Sentenza n. 229 del 2022

SENTENZA N. 229

ANNO 2022

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:

Presidente: Silvana SCIARRA

Giudici: Daria de PRETIS, Nicolò ZANON, Franco MODUGNO, Augusto Antonio BARBERA, Giulio PROSPERETTI, Giovanni AMOROSO, Francesco VIGANÒ, Luca ANTONINI, Stefano PETITTI, Angelo BUSCEMA, Emanuela NAVARRETTA, Maria Rosaria SAN GIORGIO, Filippo PATRONI GRIFFI, Marco D’ALBERTI,

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Toscana 30 dicembre 2020, n. 101 (Disposizioni concernenti gli interventi sugli edifici a destinazione d’uso industriale o artigianale e commerciale al dettaglio. Proroga del termine per la presentazione dei titoli abilitativi degli interventi edilizi straordinari. Modifiche alla l.r. 24/2009), promosso dal Presidente del Consiglio dei ministri con ricorso notificato il 1°-3 marzo 2021, depositato in cancelleria il 2 marzo 2021, iscritto al n. 10 del registro ricorsi 2021 e pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 11, prima serie speciale, dell’anno 2021.

Visto l’atto di costituzione della Regione Toscana;

udito nell’udienza pubblica del 4 ottobre 2022 il Giudice relatore Augusto Antonio Barbera;

uditi l’avvocato dello Stato Maria Gabriella Mangia per il Presidente del Consiglio dei ministri, in collegamento da remoto, ai sensi dell’art. 2), punto 2), della delibera della Corte del 23 giugno 2022, e l’avvocato Marcello Cecchetti per la Regione Toscana;

deliberato nella camera di consiglio del 6 ottobre 2022.

Ritenuto in fatto

1.– Con ricorso depositato il 2 marzo 2021 (reg. ric. 10 del 2021), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento agli artt. 3, 9, 97 e 117, primo e secondo comma, lettera s), della Costituzione e al principio di leale collaborazione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Toscana 30 dicembre 2020, n. 101 (Disposizioni concernenti gli interventi sugli edifici a destinazione d’uso industriale o artigianale e commerciale al dettaglio. Proroga del termine per la presentazione dei titoli abilitativi degli interventi edilizi straordinari. Modifiche alla l.r. 24/2009).

La disposizione impugnata, nel modificare l’art. 3-bis della legge della Regione Toscana 8 maggio 2009, n. 24 recante «Misure urgenti e straordinarie volte al rilancio dell’economia e alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente» (d’ora in avanti: Piano casa per la Toscana), estende alle unità immobiliari aventi destinazione d’uso commerciale al dettaglio le misure straordinarie già previste per gli edifici a destinazione d’uso industriale o artigianale dal citato art. 3-bis, che consente interventi di addizione volumetrica o sostituzione edilizia, con un incremento massimo del venti per cento della superficie utile lorda (gli artt. 3 e 4 disciplinano invece le misure straordinarie sugli edifici abitativi).

Nell’illustrazione delle censure, il ricorrente menziona anche l’art. 2 della legge regionale impugnata che, nel modificare l’art. 7, comma 2, del Piano casa per la Toscana, introduce per tutte le misure straordinarie una proroga di due anni del termine per la presentazione dei titoli abilitativi necessari, quali la segnalazione certificata di inizio attività (SCIA), o la richiesta del permesso di costruire, slittato al 31 dicembre 2022. Il termine originario (fissato al 31 dicembre 2010) era già stato oggetto di numerose proroghe, l’ultima delle quali disposta sino al 31 dicembre 2020 dall’art. 6 della legge della Regione Toscana 27 dicembre 2018, n. 74 (Legge di stabilità per l’anno 2019).

1.1.– Con il primo motivo di ricorso il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta la violazione degli artt. 9 e 117, primo e secondo comma, lettera s), Cost., quest’ultimo in relazione agli artt. 135, 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) e agli artt. 5 e 6 della Convenzione europea sul paesaggio.

Risulterebbe lesa la sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), in quanto la normativa impugnata – nel derogare in via generale agli strumenti urbanistici – consentirebbe che gli interventi edilizi su unità immobiliari a destinazione d’uso commerciale al dettaglio vengano realizzati anche in deroga alle previsioni del piano paesaggistico, approvato in Toscana con delibera del Consiglio regionale n. 27 marzo 2015, n. 37, recante «Atto di integrazione del piano di indirizzo territoriale (PIT) con valenza di piano paesaggistico. Approvazione ai sensi dell’articolo 19 della legge regionale 10 novembre 2014, n. 65 (Norme per il governo del territorio)».

Questo perché la norma oggetto di censura ometterebbe di richiamare espressamente i principi di elaborazione congiunta, inderogabilità e prevalenza del piano paesaggistico sanciti dagli artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali e, al contempo, non conterrebbe alcuna clausola di salvaguardia delle previsioni del piano paesaggistico, che all’epoca dell’entrata in vigore del Piano casa per la Toscana non era stato ancora approvato.

Ad avviso della difesa statale, la realizzazione di rilevanti interventi di trasformazione del territorio in deroga alla pianificazione urbanistica avverrebbe, quindi, senza alcuna garanzia che gli stessi siano conformi alle previsioni del piano paesaggistico, la cui revisione potrebbe avvenire solo con nuova intesa (art. 143, comma 2, cod. beni culturali); nel caso in esame, infatti, rileverebbe una modifica unilaterale, attesa l’estensione del Piano casa per la Toscana in assenza di previa concertazione con lo Stato.

In proposito, il ricorrente evidenzia che, per espressa previsione normativa, il piano paesaggistico dovrebbe provvedere alla «individuazione degli interventi di recupero e riqualificazione delle aree significativamente compromesse o degradate e degli altri interventi di valorizzazione compatibili con le esigenze della tutela» (art. 143, comma 1, lettera g, cod. beni culturali), eventualmente indicando le «linee-guida prioritarie per progetti di conservazione, recupero, riqualificazione, valorizzazione e gestione di aree regionali, indicandone gli strumenti di attuazione, comprese le misure incentivanti» (art. 143, comma 8, cod. beni culturali).

È, dunque, in virtù di tali disposizioni che il miglioramento del riutilizzo degli edifici aventi destinazione commerciale al dettaglio avrebbe dovuto trovare la propria disciplina all’interno del piano paesaggistico, che segnerebbe il naturale esaurimento delle normative regionali applicative del cosiddetto Piano casa. Questo per evitare che in sede di rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche le singole trasformazioni vengano valutate in modo parcellizzato, dovendo il loro vaglio avvenire nell’ambito della considerazione complessiva del contesto tutelato, specificatamente demandata al piano paesaggistico, che detta le linee fondamentali di tutela del territorio.

Il ricorrente sostiene che la deroga al piano paesaggistico ad opera della disposizione impugnata troverebbe conferma anche in quanto disposto dall’art. 5, comma 2, del Piano casa per la Toscana che, nell’escludere dal proprio ambito applicativo i beni culturali e alcuni beni paesaggistici (centri storici e immobili collocati nelle aree naturali protette), avvalorerebbe la realizzabilità degli interventi straordinari in relazione a tutti gli altri beni paesaggistici e, inoltre, a buona parte del paesaggio non vincolato.

Il Presidente del Consiglio dei ministri esclude, inoltre, che possa essere ravvisata una clausola di salvaguardia delle previsioni del piano paesaggistico nel comma 1 del richiamato art. 5, in base al quale «[g]li interventi edilizi di cui agli articoli 3, 3-bis e 4 perseguono il fine del miglioramento della qualità architettonica in relazione ai caratteri urbanistici, storici, paesaggistici e ambientali del contesto territoriale in cui sono inseriti». In particolare, tale previsione si limiterebbe soltanto a riconoscere la generica finalità di assicurare l’integrazione del manufatto nel contesto in cui si colloca, senza peraltro che siano definiti i parametri valutativi di tale finalità.

Quanto alla rilevanza della Convenzione europea del paesaggio, il ricorrente osserva che la medesima tutela il paesaggio nella sua interezza, sia i beni soggetti a vincolo, sia quelli non vincolati. In proposito, vengono richiamati gli artt. 5 e 6 di detta Convenzione, secondo cui il territorio dovrebbe essere oggetto di pianificazione e specifica considerazione anche per quanto concerne le aree non tutelate. Tali prescrizioni sarebbero confluite nell’art. 135 cod. beni culturali, in base al quale le Regioni sono tenute alla pianificazione paesaggistica dell’intero territorio, con riqualificazione delle aree compromesse o degradate.

Per l’effetto, secondo il Presidente del Consiglio dei ministri, l’inderogabilità del piano paesaggistico non sarebbe garantita neppure per le aree non vincolate: la disposizione impugnata consentirebbe infatti interventi edilizi in deroga agli strumenti urbanistici, anche nella parte in cui gli stessi recepiscono gli indirizzi e le direttive del piano paesaggistico cui sono tenuti a conformarsi.

In definitiva, in evidente contrapposizione con il carattere transitorio ed eccezionale della normativa sul Piano casa, volta a sostenere il settore dell’edilizia per un periodo temporalmente limitato, la Regione Toscana avrebbe stabilizzato tale misura straordinaria, prorogandola e addirittura estendendone l’applicazione agli immobili destinati al commercio al dettaglio. Ciò sarebbe accaduto nonostante l’avvenuta approvazione del piano paesaggistico regionale d’intesa con lo Stato, posto al vertice della gerarchia dei piani.

Di conseguenza, l’intervento unilaterale della Regione sarebbe, ad avviso del ricorrente, lesivo della sfera di competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela del paesaggio e del principio di necessaria co-pianificazione tra Stato e regioni.

Per altro verso, l’estensione della disciplina derogatoria, in quanto tale soggetta a stretta interpretazione, anche a edifici a destinazione commerciale, concorrerebbe – unitamente alle reiterate proroghe disposte dal legislatore regionale – al risultato di accrescere enormemente, per sommatoria, il numero degli interventi assentibili, così aggravando la compressione dell’interesse alla tutela del paesaggio, al di fuori di qualsiasi visione unitaria del territorio.

La diminuzione del livello della tutela ambientale determinerebbe, dunque, il contrasto con l’art. 9 Cost., che sancisce la rilevanza della tutela del paesaggio quale interesse primario e assoluto; nella medesima prospettiva, risulterebbe violato anche l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione alla richiamata Convenzione europea del paesaggio.

1.2.– Con il secondo motivo di ricorso il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta la violazione degli artt. 3 e 97 Cost. e del principio di leale collaborazione.

La disposizione impugnata contrasterebbe con i principi di ragionevolezza e di buon andamento della pubblica amministrazione, in quanto le continue proroghe pluriennali unitamente all’estensione degli interventi in deroga ad una ulteriore tipologia di edifici avrebbero reso stabile una misura temporanea, in evidente contrasto con il carattere straordinario ed eccezionale della disciplina del Piano casa.

L’ampliamento di siffatta disciplina derogatoria sarebbe manifestamente irragionevole, anche perché si porrebbe al di fuori di qualsivoglia valutazione unitaria del territorio. Ciò in violazione del principio fondamentale in materia di governo del territorio, sotteso all’intero impianto della legge 17 agosto 1942, n. 1150 (Legge urbanistica), secondo il quale gli interventi di trasformazione edilizia sono consentiti soltanto nel quadro della pianificazione urbanistica, che esercita una funzione di disciplina degli usi del territorio necessaria e insostituibile, in quanto idonea a fare sintesi dei molteplici interessi, anche di rilievo costituzionale, che afferiscono a ciascun ambito territoriale.

Inoltre, l’estensione delle misure straordinarie ad opera della disposizione impugnata sarebbe vieppiù irragionevole, poiché intervenuta al di fuori della pianificazione paesaggistica, che dovrebbe costituire la sede necessaria di valutazione del corretto inserimento degli interventi edilizi nei contesti sottoposti a tutela.

La stabilizzazione del Piano casa per effetto di un intervento unilaterale della Regione Toscana, in quanto contrastante con il principio di necessaria co-pianificazione tra Stato e regioni, determinerebbe infine anche la violazione del principio di leale collaborazione.

2.– Il 6 aprile 2021, si è costituita in giudizio la Regione Toscana, chiedendo che il ricorso venga dichiarato inammissibile e/o non fondato.

2.1.– In primo luogo, viene eccepita l’inammissibilità delle questioni promosse con il secondo motivo di ricorso, in quanto non sarebbe stato impugnato l’art. 2 della legge reg. Toscana n. 101 del 2020, che prevede la proroga del termine per la presentazione dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione di tutti gli interventi in deroga agli strumenti urbanistici. Ciò sarebbe stato necessario, in quanto le questioni indicate sarebbero incentrate sulla stabilizzazione delle misure straordinarie previste dal Piano casa per la Toscana, che il ricorrente ricollegherebbe sia all’estensione degli interventi in deroga disposta dall’art. 1 della legge regionale impugnata, sia alla proroga introdotta dall’art. 2 della medesima legge.

2.2.– Nel merito, in riferimento al dedotto contrasto con gli artt. 9 e 117, primo e secondo comma, lettera s), Cost. e con il principio di leale collaborazione, la resistente esclude che gli interventi straordinari previsti dal Piano casa per la Toscana, come emendato dalla disposizione impugnata, possano essere realizzati in deroga alle previsioni del piano paesaggistico.

A sostegno di tale interpretazione, viene invocato l’art. 5 della legge reg. Toscana n. 24 del 2009 che, al comma 2, esclude espressamente l’ammissibilità degli interventi straordinari con riguardo a molti beni soggetti alla pianificazione paesaggistica (centri storici e immobili collocati nelle aree naturali protette) e, al comma 1, sancisce comunque in termini generali che gli interventi del Piano casa perseguono il fine del miglioramento della qualità architettonica in relazione ai caratteri paesaggistici e ambientali in cui sono inseriti.

Al riguardo, la Regione resistente precisa che il richiamo ai valori paesaggistici contenuto nel citato comma 1 è da intendersi quale rinvio “mobile”, riferito quindi alla disciplina paesaggistica regionale via via vigente nel tempo, a nulla rilevando che la legge della reg. Toscana n. 24 del 2009 sia antecedente all’approvazione del piano paesaggistico regionale, avvenuta nel 2015.

In ogni caso, dalla data di entrata in vigore delle disposizioni contenute nel piano paesaggistico regionale, le disposizioni degli strumenti urbanistici eventualmente in contrasto con esse non troverebbero più applicazione per il meccanismo della prevalenza di queste ultime (artt. 143, comma 9, e 145, comma 3, cod. beni culturali), da ritenersi operante a prescindere dal richiamo del piano da parte delle leggi regionali.

La resistente deduce, altresì, che la disposizione impugnata non inciderebbe sull’applicazione della normativa generale concernente il rilascio e il rispetto delle autorizzazioni per la tutela paesaggistica, di talché in sede di rilascio dell’autorizzazione suddetta non potrebbero essere assentiti interventi non ammessi dal piano paesaggistico.

In tale prospettiva, l’art. 5, comma 2, della legge reg. Toscana n. 24 del 2009 – nella parte in cui esclude la realizzabilità degli interventi straordinari con riferimento a determinati beni paesaggistici – non andrebbe inteso, come sostenuto dal ricorrente, nel senso di ammettere sempre e comunque tali interventi per le residue tipologie di beni vincolati. Con tale disposizione, infatti, nell’esercizio della competenza legislativa concorrente nella materia del governo del territorio, il legislatore regionale avrebbe vietato per gli immobili ivi indicati gli interventi edilizi straordinari anche in assenza di vincoli di inedificabilità di carattere paesaggistico, con ciò andando ad introdurre una tutela ulteriore rispetto a quella attinente al paesaggio.

In riferimento all’ulteriore rilievo contenuto nel ricorso circa la potenziale derogabilità del piano paesaggistico anche con riguardo alle aree non soggette a vincolo paesaggistico, la Regione Toscana evidenzia che l’obbligo della co-pianificazione Stato-Regione varrebbe unicamente con riferimento ai beni soggetti al vincolo paesaggistico, con conseguente non fondatezza della tesi circa la necessità della valutazione complessiva della trasformazione del contesto tutelato.

Parimenti, gli interventi edilizi sulle unità immobiliari aventi destinazione d’uso commerciale al dettaglio non avrebbero dovuto trovare la loro disciplina all’interno del piano paesaggistico, che tra i suoi contenuti obbligatori e facoltativi (art. 143 cod. beni culturali) non contempla la regolamentazione delle trasformazioni edilizie sugli immobili.

In definitiva, sarebbero destituite di ogni fondamento anche le censure attinenti alla violazione dell’art. 9 Cost. e al contrasto con il principio di leale collaborazione, non risultando violato alcun obbligo di pianificazione congiunta.

2.3.– Quanto alle questioni promosse in riferimento agli artt. 3 e 97 Cost., la Regione Toscana esclude che la legge regionale impugnata abbia stabilizzato le misure straordinarie del Piano casa, in violazione dei principi di ragionevolezza e buon andamento della pubblica amministrazione, evidenziando il carattere temporaneo delle finalità indicate nel preambolo del testo legislativo, ovverosia favorire ulteriormente la riqualificazione del patrimonio edilizio esistente e fronteggiare la crisi del settore delle costruzioni causata dalla situazione emergenziale dovuta alla pandemia.

Lo stato di emergenza derivante dalla diffusione del COVID-19 avrebbe determinato la sospensione dei termini dei procedimenti amministrativi pendenti, compresi quelli di esame dei titoli abilitativi, con la conseguenza che il legislatore regionale avrebbe ritenuto «doveroso, logico e razionale concedere la proroga di un anno [recte: di due anni] del termine previsto dall’art. 7, secondo comma, della L.R. n. 24 del 2009».

Con specifico riferimento all’estensione degli interventi in deroga, la resistente invoca altresì la finalità di fronteggiare la crisi del settore del commercio al dettaglio, anch’esso duramente colpito dall’emergenza pandemica.

3.– In prossimità delle udienze dell’8 marzo e del 13 settembre 2022, successivamente rinviate, le parti hanno depositato memorie illustrative.

3.1.– Con memoria del 15 febbraio 2022, il Presidente del Consiglio dei ministri ha ribadito le proprie argomentazioni in ordine alla prospettata illegittimità costituzionale della disposizione impugnata.

3.2.– Analogamente, con memoria depositata il 3 agosto 2022, la Regione Toscana ha confermato le proprie difese, richiamando la sopravvenuta sentenza n. 187 del 2022 di questa Corte, che avrebbe escluso la necessità di richiamare il piano paesaggistico e il codice di settore ad opera di una norma regionale, incidente sull’assetto del territorio, quando la stessa sia stata adottata da Regione munita di piano paesaggistico.

3.3.– All’udienza pubblica del 4 ottobre 2022, le parti hanno insistito per l’accoglimento delle conclusioni formulate nei rispettivi scritti difensivi.

Considerato in diritto

1.– Con ricorso depositato il 2 marzo 2021 (reg. ric. n. 10 del 2021), il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, ha promosso, in riferimento agli artt. 3, 9, 97 e 117, primo e secondo comma, lettera s), Cost. e al principio di leale collaborazione tra Stato e Regione, questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Toscana n. 101 del 2020.

La disposizione impugnata, nel modificare l’art. 3-bis della legge reg. Toscana 8 n. 24 del 2009, recante il cosiddetto Piano casa per la Toscana, estende alle unità immobiliari aventi destinazione d’uso commerciale al dettaglio le misure straordinarie già previste per gli edifici a destinazione d’uso industriale o artigianale dal citato art. 3-bis, che consente interventi di addizione volumetrica o sostituzione edilizia, con un incremento massimo del venti per cento della superficie utile lorda (gli artt. 3 e 4 disciplinano invece le misure straordinarie sugli edifici abitativi).

Nell’illustrazione delle censure, il ricorrente menziona anche l’art. 2 della legge regionale impugnata che, nel modificare l’art. 7, comma 2, del Piano casa per la Toscana, introduce per tutte le misure straordinarie una proroga di due anni del termine per la presentazione dei titoli abilitativi necessari, quali la SCIA, o la richiesta del permesso di costruire, slittato al 31 dicembre 2022. Il termine originario (fissato al 31 dicembre 2010) era già stato oggetto di numerose proroghe, l’ultima delle quali disposta, sino al 31 dicembre 2020, dall’art. 6 della legge reg. Toscana n. 74 del 2018.

2.– Il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta la violazione degli artt. 9 e 117, commi primo e secondo, lettera s), Cost. e del principio di leale collaborazione, deducendo quali parametri interposti gli artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali, nonché gli artt. 5 e 6 della Convenzione europea sul paesaggio.

2.1.– Il ricorrente sostiene anzitutto che la disposizione impugnata violi la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell’ambiente e dei beni culturali (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.), in quanto – nel derogare in via generale agli strumenti urbanistici – consentirebbe che gli interventi edilizi sulle unità immobiliari aventi destinazione d’uso commerciale al dettaglio vengano realizzati anche in deroga alle previsioni del piano paesaggistico, approvato in Toscana con delibera del Consiglio regionale n. 37 del 2015, con ulteriore violazione dell’art. 9 Cost., a causa della compromissione della tutela ambientale che ne conseguirebbe.

Questo perché la norma oggetto di censura ometterebbe di richiamare espressamente il vincolo di elaborazione congiunta tra Stato e Regione Toscana, inderogabilità e prevalenza del piano paesaggistico sancito dagli artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali e, al contempo, non conterrebbe alcuna clausola di salvaguardia delle previsioni del piano paesaggistico, che all’epoca dell’entrata in vigore del Piano casa per la Toscana non era ancora stato approvato.

Ad avviso del ricorrente, inoltre, l’efficacia derogatoria al piano paesaggistico ad opera della disposizione impugnata troverebbe conferma in quanto disposto dall’art. 5, comma 2, del Piano casa per la Toscana che, nell’escludere dal proprio ambito applicativo i beni culturali e alcuni beni paesaggistici (centri storici e immobili collocati nelle aree naturali protette), avvalorerebbe la realizzabilità degli interventi straordinari in relazione ai rimanenti beni vincolati, oltre che a buona parte del paesaggio non vincolato.

2.2.– In secondo luogo, sarebbe violato l’art. 117, primo comma, Cost., in relazione agli artt. 5 e 6 della citata Convenzione europea del paesaggio, secondo cui il territorio dovrebbe essere oggetto di pianificazione e specifica tutela anche per quanto concerne le aree non vincolate.

Tali prescrizioni sarebbero confluite nell’art. 135 cod. beni culturali, che imporrebbe alle regioni la pianificazione dell’intero territorio, con riqualificazione delle aree compromesse o degradate, anche se non soggette a vincolo.

Di conseguenza, l’inderogabilità del piano paesaggistico non sarebbe garantita –secondo il Presidente del Consiglio dei ministri – neppure per le aree non vincolate. Invero, la disposizione impugnata consentirebbe interventi edilizi in deroga agli strumenti urbanistici, anche nella parte in cui recepiscono gli indirizzi e le direttive del piano paesaggistico cui sono tenuti a conformarsi.

2.3.– Infine, la compromissione della pianificazione paesaggistica, soggetta al principio di congiunta elaborazione tra Stato e regione, lederebbe il principio di leale collaborazione, perché in contraddizione con l’approvazione, da parte della Regione Toscana, del piano paesaggistico nel 2015.

2.4.– Le questioni di legittimità costituzionale, in quanto strettamente connesse, possono essere esaminate in una prospettiva unitaria.

Esse si incentrano sulla deroga alla pianificazione paesaggistica e all’obbligo di pianificazione congiunta, censurata in riferimento agli artt. 9 e 117, primo e secondo comma, lettera s), Cost., e al principio di leale collaborazione.

2.5.– La tutela ambientale e paesaggistica – gravando su un bene complesso ed unitario, considerato dalla giurisprudenza costituzionale un valore primario ed assoluto – «costituisce un limite alla tutela degli altri interessi pubblici assegnati alla competenza concorrente delle Regioni in materia di governo del territorio e di valorizzazione dei beni culturali e ambientali, nonché a quelle residuali» (sentenza n. 201 del 2021; nonché, da ultimo, sentenze n. 187 e n. 106 del 2022).

Il sistema di pianificazione delineato dal codice di settore rappresenta, dunque, attuazione dell’art. 9, secondo comma, Cost. ed è funzionale a una tutela organica e di ampio respiro, che non tollera interventi frammentari e incoerenti (da ultimo, sentenze n. 187, n. 45 e n. 24 del 2022, n. 219 e n. 74 del 2021).

La condizione per realizzare questo obiettivo è la concertazione del piano paesaggistico tra Stato e regione (art. 135, comma 1, terzo periodo, cod. beni culturali), la sua cogenza per gli strumenti urbanistici dei comuni, delle città metropolitane e delle province, la sua non derogabilità da piani o progetti nazionali o regionali di sviluppo economico, nonché la sua immediata prevalenza rispetto alle disposizioni difformi eventualmente contenute negli strumenti urbanistici, come sancito dall’art. 145, comma 3, cod. beni culturali (ex plurimis, sentenze n. 187 e n. 45 del 2022 e n. 261 del 2021).

Sulla base di tale premessa, il principio di prevalenza della tutela paesaggistica deve essere declinato nel senso che al legislatore regionale è impedito, nell’esercizio di proprie competenze – siano esse residuali o concorrenti – «adottare normative che deroghino o contrastino con norme di tutela paesaggistica che pongono obblighi o divieti, ossia con previsioni di tutela in senso stretto, ma, altresì, introdurre limiti o condizioni, in qualsiasi forma, senza che ciò sia giustificato da più stringenti ragioni di tutela, le quali possono se del caso trovare riconoscimento anche negli strumenti urbanistici regionali o comunali, tanto più, poi, se dette limitazioni trovino giustificazione in mere esigenze urbanistiche» (sentenza n. 74 del 2021; nello stesso senso, sentenze n. 24 del 2022, n. 141 e n. 54 del 2021, n. 240 del 2020, n. 86 del 2019, n. 178, n. 68 e n. 66 del 2018).

In considerazione di tali presupposti, ripetutamente affermati (sentenze n. 187 del 2022, n. 201, n. 124, n. 74, n. 54 e n. 29 del 2021 e n. 189 del 2016), questa Corte ha statuito che l’omessa indicazione, da parte di una norma regionale, della espressa necessità di rispettare il piano paesaggistico e il codice di settore, non determina di per sé l’illegittimità costituzionale della disposizione, ogni volta che quest’ultima sia suscettibile di interpretazione conforme ai criteri di competenza legislativa dettati dalla Costituzione e non abbia quindi l’effetto di sottrarre interventi urbanistici o edilizi alle previsioni del codice di settore e del piano paesaggistico, «dotate di immediata forza cogente, in difetto di esplicite indicazioni di segno contrario» (sentenza n. 24 del 2022).

Nella sentenza n. 124 del 2021, questa Corte ha fatto applicazione dell’indicato principio con riferimento ad una norma regionale che, seppur non attuativa della disciplina del Piano casa, derogava in via generale agli strumenti di pianificazione urbanistica. In tale pronuncia, nel sancire che il principio di prevalenza della tutela paesaggistica può ritenersi violato solo a fronte di disposizioni regionali che contengono deroghe espresse a disposizioni specifiche del codice di settore (ex multis sentenze n. 141, n. 74 e n. 54 del 2021), questa Corte ha precisato che la norma regionale che deroghi in via generale agli strumenti di pianificazione urbanistica non integra di per sé anche una deroga alle prescrizioni del richiamato Codice dei beni culturali e del paesaggio. In tal caso, infatti, occorre rifarsi al dato testuale e sistematico della disposizione regionale, al fine di verificare se la stessa deroghi esplicitamente al codice di settore, risultando peraltro del tutto irrilevante che quest’ultimo non sia oggetto di espresso richiamo.

Con la sentenza di questa Corte n. 170 del 2021, il medesimo principio ha trovato applicazione proprio con riguardo a disposizioni regionali attuative della disciplina del Piano casa, che – in quanto attinenti alla normativa urbanistica ed edilizia – vanno ascritte alla competenza legislativa concorrente delle regioni in materia di «governo del territorio», ai sensi di quanto disposto dall’art. 117, comma terzo, Cost. (su quest’ultimo aspetto, sentenza n. 217 del 2020).

La richiamata sentenza n. 170 del 2021 ha affermato che una disciplina regionale volta ad ampliare, mediante proroga, il numero degli interventi assentibili in contrasto con la disciplina urbanistica non interferisce per ciò solo con il diverso profilo della tutela del paesaggio: invero, il «valore unitario e prevalente della pianificazione paesaggistica [...] mantiene intatta la sua forza imperativa anche con riguardo alle leggi regionali attuative del “piano casa”, piano che, pur nelle sue differenti versioni, deve essere sottoposto a stretta interpretazione per quel che attiene alla sua portata derogatoria».

È alla luce di tali principi che si devono ora vagliare le censure oggetto del primo motivo di ricorso.

2.6. – Le questioni non sono fondate, nei termini di seguito precisati.

2.7.– Sulla base della giurisprudenza appena citata, non è condivisibile l’assunto del ricorrente per cui l’omesso richiamo da parte della legge regionale impugnata del piano paesaggistico e delle previsioni di tutela del codice di settore equivalga a una deroga, con la conseguente violazione della competenza legislativa esclusiva dello Stato nella materia dell’ambiente e dei beni culturali.

Tale giurisprudenza costituzionale ha peraltro trovato recente conferma nella sentenza n. 187 del 2022, invocata dalla difesa regionale, nel cui ambito ne è stata precisata la portata con riferimento alle regioni, quale è la Regione Toscana, munite di piano paesaggistico. Si è dapprima ribadito il menzionato principio per cui l’omessa indicazione, da parte di una norma regionale, della espressa necessità di rispettare il piano paesaggistico e il codice di settore, non ne determina di per sé l’illegittimità costituzionale, ogni volta che quest’ultima sia suscettibile di interpretazione conforme ai criteri di competenza legislativa dettati dalla Costituzione. La sentenza indicata ha altresì specificato che «[è] però evidente che tale conclusione presuppone che la pianificazione paesaggistica sia vigente, perché in tal caso essa è immediatamente prevalente su eventuali prescrizioni difformi contenute negli strumenti urbanistici. Viceversa, quando [...] il piano paesaggistico manca, occorre maggiore cautela nel valutare la portata precettiva delle norme che intersechino profili attinenti con tale pianificazione. Non perché la Regione non possa in nessun caso attivare le proprie competenze legislative, ma perché va evitato il rischio che esse, afferendo [...] al governo del territorio, permettano il consolidamento di situazioni tali da ostacolare il compiuto sviluppo della pianificazione paesaggistica».

La circostanza che la Regione Toscana sia dotata di piano paesaggistico è, dunque, sufficiente ad escludere la necessità di un rinvio esplicito sia al codice di settore, sia al piano paesaggistico.

Inoltre, non risultano in alcun modo derogate dalla legge regionale sul Piano casa, come modificata dalla norma impugnata, le disposizioni che richiedono per la realizzazione degli interventi edilizi il rilascio delle autorizzazioni paesaggistiche.

Per l’effetto, la norma oggetto di censura ben può essere intesa – in termini compatibili con l’ordinamento costituzionale – nel senso di includere il rispetto del codice di settore e delle invocate prescrizioni in esso contenute (artt. 135, 143 e 145 cod. beni culturali), tra cui il principio di prevalenza del piano paesaggistico, che deve ritenersi operante anche in assenza di esplicita clausola di salvaguardia.

Una volta escluso che la normativa impugnata possa pregiudicare, in violazione degli artt. 9 e 117, secondo comma, lettera s), Cost., le prescrizioni recate o riservate al piano paesaggistico, che concerne l’intero territorio regionale, ne deriva la non fondatezza della censura che, richiamando la Convenzione europea sul paesaggio, lamenta – in relazione all’art. 117, primo comma, Cost. – la compromissione delle aree non oggetto di vincolo.

Allo stesso modo, si rivelano non fondati i profili di illegittimità costituzionale legati alla violazione del principio di leale collaborazione.

3.– Il Presidente del Consiglio dei ministri lamenta, infine, la violazione degli artt. 3 e 97 Cost.

La disposizione impugnata contrasterebbe con i principi di ragionevolezza e di buon andamento della pubblica amministrazione, in quanto l’estensione degli interventi in deroga ad una ulteriore tipologia di edifici, con ulteriore ampliamento delle premialità volumetriche, unitamente alle continue proroghe pluriennali disposte dal legislatore regionale, avrebbe reso stabile una misura invece concepita come temporanea, in evidente contrasto con il carattere straordinario ed eccezionale della disciplina del Piano casa.

La portata di siffatta disciplina derogatoria sarebbe – sempre ad avviso della difesa statale – manifestamente irragionevole, anche perché si porrebbe al di fuori di qualsivoglia valutazione unitaria del territorio da parte delle amministrazioni. Ciò in violazione del principio fondamentale in materia di governo del territorio, sotteso all’intero impianto della legge urbanistica e sue successive modificazioni, secondo il quale gli interventi di trasformazione edilizia sarebbero consentiti soltanto nel quadro delle procedure di pianificazione urbanistica, sia di livello regionale sia di livello locale, che esercita una funzione di disciplina degli usi del territorio necessaria e insostituibile, in quanto idonea a fare sintesi dei molteplici interessi, anche di rilievo costituzionale, che afferiscono a ciascun ambito territoriale.

Il ricorrente prospetta, inoltre, un ulteriore profilo di irragionevolezza riferibile al possibile contrasto della normativa regionale, che consente la deroga agli strumenti urbanistici, con il principio di prevalenza del piano paesaggistico regionale, al quale i piani sottordinati devono necessariamente conformarsi. La possibile deroga a questi ultimi, che hanno l’obbligo di recepire le prescrizioni inderogabili del piano e che fanno propri gli indirizzi e le direttive dello stesso, potrebbe infatti tradursi nella deroga al Piano paesaggistico regionale approvato nel 2015. Ciò sarebbe in sé contraddittorio, e quindi irragionevole, in quanto, da una parte, la Regione approva il piano paesaggistico e, dall’altra, reitera ed anzi amplia la portata di disposizioni eccezionali derogatorie al piano stesso.

3.1.– La Regione Toscana eccepisce l’inammissibilità delle questioni, in quanto il ricorrente, in luogo dell’art. 2 della legge reg. Toscana n. 101 del 2020, che prevede la proroga del termine per la presentazione dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione di tutti gli interventi in deroga agli strumenti urbanistici, si sarebbe limitato ad impugnare il solo art. 1 della medesima legge regionale, relativo all’estensione degli interventi in deroga.

3.2.– Questa Corte, al fine di valutare la predetta eccezione, non può esimersi dal rilevare – in ciò aderendo alle obiezioni sollevate nella memoria del Presidente del Consiglio dei ministri – che reiterate proroghe di una disciplina eccezionale e transitoria, volta ad apportare deroghe alla pianificazione urbanistica al fine di consentire interventi edilizi di carattere straordinario, possono compromettere l’imprescindibile visione di sintesi, necessaria a ricondurre ad un assetto coerente i molteplici interessi che afferiscono al governo del territorio ed intersecano allo stesso tempo l’ambito della tutela dell’ambiente e dell’ecosistema (art. 117, secondo comma, lettera s, Cost.).

Difatti, proprio con riguardo ad alcune legislazioni regionali sul cosiddetto Piano casa – vale a dire a quelle sole che, tra le molte altre, il Presidente del Consiglio dei ministri ha deciso negli anni di impugnare in via principale – questa Corte ha già sottolineato che «[i]l prolungato succedersi delle proroghe di una disciplina derogatoria, in contrasto con le esigenze di una regolamentazione organica e razionale dell’assetto del territorio, presenta un innegabile rilievo» (sentenze n. 24 del 2022 e n. 170 del 2021). Inoltre, la previsione di «interventi parcellizzati, svincolati da una coerente e stabile cornice normativa di riferimento, trascura l’interesse all’ordinato sviluppo edilizio, proprio della pianificazione urbanistica» (sentenza n. 24 del 2022; nello stesso senso sentenza n. 219 del 2021).

Resta fermo quindi che un ripetuto protrarsi delle proroghe si presume irragionevole, posto che tende nel tempo a rendere definitiva una disciplina nata come transitoria.

Tale prolungato e più volte ripetuto protrarsi delle proroghe espone a rischio il buon andamento dell’azione amministrativa nella tutela del territorio e nello sviluppo urbanistico, consegnandola ad una dimensione perennemente instabile e precaria.

Del resto, sin dalla sua formulazione originaria, è proprio l’art. 1 del Piano casa per la Toscana a presupporre che «[l]a presente legge ha carattere straordinario», in conformità alla disciplina nazionale relativa al Piano casa.

3.3.– Dette considerazioni, tuttavia, non afferiscono al contenuto precettivo della disposizione impugnata.

Con il richiamato art. 1, infatti, il legislatore toscano ha esteso l’oggetto degli interventi in deroga, rispetto alla previgente disciplina, fino a ricomprendere determinate unità immobiliari aventi destinazione d’uso commerciale al dettaglio. Tale previsione investe, perciò, il contenuto dell’attività in deroga, ma non l’efficacia temporale di quest’ultima, che viene invece, come detto, disciplinata dall’art. 2 della legge reg. Toscana n. 101 del 2020; disposizione, questa, non impugnata dal Presidente del Consiglio dei ministri.

Questa norma, anche con riferimento agli interventi ai quali si riferisce l’art. 1 impugnato, permette la presentazione della SCIA, o la richiesta del permesso di costruire, entro il 31 dicembre 2022, anziché entro il termine in precedenza vigente, e già più volte prorogato, del 31 dicembre 2020.

È perciò a tale norma che va imputato l’effetto di stabilizzazione di un regime eccezionale derogatorio, che il ricorrente pone a base delle questioni di legittimità costituzionale promosse. La mera caducazione dell’art. 1 della legge reg. Toscana n. 101 del 2020 non sarebbe pertanto idonea a far conseguire il risultato auspicato dal ricorrente (così la sentenza n. 68 del 2022 e, sia pur nell’ambito di un giudizio in via incidentale, le sentenze n. 239 del 2019 e n. 210 del 2015; similmente, le sentenze n. 22 del 2022 e n. 21 del 2020), in quanto – non travolgendo la proroga introdotta dal successivo art. 2 – lascerebbe invariata la possibilità di realizzare, per altri due anni, le misure straordinarie già previste dal Piano casa per la Toscana.

In conclusione – e contrariamente a quanto dedotto dalla difesa statale – la lesione lamentata dal ricorrente deriva non solo dall’ampliamento dell’oggetto degli interventi, ma anche, e necessariamente, dalla circostanza che essi possono avere luogo nel termine introdotto dall’art. 2 della legge reg. Toscana n. 101 del 2020. In difetto di tale termine, infatti, nessun intervento potrebbe essere realizzato perché l’efficacia temporale della legge si sarebbe già esaurita.

3.4.– Alla luce di quanto appena precisato, non avendo il ricorso investito l’art. 2 della legge reg. Toscana n. 101 del 2020, va dunque accolta l’eccezione di inammissibilità formulata dalla regione resistente.

Per Questi Motivi

LA CORTE COSTITUZIONALE

1) dichiara inammissibili le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge della Regione Toscana 30 dicembre 2020, n. 101 (Disposizioni concernenti gli interventi sugli edifici a destinazione d’uso industriale o artigianale e commerciale al dettaglio. Proroga del termine per la presentazione dei titoli abilitativi degli interventi edilizi straordinari. Modifiche alla l.r. 24/2009), promosse, in riferimento agli artt. 3 e 97 della Costituzione, dal Presidente del Consiglio dei ministri, con il ricorso indicato in epigrafe;

2) dichiara non fondate, nei sensi di cui in motivazione, le questioni di legittimità costituzionale dell’art. 1 della legge reg. Toscana n. 101 del 2020, promosse, in riferimento agli artt. 9 e 117, primo e secondo comma, lettera s), Cost., in relazione agli artt. 135, 143 e 145 del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell’art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137) e alla legge 9 gennaio 2006, n. 14 (Ratifica ed esecuzione della Convenzione europea sul paesaggio, fatta a Firenze il 20 ottobre 2000), nonchè al principio di leale collaborazione, dal Presidente del Consiglio dei ministri con il ricorso indicato in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 ottobre 2022.

F.to:

Silvana SCIARRA, Presidente

Augusto Antonio BARBERA, Redattore

Roberto MILANA, Direttore della Cancelleria

Depositata in Cancelleria il 15 novembre 2022.