Sentenza n. 233 del 2022

SENTENZA N. 233

ANNO 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 6 della legge della Regione Siciliana 17 marzo 2016, n. 3 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2016. Legge di stabilità regionale), promosso dalla Corte dei conti, sezioni riunite in sede giurisdizionale, in speciale composizione, nel procedimento vertente tra la Procura generale della Corte dei conti presso la sezione giurisdizionale d’appello per la Regione Siciliana e la Regione Siciliana, con ordinanza del 17 gennaio 2022, iscritta al n. 10 del registro ordinanze 2022 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 8, prima serie speciale, dell’anno 2022.

Visto l’atto di costituzione della Regione Siciliana;

udito nell’udienza pubblica del 4 ottobre 2022 il Giudice relatore Luca Antonini;

udito l’avvocato Giuseppa Mistretta per la Regione Siciliana;

deliberato nella camera di consiglio del 5 ottobre 2022.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 17 gennaio 2022 (reg. ord. n. 10 del 2022), la Corte dei conti, sezioni riunite in sede giurisdizionale, in speciale composizione, solleva questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6 della legge della Regione Siciliana 17 marzo 2016, n. 3 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2016. Legge di stabilità regionale), in riferimento, complessivamente, agli artt. 32, 81, sesto comma, 117, secondo comma, lettere e) ed m), e 119, primo, quarto e sesto comma, della Costituzione.

1.1.– La Corte rimettente premette di essere investita del ricorso, proposto dalla Procura generale della Corte dei conti presso la sezione giurisdizionale d’appello della Regione Siciliana, avverso la decisione del 2 luglio 2021, n. 6, con cui le Sezioni riunite per la stessa Regione hanno parificato il rendiconto regionale per l’esercizio finanziario 2019.

All’esito dell’udienza del 7 ottobre 2021 il giudice a quo ha pronunciato il dispositivo della sentenza parziale che ha deciso il giudizio quanto al primo motivo di ricorso, sollevando, con separata ordinanza, le odierne questioni di legittimità costituzionale relative all’ulteriore motivo di ricorso, con il quale il pubblico ministero ha contestato l’inserimento nel perimetro sanitario di una spesa ritenuta ad esso estranea, poiché relativa all’ammortamento di un mutuo contratto con lo Stato.

1.2.– La norma regionale censurata, nella formulazione originaria, stabilisce che: «[a] decorrere dall’esercizio finanziario 2016, per il finanziamento delle quote residue di capitale ed interessi del prestito sottoscritto ai sensi dell’articolo 2, comma 46, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 tra il Ministero dell’Economia e la Regione siciliana dell’importo annuo di 127.850 migliaia di euro, è autorizzato l’utilizzo di una quota del Fondo sanitario».

Il richiamato art. 2, comma 46, della legge 24 dicembre 2007, n. 244, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2008)», ha autorizzato lo Stato ad anticipare alle Regioni Lazio, Campania e Molise e alla Regione Siciliana «la liquidità necessaria per l’estinzione dei debiti contratti sui mercati finanziari e dei debiti commerciali cumulati fino al 31 dicembre 2005»; in forza del successivo comma 47, le regioni interessate «sono tenute a restituire, in un periodo non superiore a trenta anni, le risorse ricevute» con le quali – ai sensi del comma 48 dello stesso art. 2 – esse «provvedono all’immediata estinzione dei debiti pregressi per l’importo corrispondente».

Secondo il giudice a quo, la suddetta norma regionale «qualific[herebbe] la spesa per l’ammortamento dell’erogazione finanziaria alla stregua di una spesa “sanitaria”», inserendola nel relativo perimetro previsto dall’art. 20 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 (Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42).

1.3.– Ciò premesso, la Corte rimettente ricorda che l’oggetto principale del giudizio di parificazione del rendiconto regionale è il saldo del risultato di amministrazione, che deve esprimere gli equilibri economici e finanziari dell’ente all’esito del processo di corretta rappresentazione delle poste contabili. Ai fini di tale giudizio occorre dunque riscontrare il processo logico-matematico che porta al saldo e verificare la conformità di quest’ultimo alle regole contabili di cui al citato d.lgs. n. 118 del 2011, attuative dei principi costituzionali sugli equilibri di bilancio ai sensi degli artt. 81 e 119 Cost.

1.4.– L’ordinanza prosegue precisando che, ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, il cosiddetto perimetro sanitario individua l’area del bilancio regionale costituita dalle entrate e delle uscite relative al finanziamento della sanità.

La ratio della citata disposizione, secondo la giurisprudenza costituzionale richiamata dal rimettente (sentenze n. 142 e n. 132 del 2021, n. 57 [recte: 157] e n. 62 del 2020 e n. 169 del 2017), sarebbe contenuta nella stessa legge di delega dal momento che l’art. 8, comma 1, lettera a), numero 1), della legge 5 maggio 2009, n. 42 (Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell’articolo 119 della Costituzione), avrebbe prescritto al legislatore delegato di introdurre classificazioni di bilancio che garantissero l’esatta perimetrazione delle «spese riconducibili al vincolo dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione».

Il citato art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011 garantirebbe quindi alle Regioni di essere in grado di assicurare i livelli essenziali di assistenza (LEA) e allo stesso tempo di rispondere «in modo trasparente dei risultati della gestione sanitaria, senza confusione con quell[a] ordinaria».

Inoltre, come precisato dalla sentenza n. 132 del 2021 di questa Corte, la separazione tra le prestazioni sanitarie per i LEA e le altre prestazioni sanitarie sarebbe funzionale a scongiurare il rischio di destinare «risorse correnti, specificamente allocate in bilancio per il finanziamento dei LEA, a spese, pur sempre di natura sanitaria, ma diverse da quelle quantificate per la copertura di questi ultimi».

Ad avviso del giudice a quo, quindi, la destinazione delle risorse che finanziano i LEA andrebbe preservata «mettendo al riparo il fondo sanitario da indebiti assorbimenti ad opera di spese ordinarie e “altre” spese sanitarie».

In questo senso, la separazione contabile prevista dall’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011 costituirebbe «il presidio contabile al punto di equilibrio raggiunto sulla definizione e finanziamento dei livelli essenziali delle prestazioni, che in ragione del principio di priorità della spesa costituzionalmente necessaria, deve essere assicurat[o] con prevalenza rispetto alla spesa e gestione ordinaria» (sono richiamate le sentenze n. 6 del 2019 e n. 169 del 2017).

1.4.1.– La norma di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011 costituirebbe dunque «parametro interposto di costituzionalità» – con riferimento alla competenza statale esclusiva sull’armonizzazione dei bilanci pubblici – diretto a garantire sia la «trasparenza sulle quantità e modalità di impiego di risorse destinate ai LEA», sia la loro erogazione nel tempo, «assicurando il necessario delicato bilanciamento tra tutela della salute (art. 32 Cost.) ed equilibrio finanziario (art. 81 e 119 Cost.)».

2.– Secondo l’ordinanza di rimessione, pertanto, il censurato art. 6 della legge reg. Siciliana n. 3 del 2016 «incide[rebbe] sulla corretta determinazione del risultato di amministrazione al 31 dicembre 2019, ossia sull’oggetto del giudizio di parificazione». Infatti, la norma regionale, «estendendo alla spesa per il mutuo contratto nel 2007 il trattamento contabile previsto dall’art. 20 del d.lgs. n. 118/2011, da un lato impedi[rebbe] di rilevare, in termini giuridici e contabili, l’indebita distrazione di risorse del fondo sanitario ed il conseguente ricalcolo della parte vincolata del risultato di amministrazione, dall’altro consent[irebbe] di aggirare la questione della copertura della spesa sostenuta per la rata di restituzione».

Al contrario, la rimozione della norma censurata consentirebbe di rilevare «un peggioramento del risultato di amministrazione al 31 dicembre 2019», dal momento che: a) la suddetta rata andrebbe esclusa dalle poste passive del perimetro sanitario; b) di conseguenza, il saldo di quest’ultimo sarebbe positivo «poiché il totale delle entrate vincolate sopravanzerebbe il totale delle spese legittimamente computabili come corrispondenti al vincolo di scopo»; c) tale saldo positivo corrisponderebbe alle entrate vincolate non impiegate per l’erogazione di servizi sanitari ma per la copertura di una spesa meramente finanziaria, quale l’ammortamento del mutuo indicato dalla norma regionale; d) per lo stesso importo andrebbe dunque ricalcolata in aumento la parte vincolata del risultato di amministrazione, ciò che determinerebbe «una ulteriore compressione della parte disponibile» del risultato stesso «con il conseguente peggioramento del disavanzo effettivo, che la Regione deve assumere a punto di riferimento nel ciclo di bilancio, ai fini delle variazioni in sede di assestamento».

Di qui la rilevanza delle questioni sollevate, anche in forza dei due effetti contabili prodotti dalla norma regionale censurata alterando il risultato di amministrazione: per un verso, essa consentirebbe di accertare risorse ulteriori, «per una spesa “non sanitaria”», con le regole proprie del perimetro sanitario ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, ossia «con un accertamento automatico per effetto dell’impegno della spesa»; per altro verso, «se anche si considerasse la rata per la restituzione dell’anticipazione come una spesa “sanitaria” non sarebbe garantita la necessaria separazione […] con effetto di scaricare sul fondo sanitario il “costo” della rata».

3.– Ad avviso del giudice a quo, la norma regionale contrasterebbe con «numerosi precetti costituzionali, mediante la […] violazione dell’art. 20 del d.lgs. n. 118/2011».

3.1.– Anzitutto, «consente[ndo] di dare copertura a spesa ordinaria senza una effettiva verifica della sussistenza delle entrate, in deroga alla disciplina contabile ordinaria», l’art. 6 della legge reg. Siciliana n. 3 del 2016 violerebbe l’art. 119, primo comma, Cost. laddove questo assegna alle regioni, e agli altri enti territoriali, «autonomia finanziaria di entrata e di spesa, nel rispetto dell’equilibrio dei relativi bilanci».

La norma censurata, infatti, produrrebbe l’effetto di «deresponsabilizza[re] le autorità regionali di bilancio dal trovare adeguate risorse che garantiscano la “sostenibilità economica”» della spesa in questione, «non strettamente destinata alla erogazione dei LEA».

3.2.– È poi denunciata la violazione degli artt. 119, quarto comma, 32 e 117, secondo comma, lettera m), Cost.

Il giudice a quo, al riguardo, evidenzia che tutte le spese inserite nel perimetro sanitario dovrebbero essere «collegate alla prestazione di beni e servizi da parte dei fornitori», per cui l’inclusione nel suddetto perimetro della spesa di ammortamento «produ[rrebbe] una riduzione delle risorse destinate al finanziamento» della spesa sanitaria e sarebbe pertanto costituzionalmente illegittima «ai sensi dell’art. 119, c. 4, ed in ultima analisi ai sensi degli artt. 117, c. 2, lett. m) e 32 Cost.», sotto distinti profili. In particolare, «la spesa di ammortamento del debito [sarebbe] una spesa non sanitaria, estranea cioè alle “funzioni pubbliche” di cui all’art. 119, c. 4, Cost.»; inoltre, la suddetta inclusione «avv[errebbe] senza rispettare il principio della separazione contabile necessaria per garantire l’effettiva erogazione dei LEA (corollario degli artt. 117, c. 2, lett. m) e 32 Cost.)».

3.3.– La Corte rimettente prospetta due ulteriori censure, ravvisando la violazione delle competenze legislative esclusive statali di cui agli artt. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in materia di armonizzazione contabile, e 81, sesto comma, Cost., in materia di saldi.

Quanto al primo dei due parametri evocati, con la disposizione censurata, la Regione, esercitando «una competenza normativa che non le spetta», avrebbe allargato il perimetro di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011 «a danno di coperture che devono garantire la continuità di erogazione dei LEA».

Inoltre, la stessa previsione «alter[erebbe] la struttura delle spese che concorrono a determinare il saldo del perimetro sanitario», in contrasto con la riserva di legge statale stabilita dall’art. 81, sesto comma, Cost., sulle norme fondamentali e sui criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci.

3.4.– Da ultimo, il giudice a quo ritiene che l’art. 6 della legge reg. Siciliana n. 3 del 2016 vìoli anche l’art. 119, sesto comma, Cost., che prevede il ricorso all’indebitamento da parte delle regioni solo per spese di investimento.

Al riguardo premette che, a porsi fuori della regola aurea di cui all’art. 119, sesto comma, Cost., sarebbe stato in realtà l’art. 2, commi da 46 a 48, della legge n. 244 del 2007, perché, autorizzando l’erogazione di liquidità a favore di alcune regioni, avrebbe in sostanza dato copertura, attraverso l’indebitamento, al loro disavanzo sanitario pregresso e non a una spesa di investimento.

Tuttavia, tali profili di illegittimità costituzionale della norma statale non sarebbero rilevanti nel giudizio a quo, dove piuttosto verrebbero in considerazione solo gli «effetti contabili di tale operazione» regolati dalla norma regionale censurata, che autorizza la spesa di ammortamento.

Sarebbe dunque questa a essere affetta «da un vizio di costituzionalità “derivato”, per violazione dell’art. 119, c. 6. Cost.», poiché il bilancio regionale dovrebbe farsi carico della restituzione del trasferimento statale a suo tempo ricevuto a sostegno dei LEA, nonostante questo sia «una forma [di] copertura non consentita dalla Costituzione».

4.– La Regione Siciliana, in persona del Presidente pro tempore, si è costituita in giudizio in data 9 marzo 2022, chiedendo di dichiarare l’inammissibilità e comunque la non fondatezza delle questioni sollevate.

La difesa regionale eccepisce, in via preliminare, che il giudizio andrebbe sospeso «in attesa della definizione dei conflitti tra Enti Reg. Ric. n. 4/2021 e 1/2022», aventi ad oggetto, rispettivamente, il dispositivo della sentenza e la sentenza successivamente depositata nello stesso giudizio nell’ambito del quale la Corte dei conti rimettente ha adottato l’odierna ordinanza di rimessione. Infatti, l’esito favorevole dei giudizi per conflitto «travolgerebbe anche il giudizio di legittimità costituzionale in via incidentale» introdotto dalla citata ordinanza.

4.1.– In ogni caso, quanto alle questioni sollevate, la difesa regionale ricorda che la questione di legittimità costituzionale dell’art. 6 della legge reg. Siciliana n. 3 del 2016 era stata già eccepita dal pubblico ministero contabile nel giudizio di parifica innanzi alle Sezioni riunite siciliane e che queste l’avevano dichiarata inammissibile non avendo il primo argomentato sull’effettiva incidenza della norma ai fini della decisione da assumere.

Una volta riproposta la questione innanzi alle Sezioni riunite in sede giurisdizionale, in speciale composizione, la Regione Siciliana ne aveva argomentato la irrilevanza per effetto della sopravvenuta approvazione del rendiconto con legge regionale.

La promulgazione di quest’ultima, avvenuta prima della celebrazione del giudizio davanti alla Corte rimettente, avrebbe dunque comportato sia la cessazione della materia del contendere sia, di fatto, «la decadenza della questione in esame».

4.2.– La difesa regionale ritiene inoltre «del tutto fuorviante» l’assunto del giudice a quo che ravvisa, nella norma regionale censurata, vizi «derivati, in particolare sulla base delle valutazioni compiute sulla costituzionalità anche del richiamato articolo 2 della legge n. 244/2007 – non oggetto del giudizio, anzi a parere dello stesso Organo rimettente non applicabile –».

4.3.– Nel merito delle questioni, la difesa regionale contesta la «prospettazione assiomatica di insufficienza di risorse finanziarie sul Fondo Sanitario, da cui deriverebbe una inadeguata erogazione dei LEA nel corso dell’anno 2019», non apparendo tale tesi «sostenuta da specifici elementi a supporto ed anzi risulta[ndo] contraddetta dall’analisi delle risultanze finanziarie validate dai tavoli tecnici ministeriali».

5.– Nella memoria depositata in prossimità dell’udienza la difesa regionale ha segnalato, anzitutto, che la disposizione censurata è stata modificata ad opera dell’art. 113, comma 2, della legge della Regione Siciliana 15 aprile 2021, n. 9 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2021. Legge di stabilità regionale), in base al quale le parole «A decorrere dall’esercizio finanziario 2016» sono state sostituite con le parole «Per gli esercizi finanziari 2016-2021».

Evidenziando che la disposizione avrebbe esaurito i suoi effetti dal 1° gennaio 2022, la difesa regionale prospetta quindi «la sopravvenuta cessazione della materia del contendere, quanto meno a decorrere da tale anno».

In ogni caso essa ricorda che, rispettando gli impegni presi in seno al tavolo tecnico con il comitato per la verifica dei livelli essenziali di assistenza, la Regione avrebbe previsto uno stanziamento di importo almeno pari alle rate annue del prestito, che sarebbe poi stato svincolato e destinato ad altre finalità una volta verificato il raggiungimento dei LEA.

L’erogazione di questi, secondo la memoria, sarebbe stata comunque assicurata nell’esercizio 2019, sebbene la Regione sostenga tuttora una quota di compartecipazione al finanziamento della spesa sanitaria maggiore di quella cui a suo avviso sarebbe tenuta, in conseguenza della mancata definizione della «vexata quaestio» concernente la retrocessione da parte dello Stato delle accise sui prodotti petroliferi, di cui sono ripercorsi i termini essenziali.

Considerato in diritto

1.– Con l’ordinanza indicata in epigrafe (reg. ord. n. 10 del 2022), la Corte dei conti, sezioni riunite in sede giurisdizionale, in speciale composizione, solleva questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6 della legge reg. Siciliana n. 3 del 2016, in riferimento, complessivamente, agli artt. 32, 81, sesto comma, 117, secondo comma, lettere e) ed m), e 119, primo, quarto e sesto comma, Cost.

La norma regionale censurata, nella formulazione originaria, stabilisce che: «[a] decorrere dall’esercizio finanziario 2016, per il finanziamento delle quote residue di capitale ed interessi del prestito sottoscritto ai sensi dell’articolo 2, comma 46, della legge 24 dicembre 2007, n. 244 tra il Ministero dell’Economia e la Regione siciliana dell’importo annuo di 127.850 migliaia di euro, è autorizzato l’utilizzo di una quota del Fondo sanitario».

Il richiamato art. 2, comma 46, della legge n. 244 del 2007 ha autorizzato lo Stato ad anticipare alle Regioni Lazio, Campania e Molise e alla Regione Siciliana «la liquidità necessaria per l’estinzione dei debiti contratti sui mercati finanziari e dei debiti commerciali cumulati fino al 31 dicembre 2005»; in forza del successivo comma 47, le regioni interessate «sono tenute a restituire, in un periodo non superiore a trenta anni, le risorse ricevute» con le quali – ai sensi del comma 48 dello stesso art. 2 – esse «provvedono all’immediata estinzione dei debiti pregressi per l’importo corrispondente».

2.– Il giudice a quo è investito del ricorso proposto dal pubblico ministero contabile avverso la decisione delle Sezioni riunite per la Regione Siciliana sulla parificazione del rendiconto regionale per l’esercizio finanziario 2019.

Con tale impugnazione è contestato, tra l’altro, l’inserimento nel cosiddetto perimetro sanitario – che, ai sensi dell’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, le regioni devono individuare nel loro bilancio – di una spesa allo stesso ritenuta estranea, in quanto relativa all’ammortamento del prestito ottenuto dal MEF e oggetto della previsione di cui all’art. 6 della legge reg. Siciliana n. 3 del 2016, del quale il pubblico ministero ha eccepito la illegittimità costituzionale.

2.1.– L’ordinanza di rimessione argomenta la rilevanza delle questioni sollevate evidenziando che il richiamato art. 6 «incide[rebbe] sulla corretta determinazione del risultato di amministrazione al 31 dicembre 2019, ossia sull’oggetto del giudizio di parificazione»: la rimozione della norma censurata condurrebbe infatti a un «peggioramento del disavanzo effettivo, che la Regione deve assumere a punto di riferimento nel ciclo di bilancio, ai fini delle variazioni in sede di assestamento».

In questi termini, la rimettente non condivide l’esito della decisione impugnata poiché questa, pur ritenendo irregolare l’inserimento nel perimetro sanitario dei due capitoli di spesa relativi al rimborso del prestito, e perciò escludendoli dalla parifica, «non ne [avrebbe] tratto le necessarie conseguenze» sulla determinazione del risultato di amministrazione.

2.2.– L’ordinanza, muovendo dal presupposto che la norma regionale «qualific[herebbe] la spesa per l’ammortamento dell’erogazione finanziaria alla stregua di una spesa “sanitaria”», inserendola nel relativo perimetro previsto dall’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, solleva plurime questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6 della legge reg. Siciliana n. 3 del 2016.

In particolare, sarebbero violati sia il principio dell’equilibrio di bilancio di cui all’art. 119, primo comma, Cost., perché la previsione regionale deresponsabilizzerebbe le autorità regionali «dal trovare adeguate risorse» per una spesa ordinaria, sia l’art. 119, quarto comma, Cost., in quanto «l’inclusione della spesa di ammortamento nel perimetro sanitario [determinerebbe] una riduzione automatica delle risorse disponibili per le funzioni attribuite».

Ancora, risulterebbero violati sia l’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., in quanto tale inclusione avverrebbe «senza rispettare il principio della separazione contabile necessaria per garantire l’effettiva erogazione dei LEA», sia, di conseguenza, l’art. 32 Cost.

Sotto un ulteriore profilo è poi prospettata la violazione dell’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., con riferimento alla competenza legislativa esclusiva statale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici, in relazione alla norma interposta di cui al citato art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, poiché la Regione avrebbe inserito nel perimetro sanitario una spesa ad esso estranea, «a danno di coperture che devono garantire la continuità di erogazione dei LEA».

Inoltre, la stessa previsione «alter[erebbe] la struttura delle spese che concorrono a determinare il saldo del perimetro sanitario», in contrasto con la riserva di legge statale stabilita dall’art. 81, sesto comma, Cost. con riferimento alle norme fondamentali e ai criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci.

Un’ultima questione denuncia, infine, la violazione dell’art. 119, sesto comma, Cost., ravvisando nella norma regionale un «vizio di costituzionalità “derivato”» dalla circostanza che la legge n. 244 del 2007 (però espressamente ritenuta dal giudice a quo non rilevante nel suo giudizio), disattendendo la regola aurea prevista dalla citata disposizione costituzionale, avrebbe in sostanza dato copertura, attraverso l’indebitamento, a una spesa che non è di investimento, con l’ulteriore effetto che il bilancio regionale dovrebbe farsi carico della restituzione del trasferimento statale a suo tempo ricevuto a sostegno dei LEA, nonostante questo sia «una forma [di] copertura non consentita dalla Costituzione».

3.– In limine va rilevato che non è più attuale la richiesta, avanzata dalla Regione Siciliana nell’atto di costituzione, di sospendere il presente giudizio in attesa della pregiudiziale definizione dei conflitti di attribuzione dalla stessa promossi nell’ambito del medesimo procedimento davanti alle Sezioni riunite della Corte dei conti.

Tali giudizi, infatti, sono già stati decisi da questa Corte, con la sentenza n. 184 del 2022, dichiarando che spettava allo Stato, e per esso alla Corte dei conti odierna rimettente, «esercitare la funzione giurisdizionale» e quindi adottare la decisione di accoglimento del ricorso promosso dalla Procura generale presso la sezione giurisdizionale d’appello della Corte dei conti per la Regione Siciliana avverso la decisione di parifica del rendiconto della Regione Siciliana per l’esercizio finanziario 2019 resa dalle Sezioni riunite della Corte dei conti per la Regione Siciliana, a seguito dell’entrata in vigore della legge della Regione Siciliana 30 settembre 2021, n. 26 (Approvazione del rendiconto generale della Regione per l’esercizio finanziario 2019 e del rendiconto consolidato dell’esercizio 2019 di cui al comma 8 dell’articolo 11 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118).

4.– In via preliminare, la difesa regionale eccepisce la inammissibilità delle questioni poiché, sull’assunto che la rilevanza debba valutarsi alla luce delle circostanze sussistenti al momento dell’ordinanza di rimessione, la promulgazione della legge regionale di approvazione del rendiconto, anteriore all’ordinanza medesima, avrebbe comportato nel giudizio a quo sia la cessazione della materia del contendere, sia, di fatto, «la decadenza della questione in esame».

L’eccezione è priva di fondamento in quanto, proprio con riferimento alla medesima vicenda processuale, la citata sentenza n. 184 del 2022 ha escluso che l’adozione della legge regionale di approvazione del rendiconto da parte dell’assemblea regionale possa costituire ostacolo all’emanazione della decisione nel giudizio di parificazione del rendiconto regionale innanzi alla Corte dei conti. Ciò che consente di confermare la validità dei presupposti processuali del giudizio a quo, già ritenuti sussistenti dallo stesso rimettente.

4.1.– Va condivisa la motivazione della rilevanza contenuta nell’ordinanza di rimessione.

Il giudice a quo, infatti, deve fare applicazione della norma censurata per decidere l’impugnazione avverso la decisione sulla parifica del rendiconto della Regione Siciliana per l’esercizio finanziario 2019, proposta dal pubblico ministero contabile ai sensi dell’art. 11, comma 6, lettera e), dell’Allegato 1 (Codice della giustizia contabile) al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174 (Codice di giustizia contabile, adottato ai sensi dell’articolo 20 della legge 7 agosto 2015, n. 124). Ciò in quanto l’oggetto del giudizio di parificazione è la validazione del risultato di amministrazione, mediante un controllo di legittimità e/o regolarità dei dati contabili (sentenza n. 184 del 2022, punto 5.2. del Considerato in diritto).

In particolare, ove la disposizione censurata fosse costituzionalmente illegittima: a) la rata per l’anno 2019 del prestito regolato da tale norma andrebbe esclusa dalle poste passive del perimetro sanitario dell’esercizio; b) di conseguenza, il saldo di quest’ultimo registrerebbe un risultato positivo, essendo maggiore il totale delle entrate vincolate rispetto al totale delle spese legittimamente in esso computabili; c) per lo stesso importo andrebbe dunque ricalcolata in aumento la parte vincolata del risultato di amministrazione – ai sensi dell’art. 42, comma 1, del d.lgs. n. 118 del 2011 – e, nella specie, rilevato il corrispondente peggioramento del disavanzo effettivo.

5.– Va, infine, disattesa la prospettata sopravvenuta «cessazione della materia del contendere» che, ad avviso della difesa regionale, discenderebbe dalla modifica apportata alla disposizione censurata dall’art. 113, comma 2, della legge reg. Siciliana n. 9 del 2021, nel senso di abrogarla a partire dal 1° gennaio 2022.

Si tratta – a prescindere dalla irritualità della richiesta in un giudizio in via incidentale – di una modifica palesemente ininfluente nel giudizio a quo nel quale, per la corretta determinazione del risultato di amministrazione dell’esercizio finanziario 2019, vengono in rilievo le previsioni allora vigenti, tra le quali la disposizione regionale censurata nella formulazione originaria.

6.– Le questioni sollevate in riferimento agli artt. 81, sesto comma, e 119, quarto e sesto comma, Cost. sono inammissibili.

6.1.– Quanto alla dedotta violazione dell’art. 81, sesto comma, Cost., l’ordinanza di rimessione non ne chiarisce minimamente i termini, omettendo di richiamare la legge 24 dicembre 2012, n. 243 (Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione) e non confrontandosi con le disposizioni della stessa eventualmente pertinenti, tra le quali quella di cui all’art. 9, sull’equilibrio dei bilanci delle regioni. Ciò comporta un’insufficiente motivazione della non manifesta infondatezza della questione sollevata.

6.2.– Altrettanto oscura è la dedotta violazione dell’art. 119, quarto comma, Cost., dal momento che non viene in alcun modo chiarito in quali termini la censurata norma regionale possa ledere un parametro diretto a tutelare l’autonomia regionale nelle sue relazioni con lo Stato.

6.3.– Infine, l’inammissibilità della questione sollevata in riferimento all’art. 119, sesto comma, Cost. discende dalla contraddittorietà della sua motivazione.

L’ordinanza di rimessione, infatti, censura l’art. 6 della legge reg. Siciliana n. 3 del 2016 per «un vizio di costituzionalità “derivato”» dalla violazione dell’art. 119, sesto comma, Cost., che l’ordinanza stessa imputa alla previsione della legge statale, che a suo tempo ha autorizzato il prestito alle regioni, di cui però esplicitamente avverte di non dovere fare applicazione e che, di conseguenza, non sottopone al vaglio di questa Corte. In questi termini la prospettazione di un’illegittimità costituzionale “derivata” rappresenta una intrinseca contraddizione, data l’assenza di ogni accertamento in merito al vizio che affliggerebbe la legge statale.

7.– All’esame delle questioni scrutinabili nel merito è opportuno premettere una sintetica ricostruzione del pertinente quadro normativo.

7.1.– È infatti significativo ricordare che la disposizione di cui all’art. 2, comma 46, della legge n. 244 del 2007, richiamata da quella regionale censurata, è stata espressamente adottata in attuazione di accordi sottoscritti tra lo Stato, le Regioni Lazio, Campania, Molise e la Regione Siciliana, i cui servizi sanitari si presentavano, in quel momento, in una situazione gravemente patologica, sia in relazione al debito pregresso sia riguardo ai disavanzi accumulati.

Pertanto, tale previsione statale è stata funzionale a concedere a queste Regioni, a fronte della sottoscrizione di specifici accordi diretti anche a responsabilizzarle nel risanamento strutturale dei rispettivi servizi sanitari, un’imponente anticipazione di liquidità – fino a 9.100 milioni di euro – da impiegare per l’estinzione dei debiti contratti sui mercati finanziari e dei debiti commerciali cumulati fino al 31 dicembre 2005.

Tale intervento si è aggiunto a un altro, di poco precedente, contenuto nell’art. 1, commi 1 e 3, del decreto-legge 20 marzo 2007, n. 23 (Disposizioni urgenti per il ripiano selettivo dei disavanzi pregressi nel settore sanitario, nonché in materia di quota fissa sulla ricetta per le prestazioni di assistenza specialistica ambulatoriale), convertito, con modificazioni, nella legge 17 maggio 2007, n. 64, con cui lo Stato ha stabilito un concorso straordinario, pari a 3.000 milioni di euro, nel ripiano dei disavanzi sanitari del periodo 2001-2005, per quelle regioni che, non più in grado di sanarli autonomamente, sottoscrivevano gli specifici piani di rientro prima richiamati (l’intervento ha pertanto riguardato, in concreto, le medesime Regioni sopra menzionate nonché la Regione Abruzzo, che non ha poi usufruito dell’anticipazione di liquidità).

7.2.– Tale excursus dimostra quindi, con tutta evidenza, l’insorgere di un contesto in cui, anche in difetto di adeguate regole contabili e di appropriati meccanismi di responsabilizzazione, la gestione della sanità di alcune regioni si è trovata in una situazione altamente deficitaria, determinando gravi disfunzioni ed esternalità negative di cui si è dovuto fare carico anche l’intero sistema nazionale.

7.3.– L’accordo sottoscritto con la Regione Siciliana il 31 luglio 2007 – così come quelli conclusi con le altre tre Regioni interessate – prevede all’art. 1, comma 4, che, a fronte del prestito statale, la Regione si impegni a versare annualmente e per trenta anni, a decorrere dal 2008, a titolo di rimborso allo Stato, l’importo ivi indicato, «specificamente individuato e finalizzato nel bilancio regionale»; inoltre, all’art. 6, comma 1, lettera d), è stabilito, a pena di nullità dell’accordo, l’impegno della Regione ad adottare «il provvedimento legislativo relativo alla copertura pluriennale del prestito previsto da parte dello Stato».

Questa condizione è stata adempiuta dalle quattro Regioni interessate all’anticipazione di liquidità; in particolare, la Regione Siciliana ha approvato l’art. 7 della legge della Regione Siciliana 21 agosto 2007, n. 17 (Assestamento tecnico del bilancio della Regione e del bilancio dell’Azienda delle foreste demaniali della Regione siciliana per l’anno 2007. Copertura del disavanzo del Servizio sanitario regionale relativo all’anno finanziario 2006). Tale disposizione, da un lato, ha autorizzato, a decorrere dall’esercizio finanziario 2008, l’impegno trentennale di 185 milioni di euro da versare annualmente in entrata del bilancio dello Stato; dall’altro lato, per la copertura ha previsto, al comma 5, «una quota annuale di pari importo del gettito derivante dalle tasse automobilistiche di spettanza regionale».

In disparte le prime due rate di restituzione del prestito, regolate dalla norma ora menzionata, nel periodo dal 2010 al 2015 la Regione Siciliana ha tuttavia erogato la rata annua utilizzando quote del Fondo per le aree sottoutilizzate (FAS), avvalendosi della previsione speciale che ha consentito alle regioni in piano di rientro, d’intesa con il Governo, di impiegarle «a copertura dei debiti sanitari […] nel limite individuato nella delibera di presa d’atto dei singoli piani attuativi regionali da parte del CIPE» (art. 2, comma 90, della legge 23 dicembre 2009, n. 191, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2010)»).

7.4.– Una volta esaurita l’operatività di quest’ultima previsione, l’iniziale disposizione regionale sulla copertura della restituzione del prestito statale è stata sostituita dall’art. 6 della legge reg. Siciliana n. 3 del 2016, oggetto delle odierne questioni di legittimità costituzionale, che ha autorizzato, a decorrere dall’esercizio finanziario 2016, l’utilizzo di una quota del Fondo sanitario per il finanziamento delle quote residue del prestito a suo tempo sottoscritto con il Ministero dell’economia e delle finanze.

8.– La questione sollevata in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost., in relazione alla norma interposta di cui all’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, è fondata.

Tale disposizione del decreto legislativo in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici è specificamente funzionale, coerentemente con la rubrica della stessa (Trasparenza dei conti sanitari e finalizzazione delle risorse al finanziamento dei singoli servizi sanitari regionali), a evitare opacità contabili e indebite distrazioni dei fondi destinati alla garanzia dei LEA, ovvero proprio quei fenomeni che hanno concorso al determinarsi delle gravissime situazioni prima descritte.

Non a caso le prescrizioni dell’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011 si sviluppano in attuazione di un preciso criterio direttivo della legge di delega n. 42 del 2009, volto a prescrivere l’introduzione di classificazioni di bilancio connesse, tra le altre, alle «spese riconducibili al vincolo dell’articolo 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione» (art. 8, comma 1, lettera a, numero 1, della legge n. 42 del 2009).

È in questo senso che l’art. 20, al comma 1, richiede alle regioni di garantire, nell’ambito del bilancio, «un’esatta perimetrazione delle entrate e delle uscite relative al finanziamento del proprio servizio sanitario regionale», al dichiarato «fine di consentire la confrontabilità immediata fra le entrate e le spese sanitarie iscritte nel bilancio regionale e le risorse indicate negli atti» di programmazione finanziaria sanitaria.

Per conseguire tale obiettivo nello stesso comma 1 si prescrive l’adozione di un’articolazione di capitoli di bilancio che consenta di garantire «separata evidenza» delle grandezze ivi tipizzate, la prima delle quali, nella sezione A) «[e]ntrate» (lettera a), indica il «finanziamento sanitario ordinario corrente quale derivante» dalle richiamate fonti di programmazione, cui corrisponde, alla lettera a) della sezione B) «[s]pesa», la «spesa sanitaria corrente per il finanziamento dei LEA […]».

Per il perimetro sanitario così portato ad evidenza, sono poi fissate specifiche regole contabili che, come enuncia il successivo comma 2, sono volte a «garantire effettività al finanziamento dei livelli di assistenza sanitaria».

9.– In questi termini, il citato art. 20 «stabilisce condizioni indefettibili nella individuazione e allocazione delle risorse inerenti ai livelli essenziali delle prestazioni» (sentenza n. 197 del 2019), con «l’impossibilità di destinare risorse correnti, specificamente allocate in bilancio per il finanziamento dei LEA, a spese, pur sempre di natura sanitaria, ma diverse da quelle quantificate per la copertura di questi ultimi» (sentenza n. 132 del 2021).

Con l’unica eccezione, prevista dall’art. 30, comma 1, terzo periodo, dello stesso d.lgs. n. 118 del 2011, a favore di regioni che, gestendo «in maniera virtuosa ed efficiente le risorse correnti destinate alla garanzia dei LEA», nonché «conseguendo sia la qualità delle prestazioni erogate, sia i risparmi nel bilancio», «poss[o]no legittimamente mantenere i risparmi ottenuti e destinarli a finalità sanitarie più ampie» (sentenza n. 132 del 2021).

9.1.– La disposizione censurata non è al contrario inquadrabile in quest’ultima fattispecie: la spesa in essa prevista, infatti, prescinde completamente sia dall’ipotesi di utilizzo di risparmi conseguenti a una gestione virtuosa, sia da finalità sanitarie.

Tale disposizione, infatti, da un lato, autorizza «l’utilizzo di una quota del Fondo sanitario» per finanziare le quote residue del prestito ottenuto dal MEF da regioni in piano di rientro, dall’altro, non ha natura sanitaria: mentre il debito regionale preesistente, da estinguere immediatamente con le risorse anticipate, era sì attinente al settore sanitario, il debito di restituzione della liquidità, oggetto della norma censurata, ha invece un carattere meramente finanziario, in quanto diretto a rimborsare lo Stato e non più i fornitori del servizio sanitario.

In altri termini, il prestito assentito dalla legge n. 244 del 2007 ha fronteggiato le esigenze di cassa, al fine di consentire alle regioni di estinguere debiti sanitari già iscritti nel loro bilancio o in quello dei loro enti, per cui si è caratterizzato per un vincolo di destinazione che si è impresso sul necessario utilizzo delle somme oggetto del finanziamento per pagare tempestivamente i debiti pregressi della sanità. Per converso, il rimborso del prestito statale ha quale causa la mera (e neutrale) restituzione delle somme prestate e, dunque, rispondendo ad una pura logica finanziaria, è del tutto estraneo al vincolo di destinazione riferito alle spese sanitarie.

9.2.– Alla luce di quanto esposto, appare chiaro che la rata del prestito oggetto della norma regionale censurata nemmeno può rientrare nella tipologia elencata alla lettera c) della sezione B) «[s]pesa» di cui al comma 1 del richiamato art. 20 («spesa sanitaria per il finanziamento di disavanzo sanitario pregresso»).

Del resto, l’ordinanza di rimessione precisa correttamente che «la spesa di ammortamento del debito non può essere in alcun modo ritenuta equivalente alla copertura del disavanzo sanitario pur compreso nel perimetro […], in quanto il disavanzo sanitario altro non è che la sintesi (in saldo) dell’esposizione del Servizio sanitario regionale verso i fornitori, ovvero un debito contabilmente “corrispettivo” all’erogazione del servizio».

Peraltro, la spesa per il finanziamento del disavanzo sanitario pregresso deve comunque essere coperta dalla corrispondente tipologia di entrata (prevista dallo stesso art. 20, comma 1, alla lettera c della sezione A «[e]ntrate») che, in base alle previsioni della normativa di settore, dovrebbe essere alimentata dall’incremento della leva fiscale regionale.

9.3.– Va infine considerato che, attraverso la norma censurata, la Regione realizza un’operazione che, a fronte della diminuzione delle risorse per i LEA, amplia la capacità di spesa nel settore non sanitario, cioè ordinario, del bilancio regionale (sul quale, invece, dovrebbe gravare l’onere dell’ammortamento del prestito).

È la stessa legge di stabilità regionale n. 3 del 2016, nella quale è presente il censurato art. 6, a dare atto – nel prospetto allegato richiamato dall’art. 74 della stessa – che gli effetti finanziari di tale disposizione consistono in «minori spese finali» per il bilancio regionale, ossia in «maggiori risorse» che altre previsioni della stessa legge regionale hanno contestualmente impiegato per spesa discrezionale.

In questi termini, si realizza un effetto non dissimile da quello stigmatizzato da questa Corte nella sentenza n. 181 del 2015, laddove l’improprio utilizzo da parte del legislatore regionale delle risorse ottenute a titolo di anticipazione di liquidità per l’estinzione di debiti commerciali, anche del settore sanitario, portava ad «ampliare la spesa di competenza dell’esercizio».

9.4.– La disposizione censurata correla quindi a una entrata certamente sanitaria (il Fondo sanitario) una spesa invece estranea a questo ambito, alterando così la struttura del perimetro sanitario prescritto dall’art. 20 del d.lgs. n. 118 del 2011, la cui finalità di armonizzazione contabile risulta chiaramente elusa.

È pertanto violata la competenza legislativa esclusiva statale in materia di armonizzazione dei bilanci pubblici di cui all’art. 117, secondo comma, lettera e), Cost.

10.– È altresì fondata la questione sollevata in riferimento all’art. 117, secondo comma, lettera m), Cost.

Disattendendo le regole contabili del perimetro sanitario, all’onere per la restituzione del prestito allo Stato – spesa, come si è visto, non sanitaria – è stata data copertura con le specifiche risorse ordinarie destinate alle spese correnti per il finanziamento e la garanzia dei LEA, distraendole così dalla loro originaria finalità.

Né, al riguardo, hanno pregio i due argomenti opposti dalla difesa regionale.

Non il primo, rivolto a sostenere che l’erogazione dei LEA sarebbe stata comunque assicurata, perché, se negli anni dal 2016 al 2019 la Regione Siciliana ha raggiunto un punteggio finale tale da essere complessivamente valutata come adempiente, è altrettanto vero che in ciascuno di tali anni, per alcuni specifici livelli di assistenza (relativi, ad esempio, ai settori della prevenzione e dell’assistenza agli anziani e ai disabili), la stessa ha riportato uno scostamento non accettabile del valore dell’indicatore dallo standard nazionale (come risulta dai documenti annualmente pubblicati dal Ministero della salute sul «Monitoraggio dei LEA attraverso la cd. Griglia LEA»).

Del resto anche questa Corte, nella sentenza n. 62 del 2020, ha rilevato che: «[d]alla istruttoria compiuta emerge che la Regione Siciliana ha ottenuto un punteggio pari a 160. Dai verbali della riunione congiunta del Tavolo tecnico per la verifica degli adempimenti regionali con il Comitato permanente per la verifica dei LEA del 4 aprile 2019 e del 25 luglio 2019, in cui sono riportati gli esiti degli accertamenti sullo stato di attuazione del programma operativo di consolidamento e sviluppo 2016-2018, risulta che, pur in possesso del richiamato punteggio di 160, la Regione Siciliana presenta gravi criticità in relazione a singole categorie di prestazioni».

Pertanto, in disparte la circostanza che la prospettazione difensiva vorrebbe impropriamente escludere la denunciata violazione del parametro costituzionale al metro di una valutazione ex post, nel periodo considerato non vi è stata, come detto, la integrale erogazione dei LEA sul territorio siciliano.

Nemmeno il secondo argomento della difesa regionale è fondato.

Esso è diretto a sollecitare la considerazione di un meccanismo di salvaguardia dell’equilibrio finanziario del settore sanitario approntato dalla Regione mediante uno stanziamento di importo pari alle rate del prestito statale e che nell’esercizio 2019 è stato effettivamente attivato.

Sennonché, la norma a cui la difesa regionale fa implicito riferimento – l’art. 4, commi 7 e 8, della stessa legge reg. Siciliana n. 3 del 2016 – non richiede alcuna verifica della erogazione dei LEA, ma si limita a considerare solo ed esclusivamente il profilo dell’equilibrio finanziario della gestione sanitaria.

D’altro canto, le tre deliberazioni della Giunta regionale siciliana che, nell’esercizio finanziario 2019, hanno applicato il citato comma 8, non contengono valutazioni in ordine all’assicurazione dei LEA, né con riguardo all’esercizio finanziario 2019 (dove tali valutazioni erano peraltro ancora in corso) né a quelli precedenti.

11.– Si deve pertanto dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 della legge reg. Siciliana n. 3 del 2016.

Restano assorbite le restanti censure formulate dalla Corte rimettente.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara l’illegittimità costituzionale dell’art. 6 della legge della Regione Siciliana 17 marzo 2016, n. 3 (Disposizioni programmatiche e correttive per l’anno 2016. Legge di stabilità regionale);

2) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 6 della legge reg. Siciliana n. 3 del 2016, sollevate, in riferimento agli artt. 81, sesto comma, e 119, quarto e sesto comma, della Costituzione, dalla Corte dei conti, sezioni riunite in sede giurisdizionale, in speciale composizione, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 5 ottobre 2022.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Luca ANTONINI, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 21 novembre 2022.