminata per prima la censura di violazione dell’art. 117, terzo comma, Cost.

La questione non è fondata.

3.1.– Secondo il ricorrente, l’art. 10 della legge reg. Puglia n. 3 del 2022 avrebbe sostituito il testo del comma 1 dell’art. 4 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021 senza incidere sulla sua originaria portata precettiva, consentendo comunque, ove sia attivato lo speciale procedimento semplificato di variante disciplinato dall’art. 8 del d.P.R. n. 160 del 2010, di ampliare gli insediamenti produttivi senza limiti di superficie coperta e di volume, in violazione degli standard fissati dal d.m. n. 1444 del 1968.

Questo era, come esposto nella richiamata sentenza n. 240 del 2022, il significato della norma sostituita, dichiarata costituzionalmente illegittima da questa Corte sul presupposto che l’indiscriminato aumento di superficie coperta e di volume da essa consentito si ponesse in contrasto con i limiti inderogabili fissati nel citato d.m. n. 1444 del 1968, costituenti principi fondamentali della materia «governo del territorio» di cui all’art. 117, terzo comma, Cost.

Contrariamente a quanto assume il ricorrente, tuttavia, la disposizione oggi in esame ha un contenuto chiaramente diverso dalla norma che sostituisce, compatibile con gli invocati principi fondamentali, e non incorre dunque nel vizio già riscontrato in quest’ultima.

Sulla base del suo dato letterale, essa semplicemente stabilisce che deve intendersi come ampliamento dell’attività produttiva, «[n]ell’ambito» dei detti procedimenti semplificati di variante, qualsiasi aumento di superficie e di volume, senza che, in questo medesimo contesto, rilevi la percentuale dello stesso aumento. In altre parole, la norma regionale precisa che l’attivazione dello speciale procedimento, di cui al d.P.R. n. 160 del 2010 e alla deliberazione della Giunta regionale n. 2332 del 2018, non è subordinata al rispetto di limiti dimensionali massimi, quando si tratti di ampliamento dell’attività produttiva già esistente.

Ciò che invece dalla disposizione non è lecito desumere è che essa consenta ampliamenti in violazione degli inderogabili limiti di densità edilizia stabiliti dal d.m. n. 1444 del 1968. Il necessario rispetto di tali limiti deve ritenersi infatti implicito, nel silenzio della norma sul punto, essendo ingiustificata e contraria alle normali regole ermeneutiche ogni pretesa di assegnarle un significato potenzialmente derogatorio.

Di conseguenza, si deve escludere che la precisazione compendiata nelle parole «qualsivoglia percentuale [...] in termini di superficie coperta o di volume» faccia venir meno l’obbligo delle amministrazioni competenti, una volta indetta dal responsabile del SUAP la conferenza di servizi, di valutare il progetto di variazione dello strumento urbanistico e di verificarne la compatibilità con i citati inderogabili limiti massimi di densità edilizia posti a garanzia dell’interesse generale all’ordinato sviluppo del territorio.

Ciò precisato, la funzione della disposizione nel contesto della disciplina regionale di settore è resa più chiara dalla lettura offerta dalla difesa della Regione, che ne collega la portata alle previsioni delle linee guida approvate con la citata deliberazione della Giunta regionale n. 2332 del 2018, in essa richiamata. Tali linee guida definiscono come «ampliamento» dell’attività produttiva, soggetto alla procedura di cui all’art. 8 del d.P.R. n. 160 del 2010, «l’aumento della dimensione dell’attività in atto sino al limite massimo del 100% dell’esistente superficie coperta e volume», per poi disporre che «[n]ei casi di ampliamento [...] dell’attività produttiva preesistente, non è necessaria la verifica circa la sussistenza del requisito della insufficienza delle aree».

Il nuovo comma 1 dell’art. 4 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021 elimina dunque il limite del 100 per cento, come condizione per potere considerare quale «ampliamento» l’aumento del preesistente insediamento produttivo. A seguito della modifica legislativa, ogni aumento dimensionale deve essere valutato nell’ambito dello speciale procedimento semplificato di variante urbanistica, senza necessità della previa verifica dell’assenza o dell’insufficienza di aree idonee nello strumento urbanistico in vigore. Ma, come chiarito, la stessa modifica legislativa non autorizza ampliamenti che non siano rispettosi degli standard di cui al d.m. n. 1444 del 1968 invocati dal ricorrente come norme interposte.

Si deve così escludere che la disposizione impugnata si ponga in contrasto con i principi fondamentali della materia «governo del territorio» desumibili dall’art. 41-quinquies, commi ottavo e nono, della legge n. 1150 del 1942 e precisati dal citato d.m. n. 1444 del 1968.

3.2.– Alle medesime conclusioni si deve pervenire per quanto riguarda il lamentato contrasto con il principio fondamentale della stessa materia espresso dall’art. 3, comma 1, lettera e.1), t.u. edilizia, che ascrive agli interventi di nuova costruzione «l’ampliamento [degli edifici] esistenti all’esterno della sagoma esistente».

La disposizione regionale impugnata non incide in alcun modo sulla definizione come nuove costruzioni degli interventi edilizi da essa disciplinati, né sul conseguente regime dei relativi titoli abilitativi (ambiti, questi, che, secondo la costante giurisprudenza costituzionale, sono riservati allo Stato ai sensi dell’art. 117, terzo comma, Cost.: ex plurimis, sentenze n. 240 del 2022, n. 282 e n. 231 del 2016, n. 259 del 2014 e n. 309 del 2011). Essa, come visto, si limita a prevedere che l’attivazione dello speciale procedimento di variante di cui si tratta non è subordinata al rispetto di limiti dimensionali massimi dell’ampliamento, ciò che non implica alcuna deroga alla previsione generale per cui l’ampliamento costituisce in ogni caso nuova costruzione ai sensi e per gli effetti del citato art. 3, comma 1, lettera e.1).

3.3.– Nemmeno le questioni promosse in riferimento agli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., nonché al principio di leale collaborazione, sono fondate.

Secondo il ricorrente la norma regionale in esame introdurrebbe una procedura semplificata di approvazione delle varianti urbanistiche, che le sottrarrebbe al regime previsto dall’art. 97 NTA per l’adeguamento al piano paesaggistico «dei piani urbanistici generali e territoriali comunali e provinciali e loro varianti», e dunque al procedimento che, in osservanza dell’art. 145, comma 5, cod. beni culturali, assicura la partecipazione degli organi ministeriali.

L’assunto non è corretto sotto due distinti profili. In primo luogo, la procedura semplificata di cui si tratta è stata introdotta dall’art. 8 del d.P.R. n. 160 del 2010, sicché, anche ad ammetterlo, l’effetto paventato dal ricorrente non deriverebbe dalla disposizione regionale impugnata, ma direttamente dalla normativa statale. In secondo luogo, la natura semplificata della procedura non comporta affatto la sottrazione delle varianti alla disciplina di cui al citato art. 97 NTA.

In assenza di deroghe espresse in proposito, il silenzio della disposizione regionale sul punto del necessario rispetto delle previsioni del PPTR in tema di co-pianificazione (con particolare riguardo a quelle che, come il citato art. 97, assicurano la partecipazione degli organi ministeriali alle procedure di adeguamento degli strumenti urbanistici e delle loro varianti) può e deve essere interpretato in termini compatibili con le prescrizioni del piano paesaggistico, alla luce della costante giurisprudenza di questa Corte (ex plurimis, sentenze n. 187 e n. 24 del 2022, n. 124 e n. 54 del 2021).

Tale orientamento è stato recentemente confermato, proprio con riferimento al piano paesaggistico della Regione Puglia, dalla citata sentenza n. 240 del 2022, secondo cui «in forza del principio di prevalenza della tutela paesaggistica, espresso all’art. 145, comma 3, cod. beni culturali, una norma regionale incidente sull’assetto del territorio non si puo` ritenere derogatoria delle previsioni di tutela paesaggistica solo perche´ omette di disporne il necessario rispetto, in assenza di deroghe espresse e specifiche, sempre che una pianificazione paesaggistica esista (come accade nella Regione Puglia) e che sia possibile colmare in via interpretativa il mero silenzio della legge».

Non sono violati, dunque, né l’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all’art. 145, comma 5, cod. beni culturali, né il principio di leale collaborazione, né, infine, il valore del paesaggio di cui all’art. 9 Cost.

Non è inutile precisare, al riguardo, che la diversa conclusione cui questa Corte è pervenuta nel caso della citata sentenza n. 240 del 2022 – che, come detto, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale del comma 2 dell’art. 4 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021, nei cui confronti era stata mossa un’analoga censura di violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. – deriva dal fatto che la disposizione impugnata in quel giudizio comportava che gli interventi in essa disciplinati non fossero sottoposti al procedimento ex art. 97 NTA. In quel caso, infatti, l’espressa previsione che gli ampliamenti fino al 20 per cento «non costituiscono variante urbanistica» – e la conseguente esclusione dal detto procedimento – impediva di assegnare in via interpretativa al silenzio della norma il significato di rinvio al generale vincolo al rispetto della disciplina in tema di co-pianificazione. Ciò che non accade invece nel caso in esame, come visto.

3.4.– Infine, nemmeno è fondata la questione promossa in riferimento all’art. 3 Cost., per lesione del principio di ragionevolezza.

È erroneo, infatti, il presupposto da cui muove il ricorrente, della natura interpretativa dell’art. 10 della legge reg. Puglia n. 3 del 2022. Come risulta dal suo chiaro tenore letterale, la disposizione impugnata, lungi dal presentarsi come norma di interpretazione, sostituisce integralmente il precedente comma 1 dell’art. 4 della legge reg. Puglia n. 39 del 2021.

Sebbene il ricorrente valorizzi l’espressione «per ampliamento […] si intende», contenuta nel nuovo testo, è evidente dalla sua lettura – anche nel contesto della legislazione regionale pugliese in materia – che con essa il legislatore regionale non ha attribuito un determinato significato al termine «ampliamento», bensì ha voluto meglio definire, come visto, i presupposti di applicabilità della disciplina regionale di settore, contenuta fra l’altro nelle più volte citate linee guida regionali.

In assenza di una previsione contraria sul punto, non vi possono dunque essere dubbi sul fatto che la disposizione impugnata produce effetti solo pro futuro. Mancando la prospettata efficacia retroattiva, non sussiste in radice la violazione del principio di ragionevolezza di cui all’art. 3 Cost.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibile la questione di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge della Regione Puglia 4 marzo 2022, n. 3, recante «Modifiche alla legge regionale 6 agosto 2021, n. 29 (Disciplina dell’enoturismo), modifiche alla legge regionale 20 dicembre 2017, n. 59 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma, per la tutela e la programmazione delle risorse faunistico-ambientali e per il prelievo venatorio) e modifica alla legge regionale 30 novembre 2021, n. 39 (Modifiche alla legge regionale 31 maggio 1980, n. 56 (Tutela ed uso del territorio), disposizioni in materia urbanistica, modifica alla legge regionale 27 luglio 2001, n. 20 (Norme generali di governo e uso del territorio), modifica alla legge regionale 6 agosto 2021, n. 25 (Modifiche alla legge regionale 11 febbraio 1999, n. 11 – Disciplina delle strutture ricettive ex artt. 5, 6 e 10 della legge 17 maggio 1983, n. 217 delle attività turistiche ad uso pubblico gestite in regime di concessione e delle associazioni senza scopo di lucro” e disposizioni varie) e disposizioni in materia di derivazione acque sotterranee», promossa, in riferimento all’art. 97 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;

2) dichiara non fondate le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 10 della legge reg. Puglia n. 3 del 2022, promosse, in riferimento agli artt. 3, 9 e 117, commi secondo, lettera s), e terzo, Cost. nonché al principio di leale collaborazione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 7 febbraio 2023.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Daria de PRETIS, Redattrice

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 4 aprile 2023.